Quartina (Villon)

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La quartina
Titolo originaleLe quatrain que feit Villon quand il fut jugé à mourir
AutoreFrançois Villon
1ª ed. originale1462
Generepoesia
Lingua originalefrancese medio

La Quartina (Le quatrain que feit Villon quand il fut jugé à mourir) è un breve componimento poetico senza titolo di François Villon, di soli quattro versi (da cui il nome).

Questa quartina è stata probabilmente scritta quando, stanco di vivere e fatalista, Villon era incarcerato allo Châtelet di Parigi per l'«affare Ferrebouc» e non aveva ancora presentato appello; pertanto egli era in attesa della sua esecuzione per impiccagione[1]. Allo stesso periodo risale La ballata degli impiccati. La poesia racchiude, in quattro ottosillabi, la quintessenza dell'arte di Villon, il suo smarrimento e il suo odio feroce nei confronti dello scorrere del tempo e della morte, così come il suo humour e la sua vivacità di spirito, sempre presenti[2].

Il testo (originale in francese medio, traduzione letterale in italiano):

Je suis François, dont il me poise
Né de Paris emprès Pontoise
Et de la corde d'une toise
Saura mon col que mon cul poise[3]

«Io sono François e ciò mi pesa
Nato a Parigi presso Pontoise
E dalla corda lunga una tesa
Il mio collo saprà quanto il mio culo pesa»

Verso 1
La quartina comincia con un gioco di parole sul nome del poeta, «François» (Francesco), che significa anche «Français» (francese): questo doppio senso è presentato come un doppio colpo della sorte. In un caso, ciò che gli pesa e lo opprime («me poise»), è semplicemente di essere se stesso, di aver conosciuto una vita d'erranza e di miseria. Ha vissuto come un miserabile e si prepara a morire come tale. L'altro fardello è la sua nazionalità, e a ragione: Robin Daugis, per quanto ben più coinvolto di lui nell'affare Ferrebouc, ha beneficiato in qualità di savoiardo di una giustizia meno sbrigativa. D'altronde egli attenderà invano il suo processo, fino a novembre, quando verrà graziato in occasione dell'arrivo a Parigi del Duca di Savoia.
Verso 2
Inversione dell'ordine gerarchico tra le città: Pontoise sembra prendere il sopravvento su Parigi, non per caso o per la rima: il prevosto di Parigi che fa condannare Villon è Jacques de Villiers, signore de L'Isle-Adam, presso Pontoise. Questa città è inoltre nota per la sua lingua castigata; il contrasto con l'ultimo verso risulta così più divertente. Jean Dufournet nota inoltre che Pontoise dipende per gli affari di giustizia dalla prévôté di Parigi. Conclusione amara: quale che sia l'ordine d'importanza di queste città, Villon è in trappola e non può sfuggire al prevosto e alle sue decisioni.
Versi 3 e 4
Se sono espliciti e in apparenza non racchiudono sensi nascosti, essi sono ammirevoli dal punto di vista della versificazione. V'è innanzi tutto l'allitterazione di «mon col» e «mon cul», simmetrica a «que». Inoltre, si nota un'assonanza nella cesura tra «corde» e «col». il tutto provoca un'accelerazione del ritmo che conduce dai primi due versi, dal registro castigato e dal contenuto quasi amministrativo (Villon declina la propria identità), ai due seguenti che svelano la battuta e usano un linguaggio popolare o addirittura gergale («la corde d'une toise» equivale alla forca) per arrivare in apoteosi alla volgarità della parola «cul» respinta al limite estremo della quartina.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Le Lais Villon et les Poèmes variés, a cura di Jean Rychner e Albert Henry, II. Commento, p. 124 e 126.
  2. ^ La quartina è stata studiata in particolare da Jean Dufournet, Nouvelles recherches sur Villon, Parigi, 1980, p.239-248.
  3. ^ Jean Rychner e Albert Henry, cit., p. 308-309. L'analisi seguente riprende anche elementi dal commento di Claude Thiry: François Villon, Poésies complètes, a cura di Claude Thiry, 1991, Le Livre de Poche, collana «Lettres gothiques», ISBN 2253057029.
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