Q*bert

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Q*bert
videogioco
Schermata del gioco arcade
PiattaformaArcade, ColecoVision, Intellivision, Atari 2600, Atari 5200, Atari 8-bit, SG-1000, Commodore 64, Commodore VIC-20, NES, Game Boy, DOS, TI-99/4A, Game Boy Color, iOS, Telefono cellulare, Videopac, Timex Sinclair 2068
Data di pubblicazioneArcade: 1982
Conversioni: 1983
NES: 1989, GB: 1992
GenerePiattaforme, rompicapo
TemaFantasy
OrigineStati Uniti
SviluppoGottlieb
PubblicazioneGottlieb, Parker Brothers (conversioni occidentali)
DesignWarren Davis
ProgrammazioneWarren Davis
Direzione artisticaJeff Lee
MusicheDavid Thiel
Modalità di gioco1 o 2 giocatori alternati
Periferiche di inputJoystick
Distribuzione digitalePlayStation Network
Seguito daQ*bert's Qubes
Specifiche arcade
CPUI8088 a 5 MHz
Processore audioM6502 a 894,886 kHz
Schermoverticale raster RGB, 19 pollici
Risoluzione256×240 pixel, 16 colori, 61,4 Hz
Periferica di inputJoystick 4 direzioni, nessun pulsante

Q*bert è un videogioco arcade del 1982 della Gottlieb, creato da Warren Davis, di genere piattaforme isometrico. Il protagonista del gioco è Q*bert, una delle icone dell'Età dell'oro dei giochi arcade e una delle più bizzarre: si tratta infatti di una palla di pelo arancione con due occhi, due piedi e un prominente naso tubolare, nota anche per lo strano verso e il fumetto "@!#?@!", simile a un'imprecazione, che emette a ogni vita persa.

Uscirono molte conversioni di Q*bert per computer e console, in gran parte edite da Parker Brothers, e innumerevoli cloni. Il seguito ufficiale è Q*bert's Qubes.

Modalità di gioco[modifica | modifica wikitesto]

Il campo di gioco di Q*bert è una proiezione isometrica di una struttura piramidale di cubi dalle facce di tre colori. Lo scopo è quello di saltare da un cubo all'altro per rendere ciascuna faccia di uno specifico colore (ad esempio, da blu a giallo). Nei primi livelli, questo è semplice come saltare sulla faccia, ma con il progredire della difficoltà il compito diventa più complicato: bisogna saltare sul cubo due volte, oppure saltando su un cubo ricolorato il colore torna quello sbagliato, e così via. Se si salta nel vuoto sui lati della piramide, Q*bert precipita e si perde una vita.

A rendere il compito più difficile c'è un assortimento di strani nemici che minacciano o intralciano le mosse di Q*bert. Il serpente Coily appare in cima allo schermo all'interno di una palla viola, che rimbalza discendendo. Quando raggiunge la fila di cubi più bassa, il serpente salta fuori e comincia ad inseguire il protagonista saltando di cubo in cubo. Inoltre sono presenti palle rosse che cadono sulla piramide, che, se incontrano Q*bert durante la discesa, fanno perdere una vita. Altre minacce provengono da Ugg e Wrongway, due gremlin viola che rimbalzano lungo i lati dei cubi. Oltre a tutto ciò, Q*bert deve vedersela con Slick e Sam, due strani esseri simili ad ananas verdi che fanno tornare i cubi al colore originale al loro passaggio.

Oltre a qualche salto strategico, gli unici mezzi che permettono a Q*bert di difendersi sono i dischi rotanti ai lati della piramide e le palle verdi che rimbalzano sui quadrati. I dischi forniscono una via di fuga rapida, riportando il protagonista in cima alla piramide mentre Coily muore nel tentativo di inseguirlo. Le palle verdi congelano il tempo, dando a Q*bert la possibilità di correre liberamente per la piramide per alcuni secondi.

I livelli del gioco originale sono 9, ciascuno formato da 4 round: il nono si ripete all'infinito.

Cabinato[modifica | modifica wikitesto]

Il cabinato verticale dedicato a Q*bert contiene un solenoide che produce un suono meccanico di urto ogni volta che il personaggio precipita dalla piramide, simulando così il suono di una vera e propria caduta di un oggetto sul fondo del cabinato stesso[1].

Conversioni[modifica | modifica wikitesto]

Q*bert è stato oggetto di conversione e rifacimento per molti sistemi casalinghi. È stato adattato da Parker Brothers per ColecoVision, Intellivision, Atari 2600, Atari 5200, Atari 8-bit, Commodore 64, Commodore VIC-20, TI-99/4A, Videopac e Timex Sinclair 2068; la versione ufficiale per ZX Spectrum non venne mai pubblicata, ma il programma è stato recuperato. Nel 1989 Q*bert è stato adattato per Nintendo Entertainment System, nel 1992 per Game Boy. Q*bert per MSX, nonostante il nome, è in realtà una conversione del seguito Q*bert's Qubes.

Nel 1999 è stato pubblicato un remake per PlayStation. Il 2000 ha visto l'uscita di nuove versioni per Windows e Dreamcast. Q*bert è inoltre uno dei tre giochi standard sui telefoni cellulari Sony-Ericsson T610 e T630. Alcuni di questi sono stati porting del codice originale, altre complete riscritture del gioco. Il gioco è stato portato anche su iPhone.[2]

Numerose sono poi le varianti di Q*Bert pubblicate senza licenza ufficiale, per le più diverse piattaforme e con titoli che richiamano l'originale, come Hu*Bert, o del tutto diversi.

Eredità[modifica | modifica wikitesto]

Per un certo periodo Q*bert è stato il re dei giochi arcade e fu un soggetto preferito per il mondo del merchandising; i negozi si riempirono di pupazzi di Q*bert, cestini per la merenda, sacchi a pelo e altro. Furono creati anche un gioco da tavolo (della Parker Brothers, 1983, per due giocatori che controllano rispettivamente Q*bert e i 5 nemici) e un gioco di carte.[3] Ma il crollo dei videogiochi del 1983 segnò la fine del suo strapotere[senza fonte]. Il collasso del mercato fu un colpo mortale per il sequel Q*bert's Qubes (chiamato Q*bert II su Colecovision).

Un terzo gioco arcade fu scritto nel 1983, Faster Harder More Challenging Q*bert, ma non uscì mai dallo stadio di prototipo[4].

Q*bert fece ritorno nelle conversioni per sistemi casalinghi e con Q*bert 3 su Super Nintendo e rimane uno dei più noti personaggi dei giochi arcade dei primi anni ottanta.

Ispirati da Q*bert sono giochi come Mr. Cool, Frostbite, Juice, Quick Step, Flip and Flop, Pharaoh's Pyramid, Pogo Joe[5].

Nel 1983 Gottlieb creò un flipper chiamato Q*bert's Quest. La tavola è particolarmente inusuale, dato che due dei quattro respingenti sono capovolti in una strana forma di 'V' rovesciata[6]. Il gioco riproduce i suoni di Q*bert compreso un vero e proprio campionamento dal gioco stesso: un gracchiante "Bye Bye" quando la partita termina.

Q*bert apparve anche nel cartone animato Saturday Supercade, anche se mantenendo poche somiglianze col gioco. I personaggi erano descritti come appartenenti ad una società degli anni sessanta nella quale vivevano molti Q*bert, qui dotati anche di braccia, bocca e giubbotto, mentre i loro nemici erano dipinti come teppisti. Il nome del segmento in Saturday Supercade era Q-Burg. Una curiosità sul cartone animato è che era la sola parte di tutto il programma che usasse gli effetti sonori originali del gioco.

Il gioco da tavolo di Q*Bert venne prodotto dalla Parker Brothers nel 1983 e riproduce piuttosto fedelmente le meccaniche del videogioco. Un giocatore controlla il protagonista, facendo uso di un dado da 8, e l'altro controlla i 5 mostricciattoli avversari, usando un dado speciale per selezionare il tipo di mostro e un dado da 6 per muoverlo.[7].

Q*bert appare come personaggio secondario nel film Ralph Spaccatutto e anche nel film del 2015 Pixels come alleato dei protagonisti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Killer List of Videogames
  2. ^ Q*Bert: un altro classico da sala giochi approda su iPhone e touch, su macitynet.it, 24 luglio 2009. URL consultato il 25 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 26 luglio 2009).
  3. ^ Traditional games - Q*bert, in Retrogame Magazine, n. 7, seconda serie, Cernusco sul Naviglio, Sprea, maggio/giugno 2018, pp. 40-41, ISSN 2532-4225 (WC · ACNP).
  4. ^ (EN) Faster Harder More Challenging Q*bert, su Killer List of Videogames, The International Arcade Museum.
  5. ^ I replicanti di Q*bert (JPG), in Computer Games, n. 4, Milano, Peruzzo Periodici, luglio 1984, pp. 18-21, 70, OCLC 955375917.
  6. ^ Q*Bert's Quest (JPG), in Videogiochi, n. 10, Milano, Gruppo Editoriale Jackson, dicembre 1983, pp. 90-92, ISSN 0392-8918 (WC · ACNP).
  7. ^ Retrogaming da tavolo - Q*bert (JPG), in Game Republic, n. 152, Play Media Company, settembre 2013, p. 98, ISSN 1129-0455 (WC · ACNP).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]