Preĝo sub la verda standardo

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La bandiera dell'esperanto, cui fa riferimento il titolo della poesia.
(EO)

«El ĉiuj poemoj de Zamenhof [ĝi] estigas la plej ampleksan sentadon. [...] Estas pulsado de la tuta mondo, kiu donas vivon al ĉi tiu poemo, kaj la koloron de l' vivo.»

(IT)

«Fra tutte le poesie di Zamenhof, [questo] esprime il sentimento più vasto. [...] È una pulsazione del mondo intero a donare a questa poesia la vita, e il colore della vita.»

Preĝo sub la verda standardo (lett. "preghiera sotto la bandiera verde") è il titolo di una nota poesia in lingua esperanto composta dall'iniziatore della lingua, Ludwik Lejzer Zamenhof, nel 1905, in occasione del primo Congresso Universale di Esperanto che si svolse quell'anno a Boulogne-sur-Mer, in Francia. Zamenhof declamò la poesia in chiusura del suo discorso di fronte ai convenuti.

Nella poesia viene anticipato il passaggio dall'Hilelismo all'Homaranismo: Zamenhof infatti si rivolgeva a tutti i presenti, cristiani, ebrei e musulmani, invitandoli a superare ogni integralismo ed a riconoscere i valori comuni al di là dei differenti riti. Egli preferì, tuttavia, non recitare l'ultima strofa, che richiama la parabola dei tre anelli di Lessing, su insistenza dei suoi amici: era ancora forte l'antisemitismo legato al caso Dreyfus (Questa autocensura durerà per diverso tempo: anche nella prima raccolta di letteratura fondamentale in esperanto, la Fundamenta Krestomatio, non compare).

Il titolo della poesia è un chiaro riferimento alla bandiera dell'esperanto, il cui colore dominante è il verde. La bandiera, ideata dal gruppo esperantista di Boulogne-sur-Mer, fu adottata durante lo stesso congresso del 1905 come simbolo universale dell'esperantismo.

Per la sua notevole carica emotiva, l'opera è ritenuta a tutt'oggi uno degli esempi più limpidi di poesia in esperanto. Per i suoi contenuti fortemente programmatici, essa è universalmente riconosciuta come una summa degli ideali del primo movimento esperantista, e in quanto tale parte fondante della storia dell'esperanto di inizio Novecento.

Struttura[modifica | modifica wikitesto]

La poesia si compone di sei strofe di otto versi ciascuna, all'interno delle quali si susseguono un dodecasillabo, un novenario, un dodecasillabo, un novenario, tre dodecasillabi e un senario (un emistichio di dodecasillabo). Tutti i versi terminano con una parola piana.

Prima strofa[modifica | modifica wikitesto]

(EO)

«Al Vi, ho potenca senkorpa mistero,
fortego, la mondon reganta,
al Vi, granda fonto de l'amo kaj vero
kaj fonto de vivo konstanta,
al Vi, kiun ĉiuj malsame prezentas,
sed ĉiuj egale en koro Vin sentas,
al Vi, kiu kreas, al Vi, kiu reĝas,
hodiaŭ ni preĝas.»

(IT)

«A Te, o potente e incorporeo mistero,
massima forza, che regge il mondo,
a Te, grande fonte dell'amore e della verità
e fonte di vita costante,
a Te, che ciascuno rappresenta in maniera diversa,
ma che ognuno ugualmente sente nel cuore,
a Te, che crei, a te, che regni,
oggi rivolgiamo una preghiera.»

Seconda strofa[modifica | modifica wikitesto]

(EO)

«Al Vi ni ne venas kun kredo nacia,
kun dogmoj de blinda fervoro:
silentas nun ĉiu disput' religia
kaj regas nun kredo de koro.
Kun ĝi, kiu estas ĉe ĉiuj egala,
kun ĝi, la plej vera, sen trudo batala,
ni staras nun, filoj de l'tuta homaro
ĉe Via altaro.»

(IT)

«A Te non veniamo con le ideologie nazionali,
con i dogmi del cieco fervore:
tace ora ogni disputa religiosa
e regna ora il credo del cuore.
Con esso, che è uguale in ciascun uomo,
con esso, il più vero, senza imposizioni forzose,
stiamo ora ritti, noi, figli dell'intera umanità
dinnanzi al Tuo altare.»

Terza strofa[modifica | modifica wikitesto]

(EO)

«Homaron Vi kreis perfekte kaj bele,
sed ĝi sin dividis batale;
popolo popolon atakas kruele,
frat' fraton atakas ŝakale.
Ho, kiu ajn estas Vi, forto mistera,
aŭskultu la voĉon de l' preĝo sincera,
redonu la pacon al la infanaro
de l' granda homaro!»

(IT)

«L'umanità Tu creasti con perfezione e bellezza,
ma essa si è divisa con la violenza;
i popoli si attaccano crudelmente,
i fratelli si attaccano come sciacalli.
Oh, chiunque tu sia, forza misteriosa,
ascolta la voce della sincera preghiera,
restituisci la pace alla prole
della grande umanità!»

Quarta strofa[modifica | modifica wikitesto]

(EO)

«Ni ĵuris labori, ni ĵuris batali,
por reunuigi l' homaron.
Subtenu nin Forto, ne lasu nin fali,
sed lasu nin venki la baron;
donacu Vi benon al nia laboro,
donacu Vi forton al nia fervoro,
ke ĉiam ni kontraŭ atakoj sovaĝaj
nin tenu kuraĝaj.»

(IT)

«Abbiamo giurato di lavorare, abbiamo giurato di combattere
per riunire l'umanità.
Ci sostenga la Forza, non ci lasci cadere,
bensì ci lasci vincere la barriera;
dona Tu il bene al nostro lavoro,
dona Tu forza al nostro fervore,
così che noi innanzi agli attacchi selvaggi
ci manteniamo sempre coraggiosi.»

Quinta strofa[modifica | modifica wikitesto]

(EO)

«La verdan standardon tre alte ni tenos;
ĝi signas la bonon kaj belon.
La Forto mistera de l' mondo nin benos,
kaj nian atingos ni celon.
Ni inter popoloj la murojn detruos,
kaj ili ekkrakos kaj ili ekbruos
kaj falos por ĉiam, kaj amo kaj vero
ekregos sur tero.»

(IT)

«La bandiera verde molto in alto terremo;
essa segnala il bello e il bene.
La Forza misteriosa del mondo ci benedirà,
e noi raggiungeremo il nostro obiettivo.
Noi distruggeremo i muri fra i popoli,
ed essi si spaccheranno, e faranno rumore
e cadranno per sempre, e l'amore e la verità
inizieranno a regnare in Terra.»

La quinta strofa è quella che più di ogni altra esprime la carica emotiva del componimento. In apertura è citata, per la prima volta, la bandiera dell'esperanto, il cui ruolo centrale nella poesia è sottolineato dal richiamo presente nel titolo stesso.

La paratassi dei versi n. 5-8 accelera il ritmo, rendendo l'impressione della caduta tumultuosa e inarrestabile dei muri e dell'avvento del regno di "amo kaj vero" ("amore e verità"); diversi verbi sono caratterizzati dal prefisso incoativo ek- ("iniziare a..."), che evidenzia la rapidità dei cambiamenti descritti.

Sesta strofa[modifica | modifica wikitesto]

(EO)

«Kuniĝu la fratoj, plektiĝu la manoj,
antaŭen kun pacaj armiloj!
Kristanoj, hebreoj aŭ mahometanoj
ni ĉiuj de Di' estas filoj.
Ni ĉiam memoru pri bon' de l' homaro,
kaj malgraŭ malhelpoj, sen halto kaj staro
al frata la celo ni iru obstine
antaŭen, senfine.»

(IT)

«Tornino insieme i fratelli, si stringano le mani,
Avanti, con le armi della pace!
Cristiani, ebrei o mussulmani
noi tutti siamo figli di Dio.
Teniamo sempre a mente il bene dell'umanità,
e nonostante gli ostacoli, senza fermarci e riposare
allo scopo fraterno dirigiamoci ostinatamente
avanti, senza fine.»

La sesta ed ultima strofa muove dalla carica emotiva e ritmica espressa dalla precedente per reiterare più volte un energico invito all'azione, sottolineato dalla ripetizione (due volte) del termine "antaŭen!" ("avanti!"). Di nuovo Zamenhof utilizza la metafora della guerra per descrivere l'offensiva a cui sono chiamati gli esperantisti ("pacaj armiloj", "armi di pace").

L'emistichio finale riassume in sé l'intero significato della strofa, esortando gli esperantisti a portare avanti con ostinazione e "senfine" (senza fine) le istanze del movimento esperantista.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]