Pitta reichenowi

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Pitta pettoverde
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Superphylum Deuterostomia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Superclasse Tetrapoda
Classe Aves
Sottoclasse Neornithes
Superordine Neognathae
Ordine Passeriformes
Sottordine Tyranni
Infraordine Eurylaimides
Famiglia Pittidae
Genere Pitta
Specie P. reichenowi
Nomenclatura binomiale
Pitta reichenowi
Madarász, 1901

La pitta pettoverde o pitta di Reichenow (Pitta reichenowi Madarász, 1901) è un uccello passeriforme della famiglia dei Pittidi[2].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]

Misura una ventina di centimetri di lunghezza, coda compresa.[senza fonte]

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

Questi uccelli hanno un aspetto paffuto e massiccio, con ali e coda corte, forti zampe e testa e becco allungati: nel complesso, sia l'aspetto che la colorazione della pitta pettoverde sono molto simili all'affine pitta africana.
Fronte, vertice, nuca e guance sono di colore nero, mentre gola e lati del collo sono biancastri: è presente un marcato sopracciglio di colore giallo-arancio che si prolunga nella zona temporale fino alle spalle. Dorso e ali sono di colore verde erba (queste ultime con remiganti e copritrici dagli orli bianco-azzurrini), così come di colore verde si presenta il petto (caratteristica questa che frutta alla specie il nome comune e che la differenzia dalla già citata pitta africana, nella quale il petto è giallastro), sebbene di una tinta più chiara rispetto alla zona dorsale: la coda è nera con codione azzurro e sottocoda e ventre di colore rosso vinaccia. Il becco è nerastro, gli occhi sono bruni, le zampe sono di colore carnicino: il dimorfismo sessuale è appena accennato e non facilmente definibile, tuttavia la femmina presenta in generale colorazione leggermente più spenta rispetto al maschio.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Comportamento[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di uccelli dalle abitudini diurne e solitarie, estremamente timidi e riservati: essi passano la maggior parte della giornata muovendosi con circospezione nel folto del sottobosco alla ricerca di cibo.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

La dieta di questi uccelli è composta in massima parte da piccoli invertebrati, principalmente insetti, miriapodi, lombrichi e chiocciole: sebbene piuttosto di rado, questi uccelli si nutrono anche di bacche e piccoli frutti.[senza fonte]

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

La stagione riproduttiva si protrae da maggio a settembre, con giovani esemplari prossimi al volo che possono essere osservati anche in novembre in alcune zone popolate dalla specie[3]: si ritiene che la riproduzione della pitta pettoverde non differisca significativamente, per modalità e tempistica, da quella della congenere e affine pitta africana.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

La pitta pettoverde è diffusa in Africa centrale, occupando un areale che, sebbene piuttosto frammentato, si estende dalla zona costiera del Camerun all'area di Jinja, in Uganda centrale.

L'habitat di questi uccelli è rappresentato dalle aree di foresta pluviale secondaria con presenza di un denso sottobosco dove rifugiarsi: sebbene si tratti di una specie diffusa in pianura e collina, in Uganda la pitta pettoverde è stata osservata fino a 1400 m di quota[4].

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di una specie monotipica.

La pitta pettoverde forma probabilmente una superspecie con l'affine pitta africana, con alcuni autori che vorrebbero anzi accorpare le due specie in base all'osservazione di alcuni esemplari dalle caratteristiche intermedie fra esse nelle regioni interne del Camerun meridionale[5].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) BirdLife International 2012, Pitta reichenowi, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Pittidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 6 maggio 2014.
  3. ^ del Hoyo, J., Elliott, A., Sargatal, J., Christie, D.A. & de Juana, E., Handbook of the Birds of the World Alive, Lynx Edicions, 2003.
  4. ^ Stevenson, T. & Fanshawe, J., Birds of East Africa: Kenya, Tanzania, Uganda, Rwanda, Burundi, Helm Field Guides, 2004, p. 278, ISBN 0-7136-7347-8.
  5. ^ IBC

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