Piramidi di Pantiacolla

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PIRAMIDI PARATOARI

Le Piramidi di Pantiacolla conosciute anche come Piramidi di Paratoari, sono costituite da 12 monticcioli di circa 150 metri di altezza rispetto al suolo, ed ubicate nella sponda di sinistra del fiume Madre de Dios, in Perù. Individuate per la prima volta dai satelliti della NASA negli anni Settanta ma difficilmente raggiungibili per la posizione impervia, hanno destato interesse (sia in ambito scientifico sia in ambito divulgativo e mediatico) per l'ipotesi che siano di origine antropica, dovute ad un'antica civiltà. Vennero esplorate per la prima volta nel 1996 da Gregory Deyermenjian[1][2] che ne ha dichiarato l'origine naturale, senza peraltro far cessare del tutto le ipotesi suggestive.

Le cosiddette piramidi sono monticcioli che appaiono disposti simmetricamente nella fotografia satellitare[3], situati tra il torrente Inchipato ed il torrente Paolotoa Chico (denominato anche Rio Negro), affluenti del fiume Madre de Dios nell'omonimo dipartimento peruviano. Non sono molto distanti dal sito dove si trovano i petroglifi di Pusharo, per questo motivo è stato proposto in passate di includerle in un circuito turistico comune[4].

Le piramidi furono identificate inizialmente dal satellite della NASA C-S11-32W071-03 nel 1976[5]. Il primo non indigeno che si avvicinò alle piramidi fu l'esploratore giapponese Yoshiharu Sekino[6][7], che però non vi poté giungere a causa delle difficoltà ambientali, degli insetti e della folta vegetazione tropicale.

Nell'agosto del 1996 l'esploratore statunitense Gregory Deyermenjian fu il primo occidentale a giungere alle piramidi[8] insieme con Paulino Mamani, Dante Núñez del Prado, Fernando Neuenschwander, Ignacio Mamani, e il Machiguenga "Roberto". Deyermenjian ha descritto le piramidi come formazioni di sabbia dura naturali. Questo non è bastato però a smorzare la curiosità nei confronti delle formazioni, di cui si dice che abbiano una disposizione simmetrica. Fra gli altri Thierry Jamin, esploratore francese, nel 2001 ha organizzato una spedizione nell'area e ne ha dato alle stampe una relazione.

  1. ^ History Channel, 2012
  2. ^ (EN) Climbing, vol. 154-156, B. Dunaway, 1995. (consultabile anche online)
  3. ^ La fotografia viene pubblicata da Gregory Deyermenjian nel suo sito Archiviato il 24 maggio 2013 in Internet Archive.
  4. ^ (ES) Thierry Jamin, Pusharo:la memoria recobrada de los incas, Estudio de Impresiones S.A., 2007, ISBN 978-9972-33-566-2. (consultabile anche online)
  5. ^ Explorers Journal, Volume 83,Edizione 3, 2005
  6. ^ (EN) South American explorer, n. 4-19, South American Explorers Club, 1979, pp. VIII, http://books.google.it/books?id=MrVrAAAAMAAJ&q=%22Sekino%22+pyramids&dq=%22Sekino%22+pyramids&hl=en&sa=X&ei=xGgKUeqkEouVswa8lICwBg&redir_esc=y. URL consultato il 31 gennaio 2012.
  7. ^ libertaliadehatali.wordpress.com
  8. ^ [1]
  • Thierry Jamin, Pusharo: la memoria recobrada de los incas, Estudio de Impresiones S.A., 2007
  • Tips & Notes" section of South American Explorer journal, No. 54, Winter 1998, page 46, "Seeing Dots" (update concerning "the Dots" and Deyermenjian's follow-up to the SAE articles of the 1970s).
  • Gregory Deyermenjian, "The Search for the Lost Pyramids of Peru: My Dash to the Dots" in World Explorer, Vol. 2 No. 3, 1998.
  • Ursula Thiermann, "Dots Dots Dots" in South American Explorer journal, Vol. 1 No. 4, April 1979.
  • Ursula Thiermann, "Dots Update," in South American Explorer journal, Vol. 1 No. 2, March 1978.
  • Ursula Thiermann, "The Dots of Pantiacolla," in South American Explorer journal, Vol. 1 No. 1, October 1977.

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