Pinguin

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Pinguin (HSK 5))
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Pinguin
Descrizione generale
Tiponave corsara
Caratteristiche generali
Dislocamento17600 t
Lunghezza155 m
Larghezza18,7 m
Pescaggio7,1 m
Velocità18 nodi (33,34 km/h)
Autonomia60 000 miglia a 10 nodi (111 100 km a 18,52 km/h)
Equipaggio420
Armamento
Artiglieria
Siluri6 tubi lanciasiluri da 533 mm, di cui 2 sott'acqua
Altro
  • 1 catapulta per 2 aerei
  • 300 mine
Mezzi aerei2 aerei Arado Ar 196 A-1
voci di navi presenti su Wikipedia

La nave corsara Pinguin, conosciuta anche come Schiff 33 e col codice F, venne costruita nel 1936 come nave da carico Kandelfels e convertita in corsara tra il 1939 e il 1940. La sua gemella Goldenfels divenne la famosa corsara Atlantis.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La foto della Atlantis, unità gemella, da una idea di come dovesse apparire la nave senza camuffamenti.

Al comando del capitano di vascello Ernst-Felix Krüder, il Pinguin camuffato da piroscafo sovietico, iniziava la sua missione di corsa il 22 giugno 1940 varcando lo stretto di Danimarca e puntando decisamente verso le acque calde del sud Atlantico per rifornire un U-Boot tedesco rimasto a secco di nafta e senza viveri, posizionandosi nei pressi dell'isola di Capo Verde. Al termine di tale operazione, la Pinguin cambiava denominazione e si trasformava nella nave da carico greca Kassos.

Il 30 giugno 1940 la Kassos faceva la sua prima vittima: si trattava del piroscafo inglese Domingo, proveniente dall'Argentina e diretta in Gran Bretagna. Successivamente, nell'Oceano Indiano, cambiava ancora fisionomia e si trasformava nel piroscafo britannico Trafalgar. Così camuffato, depositerà in autunno nei mari australi banchi di mine che causeranno l'affondamento accertato di 4 navi per complessive 18.065 tonnellate.

Nell'aprile del 1941, dopo aver svernato nelle acque artiche, la Pinguin si trasformava nuovamente nella nave norvegese Tamerlane. Così camuffata si spingeva di nuovo verso l'Oceano Indiano. E a nord-ovest delle isole Seychelles, dopo aver avvistato e affondato la petroliera britannica British Emperor, che riuscì ad inviare una richiesta di aiuto per radio, veniva a sua volta affondata dall'incrociatore pesante britannico HMS Cornwall[1].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Peillard, p. 143.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Léonce Peillard, La battaglia dell'Atlantico, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1992, ISBN 88-04-35906-4.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]