Pietro Sterbini

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Pietro Sterbini (Sgurgola, 25 gennaio 1793[1]Napoli, 30 settembre 1863[1]) è stato un politico e giornalista italiano. Fu Ministro dei Lavori Pubblici Industria e Commercio nei governi di Carlo Emanuele Muzzarelli. Fu anche un attivista carbonaro.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Dalla nascita al 1850[modifica | modifica wikitesto]

Viveva fra Vico e Roma,[2] Studiò al Seminario Vescovile di Veroli e all'Università di Roma, laureandosi in Medicina e Chirurgia. Fu imputato nelle aule del Tribunale Supremo della Sacra Consulta nel processo per l'omicidio di Pellegrino Rossi, perché gli era stato considerato il primo mandante dell'omicidio di Rossi.

Nel 1821 è a capo della sommossa intesa ad allacciarsi alla rivoluzione che era in atto nelle Marche, nella Romagna, e nell'Umbria.

Cercò ci convincere il generale Giuseppe Sercognani ad organizzare una marcia su Roma, la polizia scopre i suoi intenti e fugge in Toscana e poi in Corsica con un passaporto falso. Il suo amico Accursi cercò con l'inganno di stanarlo per ucciderlo ma alla fine gli dimostrò amicizia dicendogli la verità[senza fonte]. Nell'isola riuscì ad avere le disposizioni del suo amico Mazzini per il suo incontro con Pietro Giannone.

Trasferitosi a Marsiglia nel 1835 continuò a scrivere ai giovani mazziniani, salito al potere Pio IX, decise di tornare in Italia approfittando della sua politica a favore dei prigionieri politici.

Insieme a Massimo d'Azeglio cercò di coinvolgere il papa per una pronta organizzazione delle milizie la sua risposta fu la decise divisione fra causa della Chiesa da quella dell'indipendenza italiana, nel frattempo Pietro Sterbini divenne deputato al Collegio di Anagni[non chiaro].

Dal 1847 collabora con il quotidiano pro-rivoluzionario Il Contemporaneo. Nel 1848 si candida al Consiglio dei Deputati dello Stato Pontificio, venendo eletto nel collegio di Anagni[1]. Dopo l'armistizio di Salasco (il 9 agosto), cercava di incitare le folle: «O popoli armatevi, senza domandare permesso ad alcuno. L'uomo assalito da un assassino domanda forse a un altro assassino il permesso di difendere la propria vita se ha i mezzi per farlo? ...Voi non avete bisogno né di governi che dichiarino la guerra né di ministri che vi diano le armi. Dichiarate la guerra col fatto, cercate le armi e le avrete».

Sterbini criticava Pellegrino Rossi all'epoca Ministro degli Interni nel Gabinetto costituzionale pontificio definendolo come l'inimico d'Italia. Ma il suo omicidio avvenuto il 15 novembre 1848 venne attribuito a Pietro Sterbini per via dei suoi discorsi istigatori tenuti il giorno prima «non ci fosse in Roma un braccio ardito capace di troncare di un colpo la vita del tiranno»[3].

Nominato Ministro dei Lavori Pubblici, Industria e Commercio nel governo Muzzarelli-Galletti (20 novembre - 29 dicembre 1848)riuscì ad ottenere fondi per 7.850 scudi con cui diede del lavoro a molte persone come operai; in quello stesso periodo per il suo agire si venne a coniare il termine «dittatura sterbiniana»[4].

Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

Stanco di portare avanti la sua difesa decise di partire per la Svizzera fino al 1851, e poi in Francia fino al 1860 infine a Napoli dove insieme a Diodato Lioy fondò il giornale Roma (22 agosto 1862) segnando un «accordo della democrazia con la monarchia e della libertà con la religione», rimase nella città sino alla sua morte.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c DBI.
  2. ^ Minocci,  p. 90.
  3. ^ Minocci,  p. 92.
  4. ^ Minocci,  p. 93.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Direttore del quotidiano Roma Successore
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