Partito Democratico Fascista

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Partito Democratico Fascista
LeaderDomenico Leccisi
StatoBandiera dell'Italia Italia
Fondazione1945
Dissoluzione1947
IdeologiaNeofascismo
Democrazia organica[1]
CollocazioneEstrema destra
TestataLotta Fascista

Il Partito Democratico Fascista (PDF) è stato un partito politico fascista italiano attivo in clandestinità nell’immediato dopoguerra, famoso per aver messo in atto il trafugamento della salma di Benito Mussolini a Milano.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il gruppo, guidato da Domenico Leccisi (fondatore insieme a Mauro Rana e Antonio Parozzi), faceva parte di quella galassia di gruppi neofascisti formatisi all'indomani della seconda guerra mondiale: scelse questo nome in riferimento al concetto di democrazia organica, ideato dal fascismo e formalizzato durante la Repubblica Sociale Italiana (RSI), adottando come simbolo il fascio senza la scure.[1]

L'organo d'informazione del Partito Democratico Fascista fu il foglio clandestino Lotta Fascista[1].

Gli omicidi della Volante Rossa[modifica | modifica wikitesto]

L'ex ausiliaria della Xª Flottiglia MAS Brunilde Tanzi uccisa nel 1947 dalla Volante Rossa

Gli omicidi di fascisti a Milano a opera principalmente della Volante Rossa spinsero questi ultimi a ricompattarsi e a cominciare a prender l'iniziativa[2] e il 5 novembre 1945 i cartelloni del cinema Odeon che pubblicizzavano il film Roma città aperta furono dati alle fiamme. L'azione fu rivendicata dal nuovo Partito Democratico Fascista di Domenico Leccisi. Il 9 dicembre 1946 l'ex ausiliaria Brunilde Tanzi, anch'essa iscritta al Partito Democratico Fascista, riuscì a sostituire un disco durante delle trasmissioni pubblicitarie ottenendo l'effetto di far riecheggiare l'inno fascista Giovinezza su tutta la piazza del Duomo[3]. Il 17 gennaio 1947 fu assassinata in via San Protaso nel centro di Milano, e lo stesso giorno fu uccisa Eva Macciacchini, delle Squadre d'Azione Mussolini. Non si scoprirono mai gli autori materiali dell'omicidio delle giovani, ma le modalità richiamano quelle della Volante Rossa[4].

Il trafugamento della salma di Mussolini[modifica | modifica wikitesto]

Il gruppo è ricordato soprattutto perché tra il 27 e il 28 aprile 1946, nel giorno dell'anniversario della morte di Mussolini, s'introdusse nel Cimitero di Musocco trafugandone i resti della salma, lì tumulata in forma anonima.

Ecco come lo stesso Leccisi lo racconta:

«Scendemmo nella fossa e riuscimmo, tenendo una mano sotto le spalle del cadavere, a fargli passare una corda attorno al torace ed un'altra attorno alle gambe. Quando la sollevammo in piedi le braccia caddero penzoloni e la testa rimase eretta: la salma assunse quella caratteristica posizione di attenti che dava a Mussolini, specie nelle pubbliche cerimonie, un aspetto marziale ed inconfondibile.[5]»

I Leccisi e i suoi spedirono due lettere, una all'Avanti! e l'altra all'Unità, firmate "Comitato direttivo centrale del Partito Comunista Italiano".[non chiaro]

Il 7 maggio decisero di trasportare la salma in un luogo più sicuro: il convento dell'Angelicum a Milano, con la complicità di padre Alberto Parini e padre Enrico Zucca, che, terrorizzati dalla responsabilità che si erano assunti, la trasferirono poi alla Certosa di Pavia.

Il 3 luglio 1946 la questura di Milano annunciò di aver arrestato due trafugatori: il Leccisi e Antonio Perozzi, senza però nessuna traccia della salma. Sembra che il gruppo di Leccisi, dopo averla nascosta, perdette per strada dei frammenti di ossa nei pressi di una villa a Madesimo, ma questo non può corrispondere al vero, dato che si disse che erano negli stivali, ma questi non erano calzati dal cadavere.[senza fonte]

Pressato da ambienti ecclesiastici padre Parini si decise a raccontare tutto: il 12 agosto 1946, lui stesso accompagnò il questore di Milano, Agnesina, e il capo dell'ufficio politico, Ancillotti, a recuperare quel che restava delle spoglie.[6]

Lo scioglimento[modifica | modifica wikitesto]

Da maggio a settembre furono arrestati una ventina di dirigenti e militanti del partito, tra cui lo stesso Leccisi, smantellando di fatto il partito. L'azione di Leccisi, giovane sconosciuto che agì senza pareri o autorizzazioni da parte degli ex gerarchi, fu accolta con entusiasmo da tutto l'ambiente neofascista .[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Mario Tedeschi, I Fascisti dopo Mussolini, Edizioni Arnia, Roma, 1950.
  2. ^ Enzo Antonio Cicchino, Roberto Olivo Correva l'anno della vendetta, Mursia, 2013, p. 277
  3. ^ Enzo Antonio Cicchino, Roberto Olivo Correva l'anno della vendetta, Mursia, 2013, p. 279
  4. ^ Enzo Antonio Cicchino, Roberto Olivo Correva l'anno della vendetta, Mursia, 2013, p. 280
  5. ^ a b Mario Giovana, Le nuove camicie nere, Edizioni dell'Albero, Torino, 1966
  6. ^ Nicola Rao La Fiamma e la Celtica 2006, Roma, Sperling & Kupfer

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mario Giovana, Le nuove camicie nere, Edizioni dell'Albero, Torino, 1966.
  • Mario Tedeschi, I Fascisti dopo Mussolini, Edizioni Arnia, Roma, 1950.
  • Nicola Rao, La Fiamma e la Celtica, Sperling & Kupfer, Roma, 2006. ISBN 8820041936
  • Enzo Antonio Cicchino e Roberto Olivo, Correva l'anno della vendetta, Mursia, 2013

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]