Palazzo Orsini (Monterotondo)

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Palazzo Orsini
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLazio
LocalitàMonterotondo
Indirizzopiazza Angelo Frammartino, 4
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Stileromanico-barocco

Il palazzo Orsini è un palazzo di Monterotondo in provincia di Roma, situato in piazza Angelo Frammartino, 4.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Di antichissima costruzione, nel 1286 risulta in un documento che attesta la spartizione fra eredi di un certo Matteo Rosso Orsini. In epoca feudale, comunque, è di proprietà delle varie famiglie che detengono il potere a Monterotondo. Durante questo periodo, inoltre, la struttura difensiva fu ampliata.

Nel Cinquecento vengono introdotte le decorazioni di gusto rinascimentali secondo la moda dell'epoca e, contemporaneamente, Giacomo Orsini aggiunge un corpo rettangolare alla struttura già esistente, costituita dal tradizionale fabbricato ad anello con cortile centrale.

Nel 1626, causa problemi finanziari, il feudo viene ceduto in più riprese ai Barberini, che acquisiscono così anche il palazzo. Nel 1629 la famiglia vi pratica un nuovo ampliamento. Nel 1699 Monterotondo, assieme a Palazzo Orsini, vengono nuovamente venduti al marchese Francesco Grillo e un'ulteriore passaggio di proprietà si ha nel 1814, quando l'edificio viene acquistato dai Boncompagni che smantellano il teatro interno fatto costruire dai marchesi del Grillo.

Dal 1890 è sede dell'amministrazione comunale e, a causa di crolli nel 1905 e del terremoto Avezzano-Marsica nel 1915, subisce una radicale ristrutturazione. Durante la seconda guerra mondiale viene più volte occupato, prima dall'esercito regio italiano, poi dai nazisti ed infine dalle truppe alleate.

Dal 2007 sono in corso i lavori di restauro conservativo del palazzo.

Aspetto e struttura[modifica | modifica wikitesto]

La facciata è in stile barocco con campanile centrale all'ultimo piano, soluzione decorativa frequente. Vi sono due ingressi: uno pedonale presso Via Giovagnoli e uno per automezzi in piazza Marconi 4. Entrambi immettono nel cortile interno quadrangolare. Quest'ultimo presenta una voluminosa decorazione barocca, con colonne e altorilievi di grilli, simbolo della famiglia Del Grillo. Numerose anche delle targhe con la scritta "CAROLVS BARBERINVS S.R.E. CAP. GENERALIS ERETI DVX", cioè "CARLO BARBERINI CAPITANO GENERALE DI SANTA ROMANA CHIESA E DUCA DI ERETUM". Sono però presenti anche stemmi papali medicei, cardinalizi orsiniani e teste di leone, che sembrerebbero attestare la commissione di un Papa alla costruzione di questo palazzo per la famiglia Orsini (forse papa Leone X o papa Pio IV).

Nelle sale del sindaco e della sua segreteria vi sono degli affreschi e dei soffitti a cassettoni. Di fronte all'ingresso di piazza Marconi vi è un giardino comunale con fontana centrale, mentre sul lato destro, sul medesimo palazzo, in Via G. Oberdan 80 vi è una scuola di musica[1]. In cima vi è una torre quadrangolare.

Nell'interno vi è un secondo cortile denominato "cortile del pozzo" per via di una vera di cisterna in marmo realizzata da una bottega romana nel XVI secolo, l'opera, scomponibile in pezzi, fu lavorata a Roma, quindi trasportata sul Tevere fino a Monterotondo e poi montata all'interno del palazzo.

Le sale decorate[modifica | modifica wikitesto]

Le sale sottoelencate sono una adiacente all'altra e tutte al primo piano del palazzo.

La sala dei Palafrenieri e la cappella dei Barberini[modifica | modifica wikitesto]

La sala dei Palafrenieri è spoglia degli ornamenti originari eccetto alcune cornici alle porte in travertino con la scritta a Carlo Barberini.

La cappella è sita alla sinistra della sala dei Palafrenieri guardando la porta d'accesso alla sala consiliare. Gli stucchi erano di Simone Lagi rappresentanti paramenti sacri. In questa cappella sono ridondanti gli stemmi dei Barberini e di Carlo Barberini. Sul soffitto vi è un affresco rappresentante una colomba biblica. Sulla parete di fondo, invece, vi è un dipinto di una Sacra Famiglia attribuita al Perin Del Vaga di scuola raffaellesca.

La sala consiliare[modifica | modifica wikitesto]

Questa sala anticamente era chiamata sala Regia o sala delle Prospettive per via degli affreschi attribuiti a Michelangelo Ricciolini. Nei restauri gli affreschi e il soffitto a cassettoni vennero staccati dalle pareti e dispersi, di molti di questi però rimangono foto esposte al Gabinetto fotografico nazionale a Roma.

La sala ora viene utilizzata per le assemblee comunali ed a giugno vi trovano posto i saggi musicali dalla vicina Scuola musicale eretina.

La sala dei paesaggi[modifica | modifica wikitesto]

Questa è la sala più grande, nonché la prima stanza della segreteria comunale. Il nome della sala è dovuta agli affreschi e non alla veduta dalle finestre, come viene a volte detto. Il soffitto è a cassettoni lignei con decorazioni in oro e, al centro del soffitto, Carlo Barberini fece inserire un suo stemma in legno e oro al posto del preesistente degli Orsini. Nelle pareti vi sono degli affreschi bucolici attribuiti alla tarda età o alla scuola di Paul Brill (Cinquecento).

La sala di Venere e Adone[modifica | modifica wikitesto]

Anche in questa sala vi è il soffitto a cassettoni. Il nome della sala è dovuta, come per la precedente dagli affreschi, affreschi dipinti da Girolamo Siciolante da Sermoneta negli anni 50 e 60 del XVI secolo. Gli affreschi, che rappresentano la leggenda di Mirra e Adone, sono:

  • la violenza di Cinira;
  • la nascita di Adone;
  • l'amore tra Venere ed Adone;
  • la morte di Adone.

Ai lati di ciascun affresco vi sono raffigurate due dee:

Questa è anche la seconda sala della segreteria comunale.

La stanza con scene di caccia[modifica | modifica wikitesto]

Questa stanza, utilizzata anche da Papa Urbano VIII, viene chiamata anche stanzino della soffitta indorata. Si possono notare i rimaneggiamenti dei marchesi del Grillo, tra cui uno stemma sovrapposto a quello dei Barberini. Gli affreschi originali della stanza, comunque, sono di Paul Brill (1581). Le scene di caccia rappresentano cani, falconi, cervi e cinghiali.

Una particolarità degli affreschi è che la firma dell'artista è posta sotto lo scorcio di Monterotondo (firma rappresentata da un monogramma a forma di paio di occhiali, attestando che Paul Brill fu aiutato dal fratello Matteo). Nella parete di fronte alla finestra vi è un affresco di un mare agitato dai venti Zefiro, Borea e Noto e uno scoglio con la scritta Undique firmus. Gli affreschi ai lati della finestra, originari sin dal periodo degli Orsini, vengono attribuite a Taddeo e Federico Zuccari.

La galleria[modifica | modifica wikitesto]

La volta della sala è a botte con un affresco sull'"Allegoria dell'Aurora" con probabile ispirazione dall'omonimo affresco di Pietro da Cortona, mentre l'allegoria del soffitto viene attribuita al Ricciolini, secondo altri autori l'opera va attribuita a Giacinto Calandrucci. In ogni caso, l'opera viene realizzata durante il governo dei del Grillo.

Il paesaggio è un giardino con terrazza con vari personaggi mitologici tra cui Crono o dea Bellona indicante dei ciclopi, alcune divinità indicate da uno dei 2 precedenti dei sono impossibili da riconoscere per via di vari cedimenti dovuti ad infiltrazioni ed al terremoto del 1915. Nella sala trova oggi posto l'ufficio del sindaco.

Il restauro[modifica | modifica wikitesto]

La galleria, il salone dei Paesaggi e la sala del Brill (sala con scene di caccia) sono state oggetto di un delicato intervento di recupero e restauro eseguito nel 2010 dall’impresa di restauro De Feo di Roma, in seguito vi sono stati ulteriori interventi di monitoraggio e di studio degli apparati pittorici delle sale decorate del palazzo.

Il Museo[modifica | modifica wikitesto]

Nelle sale affrescate vi è una delle due sedi del museo archeologico territoriale di Monterotondo[2].

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • M.T. Bergamaschi, R. Di Giovannandrea, Il palazzo di Monterotondo, Campisano, Roma 2014.
  • Fasti d'Autunno - Guida per scoprire le bellezze artistiche di Palazzo Orsini e la ricostruzione storica del matrimonio di Clarice Orsini e Lorenzo il Magnifico, Monterotondo 2007.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]