Palazzo Comunale (Nepi)

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Palazzo Comunale di Nepi
Il Palazzo Comunale di Nepi, prospettante sull'omonima piazza.
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLazio
LocalitàNepi
Coordinate42°14′33.1″N 12°20′55.2″E / 42.242528°N 12.348667°E42.242528; 12.348667
Informazioni generali
CondizioniIn uso

Il Palazzo Comunale di Nepi, fu iniziato nel 1542 da Antonio da Sangallo il Giovane e terminato solamente nel 1744 da Michele Locatelli. L'edificio sorge sull'omonima piazza, principale punto nevralgico della città.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La fontana nell'arcata centrale del portico del Palazzo Comunale, scolpita nel travertino da Filippo Brigioni nel 1727

Le origini: dal Patto Comunale (1131) al periodo farnesiano[modifica | modifica wikitesto]

L'originaria sede comunale, si trovava in quella che in passato era la principale piazza della città, chiamata all'epoca Piazza Santa Maria, corrispondente all'attuale Piazza Verdi, oggi modesto slargo posto lungo via del Corso. Nella conformazione urbanistica dell'abitato medievale, questa piazza si trovava al centro di importanti convergenze viarie. L'attigua via della Colonnette detta all'epoca "Lo Curso" (il corso, qui infatti si svolgevano le corse podistiche e degli animali nei giorni di festa) metteva in comunicazione lo slargo con la Rocca, centro del potere militare e successivamente della signoria[1]. Altre vie a raggera da qui si dipartivano, raggiungendo tutti gli altri quartieri, caratterizzati da strette viuzze e da modeste piazzette e da questi proseguivano verso gli altri quartieri periferici, staccati da quello principale, posti a ridosso delle altre porte di accesso secondarie o delle Chiese dislocate lungo lo sperone tufaceo[2]. L'antica piazza del Comune insisteva nell'area del Foro Romano, proprio in segno di continuità storica. La presenza della Cattedrale e dell'attiguo Palazzo Vescovile, sedi del potere spirituale, andava a completare quello che è il quadro della società medievale: I due poteri di riferimento (Spirituale e Temporale), affiancati benché distinti. Nel 1131 Nepi si costituì Libero Comune. A ricordo esiste ancora un'epigrafe, in cui è riportato il Primo Patto comunale[3], conservata sotto il portico della Cattedrale[4]. L'originario palazzo Comunale non doveva essere molto grande. Sappiamo che disponeva di una sala maggiore per le riunioni e di altri vani. Nel 1476 fu eseguito il rifacimento del tetto[5].

Il periodo farnesiano (1537 - 1549)[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1537 il Ducato di Nepi venne ceduto da papa Paolo III Farnese a suo figlio Pierluigi, insieme con altri territori a formare il Ducato di Castro. Nel decennio di dominio di questa potente famiglia ( 1537 - 1545 ) per Nepi si avviarono importanti ed imponenti opere urbanistiche ed architettoniche. Sembra che alcune vecchie costruzioni fossero demolite per fare spazio a nuovi edifici che i primi disegni furono di Jacopo Barozzi da Vignola.[6] I nuovi bastioni difensivi, le fondamenta della Chiesa di San Tolomeo e la creazione di una nuova rete viaria composta da vie larghe e regolari, aperte ex novo o dove questo non era possibile, sventrando i quartieri medievali. Il progetto venne redatto dall'architetto Antonio da Sangallo il Giovane[7]. In questa operazione di ampliamento delle vie urbane, rientrò anche la strada che da Piazza Santa Maria giungeva alla piazzetta di Sant'Eleuterio, posta nella parte più alta dell'abitato. Questa nuova arteria sarebbe divenuta la via principale della città, l'attuale Corso Matteotti, in passato detta Via del Foro. Venne deciso di ampliare lo slargo di fronte alla chiesetta di Sant'Eleuterio e di concentrare in quest'area i palazzi del potere civile. Il 7 dicembre del 1542 venne solennemente posta la prima pietra del nuovo palazzo "della Comunità". Diressero i lavori gli architetti Benedetto Torchiarino e Andrea da Fiorenzuola. Supervisore fu Battista da Sangallo, fratello di Antonio[8]. Verso la fine del 1545 i Farnese lasciarono Nepi, in cambio del Ducato di Parma e Piacenza[9]. I nepesini chiesero quindi al pontefice di restare comunque sotto l'egida della famiglia Farnese, che tanto si era operata per la città. Il Papa fu molto lieto di questo e investì della signoria, suo nipote, il card. Alessandro Farnese. I lavori continuarono celermente, e si può supporre che prima della morte di Papa Paolo III, il tetto fosse gettato[10]. Il palazzo risultava quindi essere ad un piano. A piano terra il portico bugnato, rialzato su un basso podio ed alcuni vani di varia taglia. Al centro della facciata venne innalzata una piccola torretta, dove fu posto l'orologio e la campana civica. Vi furono quindi trasferiti tutti gli uffici comunali dalla vecchia sede, che fu venduta a privati. In questo stato di incompletezza rimase il palazzo per due secoli.

Il completamento (XVIII secolo)[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1727, a seguito del completamento dell'acquedotto, nell'arcata centrale del portico, vi fu inserita una mostra d'acqua, raffigurante lo stemma della città. La fontana venne scolpita nel travertino da Filippo Barigioni[11]. Nel 1743 la Sacra Congregazione del Buon Governo autorizza il Comune di Nepi a procedere al completamento dell'edificio. Viene incaricato l'architetto Michele Locatelli di redigere il progetto. I lavori cominciano effettivamente l'anno successivo. Ma osteggiatissimo fu il progetto proposto dall'architetto. Egli infatti proponeva una facciata dalle volumetrie alquanto mosse, che indietreggiando i fianchi del piano superiore e lasciavano coperti a terrazza le coperture delle arcate esterne del portico, creava così al centro un volume avanzato verso la piazza, quasi una torre/emblema della città[12]. La problematica delle infiltrazioni di umidità nei piani sottostanti, fu il motivo "pratico" per cui il Locatelli dovette elaborare un secondo progetto, consistente in una facciata piatta, che copriva interamente il portico[13]. Da questo scaturì una controversia tra progettista e il Comune di Nepi che si protrasse fino al 1754. L'architetto volle essere retribuito per entrambi i progetti.

Gli interventi successivi[modifica | modifica wikitesto]

La Sala Nobile del Palazzo Comunale, decorata dal ciclo di affreschi realizzati nel 1870 da Ludovico De Mauro e da Domenico Torti, raffiguranti scene della storia della città e i personaggi illustri

Nei secoli successivi il palazzo comunale fu più volte adeguato alle esigenze che via via si presentavano. Nel XIX secolo fu anche sede della Pretura e dell'archivio Notarile. Le riunioni consiliari si svolgevano in origine al piano terra, all'interno della cosiddetta "Sala Nobile", e non di rado nella stagione estiva, all'aperto sotto le arcate del portico. Nel 1845, venne creato un mezzanino tra il piano terra e il primo piano insieme alla realizzazione della scala in peperino, tuttora in sito. Al primo piano, la grande sala, oggi detta Consigliare, era invece in origine pensata per ospitare il teatro comunale e in alcune occasioni come sala da ballo. I locali attigui avevano funzione residenziale. A metà del secolo XIX, la Sala Nobile del piano terra, venne affrescata da Domenico Torti e da Ludovico De Mauro (che contemporaneamente stava affrescando l'interno della Cattedrale), con scene della storia della Città e ritratti di cittadini illustri.

Architettura[modifica | modifica wikitesto]

La facciata del Palazzo

La facciata del palazzo Comunale prospetta sull'elegante omonima piazza, progettata anch'essa da Antonio da Sangallo il Giovane. La pizza di forma rettangolare, ha proprio nel palazzo, la sua chiusura scenografica. Gli elementi tardo-barocchi, contrastano e dinamizzano le forme dell'architettura sangallesca che delimitano l'intero spazio. La parte inferiore dell'edificio, caratterizzata da un possente bugnato in peperino è abbellita da un portico rialzato su di un basso podio, unica parte realizzata del progetto del Sangallo. Al centro la fontana, scolpita in travertino da Filippo Barigioni (Roma, 16721753) nel 1727 come mostra dell'acquedotto appena completato. Essa raffigura lo stemma stesso del Comune di Nepi, una torre ai cui piedi si attorciglia un serpente. L'ordine superiore dell'edificio, completato in epoca tardo-barocca, è caratterizzato dall'ampia balconata centrale e dalle finestre con eleganti cornici sempre in peperino. Le paraste a stucco simulano il travertino e danno il ritmo alla partitura architettonica. A coronamento la torretta con l'orologio e la campana civica. Ai lati un'ariosa balaustra.

Il Museo Civico[modifica | modifica wikitesto]

Nel seminterrato del Palazzo Comunale si trovava il Museo Civico della Città di Nepi, dal 2014 trasferito nella nuova e più ampia sede di Via Falisca, ossia nel seminterrato dell'adiacente palazzo della Scuola Elementare. Esso è composto da una collezione di diversi oggetti (soprattutto corredi funebri) provenienti da siti archeologici del territorio nepesino, di epoca falisca, romana e medievale. Interessante la sezione dedicata alle ceramiche e agli apparati decorativi, trovati durante gli interventi di restauro della Rocca Borgiana.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Non va dimenticato, che proprio via delle Colonnette, costituiva un tratto urbano della Via Amerina, che entrando in città da sud presso la porta oggi posta sotto la Rocca, attraversava l'antica zona del Foro per uscire poi da porta Falisca a Nord. Il ritrovamento del basolato romano sotto questa via, oggi vicolo secondario, ha confermato questa sua antica importanza.
  2. ^ Saranno gli interventi urbanistici d'epoca farnesiana ad unificare i molteplici "borghi". Con la costruzione di nuove strade e quartieri intermedi, via via si andrà a collegare queste varie realtà. La toponomastica ci ricorda questa grande operazione urbanistica: ad esempio via Borgonuovo (oggi via Cavour), vicolo che dall'attuale Piazza del Comune scende verso via Termo Larte.
  3. ^ Traduzione della lapide posta tuttora sotto il portico della Cattedrale di Nepi, a sigillo del primo patto comunale: "Anno del Signore 1131, al tempo di Anacleto II papa, nel mese di Luglio, indizione VIII. I cavalieri e i Consoli di Nepi stabiliscono con giuramento che se qualcuno di loro vuole infrangere la nostra società sia cacciato con i suoi seguaci da ogni onore e dignità e inoltre con Giuda e Caifa e Pilato spartisca il suo destino (dopo morto); e ancora, sopporti una morte infame come Galeone che tradì i suoi compagni e di lui non sia più memoria, ma sieda alla rovescia su di un'asina e tenga la coda in mano".
  4. ^ A proposito della lapide del primo patto comunale del 1131, possono essere fatte interessanti considerazioni sulla società nepesina dell'epoca: La presenza di queste due categorie dei MILITES (cavalieri) e CONSULES (Consoli), ovvero le autorità militari e civili è un richiamo molto forte e ben evidente alla tradizione romana, probabilmente ancora ben viva nella Nepi del XII secolo. Inoltre le condanne terribili che vengono lanciate sui sovvertitori di quest'ordine appena costituito, richiamano due legende medievali molto conosciute. La prima, la ritroveremo due secoli dopo circa nell'Inferno dell'Alighieri: Giuda, Caifa e Ponzio Pilato, nella bocca di Satana, perennemente masticati dalla Bestia. Ed infine l'infame Galeone (Gano di Maganza?), personaggio della "Chanson de Roland" poema del ciclo carolingio, che traditore della patria venne squartato vivo e i suoi resti bruciati e le ceneri disperse al vento. Anche l'essere esposti al pubblico ludibrio, alla rovescia su di un'asina, mentre con la mano gli si regge la coda, era in epoche passate segno di estremo disonore. In entrambi i casi la citazione puntuale di accadimenti e situazioni tratte da opere letterarie francesi, mostra gli stretti scambi culturali che venivano a crearsi proprio lungo i territori attraversati dalla via Francigena e dalle altre vie di pellegrinaggio. Ricordiamoci che la via Cassia è in quest'ultimo tratto, l'asse stradale principale che portava i pellegrini a Roma. Su queste vie insieme con le persone e le mercanzie, viaggiava anche la cultura e il costume. Nei dintorni, come non ricordare a Sutri, la grotta d'Orlando, luogo dove secondo la legenda, sarebbe nato il paladino e a Capranica, sempre lungo la via Cassia, la località detta "Le querce d'Orlando".
  5. ^ Archivio Storico del Comune di Nepi (AsN). Interessanti per comprendere la genesi dell'edificio, sono le sedute consigliari, succedutesi nel periodo compreso tra il 1540 ed il 1545, tra il 1556 ed il 1559 ed infine tra il 1741 ed il 1746, ovvero le fasi in cui si concentrarono maggiormente i lavori per la costruzione ed il completamento del palazzo stesso.
  6. ^ Moroni Romano (Gaetano), *Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da san Pietro sino ai nostri giorni specialmente intorno ai principali santi ...: 47:, dalla Tipografia Emiliana, 1847. URL consultato il 23 ottobre 2022.
  7. ^ Nelle sue "Vite", il Vasari così descrive le opere che il Sangallo realizzò a Nepi: "Seguitò poi per il Duca di Castro la fortezza di Nepi, con tutta la fortificazione, che per detta città si vede inespugnabile e bella; et inoltre tutti i disegni privati a' cittadini di quel luogo, dove ancora dirizzò molte strade".
  8. ^ AsN, f.230, 255v, 256, 277, 310v.
  9. ^ AsN, Consigli n. 20, f. 325.
  10. ^ La storia della famiglia farnese negli ultimi anni del pontificato di Paolo III sono ben noti. Suo figlio Pierluigi, dopo fu ucciso dopo un brevissimo periodo in cui ricoprì la carica di Duca di Parma e Piacenza. Alla morte del Pontefice, il card. Alessandro Farnese venne privato di numerosissimi privilegi e della signoria di Nepi a favore di persone collegate a Giulio III Del Monte e successivamente ai nipoti di Paolo IV Carafa. Risale probabilmente a questo periodo l'interruzione dei lavori del cantiere del Palazzo Comunale.
  11. ^ L'iscrizione nel cartiglio che sovrasta la fonte recita in caratteri romani: "S.P.Q.NEPESINUS/UT PUBLICAE COMMODITATI PROSPICERET SALUBREM/AQUAM DUCTU SUBTERRANEO ET/ARCUATO SECUNDO AB HINC/MILIARIO DERIVATAM/IN NOVUM FONTEM MAGNA IMPENSA DEDUXIT/A.D. MDCCXXVII/IOSEPHO RENATO CARD. IMPERIALI BONI REGIMINIS PRAEF.".
  12. ^ Le linee proposte dal Locatelli, trovano pieno riscontro in quello stile tardo-barocco, chiamato a Roma Barocchetto. Esempi insigni a Roma ne sono gli scenografici edifici di piazza Sant'Ignazio, il Palazzo Doria-Pamphili lungo via del Corso, e la stessa scalinata di Trinità dei Monti, solo per citarne alcuni. Il Locatelli doveva averli tutti ben in mente al momento dell'elaborazione del suo progetto nepesino.
  13. ^ AsN, Consigli n. 37, f. 67v.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • G.Felini/S.Francocci, La Sala Nobile del Palazzo Comunale di Nepi, Roma, 2010.
  • M. Stanziale, Il Palazzo Comunale di Nepi (coll. Quaderni di Nepi), Davide Ghaleb editore, Vetralla, 2002.
  • L. Alimelli, Nepa Nepet Nepete (Nepi una città della storia), Ed.SEI, Roma, agosto 1999.
  • G. Pomponi, Nepi (collana: Carivit sulle città della Provincia di Viterbo), Viterbo, maggio 1998.
  • AA.VV., Nepi (3295 anni di miti, leggende e storia, ambiente naturale, cultura ed arte), Ronciglione, settembre 1993.
  • AA.VV., Lunario Romano 1985: Palazzi Municipali del Lazio (capitolo sul Palazzo Comunale di Nepi, a cura di P. R. Fagioli), Gruppo Culturale di Roma e del Lazio, Fratelli Palombini Editore, Roma 1984.
  • E. Lucchesi, Nepi Filissano Isola Conversina Ponte Nepesino (collana: torri castelli e città del Viterbese), Ed. DGL, Roma, 1984.
  • G. Ranghiasci, Memorie (o siano Relazioni istoriche sull'origine nome fasti e progressi dell'antichissima Città di Nepi), Todi, 1845.

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