Oxidus gracilis

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Oxidus gracilis
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Ramo Bilateria
Superphylum Protostomia
(clade) Ecdysozoa
Phylum Arthropoda
Subphylum Tracheata
Superclasse Myriapoda
Classe Diplopoda
Ordine Polydesmida
Famiglia Paradoxosomatidae
Sottofamiglia Paradoxosomatinae
Tribù Sulciferini
Genere Oxidus
Specie O. gracilis
Nomenclatura binomiale
Oxidus gracilis
C.L.Koch, 1847
Sinonimi

Fontaria gracilis
C.L.Koch, 1847
Kepolydesmus sontus
Chamberlin, 1910
Orthomorpha gracilis
C.L.Koch, 1847
Paradesmus dasys
Bollman, 1888[1]

Oxidus gracilis è un millepiedi appartenente alla famiglia Paradoxosomatidae[1][2].

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Un esemplare su un muro

È una specie notturna, dalle piccole dimensioni (circa 18,5-22,2 mm di lunghezza per 2,0-2,5 di larghezza), dotata di 30 paia di zampe nei maschi e 31 nelle femmine[3]. Le uova, di colore bianco, giallo o marrone e quasi sferiche (circa 0,4 mm di diametro), sono deposte nel suolo solitamente in gruppi da 50-300 unità; la schiusa avviene dopo 9-10 giorni e la larva, che ha inizialmente solo tre paia di zampe e pochi segmenti, si sviluppa nel giro di un anno[3]. L'adulto sopravvive per circa due mesi in primavera o estate; inizialmente esso è di colore marrone chiaro, e si scurisce col passare del tempo[3].

Come gran parte dei millepiedi, è insofferente ai climi secchi[3]. Si nutre di sostanza organica vegetale e se disturbato emana un odore sgradevole.

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Un esemplare in un laboratorio di Lakewood, Colorado

Si pensa che la specie sia originaria del Giappone, ma è ormai diffusa globalmente nelle aree temperate[4] grazie alla sua abitudine a vivere nel terriccio dei vasi e delle piante da vivaio.

Negli Stati Uniti, dove è stato introdotto accidentalmente dai tropici o dall'Europa, è ben diffuso negli stati meridionali e occidentali, mentre negli altri stati è presente solo nelle serre[5].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Oxidus gracilis, su BioLib. URL consultato il 2 dicembre 2015.
  2. ^ (EN) Oxidus gracilis (Koch, 1847), su ITIS Report. URL consultato il 2 dicembre 2015.
  3. ^ a b c d Capinera (2008), p. 2396.
  4. ^ Whitaker et al., p. 223.
  5. ^ Capinera (2001), p. 562.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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