Oxalis tuberosa
Oxalis tuberosa | |
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![]() | |
Classificazione APG IV | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
(clade) | Angiosperme |
(clade) | Mesangiosperme |
(clade) | Eudicotiledoni |
(clade) | Eudicotiledoni centrali |
(clade) | Superrosidi |
(clade) | Rosidi |
(clade) | Eurosidi |
(clade) | COM |
Ordine | Oxalidales |
Famiglia | Oxalidaceae |
Genere | Oxalis |
Specie | O. tuberosa |
Classificazione Cronquist | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Divisione | Magnoliophyta |
Classe | Magnoliopsida |
Ordine | Geraniales |
Famiglia | Oxalidaceae |
Genere | Oxalis |
Specie | O. tuberosa |
Nomenclatura binomiale | |
Oxalis tuberosa Molina, 1782 | |
Nomi comuni | |
oca |
L'ossalide tuberosa (Oxalis tuberosa Molina, 1782) è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Oxalidacee con numerose varietà[1].
Conosciuta con il nome di oca, con cui è chiamata anche la sua radice, un tubero commestibile, è coltivata nella zona andina dell'America meridionale, generalmente ad un'altitudine compresa tra i 3.000 e i 3.900 m slm[2].
Anche le foglie ed i giovani germogli sono commestibili come verdura fresca.
Etimologia
[modifica | modifica wikitesto]Il suo nome deriva da quello della lingua quechua uqa, ma è conosciuta in ambiente andino con una serie di altri nomi: apiha, apiña, apilla, kawi (in aymara), lamaki (in kallawalla), timbo, quiba, papa roja o huisisai.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]L'ossalide tuberosa è una pianta erbacea perenne, succulenta e raggiunge i 30–40 cm di altezza. Le radici formano rizomi molto ramificati, le cui punte si gonfiano in tuberi carnosi. I tuberi sono cerosi, più o meno rugosi, di forma cilindrica, ellissoidale o a forma di clava, con “occhi” dentellati. Sono lunghi 3–15 cm e possono essere di colore bianco, verde, arancione, rosa, rosso o viola. Gli steli eretti o prostrati, carnosi, arrivano fino a 1 cm di diametro. Sono di colore dal verde scuro al viola e di solito sono densamente ricoperti di tricomi.
Le foglie alterne sono divise in tre foglioline carnose cuoriformi con margine intero, sono di colore dal verde al viola e hanno tricomi almeno sulla parte inferiore.[3] Le foglioline sono nictinastiche.
Le infiorescenze appaiono ascellari o terminali come ombrelle. I fiori gialli peduncolati ed ermafroditi con doppio perianzio sono quintuplici e raggiungono i 2 cm di diametro.
Si formano piccoli frutti a capsula, con uno o pochi semi, anche se raramente. I semi hanno un tegumento esplosivo che li espelle dal frutto.[4]
Origine
[modifica | modifica wikitesto]Introdotta in Europa nel 1830 come competitore della patata ed in Nuova Zelanda fin dal 1860, è diventata popolare solo in quest'ultima sotto il nome di igname della Nuova Zelanda[5] (yam). In Europa non ha trovato le condizioni adatte per la coltivazione.
Coltivazione
[modifica | modifica wikitesto]L'ossalide è uno dei raccolti più importanti degli altopiani andini, secondo soltanto alla patata. Il suo successo deriva dalla agevole conservazione dei tuberi, la notevole tolleranza ai suoli poveri, al clima difficile, e la facilità di propagazione.
La coltivazione dell'ossalide è comunque particolare e difficoltosa se non sono rispettate alcune condizioni. L'ossalide ha bisogno di un periodo di crescita molto lungo (sei-otto mesi), inoltre la maturazione dei tuberi è legata alle ore di illuminazione diurna, (fotoperiodo) cioè la maturazione si ha solo quando le giornate si accorciano nel brevissimo periodo invernale. Nella maggior parte dei climi cosiddetti temperati l'autunno è precoce, si ha infatti l'avvento della stagione fredda di solito dopo soli cinque-sei mesi di clima tiepido-caldo; dopo un così breve periodo di vegetazione l'accumulo di sostanze nutritive è insufficiente ad una buona formazione dei tuberi.
Edibilità
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Il sapore del tubero è un po' piccante ed acidulo e la struttura varia dal croccante (come la carota) se poco cotto, ad una consistenza pastosa e farinosa se ben cotto. La tonalità acida è data dagli ossalati contenuti, come in tutte le Oxalidaceae, in comune con altre famiglie botaniche.
Le varietà originarie andine (esiste una notevole varietà di cloni) hanno tuberi di diversa forma e colore, che va dal giallo al viola. Le varietà coltivate in Nuova Zelanda hanno segregato caratteristiche più uniformi, ad esempio il colore rosa carneo.
L'ossalide è notevolmente ricca in ossalati (derivati dell'acido ossalico, che conferiscono il tipico sapore acidulo ai tuberi ed alle foglie). I metodi andini tradizionali della preparazione dei cibi con l'ossalide curano la riduzione a livelli accettabili di tali composti, che in elevata concentrazione sono tossici. Ciò si ottiene con l'esposizione dei tuberi alla luce solare; tale pratica riduce il sapore acido ed incrementa quello dolce. Le cultivar selezionate recentemente contengono minori quantità di acido, e sono meno legate a problemi di foto-periodo.
I tuberi possono essere cotti o fritti.
Nelle regioni di origine l'ossalide è adoperata per la preparazione di minestre, mangiato da solo o come guarnitura ad altri cibi, esattamente come le patate.
Può anche essere utilizzato come dolce.
L'ossalide è adoperata direttamente in Messico come cibo caldo, aromatizzato con sale, limone e pepe.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ (EN) Oxalis tuberosa, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 30/11/2022.
- ^ Dan Saladino, Mangiare fino all'estinzione,cap. XI Oca, 2023, trad.Giovanni Garbellini, Einaudi, ISBN 978 8806 25678 4
- ^ James Wong: Homegrown Revolution. London, Weidenfeld and Nicholson 2012, S. 151.
- ^ Eve Emshwiller, Origins of Domestication and Polyploidy In the Andean Tuber Crop Oxalis Tuberosa Molina(Oxalidaceae), 1º gennaio 1999. URL consultato il 31 agosto 2024.
- ^ Coltivazione tradizionale del mese, su FAO.org. URL consultato il 28 agosto 2018.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (DE) W. Franke, Nutzpflanzenkunde, Stoccarda, 1985.
- (DE) H. Marzell, Morphologie der Nutzpflanzen, Heidelberg, 1970.
- (EN) Simon Hickmott, Growing Unusual Vegetables, Ecological Books, 1999, ISBN 1-899233-11-3.
- (EN) Ben-Erik van Wyk, Food Plants of the World, Timber Press, 2005, ISBN 978-0-88192-743-6.
- (EN) B.R. Trognitz e M. Hermann, cap. 5, in Inheritance of tristyly in Oxalis tuberosa (Oxalidaceae), Heredity, n. 86, 2001, pp. 564-573.
- (EN) Eve Emshwiller e Jeff J. Doyle, cap. 2 - Chloroplast-expressed glutamine synthetase data, in Origins of domestication and polyploidy in oca (Oxalis Tuberosa: Oxalidaceae), American Journal of Botany, n. 89, 2002, pp. 1042-1056.
- (EN) Eve Emshwiller, cap. 1, in Biogeography of the Oxalis tuberosa Alliance, The Botanical Review, n. 68, 2002, pp. 128-152.
- (EN) Daniel de Azkue e Arturo Martínez, capp. 1-2, in Chromosome number of the Oxalis tuberosa alliance (Oxalidaceae), Plant Systematics and Evolution, n. 169, 1990, pp. 25-29.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Oxalis tuberosa
Wikispecies contiene informazioni su Oxalis tuberosa
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Oca in Lost Crops of the Incas, su books.nap.edu.
- NewCROP page on oca, su hort.purdue.edu.
- Genetic Resource Conservation of oca and other Andean tubers at International Potato Center, su cipotato.org. URL consultato il 13 dicembre 2010 (archiviato dall'url originale l'8 dicembre 2010).
- Oxalis tuberosa in the Plants for a Future website, su pfaf.org.