Numai

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Stemma della famiglia Numai

I Numai sono un'antica famiglia nobile della città di Forlì.

Già nel 1258 è ricordato un Guglielmo Numai, mentre consta che nel 1293 una via di Forlì prendesse nome da un Giuliano Numai.

Nella vita cittadina, i Numai furono molto attivi, scontrandosi spesso con un'altra nobile e potente famiglia, quella dei Morattini.

Della famiglia, si possono ricordare:

L'ultimo conte, Giuseppe Numai, fu mazziniano e garibaldino. Sposò -stile Anita Garibaldi, cioè¨ con passaggio e fuga - una Catherina Reinhart o Reinach, di Francoforte, con la quale ebbe poi intorno agli anni 1830 una piantagione in Louisiana e due figli, un maschio, successivamente deceduto per malattia in giovane età, e una femmina - Camilla. È probabile la sua partecipazione alla difesa della Repubblica romana nel 1848, nelle file della Legione Romagnola. Dopo il 1859 fu riconosciuto come veterano del Regio Esercito e si trasferì a Torino. La figlia Camilla, uscita dallo stesso Collegio in cui era presente una giovane di casa Savoia, fu fatta sposare a un tal Magnani, pubblico impiegato assai più anziano. Le morirono per difterite et similia quasi tutti i figli, mentre lei sopravviveva insegnando alle figlie della piccola aristocrazia e buona borghesia torinese quanto appreso nel collegio esclusivo di cui sopra: ricamo, musica, belle maniere, ecc L'unica figlia sopravvissuta, Angiola Giulia, sposò l'ebanista e scultore Giacomo Cometti da cui ebbe due figli, di nuovo un maschio morto a 24 anni nel 1934, e una femmina, Paola, il cui figlio - Angelo Michelsons (1953-2014) - era l'unico discendente della famiglia Numai.

La famiglia ha lasciato alcune tracce architettoniche:

  • All'imbocco di Corso Mazzini, provenendo da Piazza Saffi, sulla sinistra si può scorgere la Torre Numai, sopravvivenza delle tante torri medioevali che ornavano la città
  • Accanto alla Torre, sorge il Palazzo Foschi-Numai, oggi parzialmente visitabile in quanto sede di un interessante Museo ornitologico.

Ma in particolare Luffo Numai ha voluto far erigere, per sé e la moglie, Caterina Paulucci, nella Basilica di San Pellegrino Laziosi, un pregevole monumento funebre, rilievo opera di Tommaso Fiamberti e Giovanni Ricci (1502).