Nove Prodi

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Le statue dei Nove Prodi sull'antico Municipio di Colonia.

Nella cultura cortese-cavalleresca del XIV e XV secolo con l'espressione nove Prodi è indicato un gruppo di eroi antichi scelti per personificare gli ideali della cavalleria.

Identità dei nove Prodi[modifica | modifica wikitesto]

Le nove figure di eroi antichi compaiono per la prima volta, per quanto si sa, nei Voeux du paon di Jacques de Longuyon scritto intorno al 1312-13. In coerenza con un principio di simmetria i nove eroi antichi sono divisi in gruppi di tre, scelti come rispettivi campioni dell'antichità greco–romana, del Vecchio Testamento e dei cicli cavallereschi sui paladini della Cristianità.

Maestro del Castello della Manta, particolare di Goffredo di Buglione.
Nove Prodi (Alcalá de Henares, 1585).
Eroi del tempo pagano
Eroi dell’Antico Testamento
Paladini della Cristianità

I Prodi, come gruppo, dovevano rappresentare le diverse connotazioni del perfetto cavaliere, dal momento che ciascuno di essi, in modo diverso, procurò gloria ed onore alla propria nazione e ciascuno si distinse per le sue capacità di uomo d'arme.

Le figure dei nove Prodi come elemento emblematico nella cultura cortese-cavalleresca del XV secolo vengono menzionate da Johan Huizinga, nel saggio Autunno del medioevo. Lo storico olandese ci informa che:

«Eustache Deschamps riprende il tema [dei nove Prodi] dal suo maestro Guillaume de Machaut, dedicandogli molte poesie Probabilmente è stato lui a soddisfare quel bisogno di simmetria, peculiare dello spirito tardomedioevale, aggiungendo ai nove preux nove preuses. A tale scopo raccolse, da Giustino e da altre fonti letterarie, alcune figure classiche, in parte davvero singolari: Pentesilea, Tomiride, Semiramide, e storpiò in malo modo la maggior parte dei nomi. Ciò non impedì al tema di affermarsi, e così si ritrovano preux e preuses in scritti posteriori, come Le Jouvencel. Questi personaggi sono raffigurati sugli arazzi, e si inventano per loro dei blasoni; all'ingresso di Enrico VI d'Inghilterra a Parigi nel 1431 tutti e diciotto lo precedono.»

Lo stesso Francesco I, nelle feste di corte, si vestiva di tanto in tanto con i costumi di uno dei nove Eroi.

L'invenzione dei Prodi sopravvisse, magari in forme scherzose ed irriverenti, al progressivo venire meno della cultura cortese cavalleresca: Shakespeare, ad esempio, inserisce nella trama della commedia Pene d'amor perdute, il goffo tentativo compiuto da alcuni maldestri personaggi di mettere in scena la rappresentazione de I nove Prodi a vantaggio di una principessa in visita presso di loro.

I nove Prodi nelle arti figurative[modifica | modifica wikitesto]

Maestro del Castello della Manta, Le nove eroine, dettaglio.

Nelle arti figurative le figure dei nove eroi trovano un ampio spazio iconografico, soprattutto nei codici miniati o negli affreschi dei saloni delle feste. A Colonia le loro statue stanno in bella mostra sulla facciata del vecchio palazzo comunale.

La raffigurazione pittorica forse più significativa è quella che orna la grande sala baronale del Castello della Manta. Les neuf preux, assieme alle neuf preuses che fanno loro da contrappunto, vi compaiono ritratti a grandezza naturale in un giardino di delizie, ricco di alberi fronzuti dai cui rami pendono i rispettivi blasoni nobiliari.
Le eroine, riccamente abbigliate, rispondono, in questo caso, ai nomi esotici di Delfine, Sinope, Ippolita, Semiramide, Melanippe, Lampeto, Tamiri, Teucra e Pentesilea[2].
Si tratta dell'affresco eseguito dal Maestro del Castello della Manta, ignoto e validissimo esponente del gotico internazionale in Piemonte. Il ciclo pittorico, voluto nella sua dimora da Valerano di Saluzzo, è derivato dalle miniature dal romanzo Le Chevalier Errant di Tommaso III di Saluzzo.
Nei preziosi e coloratissimi costumi indossati dai diciotto personaggi si celano verosimilmente - in una sorta di gaia parata - le raffigurazioni di altrettanti personaggi della corte di Saluzzo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Johan Huizinga, Autunno del medioevo, BUR, Roma, Rizzoli, 2012, ISBN 9788858628546.
  2. ^ Monica Centanni (a cura di), L’originale assente: introduzione allo studio della tradizione classica, Milano, Bruno Mondadori, 2005, p. 180, ISBN 88-424-9299-X. URL consultato il 13 gennaio 2021.

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