Laephotis capensis

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Laephotis capensis
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Superordine Laurasiatheria
Ordine Chiroptera
Sottordine Microchiroptera
Famiglia Vespertilionidae
Sottofamiglia Vespertilioninae
Genere Laephotis
Specie L.capensis
Nomenclatura binomiale
Laephotis capensis
Smith, 1829
Sinonimi

Pipistrellus nkatiensis, Neoromicia melckorum

Laephotis capensis (Smith, 1829) è un pipistrello della famiglia dei Vespertilionidi diffuso nell'Africa subsahariana.[1][2]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]

Pipistrello di piccole dimensioni, con la lunghezza totale tra 60 e 107 mm, la lunghezza dell'avambraccio tra 26 e 39 mm, la lunghezza della coda tra 18 e 48 mm, la lunghezza del piede tra 7 e 9 mm, la lunghezza delle orecchie tra 7 e 15 mm e un peso fino a 10,1 g.[3]

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

La pelliccia è corta, soffice e densa. Le parti dorsali sono bruno-giallastre chiare, bruno-grigiastre chiare, bruno-rossastre e varie tonalità di marrone, mentre le parti ventrali sono bianche o color crema. La base dei peli è ovunque nerastra. Il muso è largo e ricoperto di diverse ghiandole sui lati ed alla base degli occhi. Le orecchie sono corte, triangolari e con l'estremità arrotondata. Il trago è lungo meno della metà del padiglione auricolare, più largo nella parte centrale, con il margine posteriore leggermente convesso e l'estremità arrotondata. Le membrane alari sono bruno-giallastre, bruno-grigiastre o bruno-nerastre talvolta con il bordo posteriore bianco. La coda è lunga ed inclusa completamente nell'ampio uropatagio, il quale è semi-trasparente, talvolta con il margine libero giallastro e ricoperto da fasce trasversali più scure. Il cariotipo è 2n=32 FNa=50.

Ecolocazione[modifica | modifica wikitesto]

Emette ultrasuoni ad alto ciclo di lavoro con impulsi di breve durata a frequenza semi-costante iniziale a 65–84 kHz e finale a 38–44 kHz.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Comportamento[modifica | modifica wikitesto]

Si rifugia in strette cavità come fessure sotto le cortecce degli alberi, tra fogli di aloe, in crepacci e buchi nelle piante e nelle rocce, nei soffitti, sotto tetti e nei muri degli edifici singolarmente o più raramente in gruppi fino a 20 individui. Divide i siti talvolta con Scotophilus dinganii. In Sudafrica è attivo durante l'inverno senza entrare in lunghi periodi di ibernazione sebbene durante il giorno entri in uno stato di torpore con temperature tra 21 e 24 °C. L'attività predatoria inizia al tramonto, con diversi picchi notturni fino all'alba. Evita i periodi di luna piena per sfuggire ad eventuali predatori e quelli di pioggia o vento forte.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Si nutre di coleotteri, lepidotteri, emitteri, ditteri e tricotteri catturati in spazi relativamente aperti con un volo lento.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

La spermatogenesi avviene tra marzo ed aprile, le prime copulazioni a fine marzo o primi di aprile, successivamente le femmine trattengono il seme fino alla ovulazione e fertilizzazione che avviene nella seconda metà di agosto, per poi partorire a fine ottobre o primi di novembre dopo una gestazione di circa 12 settimane. Danno alla luce 2-3 piccoli alla volta, occasionalmente 1 o 4.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Questa specie è diffusa nell'Africa occidentale dalla Guinea-Bissau al Camerun occidentale e l'isola di Bioko e nel resto del continente dal Sudan centro-orientale fino al Sudafrica e l'isola di Zanzibar.

Vive in diversi tipi di habitat escluse le grandi zone desertiche ed alcuni ambienti costieri. È spesso associata ad insediamenti umani.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Sono state riconosciute 5 sottospecie:

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

La IUCN Red List, considerato il vasto areale e la popolazione presumibilmente numerosa, classifica L.capensis come specie a rischio minimo (Least Concern)).[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) Jacobs, D., Cotterill, F.P.D. & Taylor, P.J. 2008, Laephotis capensis, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Laephotis capensis, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  3. ^ Happold & Happold, 2013.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Meredith & David C.D.Happold, Mammals of Africa. Volume IV-Hedgehogs, Shrews and Bats, Bloomsbury, 2013. ISBN 9781408122549

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