Myiopsitta monachus

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Parrocchetto monaco
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Aves
Ordine Psittaciformes
Famiglia Psittacidae
Sottofamiglia Arinae
Genere Myiopsitta
Bonaparte, 1854
Specie M. monachus
Nomenclatura binomiale
Myiopsitta monachus
(Boddaert, 1783)
Areale

Il parrocchetto monaco (Myiopsitta monachus Boddaert, 1783) o parrocchetto torrigiano è un uccello della famiglia degli Psittacidi. È l'unica specie del genere Myiopsitta Bonaparte, 1854.[2]

Insieme al parrocchetto dal collare (Psittacula krameri) è la sola ad essere stabilmente nidificante in Italia (come specie esotica a carattere sempre più invasivo, la cui influenza competitiva sulle specie autoctone è ancora in fase di studio).[3]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Agile e affusolato pappagallo dalla colorazione generale verde chiaro, con fronte, guance e petto grigio chiaro, ventre giallognolo sfumato in verde; remiganti e timoniere blu. Con l'uccello in volo si nota maggiormente il blu della coda e della parte inferiore dell'ala. Ha becco bruno, iride marrone e zampe grigie. La taglia si aggira attorno ai 29 cm.[senza fonte]

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Myiopsitta monachus

È gregario, socievole e stanziale: crea gruppi stabili molto numerosi, anche oltre i 100 individui, che, emettendo continui richiami molto forti, si muovono insieme alla ricerca di cibo: semi di cardi, di erbe prative, di alcuni alberi, frutta, bacche, fiori e occasionalmente larve e insetti. Il periodo riproduttivo inizia a ottobre e, se la stagione è favorevole, può portare a termine anche due covate. Costruisce grandi nidi coloniali sulle cime di grandi alberi anche a 20 metri di altezza. Un nido medio che ospita da una decina a una ventina di coppie arriva a pesare anche 200 kg. Per questo i parrocchetti monaci collegano saldamente le strutture del nido a rami grandi all'attaccatura con il tronco, quindi intrecciano decine di rametti e formano una grande «fascina» percorsa da tunnel comunicanti e da camere di cova dove ogni femmina depone 5-8 uova che vengono incubate per 20 giorni. I piccoli si involano entro le 6 settimane dalla schiusa.[senza fonte]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

È originario di una vasta area della parte sud-orientale del Sudamerica, che include Argentina, Paraguay, Uruguay, Bolivia e Brasile, dove è spesso cacciato come uccello dannoso alle coltivazioni, ciononostante è ancora molto comune.[senza fonte]

Uccello normalmente di pianura o di collina, ama le foreste aperte, quelle a galleria lungo i corsi d'acqua, le boscaglie di acacie e le savane alberate. Normalmente è diffuso fino a quote attorno ai 1000 metri, ma si adatta molto bene anche a quote più elevate tanto che la M. m. luchsi è stata segnalata fino a 3000 metri. In alcune aree, la piantumazione con alberi ad alto fusto come l'Eucalyptus lo ha notevolmente avvantaggiato.[senza fonte]

Vi sono colonie di questi uccelli, sfuggiti alla cattività e perfettamente ambientatisi anche in Europa e negli Stati Uniti: una colonia di notevoli dimensioni è localizzata dentro la città di New York[senza fonte]. In Italia vi sono diverse grandi città tra cui Roma[4][5], Cagliari[6] e Firenze[7], che hanno nei parchi o nei viali piccole bande di parrocchetti monaci, ma si sta diffondendo gradualmente in molte altre zone della penisola.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

È classificato in 4 sottospecie:[senza fonte]

  • M. m. monachus, sottospecie nominale;
  • M. m. calita, con minore presenza del colore grigio sulla fronte e con la colorazione blu dell'ala più scura;
  • M. m. cotorra, simile al M. m. calita ma con la tonalità giallognola dell'addome più estesa e chiara;
  • M. m. luchsi, con il colore grigio di tonalità più chiara e brillante, più esteso sul capo e sul petto; sul ventre è presente una banda giallognola molto evidente.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) BirdLife International 2017, Myiopsitta monachus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020. URL consultato il 5 luglio 2018.
  2. ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Psittaculidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 5 giugno 2018.
  3. ^ https://www.minambiente.it/biblioteca/quaderni-di-conservazione-della-natura-n-2-mammiferi-e-uccelli-esotici-italia-analisi-del
  4. ^ Il mistero dei pappagalli di Roma, su The Roman Post, 2014. URL consultato il 4 aprile 2020. Contiene anche un breve video.
  5. ^ C.Montagnaro, Roma, i pappagalli "invadono" Villa Borghese fra colori e cinguettii, su Il Messaggero, 2016. URL consultato il 4 aprile 2020.
  6. ^ Lo sapevate? A Cagliari vive una nutrita colonia di pappagallini | Cagliari - Vistanet, su cagliari.vistanet.it, 11 settembre 2019. URL consultato il 25 luglio 2022.
  7. ^ Lisa Baracchi, Pappagalli al tropico delle Cascine, su Corriere della Sera, 3 agosto 2017. URL consultato il 24 febbraio 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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