Museo civico Luigi Bailo

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Museo civico Luigi Bailo
La facciata del museo
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàTreviso
IndirizzoBorgo Cavour, 24 e Borgo Cavour 24, 31100 Treviso
Coordinate45°40′03.08″N 12°14′17.4″E / 45.667522°N 12.238165°E45.667522; 12.238165
Caratteristiche
TipoRaccolta d'arte
Istituzione1879
FondatoriLuigi Bailo
Apertura1879
DirettoreEmilio Lippi (dirigente comunale)
Visitatori56 188 (2022)
Sito web

Il Museo civico "Luigi Bailo" è un museo di Treviso, intitolato al fondatore e primo direttore dei Musei civici di Treviso, l'abate Luigi Bailo, e oggi dedicato alle raccolte d'arte dall'Impressionismo alle Avanguardie.

Il Museo Bailo è la più antica tra le attuali sedi museali civiche: le altre sono il complesso di Ca' da Noal - ca' Robegan, nel quale si tengono esposizioni temporanee, e il complesso di Santa Caterina, che ospita le raccolte archeologiche, le collezioni di arte medievale e moderna, ed altre esposizioni temporanee.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'abate Luigi Bailo

La fondazione: il Museo Trivigiano[modifica | modifica wikitesto]

La sede di Borgo Cavour, che occupa gli spazi di un convento di origine rinascimentale (prima dei Gesuati, poi dei Carmelitani Scalzi), ospitò fin dal 1882 il Museo Trivigiano, fondato dall'abate Bailo: l'anno della sua inaugurazione coincise con l'abbattimento della vicina chiesa e con la definitiva dismissione del convento dei Carmelitani. L'edificio era allora al contempo sede del Liceo ginnasio, della Biblioteca e dell'Archivio storico comunale.[1]

Gli spazi destinati al Museo si rivelarono ben presto inadeguati, sia per il massiccio affluire di lapidi, manufatti rinascimentali, opere scultoree e pittoriche (tra le quali, nel 1883, l'importante ciclo di Tomaso da Modena delle Storie di sant'Orsola), sia per il progressivo incremento dell'Archivio storico comunale, fondato dall'abate stesso.

Nel 1888 l'abate dovette occupare anche il chiostro dell'ex convento, per l'occasione decorato ad affresco con motivi medievali.

Una nuova facciata, riccamente decorata e recante l'iscrizione "MVSEVM TARVISI", fu inaugurata nel 1904.

Finalmente, nel 1922, grazie al completamento della nuova sede del Liceo Canova, il Museo poté ampliare i propri spazi espositivi, che furono ulteriormente incrementati grazie all'acquisto, nel 1935, del complesso di Ca' da Noal.

Grazie alla traslazione della collezione di arti applicate, la pinacoteca poté confluire nel 1938 nelle sale ai primo piano, nel riallestimento curato da Luigi Coletti.

Il bombardamento, la ricostruzione e il restauro[modifica | modifica wikitesto]

Venne quindi il bombardamento del 1944 e a causa degli ingenti danni, l'edificio poté essere riaperto soltanto il 15 giugno 1952 nell'allestimento curato da Forlati, Muraro e Coletti.

Le condizioni della sede di Borgo Cavour dopo il bombardamento del 1944.

A partire dal 1959, il museo Bailo divenne sede anche della raccolta comunale d'arte moderna.

Gli spazi del museo si suddividevano così in sezione archeologica, pinacoteca e galleria comunale d'arte moderna:

Dal luglio 2003 il museo venne chiuso a causa di "necessari quanto impegnativi lavori di ristrutturazione".[3] A luglio 2011 il Comune di Treviso annunciò il programma dei lavori di restauro del Museo Bailo: l'intervento riguardava la ristrutturazione del chiostro interno, il consolidamento delle fondamenta, la realizzazione degli impianti e di nuovi spazi espositivi. Al Museo Bailo sarebbe quindi rimasta la galleria comunale d'arte moderna e contemporanea.

Il museo civico "Luigi Bailo" è stato riaperto al pubblico il 29 ottobre 2015.[4] La parte ristrutturata e aperta al pubblico, tuttavia, è solo una parte, circa la metà, dell'intero complesso, per la ristrutturazione del quale al momento (2016) mancano ancora i fondi.

La sede espositiva rinnovata[modifica | modifica wikitesto]

Particolare della facciata

Il primo elemento distintivo dell'intervento di ristrutturazione e riallestimento è l'architettura, ripensata nella facciata e negli spazi interni. Il progetto è stato realizzato da studiomas architetti (Marco Rapposelli e Piero Puggina), capogruppo, e dall'architetto austriaco Heinz Tesar, in collaborazione con l'architetto Giancarlo Rosa.[5]

Anche la piazzetta esterna è stata ridisegnata come una sorta di "atrio urbano" sul quale si proietta il disegno della facciata. Sulla facciata stessa spiccano le linee di una croce, a ricordo della precedente destinazione conventuale dell'edificio.

Attraverso una grande finestra fissa, questo atrio rappresentato dalla piazza comunica visivamente con il chiostro sud, il cui perno fisico e simbolico è rappresentato da Adamo ed Eva (celebre scultura di Arturo Martini acquisita dalla città con pubblica sottoscrizione nel 1993), per suggerire da subito l'idea di un museo "aperto" in dialogo con la città stessa.

L'altissima e luminosa galleria d'ingresso, disegnata come la strada di una città, penetra nella profondità del complesso.

Un secondo decisivo elemento di interesse è costituito dal rinnovamento di tutto l'allestimento e dal nuovo percorso di esposizione. Gli ambienti offrono, al momento, un'importante antologia della galleria comunale di arte moderna, con circa 340 opere del secondo Ottocento e della prima metà del Novecento, la cui "spina dorsale" è rappresentata dalla collezioni di opere di Arturo Martini, uno dei più grandi scultori italiani del XX secolo.

Sale allestite al primo piano

Primo piano[modifica | modifica wikitesto]

La visita inizia al primo piano con le quattro sezioni

  1. "Artisti a Treviso fra Ottocento e Novecento",
  2. "Il giovane Arturo Martini",
  3. "Gli anni di Ca' Pesaro",
  4. "Artisti a Treviso tra le due guerre".

Il percorso si apre con la pittura degli ultimi decenni dell'Ottocento, con sale dedicate ai ritratti, alla pittura dal vero, a "Luce, macchia e impressioni", ai paesaggi dei Ciardi, a "Storicismo e realismo in scultura". Gli artisti qui rappresentati sono diversi per età, formazione e linguaggio. Accanto a protagonisti ancora di matrice neoclassica e di gusto romantico, operano le nuove generazioni di formazione accademica veneziana e autodidatte, che esprimono la tendenza naturalistica nella produzione di soggetti popolari e di genere locale, e la rinnovata sensibilità al paesaggio. Tra questi Luigi Serena, Giovanni Apollonio, Vittore Cargnel, Guglielmo Ciardi con i figli Beppe ed Emma. Particolarmente rappresentato è Luigi Serena, che ritrae l'animazione della vita cittadina e dei suoi ceti più popolari e ricostruisce in ambientazioni realistiche scene tra le più quotidiane, sempre attento ai valori pittorici e compositivi e con particolare abilità nell'uso della luce.

Tra gli scultori si incontrano Luigi Borro e Antonio Carlini, la cui produzione evoca l'ambiente in cui si formò la personalità di Arturo Martini.

Nelle sale che si sviluppano intorno al chiostro, sempre al primo piano, è largamente illustrata la fase giovanile e della prima maturità di Martini, nel periodo compreso tra gli anni dell'apprendistato e delle mostre a Treviso e a Venezia (e della messa a frutto delle esperienze maturate a Monaco di Baviera e a Parigi) e gli anni a ridosso e durante la prima guerra mondiale. Alle sculture, con opere capitali come Maternità e Fanciulla piena d'amore, si affiancano l'importante esperienza grafica e quella ceramica, in specie con la produzione di vasi e soprammobili per la fornace trevigiana Gregorj.

A fronte scorre una significativa antologia di Gino Rossi, amico e sodale di Martini, con opere entrate da tempo a far parte della collezione dei Musei civici trevigiani (tra cui Primavera in Bretagna e Paesaggio asolano) e altre concesse in prestito da privati (Ritratto di Michel Carion marinaio).

Il percorso continua con altri artisti: gli scultori Guido Cacciapuoti e Ottone Zorlini, i pittori Aldo Voltolin, Nino Springolo e Alberto Martini (serie simbolista delle Fantasie del sole e Autoritratto interiore).

La sezione dedicata agli "Artisti a Treviso tra le due guerre" comprende opere di Lino Selvatico, Juti Ravenna, Sante Cancian, e diversi altri.

La sezione "Bronzi di Arturo Martini degli anni Venti"

Piano terra[modifica | modifica wikitesto]

Ritornati al pianterreno, l'esposizione prosegue con Giovanni Barbisan, del quale sono esposti un giovanile Autoritratto e il grande pannello affrescato I rurali sono i nostri migliori amici, di chiaro gusto fascista, che l'autore ventiduenne presentò alla Biennale di Venezia del 1936.

La visita prosegue con la sezione monografica dedicata alla piena maturità di Arturo Martini, allestita negli ambienti a est del chiostro: le sale sono dedicate ai "Bronzi degli anni Venti", "Piccola plastica e rilievi degli anni Venti", "Disegno, grafica e pittura". Le opere raccolte in queste sale danno prova della passione di molti trevigiani per il collezionismo d'arte, passione che si è poi concretizzata in numerose donazioni di opere al museo civico. Tra queste va citata, soprattutto, la Pisana di Arturo Martini, dono dei coniugi trevigiani Mazzolà, benefattori insigni del museo e della biblioteca civica.

In un braccio del chiostro chiuso da vetrate spicca un altro capolavoro di Arturo Martini, La Venere dei porti, acquisita dal Comune grazie all'interessamento del critico Giuseppe Mazzotti: è una delle grandi terrecotte create tra la fine degli anni Venti e i primissimi anni Trenta, il periodo di più alta ispirazione dell'artista.

All'aperto nel chiostro, oltre all'Adamo ed Eva già citati, i due acroteri di Arturo Martini, raffiguranti Terra e Mare: si tratta di due possenti sculture di cemento ad altezza naturale.

Opere conservate nel museo[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giovanni Netto, Guida di Treviso: la città, la storia, la cultura e l'arte, Trieste, Lint Editoriale, 1988, p. 427, ISBN 9788881901418.
  2. ^ Queste quattro tele, come pure le altre che formano la pinacoteca civica di Treviso, sono state trasferite ed esposte nel complesso di Santa Caterina.
  3. ^ Cà da Noal - Casa Robegan, su Musei Civici di Treviso, 2008. URL consultato il 28 dicembre 2016.
  4. ^ Silvia Madiotto, Riapre il Bailo, Escher a Santa Caterina: Treviso abbraccia i suoi musei, in Corriere del Veneto, 29 ottobre 2015. URL consultato il 28 dicembre 2016.
  5. ^ Foto del realizzato per il museo Bailo di Treviso, su Studiomas architetti. URL consultato il 27 dicembre 2016.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN127365106 · ISNI (EN0000 0001 2153 7403 · ULAN (EN500311649 · LCCN (ENn86017207 · GND (DE817690-5 · J9U (ENHE987007604142605171 · WorldCat Identities (ENlccn-n86017207