Modest fashion

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Una donna ortodossa dell'Ucraina con vestito e copricapo cristiano.

Il termine modest fashion, moda modesta o abbigliamento modesto si riferisce ad una tendenza della moda nelle donne di indossare abiti sobri che coprano maggiormente il corpo e che non siano aderenti,[1] soprattutto per soddisfare esigenze spirituali e stilistiche motivate dalla fede, religione o dalle preferenze personali.[2] L'esatta interpretazione di "modesto" varia tra culture e paesi. Non esiste un'interpretazione univoca, in quanto questa è influenzata dalle caratteristiche socio-culturali di ciascun paese[3], ma di là delle varie interpretazioni, si concorda sull'idea che la moda modesta significhi abiti larghi, vestiario comodo e coprirsi il corpo a seconda del proprio comfort.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il termine "modesto" può avere interpretazioni diverse oltre i confini religiosi e persino all'interno di essi. Possono esserci anche degli elementi comuni; molte donne cristiane, ebree e musulmane usano coprirsi la testa, le donne cristiane indossando un copricapo, le donne ebree lo tichel e le donne musulmane il hijab.[2][4][5]

Il 28 luglio 2015 si è svolta a Torino una tavola rotonda internazionale con l'obiettivo di definire le linee guida per la moda modesta.[6][7]

La modest fashion è un fenomeno in crescita ed è stato analizzato da studiosi come la professoressa britannica Reina Lewis del London College of Fashion, dei cui lavori sul tema si possono citare Modest Fashion: Styling Bodies, Mediating Faith (2013) e Muslim Fashion: Contemporary Style Cultures (2015).[2][8]

Alla fine del 2018, la moda modesta si è rivelata un'industria da 250 miliardi di dollari.[8]

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Le persone musulmane ed ebree indossano gli abiti modesti per seguire le linee guida della religione, ma allo stesso tempo, per le donne questa scelta rappresenta una forma di emancipazione femminile.[9] C'è ancora un "malinteso generale sul fatto che l'abbigliamento modesto sia intrinsecamente oppressivo", ha affermato Michelle Honig, giornalista di moda ebrea ortodossa e relatrice principale durante il mese della moda alla New York University per il simposio di moda Meeting Through Modesty. "Ma se le donne nei cosiddetti 'paesi liberati' scelgono ancora di coprirsi il corpo, allora hanno fatto una scelta. Hanno il libero arbitrio."[5]

Tuttavia, alcune femministe hanno criticato la moda modesta, considerandola un concetto "cinico".[9] Nel 2019, dopo una mostra di moda modesta ospitata a Francoforte, in Germania, Inge Bell del gruppo Terre des Femmes ha dichiarato che è stato "uno schiaffo in faccia a ragazze e donne di tutto il mondo che non vogliono indossare il velo o se lo vogliono togliere". Una lettera inviata dall'attivista alla rivista Emma ha definito la mostra un attacco alle attiviste per i diritti delle donne autoctone e straniere, sottolineando che "ogni anno, migliaia di donne in Iran vengono punite per aver violato questo codice di abbigliamento".[9]

La moda modesta esprime comunque il consenso sul fatto che non dovrebbe essere vissuta come un fattore limitante nello stile. Le case di moda producono modelli e collezioni che una donna musulmana, ortodossa, ebrea, cristiana o indù può indossare con stile. Dolce & Gabbana,[10] H&M[11] e Uniqlo[12], Nike (con la Ramadan collection[13] e la "halal fashion", per indicare ciò che è permesso dalle norme della legge islamica[14]) sono solo alcuni dei brand entrati ultimamente nel segmento di mercato della moda modesta, specialmente nel mondo luxury[15], realizzando abiti che coprono la maggior parte del corpo, ma che allo stesso tempo consentendo alle donne di sperimentare le ultime tendenze.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Emma battaglia, Modest fashion, il mercato emergente di abbigliamento femminile, su The Password UNITO, 1º febbraio 2021. URL consultato il 15 gennaio 2019.
  2. ^ a b c (EN) Faith-based fashion takes off online, in The Guardian. URL consultato il 15 gennaio 2019.
  3. ^ (EN) Modest fashion, major opportunity, su Locaria. URL consultato il 4 marzo 2020.
  4. ^ (EN) Margaret Hunt, Women in Eighteenth Century Europe, Taylor and Francis, 2014, p. 58, ISBN 9781317883876. URL consultato il 19 settembre 2022.
  5. ^ a b Whitney Bauck, What Does Modest Fashion Mean?, in The New York Times, 1º novembre 2016. URL consultato il 15 gennaio 2019.
  6. ^ (EN) DIEDC spotlights modest fashion in Italy, su Gulf today. URL consultato il 19 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  7. ^ Martina Liz De Santo, La storia di Wiwid: l’islamic fashion, su Moobmag.com, 1º agosto 2015. URL consultato il 15 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale l'8 agosto 2015).
  8. ^ a b Bim Adewunmi, Why The Modest Fashion Trend Isn’t Going Anywhere, su Buzzfeed News, 5 novembre 2018. URL consultato il 15 gennaio 2019.
  9. ^ a b c Elizabeth Grenier, Muslim fashion for women exhibition stirs controversy in Germany, su DW, 3 aprile 2019. URL consultato il 19 settembre 2022.
  10. ^ Lindsay Judge, Dolce & Gabbana’s Beautiful Life Collection Celebrates Modest Fashion, su AE World, 14 aprile 2021. URL consultato il 19 settembre 2022.
  11. ^ Rayana Khalaf, H&M launches its first modest fashion line, but not everyone is impressed "A big step towards inclusivity", su Stepfeed, 9 maggio 2018. URL consultato il 19 settembre 2022.
  12. ^ Steff Yotka, Hana Tajima Is About So Much More Than Modest Fashion, in Vogue, 28 marzo 2019. URL consultato il 19 settembre 2022.
  13. ^ Elena Banfi, Modest Fashion (R)evolution, in Vanity Fair Italia, 7 dicembre 2017. URL consultato il 19 settembre 2022.
  14. ^ Francesca Budel, L'importanza della modest e halal fashion, su Montenapo Daily, 2 Agosto 2022. URL consultato il 19 settembre 2022.
  15. ^ Giulia Mattioli, Discrete ma cool: la nuova era della modest fashion, in La Repubblica, 2 agosto 2022. URL consultato il 19 settembre 2022.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]