Melanterite

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Melanterite
Classificazione StrunzVI/C.06-10
Formula chimicaFe++SO4·7(H2O)
Proprietà cristallografiche
Gruppo cristallinotrimetrico
Sistema cristallinomonoclino[1][2][3][4]
Classe di simmetriaprismatica[2][3]
Parametri di cellaa = 14.11, b = 6.51, c = 11.02[2][3]
Gruppo puntuale2/m[2][3][4]
Gruppo spazialeP 21/c[2][3][4]
Proprietà fisiche
Densità1,85-1,90[1], 1,89-1,9[2], 1,89[3], 1,895[4] g/cm³
Durezza (Mohs)2[1][2][3][4]
Sfaldaturaperfetta[1][2][3] secondo {001}[2][3], distinta secondo {110}[2][3]
Fratturaconcoide[2][3][4]
Coloreverde pallido[1][3], verde[2][3][4], giallo-verdastro[2][4], verde bluastro[2][3], bianco verdastro[2], bianco[3], incolore[3], verde bluastro[4], bruno scuro[4]
Lucentezzavitrea[1][2]
Opacitàda subtrasparente a traslucida[2][4], da traslucida ad opaca[3]
Strisciobianco[2][3][4]
Diffusionecomune[1], frequente
Si invita a seguire lo schema di Modello di voce – Minerale

La melanterite è un minerale, un solfato eptaidrato di ferro, detta anche vetriolo di ferro, appartenente al gruppo omonimo.

Il nome deriva dal greco μελαντηρία = tinta nera, inchiostro, per il sapore astringente e metallico, tipico dell'inchiostro.

Descritta per la prima volta da François Sulpice Beudant (Parigi 1787 - 1850), geologo e mineralogista francese, nel 1832.

Abito cristallino[modifica | modifica wikitesto]

I cristalli sono prismi tozzi, tabulari, pseudoromboedrici.

Efflorescenze, incrostazioni, capillariforme.[2]

Storia[1][modifica | modifica wikitesto]

Gli antichi sfruttavano questo minerale per le proprietà medicinali, in particolar modo per le infezioni degli occhi.

Plinio il Vecchio chiamava la mistura fatta con questo minerale con il tannino astramentum sutorium (cioè nero dei calzolai, giacché il tannino reagiva col ferro contenuto in questo minerale creando un composto nero, questo composto nero veniva utilizzato per realizzare anche degli inchiostri).

Origine e giacitura[modifica | modifica wikitesto]

La genesi è secondaria, si forma nelle parti ossidate dei giacimenti che contengono solfuri di ferro ed è abbondante nelle zone prive di umidità e desertiche perché è solubile in acqua e teme l'umidità. Si forma anche per alterazione della marcasite e nelle gallerie delle miniere. La paragenesi è con alunogeno, alotrichite, pirrotite e pirite.

Assieme ad altri solfati, nei tunnel ed alla superficie immediata delle miniere[1]

Forma in cui si presenta in natura[modifica | modifica wikitesto]

Si presenta in cristalli, aggregati granulari[1], stalattitici di consistenza soffice e in masse fibrose concrezionate.

Caratteri fisico-chimici[modifica | modifica wikitesto]

Facilmente solubile in acqua[1], ha sapore astringente e pessimo[1] di inchiostro. Si disidrata all'aria e si decompone, per questo va conservato in contenitori stagni o sotto vuoto.

Località di ritrovamento[modifica | modifica wikitesto]

Si trova a Rammelsberg, in Germania; presso il Rio Tinto, in Spagna; a Recsk, in Ungheria; a Smolník, in Slovacchia; a Quetena, nel Cile; a Chalance, nell'Isère, in Francia.

In Italia è stata trovata nei tufi vulcanici di Monteviale, in provincia di Vicenza; sotto forma di aghetti all'Aiguille du Chatelet, presso Courmayeur, in Valle d'Aosta; in forma di crosticine sulla pirite a Montefondoli, presso Chiusa d'Isarco, in provincia di Bolzano; a Castellano, frazione di Villa Lagarina e Pomarolo, presso Rovereto è segnalata come alterazione della marcasite. Nella miniera di Libiola, a Sestri Levante, in forma di stalattiti; nel cantiere di Vigneria, a Rio Marina, nell'Isola d'Elba; nella miniera di Boccheggiano, in Val di Merse, nella maremma toscana. Infine nella località di Roccalumera, in provincia di Messina insieme ad allume. È stata trovata pure in Sardegna tra i comuni di San Vito e Ballao nella provincia di Cagliari.

Varietà[modifica | modifica wikitesto]

Una varietà ricca di rame della melanterite è la pisanite o cuproferrite.

Una varietà ricca di magnesio invece è la kirovite.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l Carlo Maria Gramaccioli, Come collezionare i minerali dalla A alla Z, vol. 2, Milano, Peruzzo, 1988, pp. 506-507.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w melanterite su webmineral.org
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r Melantierite su mindat.org
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p Melanterite

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mineralogia - Cornelis Klein - Zanichelli (2004)
  • Le rocce e i loro costituenti - Morbidelli - Ed. Bardi (2005)
  • Minerali e Rocce - De Agostini Novara (1962)
  • Guida al riconoscimento dei minerali - Borelli e Cipriani - Mondadori (1987)
  • I minerali d'Italia - SAGDOS - 1978
  • Minerali e Rocce - Corsini e Turi - Enciclopedie Pratiche Sansoni (1965)

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Webmin, su webmineral.com.
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