Massacro di Batak

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Massacro di Batak del 1876
Il massacro di Batak, fotografia del logo scattata poco dopo 1876
Data17 maggio 1876
LuogoBatak
StatoBandiera della Bulgaria Bulgaria
Coordinate41°56′33″N 24°13′08″E / 41.9425°N 24.218889°E41.9425; 24.218889
ObiettivoLiberazione dal dominio turco
Conseguenze
Morti5.000 bulgari

Il massacro di Batak si riferisce al massacro dei bulgari presso Batak da parte delle truppe ottomane nel 1876, all'inizio della rivolta d'aprile. Il numero delle vittime varia da 3.000 a 5.000, in base alle diverse fonti.

L'Enciclopedia Britannica stima a 5.000 il numero delle persone trucidate dall'esercito turco soltanto a Batak, mentre il numero delle vittime massacrate nel distretto di Filippopoli (Plovdiv) raggiunse circa 15.000 individui;[1] tali dati vennero confermati anche nel rapporto di Eugene Schuyler, pubblicato nel Daily News.[2]

Il contesto[modifica | modifica wikitesto]

Batak svolse un ruolo importante durante la rivolta d'aprile contro i dominatori ottomani. Poche settimane dopo la rivolta guidata dal Comitato Rivoluzionario la città proclamò l'indipendenza, che durò soltanto nove giorni;[3] questa, infatti, fu segnalata alle autorità turche che il 30 aprile 1876 inviarono 8.000 soldati, soprattutto basci-buzuk, i quali, guidati da Ahmet Aga Barun, circondarono la città. Dopo la prima battaglia gli uomini di Batak si accordarono con Ahmet Aga, che promise loro il ritiro delle sue truppe a condizione che la città fosse privata dalle proprie armi. Seppur nel rispetto dell'accordo, i soldati basci-buzuk attaccarono ugualmente la popolazione, trovatasi quindi inerme. La maggior parte delle persone vennero uccise per mezzo di decapitazione.[4]

Nel suo rapporto Shuyler descrisse quello che vide così:

«Da ogni parte vi erano ossa umane, teschi, costole e persino scheletri integri, teste di ragazze i cui capelli erano ancora uniti in lunghe trecce; ossa di bambini e scheletri con i vestiti ancora indosso. In una casa, dove trenta persone erano state bruciate vive, il pavimento era diventato bianco a causa dalle ceneri e delle ossa carbonizzate. Qui, dove l'illustre cittadino Trandafil era stato impalato e poi arrostito e dove ora è sepolto, vi era una fossa piena di corpi in decomposizione; nei pressi della diga di un mulino ad acqua galleggiavano cadaveri gonfi, qui 200 donne e bambini erano stati tutti bruciati vivi nella scuola dove avevano cercato rifugio, qui la chiesa e le sue mura, dove si potevano ancora vedere all'incirca mille forme in stato di semi-decomposizione, che riempivano il recinto murato intorno alla chiesa formando un mucchio alto diversi metri, braccia, piedi e teste sporgevano dalle pietre gettate invano sopra di loro per nasconderli e i mal odori avvelenavano tutta l'aria.

Dopo la mia visita, per ordine del Mutessarif, il caimacam di Tatar Bazardjik è stato inviato a Batak, con qualche calce per favorire la decomposizione dei corpi e per evitare una pestilenza. Ahmed Aga, che comandava al massacro, è stato decorato e promosso al rango di yuz-bashi...[5]»

Un altro testimone a seguito del massacro fu il giornalista americano Gennaro MacGahan che descrisse ciò che vide come segue:

«Non era rimasto nemmeno un tetto intatto, non una parete in piedi, il tutto era un ammasso di rovine... Guardando di nuovo il mucchio di teschi e scheletri davanti a noi, abbiamo notato che erano tutti piccoli e che gli indumenti che si mescolavano con essi e che li coprivano, erano da donna. Così abbiamo capito che erano tutte donne e ragazze. Dalla mia sella ho contato un centinaio di teschi, non compresi quelli che erano nascosti sotto gli altri nel mucchio orribile, né quelli che erano sparsi lunghi e larghi fra i campi. I teschi erano quasi tutti separati dal resto delle ossa - gli scheletri erano quasi tutti senza il cranio. Tutte queste donne erano state decapitate e la procedura sembra essere stata la seguente: dopo aver sequestrato la donna le venivano sfilati attentamente tutti i vestiti fino a lasciarla in camicia, poi messi da parte gli indumenti di pregio, insieme a qualsiasi ornamenti e gioielli che potesse avere su di sé, il maggior numero di loro a cui interessava l'avrebbe violata e l'ultimo uomo l'avrebbe uccisa o meno a differenza dell'umore che lo prendeva in quel momento... Abbiamo guardato dentro la chiesa che era annerita dalla combustione del legno, ma non distrutta, nemmeno tanto danneggiata. Era un edificio poco elevato con il tetto basso, sostenuto da pesanti arcate irregolari, che, da quello che abbiamo visto, sembrava appena sufficiente per permettere a un uomo alto a starci sotto. Quello che abbiamo visto era troppo spaventoso per più di uno sguardo frettoloso. Vi era un numero immenso di corpi che erano stati parzialmente bruciati là e i resti carbonizzati e anneriti sembravano riempire la chiesa a metà, fino agli archi bassi e bui, rendendo l'edificio ancora più basso e ancora più scuro; quei corpi giacevano in uno stato di putrefazione troppo spaventoso a vedersi. Non avevo mai immaginato qualcosa di così orribile. Noi tutti ci siamo allontanati nauseati e deboli, uscendo vacillando da quella spaventosa casa della pestilenza, lieti di ritornare nella strada. Abbiamo camminato sul luogo e abbiamo visto la stessa cosa ripetersi infinitamente più e più volte. Scheletri di uomini con appesi i vestiti e le carni ancora indosso a marcire insieme; teschi di donne, i cui capelli erano trascinati nella polvere, ossa di bambini e neonati ovunque. Qui ci mostrano una casa in cui sono state bruciate vive una ventina di persone, là ci mostrano un'altra in cui una dozzina di ragazze si erano rifugiate e che, come ampiamente testimoniavano le loro ossa, sono state macellate fino all'ultima. Dappertutto orrori su orrori...[6]»

Il commissario britannico, signor Baring descrisse l'evento "come forse il crimine più efferato che ha macchiato la storia del nostro secolo".[7] Nel mese di ottobre il signor Baring dovette nuovamente riferire il suo rapporto in merito ai lavori della commissione turca. Dopo sei settimane dalla chiusura della commissione non era stata ancora presa una decisione se il massacro di Batak fosse stato un delitto.[8]

Le notizie delle atrocità ottomane commesse sul popolo bulgaro si diffusero in tutto il mondo. L'indignazione pubblica creo le condizioni favorevoli perché la Russia dichiarasse guerra alla Turchia nel 1877.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ 1911 Encyclopædia Britannica: Bulgaria, History
  2. ^ Schuyler's Preliminary Report on the Moslem Atrocities, published with the letters by Januarius MacGahan, London, 1876.
  3. ^ The Historical Church in Batak Bulgaria Archiviato il 22 gennaio 2009 in Internet Archive.
  4. ^ Stoyanov, Z. Memoirs of the Bulgarian Uprisings
  5. ^ Mr. Schuyler's Report pg. 93
  6. ^ From the account of his visit to Batak in the London Daily News. MacGahan, Turkish Atrocities in Bulgaria. pg. 29-30. http://www.attackingthedevil.co.uk/related/macgahan.php
  7. ^ Robert William Seton-Watson, The Rise of Nationality in the Balkans, p. 84
  8. ^ The Eastern Question from the Treaty of Paris 1856 to the Treaty of Berlin 1878 and to the Second... By George Douglas Campbell Argyll

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