Marco Gavio Apicio

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Apicio ritratto da Lister nel 1709

Marco Gavio Apicio (in latino: Marcus Gavius Apicius; ... – ...; fl. I-II secolo a.C.) è stato un gastronomo, cuoco e scrittore romano vissuto a cavallo fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.. Descritto come amante dello sfarzo e del lusso dalle fonti, egli costituisce la principale fonte sulla cucina romana.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini familiari[modifica | modifica wikitesto]

Non sappiamo nulla sulla famiglia di Apicio. Sappiamo tuttavia che agli inizi del I secolo a.C. visse un altro Apicio, anch'egli amante del lusso e descritto come l'uomo che ai suoi tempi più di tutti spese soldi per puro sfarzo.[1] Constatata l'esistenza di un terzo Apicio, più tardivo degli altri due, vissuto nel II secolo d.C.,[2] è possibile che il cognomen non fosse trasmesso tramite rapporti familiari, ma più che altro fosse un soprannome che si dava a chi praticava l'arte della cucina.[3]

Carriera[modifica | modifica wikitesto]

Non esiste un vero e proprio corpo biografico del personaggio, e più che altro ci sono stati trasmessi vari aneddoti sconnessi gli uni dagli altri. Quello temporalmente più antico pare essere quello tramandatoci da Marziale, secondo il quale Apicio avrebbe cenato a casa di Mecenate.[4] Sembra inoltre che si sia abbandonato a pratiche sessuali con un giovane Seiano, prostituitosi per denaro.[5]

Forte sembra essere stato il suo rapporto con la famiglia imperiale, specialmente con Tiberio. Sembra infatti che Apicio e Druso minore, figlio dell'imperatore, fossero in buoni rapporti o che almeno si conoscessero. Infatti, Plinio il Vecchio ci dice che una volta il gastronomo convinse Druso a non mangiare delle cymae (semi o cime di cavolo) in quanto cibo popolare.[6] Inoltre, sembra che una volta Tiberio, vedendo una grossa triglia in un mercato, scommise che l'avrebbero comprata Apicio o Publio Ottavio; i due iniziarono allora a contendersi il pesce finché Ottavio se lo aggiudicò.[7]

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Anche la morte di Apicio ci è stata tramandata come un aneddoto a sé stante, con dinamiche quasi satiriche. Infatti, pare che egli morì suicida quando s'accorse che il suo patrimonio, ridotto a soli dieci milioni di sesterzi[8], non gli avrebbe più consentito il tenore di vita a cui era stato abituato[9].

De re coquinaria[modifica | modifica wikitesto]

Apicio ritratto da Alexis Soyer

Nel III o forse IV sec. dell'era volgare fu compilata una raccolta di ricette a nome di Apicio, il De re coquinaria (lett. Su ciò che concerne la cucina, L'arte culinaria), in dieci libri, forse un rimaneggiamento di un antico ricettario di Marco Gavio.[10] Altra ipotesi è che l'autore di tale opera sia stato un certo Celio (il cui nome compare in alcuni codici dopo quello di Apicio), ma probabilmente il nome Celio è un inserimento congetturale di epoca umanistica. Si tratta di appunti frettolosi e disordinati che costituiscono, tuttavia, la principale fonte superstite sulla cucina nell'antica Roma.

L'importanza del condimento[modifica | modifica wikitesto]

I commensali di Roma antica disponevano di numerosi prodotti provenienti da ogni parte dell'Impero. Le classi più elevate potevano così organizzare sontuosi banchetti con cui intrattenere e spesso stupire i propri ospiti. Il ricco apparato di piatti, sia semplici sia elaborati, prevedeva carne, pesce e verdura generosamente condite da salse dolci e salate.

A dispetto delle tecniche di preparazione del cibo, sono i condimenti i veri protagonisti della cucina romana: la salsa base di pesce (garum o liquamen), il mosto cotto e rappreso (defrutum), il miele, verdure, spezie, venivano usate in abbondanza come condimenti, sia singolarmente che mescolate tra loro, generando un'infinità di gusti diversi (molti dei quali disgustosi al palato del commensale moderno).

I vari frammenti di Apicio testimoniano l'importanza del condimento: in particolare del garum, utilizzato ovunque come ai giorni nostri viene impiegato il comune sale da cucina; nei diversi appunti del cuoco le ricette che prevedono questa salsa sono ben venti. Di fatto, la composizione e la modalità di preparazione del garum appaiono tuttora di natura incerta: questo è dovuto probabilmente al fatto che, essendo così popolare, nessun cuoco aveva la necessità di scriverne la ricetta.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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