Lucantonio Tomassoni

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Lucantonio Tomassoni
SoprannomeLucantonio Tomassoni (più raramente Lucantonio da Terni)
NascitaTerni, 1511
MorteRoma, gennaio 1592
Cause della mortevecchiaia
Luogo di sepolturaRoma
EtniaItaliano
Religionecattolica
Dati militari
Paese servito Stato Pontificio
Ducato di Savoia
Forza armataMercenari
GradoCapitano di ventura (colonnello e mastro di campo)[1]
Battaglie
DecorazioniCatena d'oro del re Carlo IX di Francia
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Lucantonio Tomassoni (Terni, 1511Roma, gennaio 1592) è stato un condottiero ternano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La giovinezza[modifica | modifica wikitesto]

«Lucantonio Tomassoni, Ternano, strenuo condottiere di eserciti e di molta sperienza»

«Luc'Antonio Tomassoni, ternano di singolar valore e ingegno»

«Il valoroso capitano Lucantonio Tomassoni da Terni»

«Alessandro, e Luc'Antonio Tomassoni soldati, e condottieri del tempo nostro, che apportarono splendore à la lor patria»

Fratello del generale Alessandro il vecchio fu Lucantonio, nato a Terni nel 1511 e morto nel 1592. Iniziò giovanissimo la carriera militare, a quindici anni, nel 1526 come alfiere delle truppe di Carlo II duca di Savoia, detto il Buono (1486-1553). Come capitano militò nelle truppe del pontefice Clemente VII che difendevano Castel S. Angelo in occasione del sacco di Roma del 6 maggio 1527 di cui parla una coeva cronaca romana[2]. Nel 1536 partecipò con l’esercito savoiardo alla campagna contro i Francesi.

La carriera militare[modifica | modifica wikitesto]

Lucantonio dunque:

«seguì le orme fraterne, ma preferì altri committenti: I Duchi di Savoia; Carlo III prima e suo figlio Emanuele Filiberto poi. Combatté nelle guerre del Piemonte, nel quadro generale del conflitto franco asburgico, nelle guerre di religione in Germania e nelle guerre delle Fiandre coronate dalla vittoriosa battaglia di San Quintino[3], mediante la quale i Savoia riottennero il loro Ducato[4]»

La battaglia di San Quintino, basamento del Monumento a Emanuele Filiberto di Savoia, in piazza San Carlo a Torino.
Veduta della cittadella di Sisteron, nell'Alta Provenza.

Con l'avvento della pace nel Ducato, conseguenza del trattato di Cateau Cambrésis, e il passaggio a un esercito piemontese costituito di arruolati in loco e non da mercenari, Lucantonio nel 1561 cambiò committente e si ingaggiò nell'esercito pontificio agli ordini diretti di Pio IV. Grazie alla sua esperienza accumulata in terra di Francia venne subito impiegato contro i Calvinisti, partecipò alle operazioni contro gli Ugonotti in Provenza e nell'Avignonese[5].

Pio IV aveva posto a difesa di Avignone il cugino Fabrizio Serbelloni, che aveva ai suoi ordini Lucantonio Tomassoni:

«Quindi ai 6 agosto 1562 arrivarono in Cavaillon Luca Antonio di Terni colonnello di cinque compagnie di soldati italiani, composte di novecento uomini ben armati e vestiti, spedite dal Papa per difesa del paese»

Lucantonio nel 1563 liberò la città dagli Ugonotti, inseguendoli e sterminandoli. Dopodiché andò in soccorso di Onorato di Sumaripa, principe di Tenda, e comandante delle truppe cattoliche in Provenza. Lucantonio assediò la città di Sisteron, la espugnò e uccise seimila Ugonotti. Per le imprese compiute il re di Francia Carlo IX lo premiò con una catena d'oro. C'è chi definisce, non a torto, il valente Tomassoni: il principale "eroe antieretico" italiano[6]. Non bisogna dimenticare che la Francia in quel periodo si era fatta odiare dai paesi europei a causa della sua politica ai danni della Spagna, in puro odio antagonistico e velleitario, senza ragioni di rilievo che avrebbero potuto giustificare una tal presa di posizione. Fu un tradimento nei confronti del resto della cristianità; i francesi si allearono di sotterfugio con i sanguinari Ottomani pur di prevalere sulla Spagna, ma questa loro mossa non risparmiò problemi ovunque e i primi che ne fecero spesa furono proprio tutti gli stati del sud europa affacciati sul Mar Mediterraneo brulicante di schiere di corsari e predoni turchi. Gli stati italiani in particolar modo persero molte vite, soldati e soldi per difendersi dalle invasioni islamiche dovute ai magheggi politici della Francia ai danni della Spagna Imperiale di Carlo V. Per di più la discesa in Italia del re Carlo VIII di Francia nel 1494, motivata solamente da un lontano e presunto diritto di ritornare in possesso di suoi ex possedimenti in sud Italia, non aveva risparmiato, danni, saccheggi e stupri anche al nord e al centro Italia e questo generò un grande risentimento nei popoli italici. Compiuta la sua missione contro gli Ugonotti, Lucantonio nel 1564 passò con il suo reggimento in Grecia per contrastare l'espansione di Solimano il Magnifico. Arrivò a Porto Germano, nel golfo di Corinto, con alcune galee e penetrò nell'interno, sconfiggendo gli Ottomani in Boezia. Tornato a Roma, venne ingaggiato, sempre per conto di Pio IV, proprio per i suoi meriti bellici e per la sua ormai indiscussa fama di ottimo comandante, di guidare le truppe italiane in soccorso dei cavalieri cristiani assediati a Malta dalle orde Turche. Tuttavia, prima di partire, avendo 53 anni, il Tomassoni domandò al pontefice, anche in virtù dei suoi sforzi e vittorie passate, per il fatto anche di non aver riportato e avuto premio alcuno se non fama e gloria, di ricevere almeno una provvigione per i figli e le figlie in caso fosse morto. Pio IV si sdegnò per la richiesta, gli revocò il comando affidando la compagnia a Pompeo Colonna. Il contributo di Lucantonio, commenta lo storico umbro Sandro Bassetti:

«non venne riconosciuto come si doveva, anche quella volta, nonostante gli atti di valore ed i notevoli successi conseguiti in battaglia non ricevette in cambio che l'onore e la gloria. Nessun riconoscimento, compenso, gratificazione materiale in denaro, titoli, feudi, proprietà, gli vennero concessi dal Pontefice. Ormai giunto a un'età matura, Lucantonio non tacque più consenziente, ma cortesemente pregò il Papa di elargirgli sussidi per la sua famiglia ed i suoi figli in modo particolare. Il Pontefice, sdegnato dalla richiesta del Tomassoni, glieli rifiutò, inoltre assegnò il reggimento fino a quel momento comandato da Lucantonio ai fratelli Pompeo e Giovan Prospero Colonna: questi ultimi, correttamente, fecero in modo di aderire alle richieste di Lucantonio ingaggiando e promovendo al grado di Capitano suo nipote Enea, figlio di Alessandro suo fratello.»

[7]

Morto l'ingrato Pio IV il 9 dicembre 1565, Lucantonio riprese la carriera di comando, restando uomo di fiducia anche per i papi che si succedettero sul soglio pontificio. Finalmente, Gregorio XIV, appena eletto, riconobbe i suoi meriti e gli concesse il 1º dicembre del 1591 la vicecastellania di Castel S. Angelo (vicecastellanus seu locumtenens) in virtù della sua «diligentia et in re militari scientia» e come persona grata al pontefice[8], in pratica come una pensione, che venne ereditata dal figlio Alessandro (junior). Morì ottantunenne a Roma nel gennaio del 1592 e venne sepolto nella chiesa di Santa Maria ad Martyres, chiamata Santa Maria della Rotonda nell'uso più popolare, più nota universalmente come il Pantheon[9]. Secondo altri fu anche luogotenente di Giovanni dalle Bande Nere[10].

La moglie Olimpia Giovenci (e considerazioni generali sui figli)[modifica | modifica wikitesto]

Lucantonio si sposò con Olimpia Giovenci (o Iuvenci o de Iuvencis), nobilis et honesta puella, come è indicata nella costituzione di dote del 5 dicembre del 1559, anno in cui si unirono in matrimonio[10]. Olimpia era figlia di Paolo e di Prudenzia de Buoi[11]. Rimasta vedova nel 1592, di lei si occuparono i figli: Alessandro (m. 1605), Ottavio, Claudio (n.1569), Giovan Francesco (1573-1628), Mario e Ranuccio (1579 ca.-1606). Le figlie furono Virginia (n.1565) e Plautilla. Non ci sono gli atti di battesimo[12] dei figli maschi sopravvissuti di Lucantonio e Olimpia, probabilmente nati tra il 15660 e il 1579, infatti in un documento del 5 ottobre 1600 si dice che i fratelli in quell'anno erano tutti di annorum viginti maiores, ad eccezione di Claudio, che fu battezzato nella parrocchia di Santa Maria della Rotonda il 1 settembre del 1569, e che evidentemente era morto infante, in quanto il suo nome non ricorre in età adulta insieme a quello degli altri fratelli[13]. I nomi dei figli di Lucantonio si allontanarono quindi da quelli della tradizione familiare, fatto spiegabile con quanto scrive l’esperta e storica Stefania Macioce, la quale ricorda come Lucantonio fosse stato al servizio dei Farnese restando, «come attestano i nomi dei suoi figli, molto legato a questa famiglia».

Una veduta della zona di Castel Sant'Angelo in un dipinto di fine XVII secolo

A conferma di questo, si aggiunge che, il Lucantonio che difendeva Castel S. Angelo contro gli imperiali nel 1527 aveva come compagno d’arme un Ranuccio Farnese. I prolifici Lucantonio e Olimpia ebbero dunque almeno nove figli. Lucantonio lasciò loro una discreta eredità, indicata nella divisione dei beni fatta tra i figli maschi il 5 ottobre del 1600[14]. Il primogenito fu chiamato Alessandro (in onore del fratello maggiore di Lucantonio) e definito in un documento notarile del 3 gennaio 1604 nobilis e nel 1º ottobre 1605 capitaneus[15], il quale, il 15 settembre del 1599 fu delegato a gestire il patrimonio fondiario familiare, beni che il 5 ottobre del 1600 vennero divisi tra i fratelli Tomassoni[16]. Il 1º maggio del 1605 Alessandro, insieme a Giovan Francesco e Ranuccio, fu coinvolto in una rissa[17]. Morirà poco tempo dopo, il 31 luglio del 1605 e sarà sepolto in Santa Maria della Rotonda. Una parte dei suoi terreni vennero dati in affitto a Ranuccio e divisi tra i fratelli superstiti il 2 ottobre del 1606. Si trattava in sostanza dell'accordo sulla spartizione di quanto lasciato dallo zio paterno Alessandro, definito senior, da Alessandro junior, deceduto l'anno precedente, e da Ranuccio morto nel maggio 1606, il tutto a vantaggio di Ottavio, Giovan Francesco e Mario Tomassoni.

Il quartogenito Giovan Francesco[modifica | modifica wikitesto]

Giovan (Gian) Francesco nacque nel 1573 e fu battezzato il 23 marzo. I padrini, ma uno fu rappresentato, furono molto autorevoli:

«Addi 23 de marzo fu battiza Giovanni Francescho figliolo del colonnello Lucantonio da Terni et de mad.a Olimpia Iuvencii romana; sua patrini m. Pietro Ceoli in lloco del duca di Parma quale se ciama Octavio Farnese e mad.na Barbara Sanseverino contessa di Sala[18]»

Caravaggio, dettagli con ritratti di Giovan Francesco Tomassoni (da sinistra: nella Flagellazione di Cristo e nella Salomé con la testa del Battista.

Questo conferma il forte legame di Lucantonio con i Farnese di Parma. Infatti Giovan Francesco aveva servito con onore sotto il generale dell'esercito pontificio, Giovan Francesco Aldobrandini[19]. Sarà a Parma che si rifugerà dopo la morte del fratello Ranuccio (per mano del pittore Michelangelo Merisi detto il Caravaggio). Dice Sandro Bassetti:

«Giovan Francesco, nato a Terni intorno al 1570, militò con il padre nell'esercito granducale e combatté per tutti i quindici anni della lunga guerra turca, poi nel 1607 lo stato della Chiesa gli propose il grado e la funzione di Colonnello Comandante il distretto di Ferrara, già offerti a suo padre: Giovan Francesco accettò l'incarico»

Riccardo Bassani e Fiora Bellini menzionano come Giovan Francesco avesse seguito l'esempio del fratello Alessandro partecipando agli eventi bellici nelle Fiandre. Ritornato in Italia, si pose al servizio di Mario Farnese e del generale dell'esercito pontificio Giovan Francesco Aldobrandini, passando in Ungheria dove comandò una compagnia, e come scrisse l'Angeloni:

«…governatola non da giovane, ma ben sì da esperto Capitano, gran lode riportonne.»

Sempre lo stesso storico autore così lo menzionò:

«Gio.[van] Francesco Tomassoni andato prima Alfiere del Capitano Raimondo già detto, dato di se quel saggio di valoroso, che richiedeva l'esser nato da celebre Colonnello Lucantonio, fu anch'esso dall'Eccellentissimo Generale, applicato al comando di una Compagnia; et hebbe da poi altri impieghi di presidij, specialmente in Ferrara»

Giovan Francesco apparteneva dunque a quella categoria di “reduci” che, conclusasi il 29 gennaio del 1598 l'azione militare contro Ferrara, presa dalle truppe pontificie comandate dal cardinale Pietro Aldobrandini, si riversò su Roma.

«Con la pace nell'Urbe vi fu, per buona parte del '98, un incessante rientro di giovani e meno giovani, patrizi e popolani, che in quelle guerre avevano combattuto; tutti, nobili e non, erano guardati con sospetto dalle autorità perché irrispettosi di ogni regola morale e pronti solo a creare fastidi. Il ritorno a Roma di questa marmaglia poneva seri problemi sociali di ordine pubblico e gli unici provvedimenti che le autorità presero per farvi fronte erano, al solito, i bandi, anche in quell'occasione prontamente emessi»

Un Avviso del 1598 commentava così:

«…questa mattina hanno pubblicato un bando contra i vagabondi […] nominando in specie li soldati ritornati qua che non servono più, […] et questo è il remeritar che si fanno hoggi alla militia[20]»

Per impedire queste scorribande venne proibito di girare armati di notte per le strade dove si trovavano i bordelli, dove spesso scoppiavano risse sanguinose.

Peter Robb:

«I Tomassoni si erano uniti agli altri giovani gentiluomini attaccabrighe e violenti che, senza nulla da fare, faticavano a riconvertirsi alla vita civile. Era questo il torbido e vivace ambiente frequentato da Onorio Longhi: gente cui piaceva gironzolare per i bassifondi, accompagnarsi con le prostitute e azzuffarsi. Quando arrivavano i guai, si faceva pesare la propria autorità, e quasi sempre funzionava.»

Caravaggio, La cattura di Cristo (1602)

Giovan Francesco era uno di questi reduci; fu nominato caporione degli sbirri di Campo Marzio a Roma, e cioè proprio della località dove il Caravaggio abitava nel 1605 e dove ucciderà Ranuccio[21], una carica che comportava anche poteri di polizia e giudiziari[22]. Il 23 novembre del 1598 venne presentata una querela da Girolamo Agazio, romano, contro Marzio Bricca. Era successo che un pomeriggio di qualche giorno prima alcuni amici si erano ritrovati presso la bottega del barbiere e cerusico Aristotele Gattai nei pressi del Pantheon. Erano presenti Giovan Francesco e Ranuccio Tomassoni, il gentiluomo di casa Peretti, Ignazio Giugoli, che diventerà cognato di Ranuccio, il nobile Cesare Pontoni, Girolamo Camparotto, la guardia di cavalleria leggera Marcantonio Castelli[23], un altro gentil'uomo, il citato Girolamo Agazio, e il cavalier Marzio Bricca, amico di Onorio Longhi[24].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Francesco Angeloni (Historia di Terni), Elia Rossi Passavanti (Interamna dei Naharti), Sandro Bassetti, e lettere originali conservate all'Archivio di Stato di Modena e all'Archivio Farnesiano di Parma.
  2. ^ Essere capitano a 16 anni non era cosa rara alla sua epoca. Francesco Angeloni, nella sua Historia di Terni, menziona il nipote di Lucantonio, Stefano Ciancherotti, in relazione agli avvenimenti del 1593, divenne capitano a soli 16 anni.
  3. ^ Le truppe imperiali erano comandate da Emanuele Filiberto di Savoia e una parte della fanteria dal colonnello Lucantonio Tomassoni. La sconfitta dei Francesi fu clamorosa
  4. ^ Sandro Bassetti: «Lucantonio, su incarico del duca di Savoia, difese i confini meridionali del ducato, lungo la linea Fossano, Asti e Vercelli. Fu sconfitto dai Francesi comandati dal conte di Coligny a Ceresole d’Alba, a sud di Torino, il 14 luglio del 1544. Lucantonio si rivarrà su di lui a San Quintino nel 1557, tenendolo prigioniero per due anni».
  5. ^ Alla sua partecipazione alla strage della notte di S. Bartolomeo fanno riferimento Bassani-Bellini, 1994.
  6. ^ Giovanna Sapori, Fiamminghi nel cantiere Italia, 1560-1600, 2007
  7. ^ Anton Francesco Cirni e Giulio Accolto, Comentarii d'Antonfrancesco Cirni corso, ne quali si descriue la guerra ultima di Francia, la celebratione del Concilio Tridentino, il soccorso d'Orano, l'impresa del Pignone, e l'historia dell'assedio di Malta diligentissimamente raccolta insieme con altre cose notabili, 1567.
  8. ^ Stefania Macioce (2010): «Negli anni della residenza romana Lucantonio mantenne i rapporti con Terni, venendo citato nelle Antiche Riformanze del 7 agosto 1586».
  9. ^ S. Bassetti, 2010.
  10. ^ a b Vinceti-Gruppioni-Garofano, 2010.
  11. ^ Stefania Macioce (2010): «Lucantonio si sposò tardi con la Giovenci, a 48 anni. Forse non era il suo primo matrimonio».
  12. ^ In quest'epoca nelle parrocchie veniva indicato solo il battesimo, avvenuto comunque d’abitudine ad un giorno di distanza dalla nascita.
  13. ^ Stefania Macioce (2010)
  14. ^ Stefania Macioce (2010): «Si trattava soprattutto di proprietà terriere situate a Terni e vicinanze, che andavano a Alessandro, Ottavio, Giovan Francesco, Mario e Ranuccio. Probabilmente la divisione dell’asse ereditario fu fatta solo otto anni dopo la morte di Lucantonio in quanto si attendeva che anche Ranuccio, il più giovane dei fratelli, diventasse maggiorenne».
  15. ^ «Ill.[ustrissimus] d.[ominus] Alexander Tomassonus Nobilis Interamnen, et civis romanus».
  16. ^ Alessandro (junior) Tomassoni (1599): «La quale divisione fo io Alessandro per esser maggior dell'altri miei fratelli, e per esser più informato della qualità e quantità di detti beni». Stefania Macioce: «Alessandro si occupava della conduzione delle proprietà agricole di famiglia, infatti il 24 settembre del 1604 sottoscrisse una procura per un atto riguardante l'importazione di olio da Napoli».
  17. ^ In un documento del 1º maggio 1605 un testimone di nome Giuseppe Dionisi dichiarò che Alessandro era zoppo, a causa dei postumi di una ferita da guerra.
  18. ^ Stefania Macioce, 2010.
  19. ^ Graham Dixon (2010): «È da notarsi che gli Aldobrandini, insieme ai Barberini, furono per molti anni nel corso del XVII secolo patroni della città di Terni, da dove provenivano i Tomassoni».
  20. ^ Bassani-Bellini, 1994.
  21. ^ Ranuccio Tomassoni era «…a member of an important family who ruled the Campo Marzio quarter…» (Pomponi, 2009).
  22. ^ Il lemma caporione in origine significava: «Capo di rione o Contrada, cioè Regione, segnatamente di Roma: onde il nome venne. In Venezia c'era il Capocontrada. Uomo del popolo, che vegliava all'ordine, segnatamente sulla povera gente» (Tommaso-Bellini, (1865). Il Deli avverte che dopo il XVII secolo il termine non venne più usato in questo senso, assumendo il senso di «… chi è a capo d'un gruppo di persone disoneste, facinorose ecc. » (Cortelazzo-Zolli, 1991). Indubbiamente nel caso di Giovan Francesco ambedue le semantiche adattano bene. Costui occupava un posto importante nel sistema poliziesco e rientrava nella più ampia strategia di Clemente VIII di riportare l'ordine fuori e dentro le mura di Roma. «La sua severità nell'applicare le direttive della Controriforma lo rese inflessibile pure in tema di ordine pubblico: sono celebri le condanne inflitte sia a numerosi banditi, che a membri di famiglie nobili ed a note personalità (valgano per tutte le vicende che portarono alle esecuzioni capitali di Beatrice Cenci e di giordano Bruno)» (Gorra, 2005).
  23. ^ Costui aveva come amante, una prostituta, Giulia Marenga (Bassani-Bellini, 1994).
  24. ^ Quello di gentiluomo fu un appellativo dato ai nobili che facevano parte della “corte” di un importante personaggio, presso il quale di solito abitavano (de Anna, 2002c, 2006).

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