Locorotondo
Locorotondo comune | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Città metropolitana | ![]() |
Amministrazione | |
Sindaco | Antonio Bufano (lista civica Con te) dal 22-9-2020 |
Territorio | |
Coordinate | 40°45′N 17°19′E / 40.75°N 17.316667°E |
Altitudine | 410 m s.l.m. |
Superficie | 48,19 km² |
Abitanti | 13 884[1] (31-05-2023) |
Densità | 288,11 ab./km² |
Frazioni | Cerrosa, Crocifisso, Gelatura, Lamie di Olimpia, Laureto, Monte Alippo, Nunzio, Pentassuglia, San Marco, Sant'Elia, Semeraro, Tagaro, Tommasone, Trito, ecc. (in tutto 154) |
Comuni confinanti | Alberobello, Cisternino (BR), Fasano (BR), Martina Franca (TA) |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 70010 |
Prefisso | 080 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 072025 |
Cod. catastale | E645 |
Targa | BA |
Cl. sismica | zona 4 (sismicità molto bassa)[2] |
Cl. climatica | zona D, 1 618 GG[3] |
Nome abitanti | locorotondesi |
Patrono | san Rocco - san Giorgio, Santa Maria della Greca (protettori) |
Giorno festivo | 16 agosto, 23 aprile |
Cartografia | |
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Sito istituzionale | |
Locorotondo (U Curdùnne in dialetto locale) è un comune italiano di 13 884 abitanti della città metropolitana di Bari in Puglia.
Origini del nome[modifica | modifica wikitesto]
Questo comune ha avuto molti nomi prima di quello attuale. Inizialmente si chiamava Casale San Giorgio (in onore del santo patrono), poi Casale Rotondo, successivamente Luogorotondo e solo nel 1834 fu chiamato Locorotondo. Il toponimo richiama la caratteristica forma del centro storico, un insieme di piccole case bianche disposte su anelli concentrici.[4]
Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]
Territorio[modifica | modifica wikitesto]
Locorotondo confina a nord con Fasano (BR) e Alberobello, a ovest e a sud con il territorio di Martina Franca (TA) e a est con Cisternino (BR).
Il paese è posto a 410 metri sul livello del mare, nella parte meridionale dell'altopiano delle Murge, e specificamente nella Valle d'Itria o Murgia dei Trulli, una depressione carsica formata da due unità litostratigrafiche dette Calcare di Fasano e Calcare di Ostuni. La morfologiapresenta valli (polje), rilievi poco elevati, grotte e doline. Come nel resto della Valle d'Itria, nel territorio sono evidenti le tracce del lavoro agricolo che ha modellato il panorama. Il 13% circa della superficie agraria è dedicata alla viticoltura, il resto è dedicato soprattutto alla cerealicoltura e agli uliveti.[5] Il paese conta oltre 150 contrade, frazioni o tracce di comunità agricole che si raccolgono attorno a trulli, nei pressi di chiesette, pozzi e piazzali.[6]
Clima[modifica | modifica wikitesto]
Il clima di Locorotondo, posta su un'altitudine di media collina e distante diversi km dal mare, si presenta in una fascia di intermezzo tra mediterraneo e continentale. Gli inverni sono moderatamente freddi, con episodi di aria artica e nevicate, le estati sono invece calde e secche, intervallate da qualche episodio temporalesco e fresche ventilazioni di maestrale. Per quanto riguarda invece la pioggia, Locorotondo si presenta come una delle località più piovose della Puglia centro-meridionale, avendo infatti una media di 750 mm annui, circa 180 in più rispetto al capoluogo Bari; merito di una particolare posizione orografica collinare, e mancanza di barriere nelle immediate vicinanze.

Storia[modifica | modifica wikitesto]
Evidenze archeologiche mostrano che l'area era abitata già intorno al III millennio a.C., ma il primo insediamento vero e proprio risale all'epoca tra il IX e il VII secolo a.C., forse colonia di greci Locresi. Risale al 1195, durante la dominazione sveva, la prima menzione di Rotondo o casale rotondo[7], un agglomerato rurale intorno alla chiesa di san Giorgio, appartenente al feudo del monastero benedettino di santo Stefano. La formazione del feudo e dell'abitato dovrebbe risalire agli ultimi decenni dell'anno Mille. Nei secoli successivi l'abitato crebbe, e gli abitanti cercarono in diverse occasioni di sottrarsi alla giurisdizione del monastero, cosa che avvenne nel 1385, quando divenne un possedimento della famiglia Orsini del Balzo. Alle metà del XV secolo, dopo l'estizione della famiglia, il paese entrò nei possedimenti dell'aragonese Ferdinando I di Napoli, che la donò a Loffredo Pirro, membro di un'altra famiglia di nobili meridionali. Dopo pochi anni, tuttavia, il paese passò al dominio dei Carafa, che fecero erigere le mura e il castello, per poi tornare, per metà, nuovamente tra i possedimenti dei Loffredo. L'altra metà venne affidata alla famiglia Borrassa, che nel 1604 comprò il resto. Nel XVI secolo aumentò la popolazione, vennero acquisiti nuovi terreni ed edificate numerose chiese e un ospedale. Nel 1645 i Borrasa, a causa di pesanti debiti, furono costretti a vendere il feudo ai duchi Caracciolo, nelle cui mani restò fino agli inizi del 1800. Nel 1799 Locorotondo venne coinvolta nella Repubblica Partenopea.[8]
Monumenti e luoghi di interesse[modifica | modifica wikitesto]
Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto]
Chiesa madre di San Giorgio Martire[modifica | modifica wikitesto]

Venne eretta tra il 1790 e il 1825 sui resti di due chiese precedenti, e consacrata tre anni dopo. L’edificio si articola su una pianta a croce greca, con un prolungamento del presbiterio absidale. La facciata, di gusto neo-cinquecentesco, presenta nel timpano un rilievo di San Giorgio, con il drago e, in basso agli angoli, due statue di San Pietro e San Paolo scolpiti da un ignoto artista locale di fine ‘700 su modellini di creta forniti da uno scultore milanese. Sulle lesene della cantonata destra, ad angolo con via Porta Nuova, ci sono due piccole croci incise, ricollegabili alla posa della prima pietra nel 19 luglio 1790 e delle reliquie di San Vittorio e San Ruffino. Ai quattro angoli del primo ordine del campanile (alto 47,5 m) si trovano, inoltre, quattro statue lapidee di figure femminili identificate con tre Marie e la Veronica, risalenti allo smembramento del polittico della Pietà presente nella precedente Chiesa Madre. La cupola centrale, alta oltre 35 m, ha un profilo schiacciato e un tempo era rivestita con tegole colorate di terracotta invetriata creando un forte contrasto cromatico con il resto dell’edificio, che però furono danneggiate da un fulmine nel 1841 e non furono più ripristinate.

L’interno è caratterizzato da una certa sobrietà neoclassica architettonica insieme a un corredo figurativo rinascimentale e barocco proveniente dalla precedente chiesa. L'altare barocco, a commessi marmorei fu realizzato nel 1764 nella bottega del Lamberti a Napoli. Ai lati di esso si trovano a un affresco seicentesco raffigurante San Donato, e a destra una tela seicentesca raffigurante Cristo Risorto. Accanto è posto l’altare dell’Assunta, ornato da una tela di Gennaro Maldarelli risalente al 1838. Ai lati dell’ingresso principale si trovano due nicchie, di cui una ospitante il battistero policromo in marmo dello scultore Fedele Caggiano e l’altra un monumento in marmo a Vitantonio Montanaro, fondatore della nuova chiesa, attribuito a Pasquale Ricco, di Napoli.[9] Entrando, lungo la parete sinistra si apre il cappellone del SS. Sacramento, dove si conservano due coppie di paraste, con scolpite su di esse, in 42 riquadri, scene dell'Antico e Nuovo Testamento, provenienti dalla chiesa precedente. Sulla parete dell’absidiola si trova un’Ultima Cena del 1841, opera di Gennaro Maldarelli, che ne produsse una pressoché identica nella Chiesa Matrice di Mottola. L’altare maggiore è in marmi policromi, anch’esso opera di Caggiano del 1861, con un grande quadro di San Giorgio, in fondo all’abside, del 1841, di Maldarelli. Il presbiterio è stato modificato negli anni’70 del XX secolo e ospita una statua lignea di San Giorgio in una nicchia laterale e nell’altra una serie di antichi reliquiari. In vari punti della chiesa, sulle pareti in alto, sono collocati 13 quadri di Onofrio Bramante. Entrando in sagrestia, sopra la porta sono posizionati due busti seicenteschi in legno raffiguranti San Vittorio e San Ruffino. Nella stanza a sinistra sono conservate tre tele risalenti a fine ‘600 e inizio ‘700 che raffigurano il Martirio di San Bartolomeo, l’incredulità di San Tommaso e un Cristo flagellato. Nella nicchia vi è un lavabo marmoreo barocco proveniente dalla precedente chiesa e accanto all’accesso alla scala del Soccorpo si trova l’altare di San Michele, databile intorno al 1819, con un dipinto della Caduta degli angeli del 1839, anch’esso del Maldarelli. All’interno della cripta segue l’altare del SS. Rosario del 1764, con al centro una grande tela della Madonna del SS. Rosario, circondata da una grande cornice in marmo nella parete, con accanto Santa Caterina da Siena, San Domenico e 15 ovali del 1769 raffiguranti i Misteri ad opera del pittore martinese Francesco De Mauro. Nella cripta si conservano anche statue minore, tra le quali una raffigurante la Vergine Assunta.[10]
Chiesa Madonna della Greca[modifica | modifica wikitesto]

Non si hanno notizie certe sulle origini di questa chiesa, dato che il primo riferimento risale al 1520, quando, invece, è evidente che sia stata fondata molto tempo prima. Ha una pianta estesa su tre navate, di cui la centrale divisa in quattro campate e le due laterali coperte da volte rampanti a semi-botte, riprendendo in parte lo schema delle chiese a sala con cupole in asse, tipiche della Puglia. All'esterno troviamo una facciata semplice a salienti che ha subito alcune modificazioni nel corso dei secoli, come il rosone attuale, opera nel 1981 del maestro locorotondese Domenico Rosato, ispirato a quello del prospetto principale della concattedrale di Sant'Eustachio Martire in Acquaviva delle Fonti. Si aggiungono il portale lunettato rinascimentale, che presenta due capitelli probabilmente di altra provenienza, e una porta a lunetta rialzata, murata sul lato sinistro della chiesa, che è chiaramente di tipo medievale. Nella posticcia cornice in alto è posto un piccolo rilievo ricordando l'affidamento alla confraternita di san Rocco, che nel 1893, convinta di prendersi cura del luogo di culto, l'alterò in più parti. In tale occasione si ebbero la decorazione in vari colori degli interni, il disfacimento del cimitero antistante (con gran parte dei lastroni tombali oggi visibili sul tetto) e la rimozione dell’antico rosone. Le due statue all’estremità della facciata, raffiguranti san Pietro e san Paolo, già presenti all’ingresso del suddetto cimitero, sono originarie di un trittico situato nell'abside della vecchia Chiesa Madre. Conclude all'esterno la tipica copertura a cummerse incrociate dalla disposizione delle lastre calcaree (chiancarelle).

L'impostazione architettonica, seppur buona, presenta alcune incongruenze proporzionali, o anche dovute a sicure manomissioni. Per com’è oggi appare completamente spoglia, ma un tempo la chiesa era ricca di ex voto, oggetti sacri, considerando che ogni nicchia ospitava un altare. La loro rimozione nell'Ottocento ha significato la perdita delle decorazioni. All’interno si notano pilastri polistili piuttosto vari, a partire dalle basi classicheggianti con ornamenti in rilievo di fiori, animaletti, conchiglie, i fusti delle semicolonne sono privi di quello sguscio di raccordo alle due estremità (apofige) e i capitelli misto di figure classicheggianti, varie e del mondo animale e vegetale. La chiesa conserva una preziosa testimonianza della scultura rinascimentale pervenuta fino a questa estremità della provincia meridionale, quale il polittico sull’altare centrale intitolato alla Madonna delle Rose, con le immagini di santa Lucia, san Pietro, la Madonna col Bambino, san Paolo e sant’Oronzo (o san Donato).

Nel timpano, al di sopra dei bassorilievi dei quattro Evangelisti, è posta la consueta immagine dell'Eterno Padre benedicente. Di fianco, nel vano un tempo adibito a coro, sorge il prezioso bassorilievo della Deposizione nel Sepolcro formante con quattro colonnine dal fusto riccamente decorato con della vite e capi di angeli. È molto probabile, comunque che questa lastra sia stata posta qui in epoca moderna, dopo aver ornato, in precedenza, il paliotto della mensa originale posta sotto il suddetto polittico. È originario della Chiesa Madre anche il gruppo scultoreo di san Giorgio (1559) insieme a tutto il cassettonato, posti entrambi nel nicchione in fondo alla navata sinistra. Con essi completa il gruppo ivi montato nel 1794 una sottostante mensa in forme barocche. Accanto a questo altare è posizionata una statua di un notabile personaggio in atto di preghiera, con la dicitura "PIRRUS TARENT. PRINC. P.S.D. FF", ma di dubbia identità. Si ritiene possa essere Pirro del Balzo Orsini, principe di Altamura, che nel 1480 avrebbe fatto costruire la chiesa, oppure Ottaviano Loffredo, barone di Locorotondo verso la metà del XVI secolo e probabile committente del polittico, visto che compare il piccolo stemma della sua casata. Sulla parete della navata centrale si scorge un frammento d’affresco di una Madonna col Bambino, forse centro della costruzione iniziale e davanti al quale fu eretto un ciborio in pietra composto da un padiglione piramidale su quattro colonnine, di cui restano alcune parti. Inoltre attorno a tale affresco erano collocati tredici riquadri a mo' di cornice, oggi trasferiti sulla parete a sinistra dell’ingresso. La zona al di là della parete con affresco era in origine completamente chiusa, con accesso al coro, servendo da sagrestia. La statua lapidea posta sotto questa arcata ritrae la Madonna delle Grazie e proviene dall’omonima cappella della vecchia Chiesa Madre. La piccola acquasantiera situata immediatamente dopo fa dedurre che tale arcata era fino a gran parte del '700 un ingresso secondario che dava sul cortile pergolato adiacente alla chiesa e comunicante con l'abitazione annessa.[10]
Chiesa di sant’Anna[modifica | modifica wikitesto]
La chiesa di sant’Anna, detta anche dell’Ospedale, si ritiene sia stata edificata nel corso del XVI secolo con il nome di santa Maria dei Martiri, seppur le sue origini appaiano più remote. Nel 1880, dopo la costruzione dell’ospedale, avvenuta nel 1873, la cappella subì profonde modifiche all’esterno, sostituendo le originarie cummerse (tetti a spiovente con muratura incerta) con un terrazzo, facendo assumere all’intero edificio una forma squadrata. Sulla facciata è rimasto l’antico rosone di pietra intagliata e, facendo attenzione, si riesce a scorgere l’originale muratura sotto quella ottocentesca. Entrando si trovano delle volte a crociera ogivali, disposte lungo un’unica navata senza soluzione di continuità su pilastri tozzi, conferendo un tono medievale. Nella piccola abside è conservato un affresco di Gesù in trono dall’aria tardogotica, ma mutilo superiormente poiché, più di recente, era stata ricavata una nicchia poi richiusa. Nello stesso punto si aggiungeva una tela della Natività della Vergine opera del pittore martinese Ieronimo de Jesu risalente alla metà del XVII secolo, scomparsa verso la fine del XIX secolo come un altro affresco situato sulla parete sinistra.[10]
Chiesa dello Spirito Santo[modifica | modifica wikitesto]

Situata in Corso XX Settembre, è stata edificata nel 1683 ad opera dell’arciprete di allora. Dalla copertura si nota la presenza di un ampliamento in fondo all’edificio in epoca imprecisata, con conseguente arretramento dell’altare. All’interno si conserva un’antica tela di uno sconosciuto autore tardo-secentesco di nome Bruno, probabilmente ritagliata da un’originale più estesa e raffigurante la Discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli. A destra dell’ingresso, nella seconda nicchia si trova la statua lignea di Sant’Antonio da Padova di fine ‘700, proveniente dall’omonimo altare che una volta si trovava nella chiesa della Madonna della Greca.[10]
Chiesa di San Rocco[modifica | modifica wikitesto]

Le origini di questa chiesa risalgono al 1568, in cui viene menzionata per la prima volta e con la, stessa ubicazione di quella attuale. Si trattava, però, di poco più di una cappella posta fuori le mura, di circa 7x4 m, coperta da una volta a crociera e con le caratteristiche architettoniche locali. L’introduzione del culto di San Rocco si attribuisce ad uno scampato pericolo di contagio da una epidemia di peste scoppiata tra il 1690 e il 1691 in delle località costiere non molto lontane da Locorotondo, presentando, tuttavia, una discordanza con l’esistenza della chiesa sin dal secolo precedente. La chiesa originaria venne demolita nel 1804, lasciando il posto ad una nuova con pianta a croce greca, cupolata e absidata, dalle forme più classiche. Nel 1872 l’edificio venne ampliato nella parte posteriore di pochi metri oltre il filo stradale, consentendo di erigere una cantoria sopra l’ingresso, ma facendo perdere la facciata originale e le quattro statue degli Evangelisti ivi collocate dopo lo smembramento del polittico della Pietà dalla vecchia Chiesa Madre.

Parlando della nuova chiesa di san Rocco, lo storico locorotondese Angelo Convertini (1771-1831) la descrive paragonandola al Pantheon di Roma prima dell’ultimo ampliamento. Sicuramente, più che a livello planimetrico, era riferito alla veduta frontale che si ha scendendo dall’attuale corso Umberto I, facendo supporre che la facciata fosse caratterizzata da uno schema classico a timpano sorretto da un colonnato e ad una altezza ridotta in modo da lasciare in vista la cupola su tamburo. All’interno si trovano a destra del colonnato una tela del 1854 raffigurante san Rocco fra gli appestati, opera del pittore locorotondese Antonio Vito Semeraro, e, più avanti, una tela settecentesca di san Francesco da Paola. Di fronte è posta un’immagine di sant’Irene sullo sfondo di una città costiera e ai lati del presbiterio due statue settecentesche in pietra smaltata di sant’Eligio e sant’Oronzo, mentre nella nicchia sovrastante l’altare è collocata una statua lignea di san Rocco, scolpita a Napoli nel 1792.[10]
Chiesa dell’Addolorata[modifica | modifica wikitesto]

È stata costruita nel 1858 dall’omonima confraternita, nata tra la fine XVII e l’inizio del XVIII secolo e, in precedenza, avente sede in un oratorio situato tra le attuali via Giannone e via Addolorata Vecchia, sovrapposto a quello dell’Annunziata. L’attuale chiesa sorge sull’area del vecchio castello. Agli angoli della facciata si osservano due antiche sculture raffiguranti, si presume, le sibille Delfica ed Eritrea, presenti in origine ai piedi del polittico nella Chiesa Madre. Al suo interno, la chiesa ospita una serie di statue policrome in legno, di cui l’Addolorata, san Gaetano e la Madonna della Croce del tardo ‘700, provenienti dalla chiesa precedente, e altre due, nelle nicchie d’ingresso, del 1888, firmate da Antonio Semeraro. Riveste un certo pregio specialmente la statua di sant’Antonio Abate. Di sant’Antonio Abate è conservata nella sacrestia un’altra statua lapidea smaltata, antica e di ignota provenienza.[10]
Cappella di Santa Maria del Soccorso[modifica | modifica wikitesto]
L’attuale edificio è stato eretto nel 1630 dal barone di Locorotondo Gian Giacomo Borrassa con dei fondi affidatigli per restaurare la precedente cappella, a pochi metri dall’attuale. Presenta una facciata semplice, con un cartiglio dello stemma dei Borrassa sopra il portale lunettato e un piccolo campanile a vela. All’interno, sull’altare, si trovano una grande tela raffigurante la Vergine del Soccorso, della stessa età della cappella, ed una più piccola di san Vito, originaria della vecchia chiesa dell’Annunziata.[10]
Chiesa di San Nicola[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa di San Nicola è stata eretta su iniziativa di un notabile della città subito prima del 1666. Oggi risulta stretta tra delle alte case, lasciando in vista la sola facciata, della quale non si è conservata abbastanza l’originale forma a capanna. Presenta una struttura piuttosto semplice, con unica ala coperta anteriormente da una volta a botte e, il restante, da una cupoletta con tamburo su pennacchi. Sull’esterno corrisponde un tetto a falde con il cono di un trullo, embricati con chianche calcaree, di un grigio ben in contrasto con il bianco della calce. All’interno sono probabili diversi momenti di edificazione, per via dell’interruzione del cornicione sulla prima arcata, alcune differenze nell’esecuzione della muratura e di una lesione lungo la volta a botte. La presenza di un piccolo ambiente sopraelevato in corrispondenza con la seconda arcata destra fa pensare alla funzione di cantoria, oltre che di sagrestia. Questa e l’adiacente braccio a destra dell’altare avevano, in origine, una diversa altezza, con dei tetti perpendicolari alla navata centrale. Sotto la seconda arcata di sinistra è situato un bassorilievo in pietra raffigurante la crocefissione, evidentemente molto più antico della chiesa (secondo uno storico ottocentesco sarebbe stato ritrovato in una grotta nei dintorni di Locorotondo).

Buona parte della superficie interna è decorata da una ricca lavorazione pittorica, nell’ordine di un tema preciso. Alla base della volta si trovano dieci quadri, cinque per lato, raffiguranti scene della vita e miracoli di San Nicola di Bari con, al di sopra, una serie di angeli in atto di suonare. Sui pennacchi troviamo i quattro evangelisti, con, in particolare, San Luca in atto di ritrarre una Madonna con Bambino. Secondo la tradizione, sarebbe stato Luca a dipingere la Madonna Odigitria, primo ritratto noto, alla quale è ispirata la raffigurazione nel pennacchio. Sui quattro scomparti del tamburo sono situate scene di vita eremitica, mentre all’interno della cupola si trova un gruppo di cherubini ruotanti attorno all’Eterno Padre, con in mano il globo terrestre e in atto di benedire. L’altare è ornato da un’edicola con timpano spezzato, in stile tardo cinquecentesco, e con al suo interno raffigurati san Nicola e sant’Antonio di Padova in adorazione del SS. Sacramento. Al di sotto trova posto un angelo che regge tre sfere d’oro, simbolo di san Nicola. Conclude, sulla volta, una balaustra raffigurata in visione prospettica, con una colomba su di essa. Questa collezione pittorica è databile tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo.[10]
Chiesa dell’Annunziata[modifica | modifica wikitesto]
È stata edificata nel 1813 di fianco alla Chiesa Madre, prendendo il posto di un oratorio risalente al 1633. All’interno si conservano alcune statue in legno e in cartapesta, tra le quali dell’Annunziata, dell’addolorata e dei sei Ministri della Passione di Cristo. Nella parte posteriore del presbiterio è incluso un ambiente coperto da una bassa volta a botte, che costituisce i resti dell’antico ospedale costruito verso il 1560. Il piano al di sopra di questa parte, invece, era una volta la vecchia chiesa dell’Addolorata, in seguito diventato, nel 1872, il primo asilo del paese e attualmente sede di mostre e di iniziative culturali.[10]
Chiesa a Trullo - Parrocchia di San Marco Evangelista e Martire[modifica | modifica wikitesto]
A circa 5 km dal centro, nell’omonima contrada, è situata la chiesetta di San Marco, dove un tempo si trovava il Casale di Santa Maria di Cignano, con una chiesetta dedicata a Santa Maria Maddalena. Intorno al 1678 il vescovo di Monopoli fece costruire l’attuale edificio di culto. La chiesa presenta una pianta a croce tao, con due transetti di epoca diversa, dovuti agli ampliamenti subiti nel corso dei secoli. Il più antico è il transetto di sinistra, che si differenzia per le arcate in pietra e le profonde nicchie sulla destra. In fondo alla parete si trova un altare a muro e nel pavimento si notano delle aperture a botola che fanno ipotizzare la presenza di un antico sepolcreto. Alcuni storici sostengono che in origine questo transetto rappresentasse l’unica strutture religiosa del posto, successivamente allargata con le altre due diramazioni, cambiando l’orientamento stesso dell’edificio. All’esterno la struttura è coperta di tetti a chiancherelle, in parentela con la tecnica costruttiva dei trulli e in cima alla facciata si eleva un piccolo campanile a vela. Poco distanti dalla chiesa, si intravedono l’imboccatura di un’ampia cisterna posta sotto il piazzale e la moderna chiesa di San Marco, costruita nel 1973 con una maestosa cupola a trullo.[11]
Santuario della Madonna della Catena[modifica | modifica wikitesto]

Molto probabilmente le origini di questa chiesa risalgono al 1597, in seguito alla diffusione di una voce secondo la quale in quel luogo doveva trovarsi l’accesso ad una grotta contenente un’antica raffigurazione della Madonna. Ad essa seguirono anche delle voci riguardo miracoli e grazie che sembravano avvenire. Così il clero fece degli scavi in quel punto trovando effettivamente una grotta, ma senza alcun icona. Una chiesa venne comunque eretta, essendo divenuto quel luogo venerabile, e il primo edificio era quasi per intero scavato nella roccia, disponendo di due altari e di due scale di accesso, con una decina di gradini ciascuna. In muratura erano composti solo la volta e il tetto, insieme agli ingressi alle scalinate, che dovevano elevarsi di un paio di metri sul piano stradale di allora. Sull’altare venne posto un quadro raffigurante la Madonna con una catena al collo, facendo assumere al santuario tale titolo. Poco tempo dopo, nel 1600 venne eretto l’edificio esistente tuttora che doveva servire da ospizio per i pellegrini e abitazione per coloro che si prendevano cura del santuario. I danni causati dalla forte umidità in quell’ubicazione costrinsero ben presto a sostituire l’icona con una più grande raffigurante la Madonna con quattro santi, anch’essa andata perduta. Nel 1790 si scoprirono altre grotte che dalla cappella si diramavano ancora più in profondità e ancora oggi esistenti. Nel 1866 la chiesa divenne proprietà del demanio e vent’anni dopo, ormai in gran parte crollata, venne acquistata da un cittadino, che la cedette nel 1890 a un sacerdote, il quale si impegnò affinché potesse essere riaperta al culto. Così nel 1897, ad opera della signora Angela Sforza, venne riaperta, insieme alla costruzione di una chiesa superiore. A ciò si aggiunse l’istituzione del culto dei santi Medici Cosma e Damiano, ancora oggi presente.

La chiesa superiore ha una pianta a croce greca, con vano cupolato e absidato. Sul presbiterio era posto un vecchio altare, oggi scomparso, sull’abside è posto un frammento di affresco della Madonna della Catena e nella piccola sagrestia si conserva un frammento di nicchia proveniente dal polittico della Pietà nella scomparsa chiesa Madre del `500. Dalla sagrestia si accede nella chiesa inferiore attraverso una scala, aggiungendosi all’ingresso dal piazzale. In questa si distingue la parte originale da quella nuova, regolare e sostenuta da quattro archi corrispondenti con quelli superiori. In essa è di grande effetto la volta a vela ribassata e si conservano due altari, di cui uno recente del Crocefisso e un altro settecentesco sulla cui parete è posta una nicchia rinascimentale incorniciata da eleganti lesene ornate a candelabra ed una statua della Madonna con Bambino, in pietra policroma, il tutto proveniente dalla vecchia Chiesa Madre del `500. Più a destra, al di sopra di una rudimentale mensa di altare, si intravedono antiche tracce di pittura sulla parete, probabilmente riferibili a un San Biagio. Proviene da qui il san Donato[non chiaro] conservato oggi nella Chiesa Madre.[10]
Chiesa di Sant’Anna di Renna[modifica | modifica wikitesto]
Alla base della collinetta su cui si erge Locorotondo, lungo la via per Martina Franca, si trova la chiesa di Sant’Anna, detta “di Renna” dai suoi fondatori, che la edificarono a proprie spese verso la fine del ‘600. La chiesa è costruita in pietra locale, con tetto secondo la tecnica a cummerse. La pianta è costituita prevalentemente dal corpo centrale con campanile a vela, a cui si intersecano sulla sinistra due vani con cummerse incrociate. Sulla destra, invece, si aggiunge una struttura successiva, concepita su diversi livelli con sopraelevazione sul terrazzo terminante a cummerse. Queste aggiunte sono giustificate dalla funzione di hospitio avuta per diversi secoli, ad ospitare malati gravi. Il portale presenta due stipiti che sorreggono una trabeazione con un’iscrizione epigrafica riportante la data del 1711, anno in cui la chiesa fu sottoposta a radicali cambiamenti. Sulla trabeazione è posta un’edicola a lunetta vuota. Questa chiesa presenta degli interni poveri di decori, ma sulle pareti in pietra sono visibili le tracce di finestre chiuse. Da recenti restauri è emerso l’antico splendore della pietra calcarea che la contraddistingue in ogni angolo.[12]
Architetture civili[modifica | modifica wikitesto]
Castello[modifica | modifica wikitesto]
È stato abbattuto nel 1855 su iniziativa di un sacerdote, con l’intenzione di far dimenticare gli orribili fatti avvenuti nei sotterranei durante il periodo in cui Locorotondo fu sottomessa ai duchi Caracciolo di Martina Franca. Dalle poche fonti rimaste, a partire dal ‘500, se ne è scaturita una forma quadrangolare, con bastioni angolari quadrati e armato con 13 pezzi di artiglieria. Al centro si trovava una torre più alta e sicuramente più antica, mentre sotto la piazza d’armi era situata la cosiddetta “fossa di Luogorotondo”, ovvero la prigione sotterranea.[10]
Villa comunale[modifica | modifica wikitesto]

Davanti a piazza Dante è situata la villa comunale, intitolata a Giuseppe Garibaldi e sistemata nel 1860 su di una collinetta in origine al di fuori delle mura, venendo chiamata “Mondezzaio dei tre Olmi”. Nel 1930, in seguito ad alcuni rimaneggiamenti venne denominata Monte Grappa. Su di essa si gode di un ottimo panorama, affacciato sulla Valle d'Itria.[10]
Palazzo Morelli[modifica | modifica wikitesto]

Notevole esempio di architettura barocca, il palazzo dà il nome alla via in cui è situato. Nel XVIII secolo l’edificio subì un ampliamento da parte dell’allora sindaco Rocco Morelli, insieme a un rinnovamento della facciata. All’estrema sinistra della facciata, sul portale d’ingresso, in particolare, si manifesta pienamente la magnificenza del barocco, con probabile spunto dall’architettura di Martina Franca. Si risaltano due lesene che punteggiano una balconata chiusa da una balaustra a specchiature mistilinee. L’arcata di ingresso ha una modanatura arricchita da volute e foglie di acanto e al centro, in corrispondenza col concio di chiave, mostra un mascherone apotropaico dal ghigno beffardo, insieme allo stemma nobiliare Morelli, raffigurante un elefante che sorregge una torre. Sulla destra si aprono tre graziosi balconcini, dei quali i primi due hanno un fastigio mistilineo con mensola modellata e ringhiera in ferro battuto spanciato, mentre il terzo chiuso da un parapetto in pietra lavorata. Nei dettagli lapidei si possono notare alcuni tocchi di rosso pompeiano, che portano a pensare che il palazzo sia stato tinteggiato in periodo neoclassico, forse per adeguarsi a palazzo Aprile. Entrati, si trova un piccolo androne con una scaletta che conduce ai piani superiori, disposti in totale lungo tre livelli. C’è un piano seminterrato con volte a botte, un primo piano, della nobiltà, che un tempo comunicava con il Palazzo dell’Università, con volte a stella e decori a tempera e stucchi, e un secondo ed ultimo piano, destinato ai magazzini, con volte a botte più basso.[13]
Palazzo comunale e torre civica[modifica | modifica wikitesto]

Dove oggi è situata la Biblioteca Civica è quello che una volta era il Palazzo Comunale, sovrastato dalla torre. L’edificio originario risale al XVIII secolo e ospitava l’Università, il parlamento locale. In quell’epoca il palazzo venne ampliato, occupando interamente la retta via, denominata strada Maggiore, che portava alla Chiesa Madre da Porta Napoli, comportando, di conseguenza, a un cambiamento della viabilità del borgo. Nel 1819 venne eretta la torre, a profilo col prospetto, che incluse l’orologio proveniente dal campanile della Chiesa Madre. In seguito ai cambiamenti del 1870, in cui si rinnovò il prospetto, la torretta fu ingentilita ulteriormente, innalzandovi un’edicoletta circolare, con colonnato di ordine tuscanico, anch’essi appartenuti ad uno dei due campanili minori che fiancheggiavano la cupola della Chiesa Matrice. Nelle stanze del piano terra e primo piano si trovano ambienti spaziosi, a differenza delle stanze dell’ultimo piano, con volta a botte a vista, adibite a celle carcerarie. In tale piano è attualmente custodito l’Archivio storico del paese e il Centro di documentazione archeologico di Locorotondo.[14]
Trullo Marziolla[modifica | modifica wikitesto]
Il trullo Marziolla è il più antico della Valle d'Itria, di cui si conosca la data di costruzione, risalente al 1559 e ripostata sull’architrave della porta d’ingresso. Si trova in contrada Marziolla, sulla via che conduce a San Marco. Sono notevoli la mole e la sua singolare costruzione, interamente costruito a secco con pietre molto frastagliate. Si erge con un’altezza massima di 5,15 m su una pianta circolare, avvolta da un ulteriore perimetro esterno, composto da un accumulo di pietrame, probabilmente rimosso dai campi adiacenti per coltivazione agricola. Un’ipotesi alternativa sostiene che con questo accumulo di pietre si sia voluto creare un contrafforte attorno alla pianta circolare perché rischiava di spanciare. All’interno del trullo si trovano una mangiatoia bassa e quattro nicchie usate come piani d’appoggio. Sulla muratura sono visibili sei fori ortogonali, che fanno immaginare la disposizione di un tavolato tra la base e la cupola. Vicino al trullo si intravedono un incavo di sostegno del torchio, delle conche e dei piccoli canali per convogliare il mosto verso una cisterna. Vicino è situato anche un palmento all’aperto su un lastricato naturale di pietra, che fa pensare a un uso comune del trullo da parte dei contadini che coltivavano i vigneti antistanti.[15]
Società[modifica | modifica wikitesto]
Evoluzione demografica[modifica | modifica wikitesto]
Abitanti censiti[16]

Etnie e minoranze straniere[modifica | modifica wikitesto]
Nel 2013 gli stranieri residenti nel comune erano 449. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti[17]:
Tradizioni e folclore[modifica | modifica wikitesto]

La festa religiosa più importante del paese è quella di san Rocco, patrono di Locorotondo dal 1787. La festa inizia il 6 agosto e termina il 17 agosto.
La festa di san Giorgio martire (fino al 1786 patrono del paese) e della Madonna della Greca, protettori di Locorotondo, si tiene ogni anno nei giorni 21, 22, 23 e 24 aprile.[senza fonte]
Cultura[modifica | modifica wikitesto]
Media[modifica | modifica wikitesto]
Tele Locorotondo nata nel 1987 si occupava di informazione locale, sport, cultura e spettacolo. Nel 1987 nasce anche Radio Centro, radio comunitaria cristiana, ascoltabile in tutta la Valle d'Itria. Il mensile Paese Vivrai è stato fondato nel 1999, Il Gazzettino della Valle d'Itria Sport nel 2012 e la rivista Agorà nel 2015.
Cinema[modifica | modifica wikitesto]
A Locorotondo sono state effettuate numerose riprese cinematografiche tra cui:
- Casanova '70, di Mario Monicelli del 1965;
- Polvere di stelle di Alberto Sordi con A.Sordi e Monica Vitti nel 1973;
- Così è la vita di e con Aldo, Giovanni e Giacomo nel 1998;
- Mio cognato con Sergio Rubini nel 2002;
- Le bande nel 2005;
- Baciami piccina con Vincenzo Salemme nel 2006.
Economia[modifica | modifica wikitesto]
Agricoltura[modifica | modifica wikitesto]
Il vino Locorotondo ha avuto la denominazione di origine controllata. Negli ultimi anni l'economia vitivinicola ha compiuto un deciso passo indietro, a causa del continuo espianto dei vigneti in tutto il territorio.
Turismo[modifica | modifica wikitesto]
Locorotondo è uno dei maggiori centri turistici della Valle d'Itria e fa parte della Terra dei Trulli. Nel giugno del 2001[senza fonte] viene inserito nella associazione Italiana "I borghi più belli d'Italia"[18][19] e dal 2010 aderisce[senza fonte] all'associazione "Bandiera arancione" del Touring Club Italiano[20].
Infrastrutture e trasporti[modifica | modifica wikitesto]
Ferrovie[modifica | modifica wikitesto]
Locorotondo è collegata al resto della Puglia tramite la stazione ferroviaria delle Ferrovie del Sud Est dal 1905 e ai servizi di trasporto automobilistico offerti dalla suddetta società e dalle Autolinee Lorusso, che dal 2004 fa parte del consorzio Co.Tr.A.P.
Strade[modifica | modifica wikitesto]
Amministrazione[modifica | modifica wikitesto]
Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune.
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
---|---|---|---|---|---|
23 agosto 1985 | 25 luglio 1990 | Marco Conte | Democrazia Cristiana | Sindaco | [21] |
25 luglio 1990 | 28 giugno 1994 | Giuseppe Campanella | Democrazia Cristiana | Sindaco | [21] |
28 giugno 1994 | 21 novembre 1994 | Alfonso Magnatta | Comm. pref. | [21] | |
21 novembre 1994 | 30 novembre 1998 | Giuseppe Petrelli | Alleanza Nazionale | Sindaco | [21] |
30 novembre 1998 | 27 maggio 2003 | Giuseppe Petrelli | Alleanza Nazionale | Sindaco | [21] |
27 maggio 2003 | 15 aprile 2008 | Ubaldo Amati | Lista civica di centro-sinistra | Sindaco | [21] |
15 aprile 2008 | 23 giugno 2010 | Giorgio Petrelli | Lista civica | Sindaco | [21] |
29 maggio 2011 | 6 giugno 2016 | Tommaso Scatigna | Il Popolo della Libertà | Sindaco | [21] |
6 giugno 2016 | 6 giugno 2020 | Tommaso Scatigna | Lista civica di centro-destra | Sindaco | [21] |
6 giugno 2020 | in carica | Antonio Bufano | Lista civica di centro-destra | Sindaco | [21] |
Gemellaggi[modifica | modifica wikitesto]
Montpellier, dal 2006
Syvota, dal 2002
Sport[modifica | modifica wikitesto]
Ha sede nel comune la società di calcio Virtus Locorotondo 1948, che ha disputato campionati dilettantistici regionali, raggiungendo la Serie D nel 2000-2001.
Nel 2014 si sono svolti i Campionati Italiani di Marcia su strada Individuali e di Società.
Gemellaggi[modifica | modifica wikitesto]
🇫🇷 Montpellier, Francia, Ligue 1, dal 2006
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Bilancio demografico mensile anno 2022 (dati provvisori), su demo.istat.it, ISTAT.
- ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
- ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
- ^ Locorotondo, su I Borghi più Belli d'Italia. URL consultato il 19 novembre 2019.
- ^ NOTIZIE GEOGRAFICHE, su comune.locorotondo.ba.it. URL consultato il ottobre 2021.
- ^ Locorotondo, 150 contrade in 5 minuti: la magia di trulli e chiesette in una corsa mozzafiato, su Repubblica TV - Repubblica, 22 giugno 2020. URL consultato il 18 marzo 2022.
- ^ Benvenuto a Locorotondo!, su italyra.com. URL consultato il ottobre 2021.
- ^ Le origini, su comune.locorotondo.ba.it. URL consultato il ottobre 2021.
- ^ Idea Futura srl- www.ideafutura.com, Cultura e Turismo - Notizie sul Territorio - Monumenti, su www.comune.locorotondo.ba.it. URL consultato l'11 settembre 2023.
- ^ a b c d e f g h i j k l comune.locorotondo.ba.it, http://www.comune.locorotondo.ba.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/304titolo=MONUMENTI .
- ^ La Chiesa di San Marco e la contrada – Locorotondo, su itriabarocco.net.
- ^ La chiesa di sant’Anna di Renna - Locorotondo, su itriabarocco.net.
- ^ Palazzo Morelli – Locorotondo, su itriabarocco.net.
- ^ Palazzo Comunale e Torre Civica – Locorotondo, su itriabarocco.net.
- ^ Il Trullo Marziolla - Locorotondo, su itriabarocco.net.
- ^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012.
- ^ Bilancio Demografico e popolazione residente straniera al 31 dicembre 2013 per sesso e cittadinanza, su demo.istat.it, ISTAT.
- ^ Locorotondo, in I Borghi più Belli d'Italia. URL consultato il 23 ottobre 2017.
- ^ https://borghipiubelliditalia.it/puglia/
- ^ https://www.bandierearancioni.it/borgo/locorotondo
- ^ a b c d e f g h i j http://amministratori.interno.it/
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Sito ufficiale, su comune.locorotondo.ba.it.
- La storia di Locorotondo, su digilander.libero.it. URL consultato il ottobre 2021.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 137277858 · WorldCat Identities (EN) lccn-n85256661 |
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