Lo stadio di Wimbledon

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Lo stadio di Wimbledon
AutoreDaniele Del Giudice
1ª ed. originale1983
Genereromanzo
Lingua originaleitaliano

Lo stadio di Wimbledon è il primo romanzo pubblicato nel 1983 dallo scrittore italiano Daniele Del Giudice.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

La voce narrante, che non ha un nome, è un giovane che ambisce a diventare scrittore; si reca a Trieste sulle tracce di un uomo di cultura di nome Roberto Bazlen. Bazlen era un conoscente di Italo Svevo e di Eugenio Montale, frequentò il mondo delle lettere, si interessò sempre di scrittura eppure non scrisse mai nulla.

Il narratore appare incuriosito dall'apparente distanza che Bazlen vedeva tra la letteratura e la vita; coloro che lo conobbero, ancora quasi tutti in vita e molto disponibili a incontrarlo e aiutarlo nella ricerca, sostengono che Bazlen “scriveva la vita degli altri”. La distanza temporale dagli avvenimenti non favorisce la comprensione. Quasi tutti gli intervistati indicano come essenziale la testimonianza di Ljuba Blumenthal, un'ebrea espatriata in Inghilterra durante le leggi razziali fasciste; la donna è la destinataria di una breve poesia di Montale, “A Ljuba che parte”.

Ancora senza una risposta al suo quesito, il narratore si reca a Londra, per la precisione a Wimbledon dove vive la donna. Avrà con lei due colloqui che innescheranno, volontariamente o meno, una soluzione. Durante un breve passaggio dal vuoto stadio di Wimbledon, il narratore cesserà di porsi la domanda che l’aveva spinto a recarsi a Trieste all'inizio della sua ricerca.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

Il romanzo d'esordio di Daniele Del Giudice è attraversato da un forte senso d'inquietudine;[1] la ricerca del narratore senza nome si svolge intorno a un dilemma, “perché Bobi Bazlen non ha scritto nulla?” che si scioglie solo poco prima del finale, e in maniera ambigua. D'altronde lo stesso stile scelto dall'autore lo rende di interpretazione non univoca: è una storia inventata ma con personaggi reali, in bilico tra saggio e réportage, quasi un apocrifo, sorretto da una tensione sottile e una struttura circolare.[1] Il narratore passa da un'intervista all'altra muovendosi in un ambiente geografico che non è il suo, fra Trieste e Londra, per raccontare la vita di un uomo che in vita non ha voluto raccontare nulla.

Secondo Italo Calvino, la “domanda” dell'io narrante a Bobi Bazlen potrebbe essere formulata esplicitamente così:

«Chi ha posto giustamente il rapporto tra saper essere e saper scrivere come condizione dello scrivere, come può pensare d’influire sulle esistenze altrui se non nel modo indiretto e implicito in cui la letteratura può insegnare a essere?[2]»

Lo stile usato da Del Giudice è ricercato e particolare, con l'effetto di un ingrandimento istantaneo dell'oggettività: dà l'impressione che non vi sia nessuna volontà di raccontare e che sia sorretto solo dall'esigenza di autoriflessione, con alcune divagazioni che al contrario disintegrano ogni traccia di oggettività.[1] La tensione della ricerca è risolta nel finale, quando il narratore cessa di domandarsi quale sia il rapporto tra la scrittura e la vita: a quel punto anche il lettore, che ha seguito l'intero percorso, è propenso alla medesima soluzione, che è una soluzione dell'intreccio narrativo ma non del quesito di fondo.

Opere derivate[modifica | modifica wikitesto]

Il romanzo è stato adattato al cinema da Mathieu Amalric sotto il titolo Le stade de Wimbledon (2002), con l'attrice Jeanne Balibar nel ruolo principale.

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Martina Basso, Martina Basso ci racconta un libro: Lo stadio di Wimbledon di Daniele Del Giudice, su teleciarlo.wordpress.com, Teleciarlo, 14 giugno 2012.
  2. ^ Italo Calvino, quarta di copertina della prima edizione Einaudi del romanzo, 1983
  3. ^ scritto apparso come quarta di copertina nella prima edizione del 1983
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