Levriero ungherese

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Levriero ungherese
(Magyar agár)
Classificazione FCI - n. 240
Gruppo 10 Levrieri
Sezione 3 Levrieri a pelo corto
Standard n. 240
Nome originale Magyar agár
Tipo Caccia, compagnia
Prova di lavoro Senza prova di lavoro
Origine Bandiera dell'Ungheria Ungheria
Altezza al garrese 65 – 70 cm
Peso ideale Non specificato
Razze canine

Il levriero ungherese oppure Magyar agár[1] è una razza canina di origine ungherese riconosciuta dalla FCI (Standard N. 240, Gruppo 10, Sezione 3).

Il suo nome in lingua ungherese significa letteralmente "levriero dei Magiari", l'antico popolo, fondatore del Regno d'Ungheria, che selezionò la razza incrociando con i levrieri mediorientali i propri cani da caccia.

Il levriero ungherese ha temperamento tendenzialmente tranquillo anche se un po' diffidente. Fisicamente, è cane dotato di grande velocità e buona resistenza, adatto alla caccia di animali veloci ma anche alla corsa nei cinodromi. Può anche essere un buon cane da guardia. La razza ha comunque, ad oggi, uno scarso bacino di diffusione[2].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Come tutti i levrieri, anche l'ungherese deriva dagli slanciati cani da caccia a vista del Medioriente (v. Saluki). Differentemente da razze quali il greyhound, però, il levriero ungherese non può essere considerato un diretto discendente degli antichi levrieri avendo pesantemente risentito dell'incrocio con altre razze canine quali, forse, il vizsla.

Nel XV secolo, quando i Carpazi iniziarono a subire in modo sempre più sistematico la pressione dell'Impero ottomano, i levrieri magiari iniziarono ad essere apprezzati anche dai turchi, tanto che il loro sultano incaricò una speciale divisione dei suoi giannizzeri (Zağarci Ortasi) di custodire, addestrare ed allevare per suo conto questi animali[3]. Contemporaneamente al Turco, anche i grandi signori dell'Europa cristiana iniziarono ad importare i validi cani da caccia ungheresi: se ne servivano, a titolo di esempio, i Gonzaga signori di Mantova, che li vollero raffigurati negli affreschi del maestro Andrea Mantegna nella "Camera degli Sposi" del Castello di San Giorgio[4].

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Copia archiviata (PDF), su enci.it. URL consultato il 27 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 24 luglio 2012).
  2. ^ Spadafori, Gina (1998), Il mio cane for dummies, Milano, Apogeo, ISBN 88-7303-434-9, p. 34.
  3. ^ Küçükyalçın, Erdal (2007) Janissary and samurai : Early modern warrior classes and religion Archiviato il 29 luglio 2012 in Internet Archive., tesi di laurea della Boğaziçi University, p. 74.
  4. ^ Malacarne, Giancarlo (1998), Le cacce del principe : l'ars venandi nella terra dei Gonzaga, Modena, Il Bulino, p. 44.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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