Joci

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Juci, o Zuchi (in tartaro di Crimea Cuçi; in mongolo Зүчи, Zùči; spesso indicato come Joči o Gioci; 1182 circa – febbraio 1227), è stato il figlio primogenito di Gengis Khan.

Statua di Zuchi Khan (Joči), in Mongolia

Imprese[modifica | modifica wikitesto]

Conquistò la Siberia meridionale nel 1206 e la Manciuria nel 1216. Era il successore designato da Gengis Khan in persona, che aveva sempre confermato la paternità e l'intenzione di farsi succedere dal primogenito, ma non divenne mai Gran Khan a causa della morte prematura.

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Esistono alcune controversie legate alla paternità di Temujin (come era conosciuto Gengis Khan al tempo della nascita di Joci).

La madre Börte, poco dopo il suo matrimonio con Gengis, fu deportata nella tribù Merkit, e fu donata a Cilger Boke, fratello del loro condottiero, come bottino di guerra. Quando Temujin guidò una spedizione vittoriosa contro i Merkiti e riuscì a salvarla, Börte era già stata ingravidata, e poco dopo nacque Joci. In seguito Gengis lo onorò sempre come suo primo figlio legittimo, ma restò per tutti il dubbio che il padre fosse in realtà Cilger Boke. Questo fatto non fu di secondaria importanza, poiché dalla discendenza di Djuci nacquero vari sovrani e condottieri, in primis per il khanato dell'Orda d'Oro, o di Kipchak, ma la loro legittimità come veri discendenti investiti del potere del grande Gengis fu sempre messa in discussione.

Discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Ebbe "almeno" 3 mogli:

I suoi figli furono:

  1. Orda Khan (c. 1204-1280)
  2. Batu Khan (c. 1205-1255), primo Khan unificatore dell'Orda d'Oro
  3. Berke Khan, condottiero dell'Orda d'Oro dal 1257 al 1267[1]
  4. Berkechar
  5. Shibani Khan
  6. Tangkut
  7. Bora Khan, padre di Teval Khan, nonno di Nogai Khan
  8. Chilakun
  9. Sinkur Khan
  10. Chimtai
  11. Muhammad Bura
  12. Udur
  13. Shinkum
  14. Holuikan, moglie di Inalchi
  15. Bek Atakavor, moglie di Sempad (figlio di Leone III sovrano d'Armenia)

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ David Morgan, The Mongols, p. 224

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN145323704 · ISNI (EN0000 0000 1386 2380 · CERL cnp00556869 · LCCN (ENno98095133 · GND (DE119478374 · WorldCat Identities (ENlccn-no98095133
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