Isola Gruinard

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Isola Gruinard
Eilean Gruinneart
Veduta dell'isola Gruinard dalle coste della Scozia
Geografia fisica
LocalizzazioneMar delle Ebridi
Oceano Atlantico
Coordinate57°53′N 5°28′W / 57.883333°N 5.466667°W57.883333; -5.466667
ArcipelagoEbridi Interne
Superficie2 km²
Dimensioni2 × 1 km
Altitudine massima106 m s.l.m.
Geografia politica
StatoBandiera del Regno Unito Regno Unito
NazioneBandiera della Scozia Scozia
Aree amministrativaHighland
Demografia
Abitanti0 (2001)
Cartografia
Mappa di localizzazione: Scozia
Isola Gruinard
Isola Gruinard

[1][2][3]

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L'isola Gruinard (in gaelico scozzese: Eilean Ghruinneard) è un'isola del Regno Unito compresa nell'arcipelago delle Ebridi nell'oceano Atlantico. L'isola, attualmente disabitata, è rimasta in quarantena dal 1942 al 1990 a causa degli esperimenti che vi vennero condotti dall'Esercito britannico sulle armi batteriologiche (Antrace).

Geografia[modifica | modifica wikitesto]

L'isola è situata lungo la costa nord-occidentale della Scozia, nell'omonima baia, nei pressi delle città di Gairloch e Ullapool[4]; lunga circa 2 km e larga 1 è separata dalla terraferma da un tratto di mare largo poco più di un chilometro[1].

La natura del terreno è di tipo collinare, la parte più elevata dell'isola raggiunge quota 106 m s.l.m.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1881 era attestata sull'isola la presenza di 6 abitanti, non si sa con precisione quando questi abbandonarono la zona, è invece documentato che dagli anni trenta il territorio veniva usato esclusivamente come pascolo e per altre attività quali la pesca o la raccolta delle uova[1].

A partire dal 1942, durante la seconda guerra mondiale, l'isola fu sede di esperimenti compiuti dall'esercito britannico per testare l'uso di armi batteriologiche e le eventuali conseguenze sulla popolazione di un attacco nemico effettuato con questo tipo di arma[4]. L'isola fu requisita dal Dipartimento della Guerra e fu proibito l'accesso, successivamente vennero portate circa una sessantina di pecore che furono esposte a spore di una variante particolarmente virulenta di antrace[5]. Gli scienziati fecero detonare piccoli ordigni[1] che al momento della detonazione rilasciavano un aerosol contenente il batterio, esponendo gli animali alla contaminazione[4]. Le pecore iniziarono a morire dopo tre giorni dall'avvenuto contagio[4]. Gli abitanti dei villaggi vicini non furono informati delle sperimentazioni in corso sull'isola e, secondo le testimonianze, attribuirono la presenza dei soldati a delle esercitazioni militari[5]. Durante gli esperimenti una carcassa infetta di una delle pecore venne trascinata a riva durante una tempesta infettando anche altri animali delle fattorie locali sulla terraferma, i capi di bestiame furono abbattuti e le autorità si affrettarono a risarcire i proprietari per non generare motivi di attrito con la popolazione[5].

Parte degli esperimenti fu filmata dagli scienziati su pellicola a colori a 16 millimetri, i filmati sono diventati di pubblico dominio nel 1997, una volta decaduto il segreto militare[4].

L'intera area fu contaminata dalle spore di antrace, i primi tentativi di decontaminare il territorio non andarono a buon fine in quanto il ceppo di antrace utilizzato si rivelò particolarmente resistente. Al termine della guerra la zona non era stata bonificata quindi il governo britannico acquistò l'isola, precedentemente di proprietà privata, con la clausola che questa sarebbe potuta essere riacquistata per la stessa cifra (circa 500 sterline) dai proprietari una volta bonificata[1]. A causa dei costi e della difficoltà del processo di decontaminazione, il governo impose la quarantena senza termine per l'isola, furono affissi cartelli lungo le coste che avvisavano della contaminazione da antrace e vietavano l'approdo. Durante questo periodo di isolamento gli unici autorizzati a recarsi sull'isola furono gli scienziati del complesso di Porton Down, incaricati di rilevare periodicamente il livello di contaminazione[1]. Nel 1979 la responsabilità della gestione scientifica dell'isola passò al Chemical Defense Establishment (CDE) che organizzò una spedizione per verificare lo stato del terreno che fino al quel momento non mostrava nessuna diminuzione dei livelli di contaminazione; questa visita, oltre ad altre compiute negli anni successivi, mostrarono che la contaminazione non era estesa a tutta l'isola ma era concentrata nelle aree dove erano stati compiuti gli esperimenti durante la guerra[1].

Nel 1981 un gruppo di attivisti diede vita alla Operation Dark Harvest[6], venne divulgato un comunicato stampa attraverso il quale si rese noto che un gruppo di microbiologi di due università britanniche era sbarcato sull'isola e aveva raccolto una grossa quantità di terreno contaminato[6]; il messaggio comunicava anche che il gruppo avrebbe rilasciato in giro per il paese alcuni dei campioni infetti prelevati per obbligare il governo a bonificare l'isola[3]. Un campione di terreno contaminato fu lasciato presso il centro di ricerche militari di Porton Down[6], un altro campione (non contaminato ma di terreno compatibile con quello dell'isola) fu ritrovato nei giorni successivi a Blackpool dove era in corso l'annuale assemblea del Partito Conservatore[6].

Nel 1985 il Ministero della Difesa decise di affidare ad una commissione indipendente formata da sei studiosi delle principali università britanniche la disamina degli studi compiuti sino a quel momento e l'elaborazione di un piano per la bonifica. Le operazioni di decontaminazione iniziarono nell'estate del 1986: la zona fu irrorata con una soluzione di formaldeide diluita in acqua di mare e le porzioni di terreno più contaminate furono rimosse e portate via dall'isola[1][4]. Concluse le operazioni fu portato sull'isola un nuovo gregge di pecore che riuscì a sopravvivere per 6 mesi senza contrarre l'antrace[1][4]. Il 24 aprile del 1990 l'isola fu dichiarata ufficialmente bonificata e fu rimosso il divieto di accesso[4], nello stesso anno l'isola venne venduta dal governo ai vecchi proprietari, come stabilito nel 1946, per la cifra di 500 sterline[1].

Per celebrare la decontaminazione è stata affissa sull'isola una placca con la seguente dicitura: «For air, stone, and the equilibrium of understanding, welcome back Gruinard» (it: Per l'aria, la pietra, e l'equilibrio della conoscenza, bentornata Gruinard)[3].

Raid spagnolo non ufficiale[modifica | modifica wikitesto]

Nel gennaio 2024, un popolare youtuber spagnolo noto come Rubén Holgado ha compiuto un raid non ufficiale sull'isola di Gruinard. Per un breve periodo di 32 secondi, Holgado ha "conquistato" simbolicamente l'isola piantando una bandiera nel suo suolo contaminato e poi rimuovendola. L'evento è stato documentato e condiviso sul suo canale YouTube, con un video intitolato "I Survived the World's Most Toxic Island" (Sono sopravvissuto all'isola più tossica del mondo), in cui Holgado riflette sulla sua esperienza e non solo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k (EN) Graham S. Pearson, Gruinard Island Returns to Civil Use, in ASA Newsletter, n.86, ASA, Inc., 26 ottobre 2001. URL consultato il 26 ottobre 2012.
  2. ^ (EN) United States National Research Council, Reopening Public Facilities After a Biological Attack: A Decision-Making Framework, Washington D.C., National Academies Press, 2005, pp. pp. 196-197, ISBN 9780309096614. URL consultato il 26-10-2012.
  3. ^ a b c (EN) Eric Croddy, James J. Wirtz, Gruinard Island, in Weapons of Mass Destruction: An Encyclopedia of Worldwide Policy, Technology, and History, vol. 2, ABC-CLIO, 2005, pp. pp. 144-146, ISBN 1851094903. URL consultato il 26-10-2012.
  4. ^ a b c d e f g h (EN) Britain's 'Anthrax Island', su news.bbc.co.uk, BBC.com, 25 luglio 2001. URL consultato il 26 ottobre 2012.
  5. ^ a b c (EN) Living with anthrax island, su news.bbc.co.uk, BBC.com, 8 novembre 2001. URL consultato il 26 ottobre 2012.
  6. ^ a b c d (EN) W. Seth Carus, Center for Counterproliferation Research, National Defense University, Case 1981-02: "Dark Harvest" October 1981, in Bioterrorism and Biocrimes: The Illicit Use of Biological Agents Since 1900, The Minerva Group, Inc., 2002, pp. pag. 58, ISBN 1410100235. URL consultato il 26-10-2012.

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