Irredentismo svizzero

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Il termine irredentismo svizzero[1] si riferisce ad un movimento militare e intellettuale svizzero, principalmente antecedente al 1918,[1] che avanzava rivendicazioni irredentiste nei confronti del Regno d'Italia.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Mappa della Repubblica delle Tre Leghe, a cui la Valtellina, i contadi di Bormio e Chiavenna appartennero dal 1512 al 1797.

Nel XV secolo le campagne transalpine portarono i cantoni della Confederazione ad estendere i propri domini a sud delle Alpi. Fu durante questo periodo che la Valtellina, Chiavenna e Bormio, la val d'Ossola ed il Ticino vennero gradualmente sottomessi dai confederati.[2]

I grigionesi conquistarono nel 1512 la Valtellina, Bormio e Chiavenna. La pace perpetua del 1516 confermò le loro conquiste, assicurò definitivamente i futuri territori ticinesi alla Svizzera,[3] ma restituì l'Ossola ai milanesi.[2] I territori della Valtellina, Bormio e Chiavenna, invece, rimasero svizzeri per secoli, fino all'invasione dei cisalpini napoleonici.[4]

Napoleone inizialmente decise di fare della Valtellina una quarta Lega al pari con le altre tre, ma furono gli stessi Grigioni ad opporsi, seppure a stretta maggioranza.[4] Nel 1797 Napoleone unì quindi Valtellina e contadi alla Repubblica Cisalpina. Dopo la sconfitta di Napoleone, i Grigioni, al comando del commissario Rodolfo Massimiliano Salis-Soglio, tornarono a Chiavenna, ma furono costretti a ritirarsi da un intervento austriaco.[4] Al congresso di Vienna una delegazione locale chiese di entrare nel Regno Lombardo-Veneto o di diventare un cantone svizzero; venne accolta la prima soluzione.[4]

Negli anni a cavallo tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, i rapporti tra la Confederazione ed il Regno d'Italia erano esacerbati dalle rivendicazioni territoriali avanzate da gruppi irredentisti in entrambi i Paesi.[5] Mentre in Italia era il Ticino ad essere oggetto di mire espansionistiche, in Svizzera alcuni militari e intellettuali desideravano lanciare, con l'appoggio dell'Impero austro-ungarico, una guerra preventiva contro l'Italia con il fine di riconquistare le "echte Südgrenze",[1] le vere frontiere meridionali che comprendevano i territori che erano stati in passato posseduti da cantoni confederati, come l'Ossola e la Valtellina.[1] Si trattò comunque di un pensiero minoritario, mai discusso tramite vie diplomatiche ufficiali.[5]

A seguito dell'entrata in guerra dell'Italia nel maggio del 1915, un piano d'invasione del colonnello Arnold Keller (capo dello stato maggiore generale dal 1890 al 1905)[6] viene esaminato dai politici, ma bocciato per il timore che una guerra avrebbe diviso i cantoni ed inevitabilmente lacerato il tessuto dell'unità nazionale.[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Sergio Romano, Una frontiera contestata, Italia e Svizzera sino al 1918, su corriere.it, Corriere della Sera, 11 febbraio 2009. URL consultato il 14 aprile 2011.
  2. ^ a b Campagne transalpine, in Dizionario storico della Svizzera.
  3. ^ Pace perpetua (1516), in Dizionario storico della Svizzera.
  4. ^ a b c d La Valtellina e la Svizzera (XIX e XX secolo), in Dizionario storico della Svizzera.
  5. ^ a b Tindaro Gatani, A proposito dei piani italiani e svizzeri di attacco reciproco (PDF) [collegamento interrotto], su ccis.ch, Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, aprile 2009. URL consultato il 14 aprile 2011.
  6. ^ Stato maggiore generale, in Dizionario storico della Svizzera.
  7. ^ Piscitelli Olga, Prevalse la prudenza, una guerra avrebbe diviso i Cantoni, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 22 febbraio 2009. URL consultato il 14 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2016).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]