Indra Nooyi

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Indra Krishnamurthy Nooyi

Indra Krishnamurthy Nooyi, in tamil இந்திரா கிருஷ்ணமூர்த்தி நூயி (Chennai, 28 ottobre 1955), è una dirigente d'azienda indiana naturalizzata statunitense, per 12 anni, dal 2006 al 2018, presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato di PepsiCo,[1] la seconda più grande industria alimentare e delle bevande del mondo per fatturato.[2] Membro del Consiglio dei Fondatori del Forum Economico Mondiale e del Lincoln Center, è nel consiglio di amministrazione di Amazon[3] e dell'International Cricket Council.[4].

È costantemente classificata da Forbes tra le prime 100 donne più potenti del mondo, nel 2017 occupava l'11º posto.[5]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nata in India, a Madras (ora conosciuta come Chennai) in una famiglia di discendenti Tamil, è educata alla Holy Angels Anglo Indian Higher Secondary School. Si laurea in fisica, matematica e chimica presso il Madras Christian College dell'Università di Madras nel 1974, quindi frequenta un Post Graduate Program (MBA) presso l'Indian Institute of Management di Calcutta nel 1976. Comincia a lavorare alla Johnson & Johnson e poi in un'azienda tessile, la Mettur Beardsell, nel 1978 è ammessa alla Yale School of Management conseguendo un master in gestione pubblica e privata. Nello stesso periodo conclude un tirocinio presso la società di consulenze Booz & Company. Nel 1980 entra a far parte del The Boston Consulting Group e in seguito lavora per la Motorola e per la Asea Brown Boveri.

Nel 1994 viene assunta alla PepsiCo, dove nel 2001 è nominata direttore finanziario. La Nooyi si occupa personalmente delle principali trattative della società, come la cessione dei ristoranti Yum! Brands e l'acquisizione del marchio Tropicana. Secondo BusinessWeek, da quando la Nooyi è direttore finanziario gli introiti della società sono aumentati del 72%[6].

Nel 2006 diventa presidente e amministratore delegato della PepsiCo, il quinto nella storia dell'azienda,[7] sostituendo Steven Reinemund.

Nel 2007 e nel 2008 il Wall Street Journal la include nella lista delle 50 donne da tenere d'occhio[8][9] e il TIME la annovera fra le 100 persone più influenti al mondo.

Nel 2008 e nel 2009 Forbes la posiziona terza nella lista delle 100 donne più potenti al mondo[10]; nel 2010 occupa il sesto posto. La rivista Fortune la classifica prima nell'elenco delle donne più potenti nel mondo degli affari nel 2006, nel 2007, nel 2008, nel 2009 e nel 2010[11][12][13][14].

Nell'estate 2018 l'annuncio che dal 3 ottobre Nooyi lascia l'incarico di CEO a Ramon Laguarta, da settembre 2017 il suo vice, mantenendo il ruolo di presidente sino ai primi del 2019.[15] Nei dodici anni al vertice dell'azienda, Nooyi ha guidato la ristrutturazione di PepsiCo, sino ad arrivare alla fusione con Quaker Oats Company, iniziativa che ha anche portato Gatorade a PepsiCo. Ha inoltre spostato la spesa aziendale lontano dai "cibi spazzatura" favorendo prodotti con meno zuccheri e più ingredienti naturali. In dodici anni i guadagni degli azionisti sono stati del 149% contro il 173% dell'indice S&P500 e il 197% di quelli della concorrente Coca-Cola.[16] Prima di lasciare Nooyi realizza il suo ultimo affare come CEO: proseguendo nella svolta salutista data all'azienda, nell'agosto 2018 annuncia l'acquisizione dell'israeliana SodaStream, produttrice di gasatori d'acqua domestici e succhi concentrati light, per 3,2 miliardi di dollari (144 dollari per azione in contanti con un premio del 32% rispetto al prezzo medio del titolo negli ultimi 30 giorni).[17]

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Indra Nooyi è sposata con Raj Nooyi , e ha due figlie. Una, la più giovane, frequenta la School of Management di Yale[quando?]. Indra Nooyi ha una sorella, imprenditrice e artista, nominata ai Grammy, Chandrika Krishnamurthy Tandon.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Padma Bhushan - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) PepsiCo CEO Indra Nooyi Is Stepping Down After 12 Years, in NPR.org. URL consultato il 7 agosto 2018.
  2. ^ Forbes Profile: Indra Nooyi. URL consultato il 22 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 24 aprile 2011).
  3. ^ (EN) PepsiCo's former CEO Indra Nooyi joins Amazon's Board of Directors, 26 febbraio 2019.
  4. ^ (EN) ICC appoints Indra Nooyi as Independent Director, su icc-cricket.com, febbraio 2018.
  5. ^ (EN) Indra Noovy, su forbes.com.
  6. ^ (EN) Diane Brady, Indra Nooyi: Keeping Cool In Hot Water, in BusinessWeek, 11 giugno 2007. URL consultato il 22 aprile 2011.
  7. ^ (EN) Indra Nooyi, Chairman and CEO of PepsiCo, Named CEO of the Year by GSCLG [collegamento interrotto], su marketwire.com, Marketwire, 9 settembre 2009. URL consultato il 22 aprile 2011.
  8. ^ (EN) Betsy McKay, The 50 Women to Watch 2007, in Wall Street Journal, 2008-19-22. URL consultato il 22 aprile 2011.
  9. ^ (EN) Michael R. Crittenden, The 50 Women to Watch 2008, in Wall Street Journal, 10 novembre 2008. URL consultato il 22 aprile 2011.
  10. ^ (EN) The 100 Most Powerful Women: #3, in Forbes. URL consultato il 22 aprile 2011.
  11. ^ (EN) 50 Most Powerful Women 2006: #1, in CNN. URL consultato il 22 aprile 2011.
  12. ^ (EN) Katie Benner, Eugenia Levenson e Rupali Arora, 50 Most Powerful Women 2007: #1, in CNN. URL consultato il 22 aprile 2011.
  13. ^ (EN) Jessica Shambora e Beth Kowitt, 50 Most Powerful Women 2008: #1, in CNN, 16 ottobre 2008. URL consultato il 22 aprile 2011.
  14. ^ (EN) Jessica Shambora e Beth Kowitt, 50 Most Powerful Women 2009: #1, in CNN, 15 settembre 2009. URL consultato il 22 aprile 2011.
  15. ^ Cambio al vertice della Pepsi: lascia Indra Nooyi, prima donna in sella, su repubblica.it, 6 agosto 2018. URL consultato il 13 agosto 2018.
  16. ^ Maria Teresa Cometto, Il derby dei soft drink in L'Economia del Corriere della Sera, p. 23, 13 agosto 2018.
  17. ^ Pepsico compra SodaStream, azienda che trasforma l'acqua del rubinetto in minerale, su repubblica.it, 20 agosto 2018. URL consultato il 21 agosto 2018.
  18. ^ (EN) Aloke Tikku, Khushwant, Karnik, Nooyi, Remo, Mittal on Padma list, in Hindustan Times, 23 febbraio 2007. URL consultato il 9 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 27 marzo 2020).

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