Incidente di Amakasu
Incidente di Amakasu | |
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Tipo | Esecuzione capitale extragiudiziale |
Stato | ![]() |
Obiettivo | anarchici giapponesi |
Responsabili | Agenti della Kempeitai sotto il comando dell'ufficiale Masahiko Amakasu |
Motivazione | Repressione dei dissidenti politici nell'Impero giapponese |
Conseguenze | |
Morti | Sakae Ōsugi Noe Itō |
L'Incidente di Amakasu (甘粕事件?, Amakasu jiken) fu un atto di soppressione violenta avvenuto nel 1923, che vide l'uccisione di due dissidenti politici nell'Impero giapponese. Fece parte del più ampio Massacro del Kantō, che seguì il grande terremoto che distrusse gran parte della regione, causando oltre 100 000 morti e disordini civili. Durante questo caos, lo stato giapponese, alimentato da sentimenti ultranazionalisti e timoroso verso la diffusione in Giappone di ideologie anarchiche e socialiste, colse l’occasione per reprimere i dissidenti politici, in particolare gli esponenti della sinistra radicale.[1]
Contesto
[modifica | modifica wikitesto]Il Giappone degli anni ’20 stava attraversando un periodo di profondi cambiamenti e tensioni. L’Era Taishō (1912–1926) fu un periodo relativamente liberale (democrazia Taishō) dal punto di vista politico rispetto sia all'epoca precedente che alla successiva. Allo stesso tempo pieno si assistette a una crescente diffusione delle idee socialiste, anarchiche e comuniste, sostenute da intellettuali, operai e studenti che chiedevano maggiore giustizia sociale, diritti dei lavoratori e riforme democratiche.
Il 1º settembre 1923, il Grande terremoto del Kantō devastò Tokyo e Yokohama, uccidendo oltre 100 000 abitanti e lasciando milioni di senzatetto. Il caos risultante creò un clima favorevole alla repressione, con il governo e la polizia imperiale giapponese che approfittarono della situazione per intensificare la caccia ai dissidenti politici. Fu anche un momento in cui si diffusero teorie del complotto e isterie di massa, come il sospetto infondato che coreani e comunisti avvelenassero i pozzi o organizzassero rivolte.[2]
Evento
[modifica | modifica wikitesto]Subito dopo il terremoto, approfittando del clima caotico Masahiko Amakasu, ufficiale dell'Esercito imperiale giapponese, organizzò un’operazione per reprimere quei soggetti che considerava pericolosi per la stabilità dello Stato. Il 16 settembre, le truppe della Kempeitai rapirono gli esponenti anarchici Sakae Ōsugi e Noe Itō, insieme al loro nipotino di soli sei anni, mentre si trovavano nel rifugio temporaneo dove vivevano. Furono portati in un centro della polizia militare situato nella capitale, dove vennero brutalmente torturati e uccisi. I loro corpi furono poi gettati nel pozzo di un edificio abbandonato, nel tentativo di occultare le esecuzioni. Dopo il ritrovamento inizialmente le autorità tentarono di minimizzare l’accaduto, ma furono costretto ad agire a causa dell’indignazione pubblica e delle pressioni da parte di giornalisti e politici non allineati con le posizioni governative.
Il governo imperiale per non perdere completamente la faccia, avviò un’indagine ufficiale. Il tenente Amakasu fu processato in un tribunale militare e condannato a dieci anni di carcere per il triplice omicidio. Tuttavia scontò solo tre anni, grazie a un’indulgenza concessagli per i suoi servizi resi allo Stato. Questo episodio rafforzò la convinzione tra cittadini e intellettuali che il governo giapponese fosse connivente con gli abusi attuati dall’esercito e risultasse incapace nel garantire giustizia. Molti videro il processo come una farsa legale, utile solo a calmare le acque innanzi all'opinione pubblica. L’incidente divenne simbolo della violenza dello Stato imperiale contro i dissidenti e segnò profondamente la cultura politica giapponese. Fu un segnale forte di repressione politica, mostrando che chiunque si opponesse apertamente al governo potesse essere brutalmente punito. Inoltre la morte di Itō rappresentò un colpo devastante per il movimento femminista del Giappone, che perse una delle sue voci più radicali. Per i movimenti anarchici e socialisti, l'uccisione di entrambi venne considerata alla stregua di un martirio. Al contrario Amakasu è rimasto una figura considerata infame nella storia del Giappone, eccetto per i sostenitori più estremisti del nazionalismo giapponese, che giustificano la sua violenza come necessaria per la salvaguardia del paese.[3]
Memoria
[modifica | modifica wikitesto]Ogni anno a Nagoya si tiene una cerimonia commemorativa in ricordo di Munekazu Tachibana, il bambino di sei anni brutalmente ucciso dalla polizia militare giapponese durante l'incidente, per evitare che potesse raccontare quanto avvenuto. La lapide fu installata dal padre nel 1927 e porta l’epigrafe: “Brutalmente assassinato dai cagnolini”, a testimonianza della rabbia verso le autorità. Riscoperta poi nel 1972, la lapide è da allora al centro di commemorazioni annuali organizzate da volontari locali, che ricordando l'importanza di non dimenticare gli abusi del potere, si battono ancora oggi per un Giappone democratico e antiautoritario.[4]
Filmografia
[modifica | modifica wikitesto]- Eros + Massacre, regia di Yoshishige Yoshida (1969)
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Un caso di repressione politica, su dbpedia.org.
- ^ Clima politico dell'epoca, su charlie-allison.com.
- ^ Svolgimento dei fatti, su libcom.org.
- ^ La lapide di Munekazu Tachibana, su english.kyodonews.net.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Anarchismo in Giappone
- Dissidenza politica nell'Impero giapponese
- Incidente Kōtoku
- Militarismo giapponese
- Socialismo nell'Impero giapponese
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Incidente di Amakasu