IIDA Women' Development Organisation

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IIDA Women's Development Organisation
TipoONG
Fondazione25 maggio 1991

Mogadiscio, Somalia

FondatoreHalima Abdi Arush

Starlin Abdi Arush

Altre sediMogadiscio, Merca, Dhusamareb (Somalia), Nairobi (Kenya), Torino (Italia)
PresidenteHalima Abdi Arush
Sito web

IIDA Women's Development Organisation è un'organizzazione umanitaria volontaria non governativa, senza scopo di lucro e priva di connotazioni politiche, impegnata in azioni di cooperazione internazionale e difesa dei diritti delle donne in Somalia.

La storia[modifica | modifica wikitesto]

IIDA Women's Development Organisation viene fondata a Mogadiscio il 25 maggio 1991[1] da un gruppo di attiviste somale sotto la guida delle sorelle Halima e Starlin Abdi Arush[2] , allo scopo di creare un'associazione interclanica (ossia, composta da donne appartenenti a clan diversi) capace di operare per la difesa dei diritti delle donne e il ristabilimento della pace in Somalia. La parola iida in somalo significa donna nata in un giorno di festa e fu scelta da Amina Haji Abdullahi Fiqow[3], attivista dei diritti umani, scomparsa alla fine degli anni Novanta[4]. Il contesto storico in cui ebbe origine l'organizzazione è quello della prima fase della guerra civile, immediatamente successivo alla caduta di Siad Barre, con la Somalia travagliata da uno stato di anarchia e di contrasti clanici e la popolazione drammaticamente vessata dalle conseguenze della guerra. In questo quadro[5], IIDA ha intrapreso la propria missione, fronteggiando le emergenze umanitarie e costruendo azioni per la rivendicazione dei diritti delle donne e la ricomposizione sociale in Somalia. Gli obiettivi principali di IIDA Women's Development Organisation sono:

  • promuovere una cultura della pace nel rispetto dei diritti umani e delle diversità;
  • promuovere la pace e la risoluzione pacifica dei conflitti in Somalia;
  • incoraggiare e assicurare l'integrazione delle donne somale nei processi di riconciliazione, di ricostruzione e dello sviluppo del Paese;
  • fornire formazione alle donne e incentivare attività di micro-credito per far loro raggiungere l'indipendenza economica;
  • contrastare la pratica delle MGF e tutte le forme di violenza contro le donne[6];
  • favorire la crescita e lo sviluppo di associazioni di donne - anche di categoria - in Somalia.

Attualmente, IIDA opera con tre sedi in Somalia (Mogadiscio, Merca, Duusamareeb nella regione del Galgaduud), una in Kenya (Nairobi) e, dal dicembre 2007, una in Italia (IIDA Italia Onlus, a Torino).

IIDA fa parte delle reti: EASSI (The Eastern African Sub-regional Support Initiative for the Advancement of Women); FERFAP (Fédération des Femmes Africaines pour la Paix); Rete Women.

Principali progetti[modifica | modifica wikitesto]

I progetti di IIDA spaziano dall'ambito dell'educazione, a quelli della sanità, del Peace building, della sicurezza alimentare, della lotta contro le MGF, della cittadinanza attiva delle donne. Per quanto attiene al campo dell'educazione, sono attualmente in corso i programmi: Food for Education Program (in collaborazione con WFP); Promotion of Employment Through Training; Vocational Training(in collaborazione con IAS - International Aid Services) per il recupero di 150 ragazzi di strada e 60 bambini-soldato. Nell'ambito Peace building, ricordiamo: Child Soldier Project (con il sostegno di CIDA e UNICEF) e Sport and Women. Tra i progetti nel campo sanitario, IIDA ha riattivato e gestisce in collaborazione con il CISP il reparto maternità dell'Ospedale Forlanini di Mogadiscio, fornendo personale medico-infermieristico specializzato. Il Sanitation Program in Mogadishu, realizzato con WFP, è finalizzato a garantire un servizio di pulizia urbana nella capitale. Altri progetti sono Women Work and Health e Women to Women Initiative in HIV/AIDS. In merito alla sicurezza alimentare, va ricordata la realizzazione nel 1999 e la gestione del Feeding Centre for Children (Centro Nutrizionale e Polifunzionale) di Merca, attualmente sostenuto con il contributo del Comitato di Solidarietà della Regione Piemonte[7].

Infine, IIDA è promotrice di numerose iniziative di Women Empowerment, volte a valorizzare il protagonismo economico e politico delle donne nella società somala. In questo quadro, s'inseriscono la costituzione della SWEA (Somali Women Entrepreneurs Association) e della SWA (Somali Women Agenda), piattaforma che riunisce 16 associazioni femminili e altre aderenti singole di tutte le regioni della Somalia e disegna un vero e proprio programma di priorità, strategie e azioni per il processo di pace e ricomposizione sociale. Queste due ultime iniziative sono state realizzate in collaborazione con l'Ong COSPE.

Riconoscimenti internazionali[modifica | modifica wikitesto]

L'impegno di IIDA per la costruzione della pace, la lotta alle divisioni claniche e lo sviluppo dei diritti umani in Somalia ha ottenuto diversi riconoscimenti a livello internazionale, tra i quali ricordiamo:

  • Global Award UNIFEM 1996, consegnato dall'allora Segretario delle Nazioni Unite Boutros Boutros Ghali a New York il 26 ottobre 1996, in occasione del 20º anniversario di UNIFEM[8];
  • Prix de Droits de L'Homme de la République Française 2008, assegnato il 10 dicembre 2008 in occasione del 60º anniversario dell'adozione della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo[9].

La newsletter TAHRIB[modifica | modifica wikitesto]

Dal giugno 2008, IIDA Italia Onlus pubblica e diffonde on-line la newsletter Tahrib, allo scopo di far conoscere la situazione somala al pubblico italiano e sensibilizzare sui più gravi problemi ad essa connessi (pace, rifugiati, sviluppo, ricostruzione democratica...). Alla redazione della newsletter hanno fornito il loro contributo esperti della materia tra i quali si ricordano il giornalista Kenneth Oduor, la deputata al Parlamento somalo Maryan Shekh Osman, la presidente della Sezione Italiana della WILPF Giovanna Pagani.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ M. Yassin Haji Yussuf, Tutto cominciò da Aida…: le ragioni di un percorso, in “Tahrib”, n. 0, giugno 2008, http://www.piemonteimmigrazione.it/PDF/TAHRIB_0.pdf; Angelo Del Boca, La trappola somala. Dall'operazione Restore Hope al fallimento delle Nazioni Unite, Laterza, Bari, 1994, pp. 15-16; M. Zamorani, In Somalia la speranza sono le donne, “Il Giornale”, 3 febbraio 1993; J. Gardner, J. El-Bushra, Somalia - The untold story: the war through the eyes of Somali women, CIIR, London, 2004, pp. 215- 219.
  2. ^ Starlin Abdi Arush intervista - L'episodio dell'aggressione della ragazza somala a Mogadiscio "colpevole" di aver avuto contatti con "i bianchi", su radioradicale.it. URL consultato il 14 ottobre 2019.
  3. ^ K. Maier, Fresh start for Somalia's children: the reopening of elementary schools provides hope for the future. Karl Maier reports from Mogadishu, “The Independent”, 7th january 1993, https://www.independent.co.uk/news/world/fresh-start-for-somalias-children-the-reopening-of-elementary-schools-provides-hope-for-the-future-karl-maier-reports-from-mogadishu-1477076.html.
  4. ^ K. Maier, Women fall victim to Somalia's prejudice, “The Independent”, 5th January 1993, https://www.independent.co.uk/news/world/women-fall-victim-to-somalias-prejudice-1476708.html
  5. ^ A. Deschamps, Somalie 1993: première offensive humanitaire, L'Harmattan, Paris, 2000, pp. 107, 113-114; D. Quirico, Sfida ai clan e ai mullah. Le Antigoni di Mogadiscio ultima speranza di pace. Hanno fondato un'associazione per seppellire i cadaveri e lottare contro la guerra, “La Stampa”, 15 febbraio 1994, p. 9, http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/action,viewer/Itemid,3/page,0009/articleid,0727_01_1994_0045_0009_10484798/.
  6. ^ D. Lashgari, Violence, silence, and anger: women's writing as transgression, University of Virginia Press, 1995, p. 171
  7. ^ M. Urban, Les enfants de la guerre déposent rarement les armes, “Radiofranceinternational”, 9 décembre 2002, http://www.rfi.fr/actufr/articles/036/article_18581.asp
  8. ^ E. Louie, Chronicle, “New York Times”, 29th october 1996, p. 16, https://www.nytimes.com/1996/10/29/style/chronicle-036960.html?scp=1&sq=iida&st=nyt
  9. ^ C. Rebouffel, La France honore cinq champions des droits de l'homme, “La Croix”, 10 dicembre 2008, http://www.la-croix.com/Actualite/S-informer/Monde/La-France-honore-cinq-champions-des-droits-de-l-homme-_NG_-2008-12-10-681275

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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