Géza d'Ungheria

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Géza
Miniatura di Géza tratta dalla Chronica Picta, 1360
Gran principe degli ungari
In caricaPrimi anni 970-997
PredecessoreTaksony
SuccessoreStefano
Nascita940 circa
Morte1º febbraio 997
DinastiaArpadi
PadreTaksony
ConsorteSarolta di Transilvania
Adelaide (Adleta) di Polonia (?)
FigliGiuditta
Margherita
Stefano
Grimelda
Religionepaganesimo, ortodossia

Géza (940 circa – 1º febbraio 997) fu capo degli Ungari dal 972 al 997.

Figlio del gran principe Taksony e della sua moglie di origine orientale (nello specifico cazara, pecenega o bulgara del Volga), dopo essere salito al trono Géza fece pace con il Sacro Romano Impero, mentre in Ungheria, stando alla narrazione unanime di fonti quasi coeve, consolidò la sua autorità con estrema crudeltà. Géza sposò Sarolta, una figlia di un capotribù ungaro ortodosso e fu il primo monarca magiaro a sostenere i missionari cristiani dell'Europa occidentale. Nonostante fosse stato battezzato (il suo nome di battesimo era Stefano), la sua conversione all'ortodossia rimase soltanto nominale, in quanto egli continuò a compiere atti di culto pagano. Spentosi nel 997, gli successe suo figlio Stefano, poi incoronato primo re d'Ungheria nel 1000 o 1001.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Primi anni[modifica | modifica wikitesto]

Primogenito di Taksony, gran principe degli ungari, Géza era stato partorito secondo l'anonimo autore delle Gesta Hungarorum da una donna proveniente «dalla terra dei Cumani».[1][2][3] L'anacronistico riferimento a quest'ultimo popolo è stato analizzato a lungo a livello storiografico, con gli studiosi che sono giunti alla conclusione che si trattasse di una persona di origine cazara, pecenega o bulgara del Volga.[4] L'imperatore bizantino Costantino VII Porfirogenito, che elencò i discendenti del gran principe Árpád in una sua opera intorno al 950, non menzionava Géza.[4] Nonostante tale mancato riferimento, Gyula Kristó ha stimato la data di nascita di Géza intorno al 940 e ha ritenuto che l'imperatore lo avesse ignorato a causa della sua giovane età.[4] La forma autentica del nome di Géza pare fosse «Gyeücsa» o «Gyeusa», cioè forse una forma diminutiva del titolo turco yabgu.[4] Il padre di Géza organizzò il suo matrimonio con Sarolta, una figlia di un capo ungherese chiamato Gyula, che amministrò la Transilvania in maniera autonoma rispetto al gran principe e che si era convertito al cristianesimo a Costantinopoli.[4][5][6] L'osservazione di Bruno di Querfurt relativa al «cristianesimo languido e confuso» praticato da Sarolta pare suggerisca che la nobildonna si convertì all'ortodossia.[6]

Regno[modifica | modifica wikitesto]

Géza subentrò a suo padre intorno al 972, adottando sin da subito una centralizzazione politica, la quale diede origine alla sua fama di sovrano spietato.[4][7][8][9] La versione estesa della Vita di suo figlio afferma addirittura che le mani di Géza erano «sporche di sangue».[7] Pál Engel ha scritto che Géza compì una «epurazione su larga scala» contro i suoi parenti, il che spiega la mancanza di riferimenti ad altri membri della dinastia degli Arpadi intorno al 972.[7] Il nobile Koppány, che continuò a governare le parti meridionali del Transdanubio, rappresenta l'unica eccezione a questa penuria di riferimenti.[7] La conclusione di un'alleanza matrimoniale tra la dinastia del Sacro Romano Impero con Ottone I di Sassonia e quella bizantina con Teofano determinò un riavvicinamento tra le due potenze vicine ring Ungheria nel 972.[10] Constatate le condizioni geopolitiche, Géza decise di stringere una pace con il Sacro Romano Impero.[9] In un'ottica collaborativa, Ottone I diede incarico a un monaco di nome Bruno di recarsi in Ungheria intorno al 972.[11] Gli «ambasciatori» (legati) magiari si presentarono a un incontro svoltosi al cospetto dell'imperatore a Quedlinburg nel 973.[7][12]

«Geyza, che era severo e crudele, si comportava in modo prepotente con la sua stessa gente ma compassionevole e generoso con gli stranieri, specialmente con i cristiani, sebbene [fosse] ancora segretamente legato ai riti pagani. All'avvicinarsi della luce della grazia spirituale, cominciò a discutere attentamente di pace con tutte le province vicine [...] Inoltre, stabilì una regola secondo cui si dovesse mostrare il favore dell'ospitalità e della sicurezza a tutti i cristiani che volessero accedere ai suoi domini. Diede pure il permesso a chierici e monaci di giungere al suo cospetto, ospitandoli e ascoltandoli nel corso di un'udienza dai toni cordiali, oltre a deliziarli nel far germogliare il seme della vera fede piantato nel giardino del suo cuore.»

Statua del gran principe Géza a Székesfehérvár

Un riferimento su un vescovo Prunwart nell'Abbazia di San Gallo menziona il suo successo nell'aver battezzato molti ungari, incluso il loro «sovrano».[11] Il quasi contemporaneo Tietmaro di Merseburgo conferma che la conversione al cristianesimo dei magiari di fede pagana iniziò sotto Géza, che divenne il primo sovrano cristiano dell'Ungheria.[10][14] Nel momento in cui ricevette la somministrazione del primo sacramento cristiano, il nome di battesimo che gli venne assegnato fu Stefano.[4] Tuttavia, Géza continuò a osservare i culti tradizionali, circostanza che dimostra che la sua conversione al cristianesimo non risultò mai sincera.[15] Kristó e altri storici hanno affermato che la prima diocesi cattolica romana istituita in Ungheria, quella di Veszprém, vide la luce durante il regno di Géza, ma il loro punto di vista non appare unanimemente accettato dai medievalisti.[4][16][17] Un documento emesso durante il regno di suo figlio afferma che Géza fu il fondatore dell'Abbazia benedettina di Pannonhalma.[18][19]

«[Géza] fu assai crudele e uccise molte persone a causa del suo temperamento irascibile. Quando divenne cristiano, tuttavia, rivolse la sua rabbia contro i suoi sudditi riluttanti, al fine di rafforzare la presenza della nuova fede. In tal guisa, ardente di zelo per Dio, lavò i suoi vecchi crimini mentre compiva sia sacrifici all'Onnipotente che a vari falsi dèi. Rimproverato dal suo sacerdote per averlo fatto, tuttavia, sostenne che la pratica gli aveva portato ricchezza e grande potere.»

Approfittando dei conflitti interni emersi nel Sacro Romano Impero dopo la morte dell'imperatore Ottone II, Géza invase la Baviera ed espugnò la fortezza di Melk nel 983.[21] Nel 991, i bavaresi lanciarono un contrattacco che costrinse Géza a ritirare le sue forze dalle terre situate a est della Selva Viennese.[21] Inoltre, rinunciò a quanto collocato a est del fiume Leita nel trattato di pace sottoscritto nel 996 con Enrico II il Santo.[7] Géza organizzò inoltre il matrimonio di suo figlio ed erede Stefano con la sorella di Enrico Gisella.[4][7] Anche prima di questa alleanza matrimoniale, Géza convocò i capi ungari a un'assemblea e li costrinse a prestare giuramento, confermando il diritto di suo figlio nella successione.[22]

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Il gran principe si spense il 1º febbraio 997.[22] Sebbene oscurato nella fama da suo figlio Stefano, Géza fu l'artefice di notevoli miglioramenti durante il suo regno. Fondò Székesfehérvár, facendola divenire la capitale, impose autorevolmente il governo centrale su tutto il territorio del paese, con l'eccezione della Transilvania che rimase sotto l'autorità di Gyula. Questo gli permise di riscuotere tasse e tributi in modo molto più efficiente dei suoi predecessori.[4][7]

Famiglia[modifica | modifica wikitesto]

Busto di Géza d'Ungheria nel parco nazionale storico di Ópusztaszer

Sarolta diede alla luce almeno tre dei figli di Géza: Stefano, succeduto al padre sul trono, e due figlie il cui nome risulta ignoto.[23] Poiché Sarolta sopravvisse più a lungo di Géza, ciò suggerisce che fosse anche la genitrice delle figlie del principe.[23] Sulla base del Chronicon Hungarico-Polonicum, Szabolcs de Vajay ha suggerito che la madre delle figlie fosse la presunta seconda consorte di Géza, Adelaide di Polonia, ma tale ricostruzione non gode di ampia fortuna.[4][23][24] Adelaide è menzionata soltanto nel Chronicon Hungarico-Polonicum, che la indica come la sorella di Miecislao I di Polonia, ma la storicità stessa della donna resta in dubbio tra gli specialisti.[25] La cronaca attribuisce la conversione di Géza all'influenza di Adelaide.[26]

Il seguente albero genealogico presenta gli antenati di Géza e la sua progenie.[27]

Árpád
Menumorut*
Zoltán
figlia
Taksony d'Ungheria
una nobildonna "cumana"**
Sarolta
Géza
Mihály
(1)
figlia (Giuditta?)
Boleslao I di Polonia
figlia
Gavril Radomir
Re d'Ungheria
(dal 1046)
(1)
Gisella di Baviera
Stefano I d'Ungheria
figlia
Doge Ottone Orseolo
figlia
Samuele Aba***
Emerico
Adalberto di Babenberg
Frozza
Pietro Orseolo
Discendente****
  • La storicità o meno di Menumorut resta oggetto di dibattito per gli studiosi moderni.
    ** Una donna cazara, pecenega o bulgara del Volga.
    *** Samuele Aba potrebbe essere stato il nipote di Géza anziché del suo genero.
    **** La presenza di un discendente maschile della famiglia Aba risulta praticamente certa, in quanto essa era ancora attiva in Ungheria nel XIV secolo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Kristó e Makk (1996), p. 26.
  2. ^ Gesta Hungarorum, cap. 57, p. 127.
  3. ^ Kristó e Makk (1996), p. 24.
  4. ^ a b c d e f g h i j k Tóth (1994), p. 235.
  5. ^ Sălăgean (2005), p. 150.
  6. ^ a b Kristó e Makk (1996), p. 28.
  7. ^ a b c d e f g h Engel (2001), p. 26.
  8. ^ Molnár (2001), p. 26.
  9. ^ a b Kirschbaum (2005), p. 43.
  10. ^ a b Kontler (1999), p. 51.
  11. ^ a b Berend et al. (2007), p. 329.
  12. ^ Cronaca di Tietmaro di Merseburgo, cap. 2.31, p. 115.
  13. ^ Vita di re Stefano d'Ungheria, cap. 2, pp. 379-380.
  14. ^ Berend et al. (2007), p. 331.
  15. ^ Engel (2001), p. 27.
  16. ^ Berend et al. (2007), pp. 350-351.
  17. ^ Engel (2001), p. 42.
  18. ^ Berend et al. (2007), p. 352.
  19. ^ Engel (2001), p. 43.
  20. ^ Cronaca di Tietmaro di Merseburgo, cap. 8.4, p. 364.
  21. ^ a b Kristó e Makk (1996), p. 30.
  22. ^ a b Kristó e Makk (1996), p. 33.
  23. ^ a b c Kristó e Makk (1996), p. 29.
  24. ^ Macartney (1953), p. 175.
  25. ^ Homza (2017), pp. 22-25.
  26. ^ Homza (2017), pp. 22-24.
  27. ^ Kristó e Makk (1996), pp. appendici 1-2.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie[modifica | modifica wikitesto]

Fonti secondarie[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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