Goro di Gregorio
Goro di Gregorio, detto Goro di Guccio Ciuti (Siena, 1275 – Siena, 1335), è stato uno scultore italiano.
Biografia
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Figlio d'arte, dato che il padre di origine fiorentine collaborò con Nicola Pisano per alcune opere relative al duomo di Siena, operò inizialmente assieme ai suoi fratelli.[1]
Gli storici dell'arte non sono riusciti a recuperare molte informazioni riguardanti Goro e solamente due sono le opere certamente realizzate da lui, poiché firmate: l'Arca di san Cerbone, (1324) nel duomo di Massa Marittima e la tomba del vescovo Guidotto de Abbiate (1333) nella basilica cattedrale protometropolitana della Santa Vergine Maria Assunta di Messina.[2]
L'Arca, installata in origine dietro l'altare maggiore, è costituita da una tomba su cui si innalzano dodici rilievi raffiguranti santi, Madonne e scene di vita di san Cerbone, tra le quali il santo che familiarizza con alcuni orsi, oppure il santo assieme ai fedeli, o una serie di miracoli attribuiti al santo.[1]
Le brillantezze dei rilievi, il ritmo agitato ma lieve delle linee, il gioco incisivo, ma delicato, di luci e delle ombre sulle superfici piatte, evidenziarono una precedente attività ed esperienza come orafo da parte del Goro. Alcuni storici dell'arte, come Enzo Carli definirono i rilievi prodotti dal Goro molto vicini allo "stile di predella", originario di Siena, caratterizzato da una visione pittorica e da una attenta cura dei dettagli.[1]
La tomba del vescovo, invece, si caratterizzò per un rilievo raffigurante l'Annunciazione, una Adorazione dei magi, una Flagellazione e una Crocifissione.[1]
Gli studi e le ricerche dei critici e degli storici dell'arte effettuati dopo il 1980 hanno contribuito ad attribuire a Goro di Gregorio circa ventidue sculture in marmo, argento e legno che sono databili tra il 1300 e il 1330. Tra le opere principali attribuite al Goro si possono annoverare: due busti collocati nel portale nord del duomo di Siena (circa 1300); una statua del Profeta; il Socrate della collezione Hirsch;[2] alcune piccole figure fuse in argento della Madonna con Bambino con vescovo adorante e dell'Angelo sul riccio di un pastorale esposte al Museo capitolare di Città di Castello (circa 1305), caratterizzate dalle forme pesanti e massicce.[1]
I critici dell'arte, valutando sia la datazione dei suoi lavori, sia la qualità della sua arte, lo ritengono il più significativo scultore senese operante dopo l'allontanamento di Tino di Camaino e prima dell'arrivo di Giovanni di Agostino.[2]
Grazie a Goro la scuola scultorea senese maturò le sue caratteristiche risolutive, che in pittura erano state dettate da Simone Martini, consistenti nel «trionfo della linea curva mossa e ornamentale», (Enzo Carli)[2] nel gusto favoloso, elegante, segreto e spirituale del racconto.
Goro di Gregorio morì intorno al 1335.
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi 1200-1800, I, Firenze 1976, pp. 317-328.
- A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IV, Milano 1906, pp. 359-367.
- P. Misciatelli, Una statua sconosciuta di G., in La Diana, IV (1929), pp. 225 s.
- E. Carli, Goro di Gregorio, Firenze 1946.
- P. Bacci, Fonti e commenti per la storia dell'arte senese, Siena, 1944.
- A. Garzelli, Scultura del Trecento a Siena e fuori Siena, in La Critica d'arte, XV, n. 68, 1968, p. 56.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Goro di Gregorio
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Gòro di Gregorio, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Enrico Mauceri, GORO di Gregorio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1933.
- Gerd Kreytenberg, GORO di Gregorio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 58, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2002.
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