Girolamo Lippomano

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Disambiguazione – Se stai cercando un altro ambasciatore con questo nome, vedi Girolamo Lippomano (1538-1591).
Stemma famiglia Lippomano

Girolamo Lippomano (Venezia, 1460Roma, 1º giugno 1527) è stato un imprenditore e ambasciatore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Girolamo Lippomano nacque a Venezia da Tommaso di Nicolò Lippomano, patrizio, e Paola Cappello di Vettore di Giorgio. Fu battezzato nella chiesa di santa Fosca nel 1460.

Le origini[modifica | modifica wikitesto]

La vita di Girolamo fu condizionata da quella del padre Tommaso che sposò in prime nozze Paola Cappello che con la famiglia gestiva quella che era al tempo la più grande società di banco veneziana. Rimasto vedovo si risposò due volte, la prima nel 1460 con la vedova di Bulgaro Vitturi, la seconda nel 1486 con la figlia di Alvise Diego che faceva parte delle famiglie più in vista di Venezia. Conseguenza di questi cambiamenti familiari fu l'abbandono dei Cappello della società del banco lasciando l'intera proprietà al Lippomano. La società era fortemente in espansione, ma si contrapponeva una forte esposizione al credito dell'erario cittadino che chiedeva fondi per poter sostenere le spese della guerra per il Polesine[1].

Tommaso fu introdotto nella vita politica a 18 anni da Pietro Priuli presentandolo alla Balla d'oro e il 12 dicembre 1486, concomitante con il suo terzo matrimonio, iniziò la sua carriera politica finanziaria che non ottenne mai risultati di prestigio. Fu nominato ufficiale al cattaver[2], e nel 1491 ufficiale alle Rason vecchie[3].

Il banco[modifica | modifica wikitesto]

La vita di Girolamo fu condizionata quindi dalle scelte della sua famiglia d'origine, e non solo. Nel 1488 sposò la cognata Paola Vendramin di Bartolomeo del doge Andrea,[4] ma la morte l'anno successivo del padre, lo obbligò ad abbandonare la carriera politica per occuparsi di quel banco che aveva ereditato. È documentata la sua presenza, in qualità di testimone, il 12 luglio 1490 nel pagamento a beneficio di Gaspare Sanseverino ai camerlinghi del comune, e il 7 ottobre 1495 in qualità di garante al prestito accordato a Pietro de Medici il cui figlio risulta fosse anche ospite presso la sua dimora che risulta abiterà almeno fino al 29 febbraio 1500.

Gli interessi del Lippomano erano rivolti soprattutto allo Stato Pontificio: il fratello Nicolò, nominato protonotaro apostolico, intraprese la carriera ecclesiastica e fu nominato vescovo di Bergamo nel 1512.

Venezia-casa Lippomano

Nel 1499, l'esposizione dei banchi veneziani aveva raggiunto un livello non più accettabile, in gennaio fallì il banco della famiglia Garzoni[5], e poi quella del Lippomano:

«Adì 16 mazo [1499]. In Colegio. In questa matina el banco di Lipomani falite, el qual fo levato dil 1480. […] Et gran brigata era reducti al banco, et fo gran mormoration […], siché fo gran vergogna a questa terra»

Se il Lippomano fosse poco colpevole di questo fallimento, lo era infatti maggiormente anche se indirettamente il governo veneziano che aveva goduto di prestiti mai restituiti, ne subì invece le gravi conseguenze. L'esposizione montava a 120.000 ducati che il Lippomano, con i fratelli Bartolomeo e Vettore, il 4 maggio 1500 concordò di restituire in tre rate: la prima subito, la seconda al termine del medesimo anno, e la terza entro ventiquattro mesi. Nonostante il primo pagamento risulta effettuato il 9 luglio, i creditori fecero dichiarare insolvente il Girolamo che fu incarcerato nell'agosto del 1500. Il 12 novembre, mentre si trovava in carcere, gli nacque il figlio Giovanni. Il 6 settembre 1501, grazie all'intervento dei familiari, Girolamo riuscì a evadere dalle carceri veneziane:

«e, averto la porta a colui che portava la torta, ussite fuora sier Hironimo Lipomano et, messo il mantello in capo al guardian, si dice con el coltello a la gola, tolseli la chiave, et cussì […] monto[ro]no in tre barche armate e […] fuziteno nel monasterio di Santa Lena […]; et fenno bene, perché aliter havendo a far con li capi di creditori […], mai sariano ussiti»

L'attività romana[modifica | modifica wikitesto]

Dopo che vennero venduti i beni della famiglia a saldo dei creditori, tra cui risulta un copricapo tempestato di pietre preziose, il 15 ottobre 1503 il Lippomano con i familiari, ottenne il salvacondotto che lo autorizzò ad espatriare dai domini veneziani, trasferendosi a Roma sotto la protezione di Papa Giulio II. Fu poi frequente la sua presenza a Bologna, dove seguiva gli studi ecclesiastici il figlio Pietro, forse per svolgere anche pratiche burocratiche su incarico della curia pontificia. Il 6 ottobre 1510 venne incarico di accompagnare i veneziani in visita al papa, e vivendo per un periodo al suo seguito nelle visite a Bologna Mirandola e Ravenna, probabilmente il Lippomano appoggiava la carriera ecclesiastica del fratello Nicolò.


Girolamo con la sua intensa corrispondenza con Vettore, il fratello minore rimasto a Venezia, fu un ottimo informatore del Marin Sanudo il Giovane, a questa corrispondenza dobbiamo la descrizione dell'assedio e battaglia di Mirandola

«Il papa è tanto disposto, che non se potria dir più; è più inanimato contra questi francesi che 'l fusse mai. E, quando el si partì di Bologna, disse: Vederò, si averò sì grossi li coglioni, come ha il re di Franza!»

Seguì poi il papa a Rovenna, ma la sua corrispondenza divenne sempre più triste e languida, forte il desiderio di fare ritorno a casa. Ebbe però inizio un periodo più felice. Fece ritorno alla sua città natale il 6 aprile 1511 quando, morta la sorella Maria, ereditò molta della sua fortuna. Con questo lascito diede in sposa la bellissima figlia il 12 giugno 1512 a Nicolò Venier. Il medesimo anno fu premiato per la sua attività presso il pontefice e venne nominato vescovo di Bergamo il fratello Nicolò, mentre Andrea, il suo primo figlio, fu nominato priore della chiesa e del monastero della Santissima Trinità a Venezia, complesso monastico che era da sempre in gestione a famiglie tedesche e questo portò non poche complicanze, ma il Lippomano aveva ormai l'appoggio sia del papa, sia del governo veneziano.

La nomina al soglio pontificio di Papa Leone X rafforzò i rapporti del Lippomano e di tutta la sua famiglia con la città capitolina e tutta si trasferì a Roma, anche se la sua vita fu un alternarsi di viaggi, tornò infatti a Venezia per il matrimonio di un'altra figlia, Morosina con Benedetto Bernardo, ricco commerciante i cui interessi avevano raggiunto l'Inghilterra. Facendo poi ritorno a Roma il 6 maggio 1517 per appoggiare la candidatura a cardinale del fratello Nicolò, ma questi morì il medesimo anno, lasciando, grazie all'accondiscendenza del papa, il vescovato bergamasco al nipote Pietro, solo tredicenne.

Fu il 1527 un anno tragico per Girolamo e la sua famiglia: nel febbraio un incendio distrusse il palazzo veneziano a Santa Fosca, ma ben più gravi furono gli eventi romani. Il 1527 fu storicamente caratterizzato dal sacco di Roma: il 6 maggio i lanzichenecchi spagnoli entrarono nella città devastandola. Pietro riuscì a nascondersi in Castel Sant'Angelo mentre Girolamo e altri ottennero rifugio nella casa di Isabella d'Este. Se molti riuscirono con una barca a raggiungere il litorale di Ostia, Girolamo fu catturato grazie alla taglia di 3000 ducati che gli era stata assegnata ma che non fu mai riscossa.
Il Lippomano infatti morì il 1º giugno del 1527 di peste in la hosteria de la Lepore, in Borgo[6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Federico Moro, Venezia in Guerra, quattordici secoli di storia, politica e battaglie, Venezia, Studio Lt2, 2011, ISBN 978-88-88028-65-1.
  2. ^ Ufficiali al cattaver, su archiviodistatovenezia.it, Archivio di stato di Venezia. URL consultato il 10 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 21 dicembre 2013).
  3. ^ alle Rason vecchie, su archiviodistatovenezia.it, Archivio di stato di Bergamo. URL consultato il 10 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 12 giugno 2018).
  4. ^ nel 1482 la sorella Maria aveva sposato il fratello di Paola: Daniele Vendramin
  5. ^ Dizionario storico-portatile di tutte le venete patrizie famiglie, Giuseppe Bettinelli, 1780, p. 79.
  6. ^ Marino Sanuto, I diarii di Marino Sanuto, vol. 58, Venezia, Tipografia del commercio di Marco Visentini, 1879.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ugo Tucci, Monete e banche, in Storia di Venezia, V, Il Rinascimento. Società ed economia, a cura di A. Tenenti, a cura di A Tenenti, Roma, 1996, p. 795, 798, 805.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]