Giovanni D'Avossa (militare)

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«Tutto è crollato. Ma i carri Ariete combattono»

Giovanni d'Avossa (Napoli, 1º gennaio 1902 – ...) è stato un militare italiano, insignito nel 1950 della medaglia d'oro al valor militare.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Giovanni d'Avossa era discendente da un ramo collaterale dei d'Avossa di Bergara, ramo italiano dei baroni Abos de Bergara, originari della città di Tramacastilla (Aragona), trasferitisi a Salerno agli inizi del 600. Si avviò giovanissimo alla carriera militare, entrando al Collegio Militare della Nunziatella di Napoli come allievo del corso 1917-1920. Ammesso all'Accademia Militare, ne uscì con il grado di sottotenente dell'Arma di Artiglieria, percorrendo quindi i primi gradi della gerarchia militare.

Nell'estate del 1940, sposato e divenuto padre da pochi mesi di Gianalfonso, rifiutò di intraprendere azioni di guerra contro la Francia. Al rifiuto fece seguire una lettera al principe Umberto nella quale lo sollecitava a desistere dal proposito

«Come farà Lei, come farete Voi, come farai Tu a prendere le armi contro la nazione che ha aiutato i Savoia a fare l’unità d’Italia? Non confondere il tuo nome con quello del regime

facendo seguire ad essa un lunghissimo silenzio durato poi trentotto anni[1][2].

Capitano di artiglieria in servizio permanente effettivo, durante la seconda guerra mondiale combatté in Africa settentrionale nel 45º reggimento artiglieria divisionale Cirene:[3] Si distinse per il valore mostrato nella battaglia di Bardia, meritando, caso unico, la segnalazione degli stessi inglesi che gli sarebbe valsa la Medaglia d'oro al Valor militare.[4]

Per l'Ufficio storico dello Stato maggiore dell'esercito, ha curato la monografia Seconda controffensiva italo-tedesca in Africa settentrionale : da El Agheila a El Alamein : gennaio-settembre 1942, pubblicata nel 1951.[5]

Al generale Giovanni d'Avossa è stato intitolato il 186º corso della Scuola militare Nunziatella (1973-76). Il figlio Gianalfonso, a sua volta ex-allievo della Nunziatella, è diventato generale di divisione, comandando tra l'altro la Brigata "Ariete".

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di un gruppo di artiglieria in caposaldo di importante piazzaforte, stretta da un duro assedio, dava ripetuta prova di capacità ed impareggiabile ardimento nella resistenza ad oltranza. In delicata situazione, con tempestivo intervento dei suoi pezzi, evitava seria minaccia di accerchiamento di un battaglione con la retro guardia del quale ripiegava egli stesso per ultimo. Successivamente, investita la piazzaforte da ingenti forze aeree e corazzate, reagiva con estrema efficacia ed organizzava essenzialmente con mezzi di artiglieria, un poderoso caposaldo contro la cui accanita resistenza si infrangeva in più riprese l’impeto del nemico. In questa fase salvava anche un’opera avanzata che la situazione fluttuante aveva fatto ritenere come occupata dall’avversario e, corpo a corpo, ne eliminava alcune infiltrazioni. Ridotte le opere circostanti ad un cumulo di macerie, decimati i suoi indomiti artiglieri, per altri due giorni comandante dell’unico caposaldo rimasto attivo in tutta la piazzaforte, rifiutava, pur essendo ormai privo di munizioni, l’offerta di onorevole condizione di resa ed, allo scopo di protrarre ulteriormente la resistenza, si portava invece audacemente con pochi uomini ad un deposito di munizioni presidiato dal nemico, riuscendo dopo cruenta lotta a ricuperare un considerevole numero di proiettili. Sottoposto infine ad ulteriore micidiale fuoco di numerose batterie, teneva testa all’avversario che ripiegava, sorpreso e disorientato da così violenta reazione. Ultimate le munizioni, mantenendo integro l’onore militare, dopo aver fatto saltare i pezzi, veniva sopraffatto nell’estremo tentativo di sfuggire all’accerchiamento, destando l’ammirazione dell’avversario che ancora oggi cavallerescamente ne testimonia l’eroismo, la perizia ed il singolare sprezzo della vita, tutta protesa ai supremi ideali della Patria.[6]»
— Bardia (Africa Settentrionale), 27 dicembre 1940 - 5 gennaio 1941.
Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria
«Su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri[7]»
— 13 luglio 1978

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il rapporto fu poi ricucito dal figlio Gianalfonso, che chiese udienza ad Umberto d'Italia in esilio a Cascais. Consegnò al re decaduto una rara copia della Divina Commedia, ed egli al congedo disse “Ringrazia tuo padre. E digli che aveva ragione lui”.
  2. ^ Stefano Lorenzetto, Il generale in guerra con Bertinotti sceglie di vivere nell'ex Leningrado. Il Giornale, 15 ottobre 2006. Accesso il 12 marzo 2015.
  3. ^ Le medaglie d'oro d'Africa (1887-1945) Istituto Poligrafico dello Stato, 1961, pag. 31
  4. ^ Giuseppe Josca, C'era una volta il Sud, Rubbettino Editore, 2003, p. 41.
  5. ^ Scheda OPAC SBN, su opac.sbn.it. URL consultato il 24 novembre 2013 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2015).
  6. ^ Quirinale - scheda
  7. ^ [1]
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