Giovanni Battista Sartori

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Giovanni Battista Sartori
vescovo della Chiesa cattolica
Ritratto di Giovanni Battista Sartori (Antonio Canova, 1822 ca.)
 
Incarichi ricopertiVescovo titolare di Mindo (1826-1858)
 
Nato18 agosto 1775 a Crespano
Nominato vescovo3 luglio 1826 da papa Leone XII
Consacrato vescovo26 novembre 1826 dal cardinale Giacinto Placido Zurla, O.S.B.Cam.
Deceduto18 luglio 1858 (82 anni) a Possagno
 

Giovanni Battista Sartori (spesso indicato come Sartori-Canova; Crespano, 18 agosto 1775Possagno, 18 luglio 1858) è stato un vescovo cattolico, abate ed erudito italiano.

Fratello uterino del famoso scultore neoclassico Antonio Canova, Giovanni Battista nacque dal secondo matrimonio della madre dell'artista, Angela Zardo, con Francesco Sartori. Per buona parte della sua vita Giovanni Battista Sartori fu assistente, segretario e confidente del fratello, che aiutò nell'erigere il colossale Tempio di Possagno, e a cui dedicò un museo nel centro del suo paese natale, la Gipsoteca.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Giovanni Battista Sartori nacque a Crespano, paese della marca trevigiana (oggi frazione capoluogo del Comune di Pieve del Grappa), il 18 agosto 1775 da Francesco Sartori e Angela Zardo. Quest'ultima fu anche la madre dell'artista Antonio Canova, la quale si risposò a seguito della morte del marito Pietro Canova, avvenuta nel 1761. Giovanni Battista Sartori ricevette un'educazione classica, impartitagli al Seminario Vescovile di Padova dove, secondo Giuseppe Jacopo Ferrazzi[1], che ne celebrerà le esequie, gli studi classici erano insegnati con impareggiabile passione[2]. Proprio nel seminario patavino venne ordinato sacerdote e, in seguito, divenne insegnante nello stesso istituto. L'abate Sartori fu un grande conoscitore della lingua greca antica e del latino, fu anche un abile traduttore dall'aramaico e un amante dell'arte oratoria[3]. Le grandi doti umanistiche del Sartori ricevettero gli elogi, a suo tempo, dello scrittore Pietro Giordani, del drammaturgo Giovanni Battista Niccolini, e persino, quelle del grande poeta Giacomo Leopardi[4]. Inoltre, il Sartori ebbe la passione per la numismatica, che coltivò durante gli anni passati a Roma come consigliere del fratellastro, arrivando a possedere una straordinaria collezione che, prima di morire, donò al Seminario di Padova in segno di gratitudine[5].

Nel 1801 Sartori lasciò l'insegnamento al seminario e raggiunse, assieme alla madre, il fratello a Roma; la madre non riuscì ad abituarsi ai ritmi richiesti da una città come Roma e fece presto ritorno a Crespano, mentre Giovanni Battista rimase a fianco dello scultore[6][7]. Inizialmente il Sartori ebbe il compito di leggere al fratello i classici mentre questi scolpiva[8]. In seguito, il Sartori divenne segretario del fratellastro con il compito di amministrarne il patrimonio, mettere ordine nelle compravendite immobiliari, stilare i cataloghi d'arte, curare le pubblicazioni delle incisioni e la numerosa corrispondenza dello studio.[9] Nel tempo divenne il suo «instancabile consigliere» e lo accompagnò nei suoi viaggi a Parigi, Londra e Vienna[10].

Durante questi soggiorni Sartori poté sedere di fronte a Napoleone e stilare i colloqui tra l'imperatore e lo scultore, che poi riunì in un diario, e poté ammirare i marmi del Partenone che Lord Elgin aveva trasferito a Londra[11]. Nel 1815 l'abate Sartori ebbe un ruolo fondamentale nella missione di recupero delle opere d'arte trafugate da Napoleone all'Italia nel 1796-97. Egli cooperò con il Canova[12] che, su ordine di Pio VII e del segretario Consalvi, partì come ambasciatore italiano alla volta di Parigi[13], con l'obiettivo di recuperare il maggior numero di opere possibili[14][15]. La fama, l'affabilità e le conoscenze in campo artistico dello scultore furono armi preziose, ma altrettanto utili risultarono le doti diplomatiche e le nozioni di numismatica del Sartori[10], al fine di restituire all'Italia i suoi capolavori[16].

Nel 1822 Antonio Canova morì e nominò il fratello erede universale dei suoi beni tramite testamento nuncupativo[17], ossia una dichiarazione solenne fatta in fronte a dei testimoni, con il compito precipuo di portare a termine la costruzione del colossale Tempio di Possagno[18]. Nel 1826 Giovanni Battista Sartori, su suggerimento del cardinale Zurla, fu designato vescovo titolare di Mindo da Leone XII[19][20]. Dopo la morte del fratello scultore, Giovanni Battista Sartori abbandonò Roma per stabilirsi definitivamente a Possagno[21], dove decise di erigere un museo in onore del fratello, cosicché il suo nome restasse per sempre legato a quello del suo paese natale. Tra il 1834 e il 1836, nel giardino di casa Canova, venne eretta la Gipsoteca di Possagno, maestoso edificio contenente i gessi dello scultore[22]. Monsignor Sartori fu anche molto generoso verso le sue terre: edificò ponti, strade e fece costruire diverse opere di urbanistica a sue spese[23], tra cui il ponte di Crespano sul Lastego[24], che oggi porta il suo nome[25]. A beneficiare del ritorno di Sartori furono anche diverse istituzioni, per esempio: il museo di Bassano ricevette la preziosissima corrispondenza dello scultore, alcuni disegni, ma anche busti, modelli scultorei e centinaia di libri[26]; all'Accademia di Venezia fu donato l'Ercole e Lica e la mano del Canova; ad Asolo fu donato il Paride[27][28][29]. Infine, prima di morire, Mons. Sartori aiutò la congregazione dei Padri Cavanis ad aprire una nuova scuola a Possagno[30][31]. Giovanni Battista Sartori morì il 18 luglio del 1858 a Possagno.

Il Tempio di Possagno[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Tempio Canoviano.
Il Tempio canoviano

L'11 luglio 1819 Antonio Canova fu a Possagno per la posa della prima pietra del Tempio, evento accompagnato da una festosa cerimonia[13][32][33]. Di lì in avanti lo scultore non poté seguire i lavori della chiesa come avrebbe voluto soprattutto a causa della lontananza e della salute che, a poco a poco, lo stava abbandonando. Dal giorno della sua morte, 12 ottobre 1822, fu il fratello, l'abate Sartori, a occuparsi della grande fabbrica del Tempio. L'abate fu designato dallo scultore come l'unico in grado di portare a termine l'opera, in quanto non vi erano altri in possesso delle stesse conoscenze del progetto, del luogo e dell'importanza che quest'opera aveva per il Canova[34]. Infatti, nel testamento del 1822 vi è la disposizione precisa che affida al fratello «l'obbligo di continuare compiere e abbellire, senza il menomo risparmio e nel più breve tempo possibile, il Tempio di Possagno»[18]. Mons. Sartori rispettò il volere del fratello portando a compimento la colossale opera nel 1833, anno questo dell'applicazione delle metope sul frontone. Grazie al titolo vescovile di cui fu insignito nel 1826 poté celebrare personalmente la cerimonia d'inaugurazione del magnifico Tempio, avvenuta il 7 maggio del 1832[35][36]. L'abate Sartori, inoltre, decise che il Tempio avrebbe dovuto ospitare le spoglie del fratello[13][37] e, in un secondo momento, anche le sue. Infine, il Tempio, per volere di Giovanni Battista Sartori, fu abbellito con una splendida gradinata e messo in risalto dalla costruzione di un grande piazzale circolare che lo cinge sfociando, poi, in un maestoso viale, detto «stradone»[38]. Queste operazioni furono realizzate fra il 1838 e il 1852 dall'architetto Giuseppe Segusini[39].

La Gipsoteca[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Gipsoteca canoviana.

Nel 1829 il Sartori vendette lo studio romano del fratello e decise di trasportarne il contenuto, ossia opere di scultura (soprattutto gessi e bozzetti d'argilla), ma anche disegni, libri e mobilia, a Possagno. Arrivate su un pielago, tutte queste sculture ebbero bisogno di un nuovo contenitore. Nacque così la Gipsoteca: museo a forma di basilica romana, con una grande nicchia, posta a sud, rialzata di uno scalino, un soffitto a volte a botte cassettonata, diviso in tre sezioni da due tramezzi, di poco sporgenti dalle pareti, e con tre lucernari al centro di ogni volta[40]. Il museo, che espone i gessi che lo scultore usava come modelli per i suoi celebri marmi, fu costruito al centro del giardino della casa dominicale di Antonio Canova, tra il 1834 e 1836, su progetto dell'architetto veneziano Francesco Lazzari[41]. Anche quest'opera fu voluta da Sartori «affinché la patria di Canova non si senta interamente di averlo perduto!»[42]. Il museo divenne visitabile soltanto nel 1844, quando ogni statua fu dotata del suo piedistallo[22][43].

Genealogia episcopale[modifica | modifica wikitesto]

La genealogia episcopale è:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Paolo Preto, FERRAZZI, Giuseppe Iacopo, su Treccani, 5 giugno 2019 (archiviato il 5 giugno 2019).
  2. ^ Ferrazzi, Nelle solenni esequie, 1
  3. ^ Dal Negro, Giovanni Battista Sartori Canova, 10.
  4. ^ Villa, Orazione letta nel tempio di Possagno, 33-34.
  5. ^ Ferrazzi, Nelle solenni esequie, 40.
  6. ^ Vittorio Malamani, Canova, Milano, Hoepli, 1911, p. 77.
  7. ^ Melchiorre Missirini, Della vita di Antonio Canova libri quattro, Prato, Frat. Giachetti, 1824, pp. 143-144.
  8. ^ Dal Negro, Giovanni Battista Sartori Canova, 11.
  9. ^ Luciana Iannaco, Antonio Canova in Umbria : le possessioni di S. Gemini, Perugia, Futura, 2009, p. 94, ISBN 88-95132-52-1.
  10. ^ a b Dal Negro, Giovanni Battista Sartori Canova, 11-12.
  11. ^ Melchiorre Missirini, Della vita di Antonio Canova libri quattro, Prato, Frat. Giachetti, 1824, p. 397.
  12. ^ Melchiorre Missirini, Della vita di Antonio Canova libri quattro, Prato, Frat. Giachetti, 1824, p. 388.
  13. ^ a b c Massimiliano Pavan, CANOVA, Antonio, su treccani.it. URL consultato l'11 giugno 2019 (archiviato l'11 giugno 2019).
  14. ^ Antonio Cederna, CANOVA E I PREDATORI DELL' ARTE PERDUTA, su repubblica.it, 2 febbraio 1993. URL consultato il 5 giugno 2019 (archiviato il 5 giugno 2019).
  15. ^ Sergio Romano, IL RITORNO DELL’ARTE PERDUTA CANOVA A PARIGI NEL 1815, su corriere.it, 27 luglio 2014. URL consultato il 5 giugno 2019 (archiviato il 5 giugno 2019).
  16. ^ Valentina Tosoni, Tra Napoleone e Canova. Quelle opere che tornarono dal "Museo Universale", su repubblica.it. URL consultato il 5 giugno 2019 (archiviato il 5 giugno 2019).
  17. ^ nuncupativo, su treccani.it. URL consultato il 12 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 12 giugno 2019).
  18. ^ a b Antonio Canova, Scritti / Antonio Canova, a cura di Hugh Honour e Paolo Mariuz, Roma, Salerno Editrice, 2007, p. 497, ISBN 978-88-8402-590-6.
  19. ^ Vila, Orazione letta nel tempio di Possagno, 9
  20. ^ (EN) Bishop Giovanni Battista Sartori Canova, su catholic-hierarchy.org. URL consultato il 12 giugno 2019 (archiviato il 12 giugno 2019).
  21. ^ Dal Negro, Giovanni Battista Sartori Canova, 14.
  22. ^ a b LA GYPSOTHECA, su museocanova.it. URL consultato l'11 giugno 2019 (archiviato l'11 giugno 2019).
  23. ^ Andrea Dal Negro, Giovanni Battista Sartori Canova, in Gian Pietro Favaro (a cura di), Tra il Brenta e il Piave : il Pedemonte del Grappa e l'Asolano, Treviso, Vianello Libri, 2013, pp. 176-187, ISBN 978-88-7200-427-2.
  24. ^ Ferrazzi, Nelle solenni esequie, 42.
  25. ^ Il ponte sul Lastego intitolato a Sartori Canova, su tribunaditreviso.it, 4 aprile 2014. URL consultato il 6 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 6 giugno 2019).
  26. ^ Sezione Canova, su museibassano.it. URL consultato il 13 giugno 2019 (archiviato il 13 giugno 2019).
  27. ^ Ferrazzi, Nelle solenni esequie, 22.
  28. ^ Dal Negro, Giovanni Battista Sartori Canova, 15-16.
  29. ^ Pinacoteca, su museoasolo.it. URL consultato il 13 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2019).
  30. ^ Collegio Canova di Possagno: 150 anni di vita, su cunial.org. URL consultato l'11 giugno 2019 (archiviato l'11 giugno 2019).
  31. ^ Chi siamo-Istituto Cavanis, su cavanis.net. URL consultato il 6 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 6 giugno 2019).
  32. ^ Melchiorre Missirini, Del tempio eretto in Possagno da Antonio Canova, Venezia, G. Antonelli, 1833, p. 30.
  33. ^ DUECENTO ANNI FA, IL PROGETTO DEL TEMPIO DI POSSAGNO, su museocanova.it, 30 agosto 2018. URL consultato l'11 giugno 2019 (archiviato l'11 giugno 2019).
  34. ^ Marcello Cavarzan, Il Tempio: chiesa nuova di Possagno, in Gianna Ghizzoni (a cura di), Antonio Canova: arte e memoria a Possagno, Ponzano, Vianello libri, 2004, p. 163, ISBN 978-88-7200-162-2.
  35. ^ LA STORIA, su tempiocanoviano.it, 11 giugno 2019 (archiviato l'11 giugno 2019).
  36. ^ Melchiorre Missirini, Del tempio eretto in Possagno da Antonio Canova, Venezia, G. Antonelli, 1833, p. 167.
  37. ^ Melchiorre Missirini, Del tempio eretto in Possagno da Antonio Canova, Venezia, G. Antonelli, 1833, pp. 152-154.
  38. ^ Tempio Canoviano di Possagno (chiesa parrocchiale), su prolocopossagno.com. URL consultato l'11 giugno 2019 (archiviato l'11 giugno 2019).
  39. ^ Giancarlo Cunial, La Gipsoteca canoviana di Possagno, Possagno, Fondazione Canova, 2003, pp. 61-62.
  40. ^ Giuseppe Pavanello, La Gipsoteca di Possagno, in Giuseppe Pavanello e Giandomenico Romanelli (a cura di), Antonio Canova, Venezia, Marsilio, pp. 361-367, ISBN 88-317-5649-4.
  41. ^ Fabio Mutinelli, Annali delle province venete dall'anno 1801 al 1840, Venezia, Tipografia di G. B. Merlo, 1843, p. 469.
  42. ^ Ferrazzi, Nelle solenni esequie, 37.
  43. ^ Mario Guderzo, Gypsotheca ex Canovae operibus. La Gipsoteca Canoviana di Possagno realtà unica ed esemplare dell’arte neoclassica, in Mario Guderzo (a cura di), Gipsoteche. Realtà e storia, Canovaª ed., Treviso, 2008, pp. 139-152, ISBN 978-88-8409-192-5.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giuseppe Jacopo Ferrazzi, Nelle solenni esequie di monsignore Giambattista Sartori-Canova vescovo di Mindo celebrate in Crespano il 3 agosto 1858, Bassano del Grappa, Roberti, 1858.
  • Domenico Villa, Orazione letta nel tempio di Possagno nei funerali dell'ill.mo e rev.mo mons. Giambattista Sartori-Canova vescovo di Mindo, Bassano del Grappa, Roberti, 1858.
  • Alessandro Vianello, A Giovanni Battista Sartori vescovo di Mindo, Possagno, Padri Cavanis, 1911.
  • Andrea Dal Negro, Giovanni Battista Sartori Canova, Vescovo di Mindo. Una persona da rivalutare, in Andrea Dal Negro (a cura di), La biblioteca di Canova. Tra collezione e ricerca, Possagno, 2007, pp. 9-16.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Vescovo titolare di Mindo Successore
Klaus Münst, O.F.M.Cap. 3 luglio 1826 - 18 luglio 1858 Carlo Vittore Papardo, C.R.
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