Giaime Pintor

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Disambiguazione – Se stai cercando l'omonimo giornalista musicale, vedi Giaime Pintor (giornalista).

«Senza la guerra io sarei rimasto un intellettuale con interessi prevalentemente letterari... Soltanto la guerra ha risolto la situazione[1]»

Giaime Pintor (Roma, 30 ottobre 1919Castelnuovo al Volturno, 1º dicembre 1943) è stato un giornalista, scrittore e partigiano italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato in una famiglia della piccola nobiltà sarda, era figlio di Adelaide Dore e di Giuseppe Pintor (1889-1941); questi era fratello di Fortunato, l'erudito bibliotecario del Senato, del generale Pietro Pintor (1880-1940) e del direttore generale dell'Africa settentrionale italiana Luigi Pintor (1882-1925).

Fratello di Luigi, giornalista e futuro fondatore de il manifesto, e di Antonietta, moglie di Marino Raicich, si laurea in giurisprudenza a Roma; si appassiona però al dibattito letterario grazie anche alle frequentazioni (nel salotto dello zio (diventato responsabile della Treccani) con Lucio Lombardo Radice, Antonio Amendola, Paolo Bufalini, Aldo e Ugo Natoli).

Fedele all'illuminismo perché convinto della progressiva e razionale affermazione culturale dell'uomo, pubblica fin dal 1938 su riviste quali "Letteratura", "La Ruota", "Oggi", "Aretusa", "Campo di Marte", "Primato", a volte anche usando gli pseudonimi di Mercurio e di Ugo Stille (nomignolo, questo, condiviso con l'amico Misha Kamenetzky, che in seguito l'avrebbe fatto proprio). Fu con Leone Ginzburg, Cesare Pavese e Massimo Mila tra i primi e più efficaci collaboratori della casa editrice Einaudi. Nel 1939 e nel 1940, su invito del Gruppo Universitario Fascista, prese parte ai Littoriali della cultura e dell'arte classificandosi rispettivamente al 14º e al 3º posto per la letteratura[2].

Estimatore della letteratura tedesca, studiò Goethe e Nietzsche (distanziandosi però da quest'ultimo per ciò che concerne la teoria del superuomo) e tradusse le opere di Rainer Maria Rilke, Heinrich von Kleist e Hugo von Hofmannsthal. In collaborazione con il germanista Leonello Vincenti curò, per il progetto "Pantheon" dell'editore Bompiani, la grande antologia Teatro tedesco, che conteneva anche alcune sue traduzioni e una serie di brevi saggi critici. Partecipò, con Elio Vittorini e alcuni altri scrittori italiani, al convegno annuale degli scrittori tedeschi tenutosi a Weimar, dal 7 all'11 ottobre 1942, promosso dal ministro della propaganda Joseph Goebbels[3]. Sempre nel 1942 curò un'edizione del Saggio sulla rivoluzione di Carlo Pisacane, in cui egli vide una matrice socialista.

Nel gennaio del 1943 fu membro della missione militare italiana presso il governo di Vichy. Dopo aver partecipato alla difesa di Roma dai tedeschi l'8 settembre 1943, si recò a Brindisi per arruolarsi per breve tempo nel nuovo esercito regio e, poi, a Napoli per unirsi a un gruppo di volontari organizzati dal generale Giuseppe Pavone. Infine si arruolò nell'esercito britannico che gli affidò il comando di un piccolo gruppo di soldati che avrebbe dovuto raggiungere i partigiani operanti nel Lazio. Sentitosi braccato dai nazisti, scrisse una lettera al fratello Luigi, nella quale affermò l'importanza di aderire alla Resistenza.

Il 1º dicembre 1943 si mosse per raggiungere Roma per combattere il nazifascismo (accompagnato dall'agente del S.O.E. Max Salvadori, conosciuto con il nome di battaglia di "captain Sylvester"), cercando di attraversare le linee nemiche in un punto considerato sicuro per l'aggiramento dell'assedio nazista. Morì a soli 24 anni dilaniato da una mina che l'esercito tedesco aveva lasciato in Molise lungo la linea del Volturno.[4]

La desecretazione di alcuni documenti, ha permesso di scoprire che Pintor era stato reclutato dai servizi segreti inglesi a Napoli il 15 novembre 1943 con lo pseudonimo Stille.[4] Risulta che non era retribuito e che la ragione del suo arruolamento era il patriottismo.[4] Dallo stesso fascicolo risulta che nel giugno 1944 i servizi segreti fecero pervenire alla famiglia di Pintor 200.000 lire a titolo di risarcimento, il certificato di patriota e una lettera di condoglianze.[4]

Opere: traduzioni, curatele, saggi, lettere[modifica | modifica wikitesto]

Considerato da molti intellettuali come "una delle promesse della letteratura italiana contemporanea", uscirono, quasi tutte postume, poche sue opere:

Carte personali[modifica | modifica wikitesto]

Presso l'Archivio centrale dello Stato a Roma, nel 1988 sono state depositate dalla famiglia le sue carte, con il vincolo di segretezza, sciolto poi nel 2012[5].

Da una cantina della famiglia Pintor sono poi riemersi, solo nei primi anni 2000, vari scritti che fanno parte dell'officina artistica del giovane intellettuale: un dramma filosofico teatrale in due atti intitolato Tempo perduto, composto dai 'Dialoghi sulla vita di un uomo', probabilmente scritto nel 1941, dove è la morte a dominare sulla scena, non come prodotto dell'azione, sostituita qui da un dialogo in un salotto, ma come evento in tragica connessione con la vita, e una riduzione cinematografica de La figlia del capitano di Puškin, la quale non piacque al regista Mario Camerini. Da una cassa, a lungo conservata dal nipote Giaime junior, è emersa la traduzione inedita de La dittatura di Carl Schmitt, della quale si aveva notizia, ma risultava irreperibile; testimonianza della poliedricità del lavoro di Pintor, era pensata per la nuova collana di Diritto e Politica, progettata assieme a Cesare Pavese.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ dalla lettera-testamento datata Napoli 28 novembre 1943, diffusa dapprima clandestinamente e in seguito pubblicata dall'editore Einaudi nel 1946. Ora in Il sangue d'Europa, Einaudi, 1965
  2. ^ Ruggero Zangrandi, p. 129.
  3. ^ Con Pintor e Vittorini, su st.ilsole24ore.com.
  4. ^ a b c d Mauro Canali, Il mito del 'compagno Giaime Pintor' tra Pci e servizi segreti inglesi, in Nuova storia contemporanea, 2007
  5. ^ Giaime Pintor, su Archivio centrale dello stato. URL consultato il 19 marzo 2017.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mirella Serri, I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte. 1938-1948, Corbaccio, 2009
  • Maria Cecilia Calabri, Il costante piacere di vivere. Vita di Giaime Pintor, UTET 2007
  • Monica Biasiolo, Giaime Pintor und die deutsche Kultur: Auf der Suche nach komplementären Stimmen, Heidelberg: Winter 2010, ISBN 978-3-8253-5717-7
  • Monica Biasiolo, „Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini. Literarische und politische Wege von gleichgesinnten Intellektuellen in der Zeit des Zweiten Weltkrieges: Giaime Pintor“, in: G. Seybert (éd.), «Götzendämmerung», «Crépuscules des idoles», «Fall of the idols». Réactions littéraires, artistiques et intellectuelles à la Seconde Guerre Mondiale, Frankfurt a.M./Zürich: Peter Lang, pp. 443–463.
  • Arnaldo Bocelli, Giaime Pintor e la letteratura della Resistenza, Edizioni Salvatore Sciascia, Collana Lo Smeraldo 1958
  • Giovanni Falaschi (a cura di), Giaime Pintor e la sua generazione. Testimonianze di Norberto Bobbio, Paolo Bufalini, Filomena D'amico, Aldo Garosci, Antonio Giolitti, Laura Lombardo Radice, Gastone Manacorda, Aldo Natoli, Geno Pampaloni, Plinio e Lia Pinna Pintor, Luigi Pintor, Edgardo Sogno, Manifestolibri, 2005
  • Mirella Serri,Il breve viaggio. Giaime Pintor nella Weimar nazista, Marsilio, 2002
  • Mauro Canali, Il mito del 'compagno Giaime Pintor' tra Pci e servizi segreti inglesi, in Nuova storia contemporanea, 2007
  • Monica Pacini (a cura di), Da casa Pintor un'eccezionalità borghese: lettere familiari, 1908-1968, Viella 2011
  • Aldo Brigaglia, Giuseppe Podda Giaime Pintor. Una vita per la libertà, Tema 2006
  • Carteggio Gentile-Pintor, Archivio di Stato
  • Ruggero Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Feltrinelli, Milano, 1962

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