Jacopo Paladini

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Giacomo Paladini)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Jacopo Paladini
arcivescovo della Chiesa cattolica
 
Incarichi ricoperti
 
Nato1349 a Teramo
Nominato vescovo11 ottobre 1391 da papa Bonifacio IX
Elevato arcivescovo24 marzo 1400 da papa Bonifacio IX
Deceduto1417
 

Jacopo Paladini, noto anche come Jacopo/Giacomo Palladini o Giacomo da Teramo o Ancarano o Denterrano[1] (Teramo, 13491417), è stato un arcivescovo cattolico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Membro della nobile famiglia Paladini, nacque a Teramo nel 1349, studiò diritto a Padova e prese i voti religiosi. Nel 1382 era arcidiacono in Aversa, dove godeva di un canonicato, quando terminò il manoscritto della sua opera più importante, il Belial. Nello stesso anno papa Urbano VI visitava quella diocesi e la competenza in materia canonistica e, in generale, giuridica del Paladini non dovette passare inosservata, tanto che ebbe una rapidissima e importante carriera presso la curia romana.

Fu dapprima nominato Cubicularius, scrittore della penitenzieria e registratore dei Brevia presso la cancelleria pontificia. Nel 1391 Bonifacio IX lo elesse vescovo di Monopoli. Nel 1400 fu promosso arcivescovo di Taranto e l'anno successivo fu trasferito a Firenze, avvicendandosi con Alamanno Adimari, poco gradito ai fiorentini. Tuttavia, finché fu in vita Bonifacio IX, suo mentore, non lasciò mai la Curia romana, nonostante i ripetuti inviti dei fiorentini. Anche Coluccio Salutati nel 1403 gli indirizzò un'epistola[2], nella quale loda un sermone del vescovo, ricco di dottrina ed erudizione, auspicando di poter leggere anche il suo sermone sulla "fine del mondo", di cui aveva udito parlare con gran lode. Nel 1404, essendo papa Innocenzo VII, si trasferì finalmente a Firenze e nel 1409 intervenne al concilio di Pisa, dove fu tra i firmatari della deposizione di Papa Gregorio XII, favorendo l'elezione di Alessandro V. Nello stesso anno dovette fronteggiare (con successo) un'accusa di eresia per un suo scritto, Somnium Nabugodonosor sive Statua Danielis, di cui si sono perse le tracce e nel quale elaborava una tesi millenaristica molto legata alle vicende del suo tempo[3]. Nel 1410 fu trasferito da Alessandro V a Spoleto, dove rimase fino al 1417 (anno della sua morte), nonostante i tentativi condotti da Gregorio XII - che gli era ostile - di privarlo dell'episcopato[4].

Secondo Ferdinando Ughelli[5] nello stesso 1417 sarebbe stato nominato nunzio apostolico in Polonia, ma Angelo Mercati ha ritrovato la bolla di nomina - datata 6 febbraio 1419 - e ha potuto dimostrare trattarsi di un altro Giacomo (da Campi)[6].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Belial[modifica | modifica wikitesto]

Il Liber Belial (o Consolatio peccatorum) ha per soggetto un processo intentato dal diavolo a Gesù. In esso l'autore, pur investendo questioni teologiche e risentendo delle vicende politiche del tempo (era in corso lo scisma d'Occidente), dette sfoggio delle sue conoscenze forensi offrendo al lettore una chiara esposizione del processo civile in tutte le sue fasi. Proprio per il suo contenuto giuridico, che ne fa un vero e proprio manuale di diritto processuale medievale, il libro diverrà uno dei più tradotti e stampati in Europa, tra XV e XVI secolo[7], ma venne poi messo al bando dal Concilio di Trento già nella prima edizione dell'Indice dei libri proibiti nel 1559[8], per poi essere liquidato come empio, farsesco o bizzarro da numerosi detrattori. Solo nel XXI secolo si segnalano contributi tesi a una rivalutazione dell'opera e al suo esatto inquadramento nell'ambito della pubblicistica del Medioevo.

L'autore immagina che i diavoli, dopo la discesa di Gesù agli inferi, non accettino di buon grado la liberazione delle anime dei Patriarchi e intentino un'azione giudiziaria nei confronti del Risorto. Satana si appella alla giustizia divina e, conferita la procura a Belial, ottiene la possibilità di avviare una causa giudiziaria, che viene seguita in tutte le sue fasi: dal giudizio di primo grado, presieduto da Salomone, a quello di secondo grado tenutosi davanti al patriarca Giuseppe e, infine, all'esame dell'intera controversia da parte di un collegio arbitrale composto da Isaia, Geremia, Ottaviano e Aristotele.

È evidente nell'opera l'allegoria con le vicende storiche del tempo: la discesa di Gesù agli inferi e la liberazione dei Patriarchi costituiva la metafora della fine della cattività avignonese e del ritorno del papato a Roma (1378), con la conseguente reazione degli "avignonesi" (i demoni), rappresentati dall'antipapa (Satana). La soluzione indicata dal Paladini per risolvere la controversia tra Satana e Gesù, ossia la remissione a un collegio arbitrale super partes, sarà proprio quella adottata per risolvere lo scisma d'Occidente, con la convocazione di un Concilio – prima a Pisa (1409), ma senza successo, e poi a Costanza - che ottenne nel 1417 le dimissioni del papa romano Gregorio XII, depose l'antipapa avignonese Benedetto XIII e quello dell'obbedienza pisana Giovanni XXIII, ed elesse al soglio pontificio papa Martino V.

Altre opere[modifica | modifica wikitesto]

Delle altre opere di Jacopo Paladini, rimaste manoscritte, ci sono pervenute[9]:

  • un trattato, scritto nel 1387, diretto a dimostrare l'autorità monarchica del Papa (Monarchialis, id est de Pontificis Romani Monarchia Lib. I)[10],
  • una summa per confessioni in dodici libri (De Remediis Conversorum Libri XII)[11],
  • un trattato intitolato Exhortans Iudaeos, ut doctrinam christianam amplecatur[12].

Al vescovo teramano sono infine attribuite altre opere, che però non ci sono pervenute:

  • il già citato libro di profezie Somnium Nabugodonosor sive statua Danielis, per il quale il Paladini era stato accusato di eresia e che forse è menzionato nel processo contro Giovanni Huss[13], a meno che - come ritengono alcuni autori[14] - l'eretico boemo non avesse citato un passo tratto proprio dal Belial[15],
  • un commentario al primo libro delle Clementine (In Clementinis Lib. I),
  • un commentario sulle sentenze di Pietro Lombardo (In libros Sententiarum commentarius ).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Così è stampato il suo nome in alcune edizioni delle sue opere, ma sia "Ancarano", sia "Denterrano" appaiono chiaramente come letture errate dei manoscritti di riferimento, anche perché la maggioranza delle edizioni riporta la dicitura "da Teramo", che dunque deve considerarsi corretta.
  2. ^ Epistolario, libro XIII, ep. 9, su archive.org. URL consultato il 22 gennaio 2012..
  3. ^ In questo libro, sulla scorta delle profezie di Daniele, l'autore sosteneva che con la fine delle persecuzioni dei cristiani (309 d.C.), il Diavolo era stato ridotto in cattività per mille anni. Ma al termine di quel periodo, Satana avrebbe dato vita alla corte di Avignone fino al 1409 o 1410, quando sarebbe venuto il figlio di Dio e sarebbe stato instaurato il suo Regno fino al 2300 (A. Mercati, op. cit., pp. 160-164).
  4. ^ Fu [...] Jacopo Palladini, da Teramo, trasferito a questa dalla fiorentina chiesa per volontà di Alessandro V confermata dal successore pontefice Giovanni XXIII. Ma quando Gregorio XII fu deposto nel concilio di Pisa, sorse anche in questa chiesa uno scisma. Gregorio, volendo tenere tuttavia la pontificia autorità, depose il vescovo Jacopo, che gli era contrario, ed elesse invece di lui Nicolò Vivari. Ambidue cominciarono allora a litigare per lo possedimento legittimo della sede spoletana, ed ambidue si appellarono al concilio di Costanza. Ma la morte di Jacopo accomodò intanto ogni cosa: il concilio confermò l'elezione di Nicolò Vivari, ed egli, nel 1417, entrò quindi legittimamente al possesso della sua sede. (Giuseppe Cappelletti, Le Chiese d'Italia, vol. IV, Venezia, 1846, pp. 364-365).
  5. ^ F. Ughelli, Italia Sacra, vol. I, Venezia 1717, p. 1267
  6. ^ A. Mercati, op. cit.
  7. ^ Nel solo XV secolo si contano dieci edizioni in lingua latina, una in fiammingo, otto in francese e diciannove in tedesco (tra le quali vi è la più antica in assoluto, pubblicata a Bamberga nel 1464). Delle edizioni pubblicate in Italia, esistono copie di due edizioni in latino (una stampata a Vicenza nel 1506 e una a Venezia nel 1533, quest'ultima ristampata nel 1985 a cura di Angelo Lettieri) e una edizione in volgare italiano, stampata a Venezia nel 1544. Numerosi anche i manoscritti, di cui solo in lingua tedesca se ne contano ben 99 (fra i quali due sono in Italia, presso la Biblioteca Apostolica Vaticana). In Italia sono stati individuati anche due manoscritti in latino, entrambi databili intorno alla metà del XV secolo, uno presso la biblioteca del Sacro Convento di Assisi, e l'altro presso la biblioteca Ambrosiana di Milano (F. Mastroberti, S. Vinci, M. Pepe, op. cit., pp. 19-21).
  8. ^ Index librorum prohibitorum SS. Domini Nostri Gregorii XVI Pontificis Maximi, Monteregali 1852, p. 262.
  9. ^ (DE) Iacobus da Teramo sul sito Web dell'Università di Ratisbona.
    P. Marchand, Dictionnaire historique, La Haye, Pierre De Hondt, 1759, p.117
  10. ^ Un manoscritto è conservato a Praga: NK, adlig. 44 D 2 (Truhlář 2811) e, secondo N.Palma (op. cit., pag.45), esiste una copia manoscritta anche nella biblioteca del capitolo di Magonza.
  11. ^ Manoscritto conservato a Londra: Brit. Libr., Royal 7 A VII.
  12. ^ Manoscritto conservato a Praga: Universitätsbibl. 1811.
  13. ^ Secondo una delle accuse, dopo che il papa dell'obbedienza pisana Alessandro V aveva condannato le dottrine eretiche di Giovanni Wycliffe, maestro spirituale di Giovanni Huss (20 dicembre 1409), lo stesso Huss avrebbe predicato al popolo in volgare: "Guardate! È compiuta la profezia di Giacomo da Teramo, secondo cui nell'anno del Signore 1409 si sarebbe eretto il persecutore del Vangelo, delle Epistole e della fede in Cristo". (M. Spinka, John Hus at the Council of Constance, Londra, 1965, pag. 267).
  14. ^ Francescantonio Zaccaria, Storia polemica delle proibizioni de' libri, Roma, Salomoni, 1777, pag. 127; Émile Roy, Le Jour du jugement: mystere français sur le grand schisme, Paris, Bouillon, 1902, pag. 120, nota 1.
  15. ^ Così si legge al cap. 59 (pag. 117) dell'edizione italiana: Dalla desolatione del tempio Giudaico per fina alla potentia infernale secondo Daniele propheta, cap. 21, saranno anni 1290, i quali sono negl'anni di Christo 1364, come di sopra è ditto più chiaramente. Et dureranno per fina anni [...] del nostro Signor Giesu Christo 1409, infra i quali anni quella potentia infernale metterà antichristo nella chiesa di Christo et il suo vicario per Re temporali anni nuove, i quali compiti regnerà antichristo nella chiesa di Christo, et possederà quella contro il vero vicario di Christo anni tre e mezzo, et con grave persecutione serà sparso come acqua il sangue del populo santo et d'i sacerdoti...

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Niccola Palma, Storia ecclesiastica e civile della regione più settentrionale del Regno di Napoli, V, 1ª edizione, Teramo, Ubaldo Angeletti, 1835-36, pp. 42-47. URL consultato il 1º luglio 2011.
  • Angelo Mercati, Un vescovo fiorentino del primo Quattrocento millenarista, in “Rivista di Storia della Chiesa in Italia”, 1948, II, pp. 157–165.
  • La chiesa fiorentina, Curia arcivescovile, Firenze 1970.
  • F. Mastroberti, S. Vinci, M. Pepe, Il Liber Belial e il processo romano-canonico in Europa tra XV e XVI secolo, Bari, Cacucci, 2012.
  • M. Pepe, Iacopo da Teramo e il trattato De monarchia mundi. Una costruzione teocratica negli anni dello scisma, Napoli, Editoriale Scientifica, 2020.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Vescovo di Monopoli Successore
Pietro V Caffarino 11 ottobre 1391 – 24 marzo 1400 Marco da Teramo
Predecessore Arcivescovo metropolita di Taranto Successore
Bartolomeo d'Aprano 24 marzo 1400 – 16 novembre 1401 Alamanno Adimari
Predecessore Vescovo di Firenze
(titolo personale di arcivescovo)
Successore
Alamanno Adimari 16 novembre 1401 – 18 luglio 1410 Francesco Zabarella
Predecessore Vescovo di Spoleto
(titolo personale di arcivescovo)
Successore
Agostino Cacciaguerra 18 luglio 14101417 Nicola Viviani
Controllo di autoritàVIAF (EN59133273 · ISNI (EN0000 0000 6121 1814 · SBN CFIV129474 · BAV 495/2766 · CERL cnp00981805 · LCCN (ENn90665019 · GND (DE118711202 · BNE (ESXX1767126 (data) · BNF (FRcb122157720 (data) · CONOR.SI (SL232222051 · WorldCat Identities (ENlccn-n90665019