Francesco Saverio Nitti

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«L'Italia è il Paese meno rivoluzionario al mondo, l'unica nazione che non ha mai attraversato una vera rivoluzione in tutta la sua storia»

Francesco Saverio Nitti (Melfi, 19 luglio 1868Roma, 20 febbraio 1953) è stato un politico italiano. Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d'Italia dal 23 giugno 1919 al 15 giugno 1920, più volte ministro. Fu il primo Presidente del Consiglio proveniente dal Partito Radicale Storico nonché il primo ad essere nato cittadino del Regno d'Italia anziché di uno degli stati preunitari. Ricoprì un ruolo politico decisivo nel corso della prima guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra. Fu grande meridionalista e come tale individuò nell'industrializzazione del Mezzogiorno la strada per la soluzione dei problemi economici e sociali dell'area.

Biografia

Giovanissimo, sotto l'influenza di Giustino Fortunato, esordì proprio con una serie di saggi sulla "Questione meridionale", tra cui uno, molto importante, dedicato all'emigrazione. Affrontò poi il tema dello sviluppo industriale di Napoli e quello dell'utilizzazione e della valorizzazione delle risorse naturali presenti nel territorio meridionale, con particolare riferimento alla sua terra di origine, la Basilicata, e inoltre propose molte leggi speciali per il progresso del Meridione. Proprio su questa materia elaborò un programma organico ed innovativo di solidarietà sociale e di interventi per l'espansione delle forze produttive.

Francesco Saverio Nitti non fu solo un grande meridionalista: altrettanto rilevanti sono i suoi studi sull'economia italiana e sui destini delle democrazie in Europa. Egli fu infine, e soprattutto, un uomo politico ed uno statista tra i più importanti del suo tempo, in Italia ed in Europa. In questa veste Nitti seppe elaborare un progetto di riforme delle istituzioni dello Stato capace di renderle più adeguate ad una società capitalistica moderna, facilitando l'avvento di una nuova e più dinamica classe dirigente. All'interno di tale progetto una più giusta politica del lavoro ricopriva certamente un ruolo decisivo.

Durante la Prima Guerra Mondiale, dopo il disastro di Caporetto, il suo impegno come ministro del Tesoro del governo Orlando fu tra i fattori determinanti il ristabilimento nel paese di un clima di fiducia, indispensabile alla ripresa militare e quindi alla vittoria. Dopo la guerra seguì le vicende del trattato di pace intravedendo le conseguenze drammatiche per il futuro dell'Europa provocate dall'eccessiva chiusura dei paesi vincitori (compresa l'Italia) in difesa degli interessi nazionali.

In veste di Presidente del Consiglio, fra il 1919-1920, si oppose in particolare allo smembramento della Germania e alla politica delle riparazioni imposte a quel paese dal Trattato di Versailles. Avversò poi tenacemente il fascismo ed ogni spinta nazionalistica tentando di contrastare la crisi dello Stato Liberale e di scongiurarne la fine.

All'avvento del regime si ritirò nella sua villa di Acquafredda (Maratea) dove compose una trilogia sull'Europa. Tornato a Roma nel 1923, fu indotto a prendere la via dell'esilio anche a seguito della devastazione della sua casa nel quartiere Prati da parte delle squadracce fasciste. Si recò prima a Zurigo e poi a Parigi dove, per 20 anni, svolse una intensa attività antifascista ed elaborò il saggio La Democrazia. Quest'opera fu forse il suo capolavoro e costituisce, ancora oggi, una rilevante testimonianza della cultura politica liberal-democratica del nostro Paese.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e il ritorno alle istituzioni democratiche, rientrò in Italia e si riaffacciò sulla scena politica. Lucidissimo ma affetto da gravi problemi di deambulazione, non ricoprì incarichi ministeriali, sebbene nel 1945 fu sul punto di essere incaricato di formare un governo di unità nazionale. Membro della Consulta Nazionale dal 1945 al 1946, deputato all'Assemblea costituente dal 1946 al 1948, senatore di diritto dal 1948 al 1953. Nella primavera del 1952 fu a capo di un cartello elettorale formato dai partiti laici e di sinistra, che si presentò alle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Roma contro la Democrazia Cristiana. Fu anche tra gli ispiratori del movimento politico Alleanza Democratica Nazionale, che alle elezioni politiche del 1953 contribuì in modo decisivo a impedire l'attribuzione alla Democrazia cristiana e ai suoi alleati del premio di maggioranza previsto dalla cosiddetta "legge truffa".

Aveva sposato Antonia Persico, figlia del giurista Federico Persico (1829-1903). Dall'unione nacquero cinque figli: Vincenzo, Giuseppe, Maria Luigia, Federico e Filomena. Federico, morto in giovane età, divenne un brillante farmacologo. Anche Filomena fu una ricercatrice biologa, collaborando col marito Daniel Bovet, premio Nobel per la medicina nel 1957. Francesco Fausto Nitti era un suo pronipote. Morì a Roma, nella sua casa nel centro storico, il 20 febbraio 1953.

Aneddoti

Dotato di uno spirito caustico, Nitti aveva il dente avvelenato nei confronti degli uomini politici della sua generazione che, a causa dei loro cedimenti, avevano finito per favorire l'avvento del regime fascista, e che nel Dopoguerra rivendicavano un ruolo politico. In particolare ce l'aveva con Vittorio Emanuele Orlando, sulla cui lucidità intellettuale nutriva forti riserve. Non correva, naturalmente, neanche buon sangue tra lui e d'Annunzio. Il suo monito ricorrente ai deputati più giovani era: "dovete guardarvi dalla vanità dei vecchi". E a proposito di Emilio Colombo, che all'epoca aveva 26 anni e sulla cui carriera politica nessuno avrebbe scommesso, diceva: "È un colombo che volerà".

In seguito alla sua politica nei confronti di Fiume e della Reggenza creata da D'Annunzio nella città quarnerina, il Vate soprannominò Nitti con l'oltraggioso epiteto di "Cagoja".

Scritti

Tra le sue opere vanno ricordate:

  • “L’emigrazione italiana e i suoi avversari”, 1888
  • “Il socialismo cattolico”, 1891
  • “Nord e Sud”, 1900;
  • “L’Italia all’alba del XX secolo”, 1901
  • “La Scienza delle Finanze”,1903
  • “La decadenza dell’Europa”
  • “Le vie della ricostruzione”,1922;
  • "La pace", Gobetti, Torino 1925;
  • “Bolscevismo, fascismo e democrazia”, 1927;
  • “La Democrazia”, Laterza & Figli, 1933
  • “Meditazioni dell’esilio”, Edizioni Scientifiche Italiane, 1947;
  • “Meditazioni e ricordi”, 1953

Voci correlate

Collegamenti esterni

Note

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Predecessore Ministro degli Esteri del Regno d'Italia Successore
Tommaso Tittoni 26 giugno 1919 - 26 settembre 1919 Vittorio Scialoja
Predecessore Ministro degli Interni del Regno d'Italia Successore
Vittorio Emanuele Orlando 23 giugno 1919 - 15 giugno 1920 Giovanni Giolitti