Francesco Colombo

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Francesco Colombo
SoprannomeFranco
NascitaMilano, 26 luglio 1899
MorteLenno, 28 aprile 1945
Cause della morteFucilazione
Luogo di sepolturaCimitero Maggiore di Milano
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Bandiera della Repubblica Sociale Italiana Repubblica Sociale Italiana
Forza armata Regio Esercito
Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale
Corpo di Polizia Repubblicana
SpecialitàOrdine pubblico
Pubblica Sicurezza
Anni di servizio1918-1927
1944-1945
GradoQuestore
GuerrePrima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
Comandante diLegione Autonoma Mobile Ettore Muti
Gruppo rionale "Montegani"
"fonti nel corpo del testo"
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Francesco Colombo, detto "Franco" (Milano, 26 luglio 1899Lenno, 28 aprile 1945), è stato un militare e poliziotto italiano, questore e comandante della Legione Autonoma Mobile Ettore Muti. È ricordato per la particolare violenza e brutalità del suo comando.[1]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1918, arruolato nel Regio Esercito insieme ai "Ragazzi del '99", partecipò alla prima guerra mondiale come aviere e fu squadrista della prima ora. Dopo la conquista del potere da parte del fascismo divenne responsabile del gruppo rionale "Montegani" intitolato ad un aviatore caduto nella prima guerra mondiale.

Il delitto Garavaglia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1926 il gruppo rionale di cui Colombo era stato nominato reggente fu sottoposto ad indagine amministrativa. Le indagini, affidate all'avvocato Alessandro Garavaglia, portarono in breve tempo ad un contenzioso tra Garavaglia e Colombo circa presunte malversazioni finanziarie[2]. Il 19 settembre 1926 Garavaglia si incontrò con Colombo e Giuseppe Carbone in via Leonardo Da Vinci, ma in seguito all'accendersi di un infuocato diverbio fu ucciso a pistolettate da Carbone[3] in evidente stato di alterazione dovuto all'alcool.[4] I due si allontanarono rapidamente ma furono riconosciuti da un testimone e quindi rapidamente arrestati. Colombo, arrestato il giorno stesso, fu accusato di omicidio volontario e recluso nel carcere di San Vittore. Carbone fu arrestato ad Andora in Liguria dove era fuggito. Il 16 marzo 1927 Colombo fu prosciolto da ogni accusa[5], infatti Carbone si assunse ogni responsabilità.

Colombo il 9 aprile 1927 fu comunque espulso dal PNF. Proseguì una vita al di fuori della politica fatta di espedienti e piccoli commerci. Dichiarato fallito nel 1938, fu condannato a 6 mesi di reclusione nel 1939 per bancarotta fraudolenta e poi nel 1940 per violazione degli obblighi di assistenza famigliare.[6]

La squadra d'azione Ettore Muti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Aldo Resega.

Con la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, il 18 settembre 1943, fu costituita ufficialmente la Squadra d'Azione Ettore Muti inglobando altre quattro squadre formatesi precedentemente sotto il comando di Francesco Colombo. Le prime reclute furono arruolate tra fascisti di provata fede, a cui si aggiunse anche un variegato gruppo di detenuti per reati comuni provenienti dal riformatorio di Vittuone e dal Carcere di San Vittore.

Quando Aldo Resega, nuovo segretario cittadino del Partito Fascista Repubblicano, lo incontrò per la prima volta mentre si stava installando nei locali della federazione del P.F.R. criticò la presenza all'interno della squadra di alcuni elementi di dubbia moralità e gli chiese di operare una selezione, Colombo si rifiutò di eseguire tale ordine.[7]

Questa presa di posizione determinò la nascita di due distinte correnti nella città di Milano: quella che faceva capo allo stesso federale Aldo Resega e poi a Vincenzo Costa e sostanzialmente alla maggioranza degli iscritti al Partito Fascista Repubblicano, e quella più estremista, capeggiata dal comandante della Muti.

L'11 dicembre 1943, il direttorio del Partito Fascista Repubblicano, presieduto dal federale di Milano Aldo Resega, decise di procedere all'epurazione dalle squadre d'azione degli elementi più riottosi (di cui si decise di stendere un elenco) e di procedere poi nell'inquadrare gli altri elementi nelle file della GNR.

Il 16 dicembre, secondo una testimonianza del vice federale Vincenzo Costa, si approvò nel corso di una riunione del PFR lo scioglimento della Squadra d'Azione.[8]

Alcune azioni dei GAP milanesi portarono all'uccisione di Piero de Angeli il 17 dicembre e la mattina dopo dello stesso federale Aldo Resega, e il comando della Muti rimase sotto il controllo di Colombo e della sua Squadra, decidendo di inasprire ancor più la violenza delle loro azioni.[9]

Colombò elevò a federale di Milano Dante Boattini. Il questore Domenico Coglitore che si era dimesso in seguito all'omicidio di Aldo Resega fu sostituito con il colonnello Camillo Santamaria Nicolini. Il nuovo federale Boattini decise di non procedere più allo scioglimento della "Muti".

Il 18 gennaio 1944, su ordine di Mussolini,[10] furono arrestati il vicecomandante della "Muti" Arrigo Alemagna e l'avvocato Mistretta.[11] Ad Alemagna subentrò Ampelio Spadoni.

Comandante della Legione Autonoma Mobile Ettore Muti[modifica | modifica wikitesto]

Milano Piero Parini e Francesco Colombo presso l'Arena Civica con gli arditi della Compagnia Giovanile "Alfiero Feltrinelli"
Lo stesso argomento in dettaglio: Legione Autonoma Mobile Ettore Muti.

La Legione Autonoma Mobile Ettore Muti nacque ufficialmente il 18 marzo 1944 e Colombo fu nominato questore dal Ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi, grado corrispondente nell'esercito a quello di colonnello[12][13][14].

L'inquadramento fu preceduto da un violentissimo scontro fra Colombo (e il suo consigliere politico Boattini) e Vincenzo Costa, allora vice federale di Milano, nei giorni della sua promozione a federale[15].

Il 19 marzo 1944 Colombo partì per il Piemonte insieme ai primi scaglioni della Legione che si recavano in zona operativa (1º Battaglione “Aldo Resega”, 2º Battaglione “De Angeli” e Compagnia speciale "Baragiotta"). Costituì quindi il comando nell'ex sede della Gioventù italiana del littorio di Cuneo. Rientrò a Milano il 27 marzo lasciando il comando delle operazioni militari al tenente colonnello Ampelio Spadoni. Qui i reparti della "Muti" furono impiegati principalmente nel presidio delle principali località del cuneese e nell'attività di rastrellamento. Dopo il 28 maggio alcune compagnie furono dislocate anche nel vercellese.

Il 7 giugno in località Brossasco Colombo fu lievemente ferito nel corso di un'imboscata mentre effettuava uno dei suoi consueti giri di ispezione nel cuneese, mentre il 14 agosto assumendo direttamente il comando della Compagnia Speciale "Baragiotta-Salines" partecipò a un rastrellamento a Varzi in provincia di Pavia.

Il 10 agosto 1944, in seguito ad un attentato mai rivendicato[16], e del quale i nazifascisti accusarono arbitrariamente i GAP milanesi,[17] l’esplosione di un furgone tedesco, avvenuta in viale Abruzzi, causò la morte di sei civili ed undici feriti.[18] Pur in assenza di vittime militari, la Muti insieme a militi della Guardia Nazionale Repubblicana compose il plotone d'esecuzione con l'ordine di fucilare per rappresaglia, in piazzale Loreto, un gruppo di 15 detenuti appartenenti alla Resistenza, i cui cadaveri furono lasciati lungamente esposti per scempio e per seminare il terrore nella popolazione.[19] Il prefetto Piero Parini, che aveva inutilmente cercato di controllarne l'attività, rassegnò polemicamente le dimissioni quando non riuscì ad impedire la strage di Piazzale Loreto[20].

La fine del Reparto Speciale di Polizia Repubblicana di Koch[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Banda Koch.

Nell'autunno del 1944 la situazione a Milano diventò incandescente, a causa del conflitto su chi dovesse occuparsi delle attività di rastrellamento e degli interrogatori e torture degli arrestati, con l'arrivo a Milano del "Reparto Speciale di Polizia Repubblicana", la cosiddetta Banda Koch, in precedenza dislocata a Roma. Il ministro Guido Buffarini Guidi intervenne nel tentativo di allontanare da Milano questi ultimi, ma il tentativo fallì a causa del rifiuto di Pietro Koch di abbandonare Milano. Così il 25 settembre 1944 una compagnia della Legione Muti al comando del maggiore Luciano Folli, su ordine del questore di Milano, e per intervento diretto di Mussolini,[21] procedette all'arresto dei componenti del reparto comandato da Koch, traducendoli al Carcere di San Vittore. Il comandante del reparto Pietro Koch, quel giorno non al reparto, sfuggi momentaneamente all'arresto. Dopo lo scioglimento del reparto Koch accusò Colombo di essere "un pupazzo in mano a Varenna"[22]; industriale e finanziatore di Roberto Farinacci[23], Varenna era inoltre in stretti rapporti con Raffaele Riccardi, ex ministro delle Finanze, e Piero Parini, prefetto di Milano.

Ritirata valtellinese[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ridotto alpino repubblicano.

Negli ultimi giorni della RSI, Colombo suggerì a Mussolini di preferire il ridotto valtellinese alla fuga verso il Reich, assicurando che anche in quello i "documenti" (il presunto carteggio con Winston Churchill) sarebbero stati protetti altrettanto bene che in Svizzera[24]. Quando Mussolini lasciò Milano fu scortato anche da arditi della "Muti"[25]. Colombo, dopo aver inutilmente atteso i reparti provenienti dal Piemonte, partì per Como il 26 aprile con circa 200 legionari rimasti ancora a Milano[26] ricongiungendosi con Pavolini. Avendo perso contatto con Mussolini, nel frattempo ripartito per Menaggio, la colonna fascista stipulò un accordo con il CLN per avere libero transito, ma il mattino del 27 aprile, contravvenendo agli accordi[27], i partigiani bloccarono la strada presso Cernobbio intimando la resa. I reparti fascisti furono sciolti. Anche Colombo si risolse a sciogliere i reparti della "Muti".[28]

L'ultima spedizione[modifica | modifica wikitesto]

L'ex vice segretario del PRF Pino Romualdi e Vanni Teodorani, anch'essi a Como, furono convinti da un ufficiale del servizio segreto Alleato a raggiungere Mussolini a Menaggio per convincerlo a consegnarsi agli Alleati[29]: alla spedizione in partenza si unì anche Colombo. A garantire l'incolumità dei membri della spedizione fu Giovanni Dessy munito di un apposito lasciapassare ma a Cadenabbia l'auto incappò in un posto di blocco partigiano ove Colombo venne riconosciuto. Nonostante Dessy mostrasse il suo ordine di missione[30], esso non venne preso in considerazione e gli occupanti delle vetture furono arrestati[31] e portati a San Fedele Intelvi. Qui Dessy riuscì a far rilasciare Romualdi che non era stato riconosciuto. Colombo viceversa fu trattenuto per due giorni poi il 28 aprile fu condotto a Lenno e sommariamente fucilato. La sua tomba oggi si trova nel campo 10 del Cimitero Maggiore di Milano, dove sono sepolti i caduti della RSI.

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Nel film del 1974 Mussolini ultimo atto, diretto da Carlo Lizzani, Colombo è interpretato da Franco Balducci.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana: Settembre 1943-maggio 1945, Feltrinelli Editore, 19 maggio 2022, ISBN 978-88-588-4788-6. URL consultato il 20 maggio 2023.
  2. ^ Gianni Oliva, L'ombra nera - le stragi nazifasciste che non ricordiamo più- Mondadori 2007
  3. ^ Massimiliano Griner, La pupilla del Duce, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pag. 41: "...il Carbone estrae la pistola e spara tre colpi, due dei quali colpiscono in pieno il Garavaglia."
  4. ^ Massimiliano Griner, La pupilla del Duce, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pag. 41:"all'incontro con il Garavaglia è andato armato, è palesemente "in stato di eccitazione per soverchie libagioni""
  5. ^ Roberto Occhi, Storia della Legione Mobile "Ettore Muti", Ritter edizioni, Milano, giugno 2002, pag. 18
  6. ^ Massimiliano Griner, La pupilla del Duce, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pag. 76
  7. ^ Vincenzo Costa, "L'ultimo federale" memorie della guerra civile 1943-1945, Edizioni Il Mulino, 1997 pag. 41.
    «Quando Garibaldi partì da Quarto per andare a liberare l'Italia non chiese ai suoi garibaldini di presentare all'imbarco sul Rubattino il certificato penale...Eppure fece l'Italia! Io, che tu definisci un balordo, con i miei balordi, farò piazza pulita dai traditori, dai gerarchi vigliacchi, dall'antifascismo...Li hai visti i gerarconi di allora aderire al nuovo fascismo repubblicano? No!... quelli non ci sono più: hanno tradito! Ma ci siamo noi ora, stà tranquillo, Resega, che ce la faremo! Tutti i giorni ci ammazzano e tu vuoi che si faccia la fine del topo? Quali forze abbiamo che facciano rispettare le nostre vite, le nostre famiglie e le nostre case? Ora provvederà lo squadrismo milanese!»
  8. ^ Vincenzo Costa, "L'ultimo federale" memorie della guerra civile 1943-1945, Edizioni Il Mulino, 1997 pag. 54.
    «Resega aveva presentato un elenco di elementi dal passato turbolento, già espulsi dal vecchio partito e tra quelli da eliminare dalla vita politica del nuovo partito erano nomi noti, tra i quali Alemagna, vice comandante della squadra Muti, e l'avvocato Mistretta. Anche il capo della squadra politica aveva redatto un simile elenco che in qualche caso coincideva con quello di Resega. Lo scioglimento delle squadre d'azione avrebbe provocato certamente la ribellione di alcuni loro componenti, che avrebbero visto nei provvedimenti un cedimento che lasciava campo libero agli antifascisti; il questore Coglitore assicurò al ministro degli Interni che l'arresto dei designati all'epurazione sarebbe avvenuto da mezzanotte all'alba del 19 dicembre con un'operazione simultanea.»
  9. ^ Roberto Occhi, "Storia della Legione Mobile "Ettore Muti"", Edizioni Ritter, 2002, pag. 89.
    «Da oggi noi squadristi prenderemo il comando di Milano; basta con la bontà, con la generosità: qui ci fanno fuori tutti!»
  10. ^ Vincenzo Costa, "L'ultimo federale" memorie della guerra civile 1943-1945, Edizioni Il Mulino, 1997 pag. 69:"Mi assicurò che il duce avrebbe proceduto a epurazioni nello squadrismo milanese con provvedimenti che egli esigeva fossero attuati rapidamente...Quello stesso giorno, mentre la squadra Muti stava facendo colazione alla mensa allestita nei locali della casa di via San Maurizio, giunsero tre automobili della "polizia presidenziale" per arrestare l'avvocato Mistretta e lo squadrista Alemagna, che furono immediatamente trasferitia Lumezzane e confinati in un albergo..."
  11. ^ Roberto Occhi, "Storia della Legione Mobile "Ettore Muti"", Edizioni Ritter, 2002, pag. 30
  12. ^ Massimiliano Griner, La pupilla del Duce, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pag. 67: "La posizione di questore era, almeno da un punto di vista amministrativo, parificata a quello di colonnello"
  13. ^ Roberto Occhi, "Storia della Legione Mobile "Ettore Muti"", Edizioni Ritter, 2002, pag. 33:Franco Colombo, che sotto il profilo amministrativo viene nominato dal Ministro degli Interni Questore di 1 classe, viene equiparato militarmente al grado di colonnello".
  14. ^ Pierangelo Pavesi, "Erano fatti così", Ma. Ro. Editrice, 2005, pag. 76:"Francesco Colombo fu nominato questore dal Ministero degli Interni, grado equivalente a quello militare di colonnello; il suo vice, Ampelio Spadoni, vice questore, quindi tenente-colonnello".
  15. ^ Alcuni episodi della vasta aneddotica su Colombo sono stati raccontati da Giorgio Pisanò in Storia delle Forze Armate della RSI, Edizioni FPE, Milano, 1967.
  16. ^ Saevecke Theodor Emil - Difesa.it, su www.difesa.it. URL consultato il 20 maggio 2023.
  17. ^ Massimo Castoldi, Piazzale Loreto: Milano, l'eccidio e il «contrappasso», Donzelli Editore, 26 ottobre 2020, ISBN 978-88-5522-154-2. URL consultato il 20 maggio 2023.
  18. ^ Nel verbale della Guardia Nazionale Repubblicana, reperibile nell'Archivio centrale dello Stato, Fondo Gnr, c. 36, f. VII, sf. 8., si legge: «Oggetto: Attentato terroristico. Milano, li 8/8/1944. Ore 8,15 di oggi in viale Abruzzi all'altezza dello stabile segnato col N° 77 scoppiavano due ordigni applicati ad opera d'ignoti all'autocarro germanico con rimorchio targa W.M. 111092 li sostante dalle ore 3 di stamane e affidato all'autiere caporal Maggiore Kuhn Heinz, che dormiva nella cabina di guida. Decedute 6 persone e precisamente: 1- Zanini Edoardo di Pietro anni 31 - domiciliato a Milano- via Rusco N° 8 2- Giudici Giuseppe fu Carlo anni 60 - domic. a Milano v. Nicola De Puglie 3- Zanicotti Giuseppe fu Angelo anni 28 - dom. Milano via Gran Sasso 2 4- Brioschi Primo - domiciliato a Mezzago, v. del Pozzo 7 5- Moro Gianfranco fu Leonida anni 19 dom. Como, v. Chiesa d'Abbate 4 6- La sesta è una donna età apparente anni 35 priva di documenti Feriti [sic] 11 persone e precisamente: 1- Milanesi Riccardo di Amedeo anni 17 via Baldarino 30 - Ric. Osped. di Niguarda 2- Castoldi Luigi di Carlo anni 29 - Monza, via Lecco 69 3- Brambilla Ettore di Riccardo anni 48, v. Gran Sasso 5 idem 4- Terrana Giorgio fu Sante anni 26, corso Buenos Aires 92 idem 5- De Ponti Ferruccio fu Luigi anni 28, v. Accademia 53 idem Feriti medicati e ritornati ai loro domicili 6- Passera Umberto fu Giuseppe, anni 51 - v. Friuli 65 - Milano 7- Passera Guido fu Giuseppe, anni 46 - v. Friuli 65 - Milano 8- Abbia Arnaldo fu Francesco, anni 29, corso Buenos Aires 25 - Milano 9- Cattaneo Luigi fu Giovanni, anni 14, viale Monza 9 - Milano 10- Robbiati Achille fu Carlo, anni 48 - viale Abruzzi 84 - Milano 11- Capol. [sic] Magg. Kuhn Heinz, ferito leggermente alla guancia destra
  19. ^ Massimiliano Griner, La pupilla del Duce, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pag. 173: "Quindici membri della Resistenza erano stati fucilati da un plotone misto costituito da arditi della Muti e da militi della GNR"
  20. ^ Storia della Guerra Civile in Italia 1943-1945 - 3 vol. (quinta ed. Eco Edizioni, Melegnano, 1999 - prima ed. Edizioni FPE, Milano, 1965)
  21. ^ Pierpaolo Battistelli, Andrea Molinari, Luca Pastori, Stefano Rossi, Soldati e battaglie della seconda guerra mondiale - Legione Autonoma Mobile Ettore Muti, Edizioni Hobby & work, 1999, pag.43
  22. ^ Così in Ferruccio Lanfranchi, L'inquisizione nera, Il Nibbio, Milano, 1945
  23. ^ Così in numerose uniformi fonti, fra tutte in Giorgio Bocca, op.cit.
  24. ^ Giorgio Pisanò, op. cit.
  25. ^ Massimiliano Griner, La pupilla del Duce, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pag. 197: "Per scortare la sua autocolonna in partenza dalla prefettura era stato richiesto anche un reparto della Muti con carri leggeri al comando del tenente Rovetta"
  26. ^ Massimiliano Griner, La pupilla del Duce, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pag. 198
  27. ^ Massimiliano Griner, La pupilla del Duce, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pag. 199: "La mattina del 27, nonostante gli accordi, la colonna non poté lasciare la città"
  28. ^ Roberto Occhi, "Storia della Legione Mobile "Ettore Muti"", Edizioni Ritter, 2002, pag. 163.
    «Ragazzi, è finita. Abbiamo tenuto duro fino in fondo. Ci siamo battuti, duramente, perché nessuno pensasse che la nostra sconfitta fosse dovuta a viltà; perché l'onore è necessario ad un popolo per sopravvivere; perché l'Italia riprendesse quel posto segnato da millenni di storia. Ma ora ho il dovere di impedire inutili spargimenti di sangue. Mi hanno assicurato che quelli che non si sono macchiati di gravi reati saranno lasciati liberi. Questo è il momento più brutto della nostra vita, ma dobbiamo sopravvivere. Per il domani, una volta raggiunta la pace, vi sono speranze. Forse molte più di quanto non immaginiamo. È necessario riaffermare il valore sacro dei nostri principi, i principi del Fascismo. Dovremo denunciare i futuri falsificatori della Storia, indicandoli come dei servili mercanti. La storia della nostra Legione è stata breve ma intensa. Non disperdiamone il seme.»
  29. ^ Massimiliano Griner, La pupilla del Duce, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pag. 200: "Anche se non erano più in grado di difenderlo, forse potevano convincerlo ad arrendersi"
  30. ^ Secondo Massimiliano Griner (La pupilla del Duce, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pag. 200) "la missione avrebbe goduto dell'approvazione diretta di Raffaele Cadorna, oltre che del CLN locale."
  31. ^ La Cattura di Mussolini (Memorandum di Giovanni Dessy), su unwiredclient.blogspot.it, 25 aprile 2010.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Archivio di stato di Milano, Fondo Gabinetto di Prefettura, II versamento, cartella n. 400.
  • Luigi Pestalozza (a cura di), Il processo alla Muti, Feltrinelli, Milano 1956.
  • Luigi Borgomaneri, Due inverni un'estate e la rossa primavera. Le Brigate Garibaldi a Milano e provincia 1943-1945. Milano, 1995, Franco Angeli.
  • M. Soresina, Gli arditi della Legione autonoma mobile Ettore Muti, in G. Marcialis e G. Vignati (a cura di), Studi e strumenti di storia metropolitana milanese, "Annali 2", Istituto milanese per la storia della Resistenza e del movimento operaio, Angeli, Milano 1993.
  • Enciclopedia della resistenza e dell'antifascismo, La Pietra.
  • Istituto storico dell'età contemporanea, Sesto S. Giovanni, Fondo Fontanella.
  • Luca Fantini, Gli ultimi fascisti: Franco Colombo e gli arditi della Muti, Selecta edizioni 2007.
  • Roberto Occhi, Storia della Legione Mobile "Ettore Muti", Ritter edizioni, Milano, giugno 2002

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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