Forcella (Napoli)

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Forcella
Stemma del sedile di Forcella, di ignoto scultore napoletano (XVI secolo), situato nel Museo diocesano di Napoli, che ricorda il simbolo iniziatico della «Y pitagorica», cioè una forcella raffigurante il bivio ideale tra i sentieri del vizio e della virtù,[1] trasfusa nella forma urbana dell'omonimo quartiere napoletano.[2]
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Campania
Provincia  Napoli
CittàNapoli

Forcella (Furcella in napoletano) è una zona di Napoli del centro storico, situata tra i quartieri Pendino e San Lorenzo a ridosso di via Duomo e tra Spaccanapoli e il corso Umberto I. Il nome del quartiere deriva dal suo caratteristico bivio ad ipsilon (Y) che ricorda le fattezze di una forcella.

Forcella è lo scenario del primo episodio di Ieri, oggi, domani di Vittorio De Sica, in cui Adelina (Sophia Loren), per evitare la prigione per spaccio di sigarette di contrabbando, continua a farsi mettere incinta dal marito (Marcello Mastroianni). Il film si ispirò ad un fatto realmente accaduto che fu oggetto di un'interrogazione parlamentare.

A Forcella sono anche situati il teatro Trianon, di fronte al quale si trova anche l'antichissimo Cippo a Forcella, pietre un tempo facenti parte della porta muraria di Neapolis, da cui l'espressione napoletana: «‘Sta cosa s’arrecorda ‘o Cippo a Furcella», per dire che è una cosa molto vecchia.

Tra gli anni '70 e '90 questa zona ha giocato un ruolo decisivo nelle logiche di camorra della città, quando Luigi Giuliano era il boss del clan Giuliano di Forcella. In seguito ha contribuito a lanciare un urlo alla non-camorra il prete napoletano don Luigi Merola della vicina chiesa di San Giorgio Maggiore. Con gran coraggio e diplomazia, dando dimostrazione alla delinquenza locale, alla cittadinanza e, soprattutto, ai giovani che si deve combattere per un proprio ideale e che non ci si deve mai arrendere anche di fronte a situazioni difficili.

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Il murales di "Gennaro"[modifica | modifica wikitesto]

Nel settembre 2015 è stato realizzato a Piazza Crocelle ai Mannesi il grande volto di “Gennaro”, omaggio al santo Patrono napoletano firmato dall'artista Jorit Agoch. L'opera di street art ha restituito alla città una versione contemporanea del volto di San Gennaro, ispirata, come lo stesso artista ha dichiarato,[3] ad un amico dello stesso, giovane operaio, scelto per sciogliere la santità del Santo nel corpo del popolo partenopeo. Il tratto di Jorit, ispirato ai modelli caravaggeschi, (che somiglia molto al ex boss della camorra Luigi Giuliano, padrone incontrastato del quartiere Forcella nel periodo tra gli anni '70 fino a fine anni '90) è immediatamente riconoscibile grazie allo studio del ritratto fotografico e dall'incisione del “rito pittorico”, sua firma e simbolo di appartenenza alla “Human Tribe” fondata sul principio assoluto dell'eguaglianza. A seguito del particolare fermento religioso popolare incitato dall’opera, per la prima volta nella storia dell'arte urbana, l’opera ha ricevuto una benedizione dal parroco della chiesa di San Giorgio Maggiore. Il progetto è stato curato da INWARD Osservatorio sulla Creatività Urbana e da Stefano Maria Capocelli, con il patrocinio della Eccellentissima Deputazione della Reale cappella del Tesoro di san Gennaro e del Museo del Tesoro di san Gennaro, e con il supporto tecnico del Comune di Napoli.

Palazzi storici[modifica | modifica wikitesto]

Chiese e complessi religiosi[modifica | modifica wikitesto]

Musei[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Christiane L. Joost-Gaugier, Pitagora e il suo influsso sul pensiero e sull'arte, traduzione di Pasquale Faccia, Roma, Arkeios, 2008, p. 257, SBN IT\ICCU\MOD\1498442.
  2. ^ Martin Rua, Napoli esoterica e misteriosa § 5, Roma, Newton Compton, 2017 [2015], ISBN 978-88-227-1060-4, SBN IT\ICCU\VIA\0305801.
  3. ^ Anna Laura De Rosa, Il San Gennaro operaio di Jorit per far rinascere Forcella, su La Repubblica, 16 settembre 2015. URL consultato il 18 febbraio 2024.
  4. ^ a b Palazzo Ricca e Cuomo - Fondazione Banco di Napoli, su associazionedimorestoricheitaliane.it, 23 maggio 2021. URL consultato il 18 febbraio 2024.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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