Filosofia nell'antico Egitto

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Statua di Amenhotep, figlio di Hapu, scrivente. Ritenuto uno dei più grandi sapienti della sua epoca, fu divinizzato dopo la morte. Museo di Luxor.

«Pitagora specialmente, come sembra, fu preso da meraviglia e, in tale ammirazione per quei sacerdoti [egizi], copiò il loro simbolismo e il loro insegnamento occulto, mescolando le sue dottrine con enigmi.»

Si sono conservate esigue testimonianze della filosofia nell'antico Egitto, ma esiste un dibattito circa le similitudini tra le informazioni disponibili e alcuni loro parallelismi con l'antica filosofia greca. Nonostante il parere contrario di vari studiosi[2], la posizione di maggior parte del mondo accademico è che non siano rintracciabili influenze tra la filosofia egizia e quella greca, né tantomeno indizi di un suo ascendente sullo sviluppo della filosofia occidentale od orientale[3], anche se il noto egittologo statunitense James Henry Breasted ebbe modo di scrivere:

«La tradizione greca circa l'origine egizia della propria filosofia contiene indubbiamente più [elementi di] verità di quanto si sia ammesso in anni recenti.»

Filosofi[modifica | modifica wikitesto]

I più notevoli filosofi egizi di cui si abbia oggi notizia furono Imhotep, Ptahhotep e Amenhotep[5]; si conoscono anche altri scrittori, sacerdoti o politici venerati come sapienti, fra cui Hekaib, Amenemope figlio di Kanakht, Petosiris, l'ignoto compilatore dello scritto intitolato Insegnamento di Ankhsheshonq[6] e il leggendario Sonchis di Sais (Σῶγχις ὁ Σαΐτης; menzionato solo da autori greci, cioè da Platone e Plutarco).

Ernest Board, Un'invocazione a Imhotep, il dio egizio della medicina, ca. 1912, Wellcome Library, Londra. Quest'opera mostra Imhotep già divinizzato.

Imhotep (III dinastia)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Imhotep.

Nato a Menfi nel XXVII secolo a.C., Imhotep ebbe vasta fama come architetto, astrologo, medico e visir[7]. Figlio dell'architetto Kanefer e di Khreduonkh, è ritenuto il progettatore della prima piramide, la Piramide a gradoni del faraone Djoser (2680 - 2660 a.C.[8]), della III dinastia, a Saqqara[5]: originariamente progettata come una grande mastaba tradizionale d'area quasi quadrata, Imhotep vi fece sovrapporre altre cinque mastabe, sempre più piccole. Nacque così la prima piramide egizia a gradoni[9].

Statuetta in argento di Imhotep divinizzato. Wellcome Library, Londra.

Ricoprì il ruolo di visir, la seconda carica politica del Paese, unitamente ai titoli di "Capo del Cantiere navale del re" e "Ispettore di tutte le Opere in pietra". È possibile che Imhotep compaia nel celebre Papiro Westcar, e precisamente nel racconto chiamato Cheope e il mago. Ma, essendo lacunosa la parte iniziale del papiro, il suo nome risulta mancante. Un papiro proveniente dall'antico tempio egizio di Tebtunis, risalente al II secolo a.C., riporta in scrittura demotica una narrazione su Djoser e Imhotep. Ai tempi di Djoser, Imhotep ebbe un'importanza e una fama tali da venire menzionato sulle statue del faraone nella necropoli di Saqqara.

Fu inoltre ritenuto uno dei più grandi medici dell'antico Egitto - soprattutto da parte dell'archeologo James Henry Breasted - in quanto autore di un trattato medico emancipato dal pensiero magico: il cosiddetto Papiro Edwin Smith, che contiene osservazioni d'anatomia e vari disturbi con le relative cure. La copia sopravvissuta, conservata presso la New York Academy of Medicine, fu probabilmente realizzata intorno al 1700 a.C. e riporterebbe un testo risalente a un millennio prima. Comunque, tale attribuzione rimane puramente speculativa. L'egittologo statunitense James Peter Allen ha osservato:

«I greci lo assimilarono al loro dio della medicina, Asclepio, benché, ironicamente, non ci sono prove che Imhotep fosse un medico.»

Durante la III dinastia, periodo particolarmente produttivo per la tecnica egizia, si sentì la necessità di aumentare il numero di eroi e di divinità con il crescere del numero delle arti pratiche. Tra le divinità da invocare in caso di necessità si scelse Imhotep: era possibile per i comuni mortali diventare divinità in quanto il loro ka (la parte di anima che sopravvive alla morte) poteva essere deificato[11]. Nelle numerose statuette bronzee rappresentanti il suo passaggio da semidio a dio, Imhotep presenta chiari segni delle sue origini umane: appare come un saggio seduto su un trono, privo dello scettro o della barba, elementi rappresentativi delle divinità[12].

Copia di un rilievo raffigurante Ptahhotep e sua moglie Khemerernebti, dalla loto tomba a Saqqara.

Ptahhotep (V dinastia)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ptahhotep.

Ptahhotep, come il Imhotep, fu visir del faraone Djedkara Isesi tra la fine del XXV e l'inizio del XXIV secolo a.C. Ptahhotep è noto grazie a un suo scritto d'etica e filosofia morale, intitolato appunto Massime di Ptahhotep. Quest'opera, che si ritiene sia stata compilata da suo nipote Ptahhotep Tshefi, si compone di 37 massime rivolte al figlio, Akhethotep, concernenti il comportamento da tenere in varie questioni pratiche, così come raccomandazioni d'ordine etico[13]. Ptahhotep fornisce consigli su argomenti come la devozione dovuta agli dei, la felice vita matrimoniale, il rispetto per chi non ha figli, il senso della misura, la conversazione, il rimpianto, l'avidità, il valore del silenzio, i bisogni del popolo, la condotta dei magistrati, l'imparzialità, l'indulgenza, la maldicenza, l'alimentazione, l'amicizia e, infine, la bontà[14].

Alcuni studiosi ritengono le Massime di Ptahhotep di molto precedenti il XXV secolo a.C. Ad esempio, lo storico Will Durant, vincitore del Premio Pulitzer nel 1968, nella sua monumentale The Story of Civilization in 11 volumi, ascrive questa opera al 2880 a.C., sostenendo inoltre che Ptahhotep potrebbe essere considerato il primo filosofo della storia, per aver scritto i frammenti più antichi a noi noti di filosofia morale.

Amenhotep, figlio di Hapu (XVIII dinastia)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Amenhotep (figlio di Hapu).
Statua di Amenhotep, figlio di Hapu, intento alla lettura. Museo egizio del Cairo.

Anche Amenhotep, figlio di Hapu, fu visir e un architetto, nel corso del lungo regno di Amenofi III (ca. 1388 - 1350 a.C.)[7]. Fu venerato, anche alla corte reale, come un grande sapiente, un filosofo profondo e un saggio[15]. Esperto scriba ed esegeta delle scritture sacre, devoto a Thot, il dio della conoscenza[16], fu incaricato dell'educazione della principessa reale Sitamon, dell'organizzazione del grande giubileo-sed di Amenofi III e della progettazione del Tempio di Soleb, e il Tempio di Sedeinga, dedicato alla Grande sposa reale Tiy, entrambi nell'Alta Nubia, e di parte del grande Tempio di Luxor[17]. Visse fino all'età di 81 anni[18], inconsueta all'epoca. Godette dell'onore impareggiabile di avere proprie statue esposte in diversi templi, tra cui quello di Karnak[19]; il testo di una di queste sculture - illuminante sul ruolo di intermediario tra gli uomini e gli dei assunto da Amenhotep - recita:

«Gente di Karnak, se volete vedere Amon, venite a me. Io trasmetterò le vostre richieste, sono l'interprete di questo dio. Faraone mi ha dato l'ordine di trasmettergli qualsiasi cosa sia formulata su questa terra.[20]»

L'iscrizione di un suo colosso posto in epoca tolemaica davanti a un pilone del Tempio di Karnak, invece, riporta queste parole:

«Divino discendente del Signore di Ermopoli [Thot], sensibile nel cuore, nato da Seshat [dea delle biblioteche e dell'architettura], eccellente nel suo discorso come Imhotep, figlio di Ptah, servitore di Amon. [...] Io ho ridato vita a tutto ciò che era perduto nelle parole degli dei, ho reso chiaro ciò che era celato nei libri sacri.[20]»

Addirittura, in un testo nella Cappella del villaggio operaio di Deir el-Medina, dove era molto venerato insieme a Imhotep come protettore dei costruttori, Amenhotep è così descritto:

«Il giudice supremo, colui che stabilisce le leggi, il solido muro di bronzo che circonda l'Egitto, il governatore dei templi che raccoglie doni da tutto il Paese, che parla con saggezza nell'eternità, giusto di voce, che rinnova la vita con il cuore lucido, glorifica Maat, è perfetto con i suoi eccellenti consigli, individua le malattie e davanti a lui indietreggiano i demoni che portano il male, che calibra l'efficacia delle parole magiche.[21]»

Copia di un rilievo all'interno del Tempio di Deir el-Bahari, raffigurante, da destra, Amenhotep, figlio di Hapu, seguìto dalla dea Hathor e da statue di divinità quali Ptah e Tueret.

Amenemope, figlio di Kanakht (XX dinastia)[modifica | modifica wikitesto]

Allo scriba Amenemope figlio di Kanakht, vissuto intorno al 1100 a.C., è attribuibile lo scritto noto come Insegnamento di Amenemope[22], un testo sapienziale d'epoca ramesside. Visse ai tempi della XX dinastia egizia, cioè al tramonto del Nuovo Regno, nella città di Akhmim, capitale del IX nòmo dell'Alto Egitto. La sua opera si presenta nella forma tradizionale degli insegnamenti di un padre a un figlio su come vivere con bontà e moralità ma, a differenza di buona parte dei testi simili, la materia è esplicitamente suddivisa in 30 capitoli[22][23].

L'Insegnamento di Amenemope condividerebbe alcuni temi con la letteratura sapienziale coeva in altre culture del Vicino Oriente antico come Babilonia e Israele; sono stati notati parallelismi i libri biblici quali Proverbi, Ecclesiaste e Siracide - che forse ebbero l'influsso diretto di traduzioni ebraiche dell'Insegnamento di Amenemope[24]. Il passaggio del Libro dei Proverbi che si estende tra Proverbi 22:17 e 23:11 presenta una forte somiglianza con il testo dello scriba Amenemope[25][26][27][28]. La datazione dell'Insegnamento al 1100 a.C. lo pone anteriormente alla redazione di ogni parte della Bibbia, ed egittologi come James Henry Breasted attribuisce all'opera di Amenemope una profonda influenza sull'etica occidentale e lo sviluppo della religione, dal momento che gli antichi ebrei avrebbero letto l'Insegnamento, il quale sarebbe confluito, talvolta letteralmente, in vari libri della Bibbia:

«Sembra ovvio che in numerosi altri passaggi dell'Antico Testamento, non solo nel Libro dei Proverbi, ma anche nella legge ebraica, in Giobbe, [...] in Samuele, in Geremia, la sapienza di Amenemope è una fonte di idee, immagini, norme morali, e specialmente un certo calore e un certo spirito di umana benevolenza.»

Sonchis di Sais (VII/VI secolo a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Sonchis.
Statuetta in bronzo di un sacerdote egizio del VI secolo a.C., epoca in cui sarebbero avvenuti molti contatti fra filosofi greci ed esponenti del clero egizio. Museo archeologico di Efeso.

Sonchis di Sais, detto anche Sonchis il Saita (in greco: Σῶγχις ὁ Σαΐτης) fu un sacerdote egizio menzionato in vari scritti d'antichi autori greci come relatore del mito di Atlantide. La sua effettiva esistenza storica è oggetto di dibattito. I dialoghi platonici Timeo e Crizia, scritto intorno al 360 a.C., narrano (attraverso il personaggio di Crizia[30]) dell'incontro tra il legislatore e filosofo ateniese Solone (638 - 558 a.C.), allora in viaggio in Egitto, e precisamente nella città di Sais, e un vecchissimo sacerdote della dea Neith, il quale gli avrebbe narrato che 9000 anni prima Atene era stata in conflitto con la potenza di Atlantide, ma che quest'ultima fu poi distrutta da un disastro naturale[31][32].

«Davanti a quella foce che viene chiamata, come dite, Colonne d’Eracle, c’era un’isola. Tale isola, poi, era più grande della Libia e dell'Asia messe insieme, e a coloro che procedevano da essa si offriva un passaggio alle altre isole, e dalle isole a tutto il continente che stava dalla parte opposta, intorno a quello che è veramente mare. (24E-25A) [...] In tempi successivi, però essendosi verificati terribili terremoti e diluvi, nel corso di un giorno e di una notte, tutto il complesso dei vostri guerrieri di colpo sprofondò sotto terra, e l’Isola di Atlantide, allo stesso modo sommersa dal mare, scomparve. (25C-D)»

Il dialogo di Platone non menziona il nome del sacerdote di Neith, ma Plutarco (46 - 120 d.C.), nella sua Vita di Solone, all'interno delle Vite parallele, identifica l'anziano sacerdote con Sonchis.

«[Solone] innanzi tutto giunse in Egitto, e soggiornò, come narra egli stesso, "del Nilo alle bocche, presso la sponda Canopia". Per qualche tempo si occupò di filosofia anche con Psenofi di Eliopoli e Sonchis di Sais, che erano i più sapienti dei sacerdoti; da essi udì fra l'altro, a quanto racconta Platone, la leggenda di Atlantide e si accinse a metterla in versi per farla conoscere ai greci.»

Plutarco fornisce un excursus più dettagliato dei filosofi greci che viaggiarono in Egitto e vennero in contatto con i sapienti egizi nel suo trattato De Iside et Osiride, dove narra che Talete di Mileto, Eudosso di Cnido, Solone di Atene, Pitagora di Samo, Platone (e forse anche Licurgo di Sparta) visitarono la valle del Nilo e consversarono con i sacerdoti. Eudosso sarebbe stato istruito da Chonufis di Menfi, Solone da Sonchis di Sais e Pitagora da Enufis di Eliopoli[34].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Plutarco, Diatriba isiaca e Dialoghi delfici, cur.Vincenzo Cilento, Sansoni, Firenze 1962. p. 23.
  2. ^ Bernal, Martin (1987). Black Athena: Afroasiatic Roots of Classical Civilization, Volume I: The Fabrication of Ancient Greece, 1785-1985. Rutgers University Press. ISBN 978-0-8135-1277-8.
  3. ^ Bleiberg, Edward (2005). "Ancient Egypt 2675-332 B.C.E.: Philosophy". In Bleiberg, Edward; et al. Arts and Humanities Through the Eras. Vol. 1: Ancient Egypt 2675-332 B.C.E. Detroit: Gale. pp. 182–197.
  4. ^ Breasted, J.H. : Development of Religion and Thought in Ancient Egypt, Pennsylvania University Press - Pennsylvania, 1972.
  5. ^ a b Asante, Molefi Kete (2000). The Egyptian Philosophers: Ancient African Voices From Imhotep to Akhenaten. Chicago, Illinois: African American Images. ISBN 0-913543-66-7.
  6. ^ Christian Jacq, I grandi saggi dell'antico Egitto, Mondadori, 2011, ISBN 978-88-04-60611-6.
  7. ^ a b (EN) Imhotep | Egyptian architect, physician, and statesman, in Encyclopedia Britannica. URL consultato il 28 febbraio 2017.
  8. ^ Franco Cimmino, Dizionario delle dinastie faraoniche, Milano, Bompiani, 2003 ISBN 88-452-5531-X. p.467.
  9. ^ Miroslav Verner, The Pyramids (New York: Grove Press, 1998), pp.105-39.
  10. ^ Allen, James Peter (2005). The Art of Medicine in Ancient Egypt. Yale University Press. p. 12. ISBN 9780300107289.
  11. ^ Jamieson Boyd Hurry, Imhotep, the Vizier and Physician of King Zoser and Afterwards the Egyptian God of Medicine, Londra, Oxford University Press, 1926, p. 64.
  12. ^ Hurry, p. 37.
  13. ^ Browder, Anthony (1988). Nile Valley Contributions to Civilization. Karmaic Institute.
  14. ^ Jacq (2011), pp. 29-32.
  15. ^ Cyril Aldred, Gli Egiziani, Newton & Compton, 2007, ISBN 88-541-0450-7
  16. ^ Charles Russell Coulter e Patricia Turner, Encyclopedia of Ancient Deities, Routledge, 1999.
  17. ^ Jacq (2011), pp. 92-3.
  18. ^ Margaret Bunson, Encyclopedia of Ancient Egypt, Fact on File, 2001. p. 31.
  19. ^ Jacq (2011), pp. 93-4.
  20. ^ a b Jacq (2011), p. 94.
  21. ^ Jacq (2011), pp. 95-6.
  22. ^ a b (RU) The Instruction of Amenemope, su touregypt.net. URL consultato il 1º marzo 2017.
  23. ^ Insegnamento di Amenemope (traduzione in lingua inglese), su humanistictexts.org (archiviato dall'url originale il 7 febbraio 2007).
  24. ^ Overland, Paul. "Structure in The Wisdom of Amenemope and Proverbs," in J. E. Coleson & V. H. Matthews, cur., Go to the Land I Will Show You: Studies in Honor of Dwight W. Young (Eisenbrauns, 1996), 275-291. ISBN 0-931464-91-9
  25. ^ Collins, John (2014). Introduction to the Hebrew Bible and Deutero-Canonical books. Minneapolis: Fortress Press. p. 509. ISBN 978-1-4514-8436-6.
  26. ^ Shupak, Nili. The Instruction of Amenemope and Proverbs 22:17-24:22 from the Perspective of Contemporary Research," in R. L. Troxel, K. G. Friebel, & D. R. Magary, eds., Seeking Out the Wisdom of the Ancients: Essays Offered to Honor Michael V. Fox on the Occasion of His Sixty-Fifth Birthday (Eisenbrauns, 2005), 203-217. ISBN 1-57506-105-8
  27. ^ Lichtheim, Miriam. Ancient Egyptian Literature, Volume II: The New Kingdom (University of California Press, 1976), ISBN 0-520-03615-8. pp. 146-9.
  28. ^ Ray, J. D. "Egyptian Wisdom Literature," in John Day, et al., Wisdom in Ancient Israel" (Cambridge University Press, 1997), 17-29, ISBN 0-521-62489-4.
  29. ^ James Henry Breasted, The Dawn of Conscience: The Sources of Our Moral Heritage in the Ancient World (New York: Charles Scribner's Sons, 1961), p. 371.
  30. ^ L'interpretazione tradizionale, che identifica questo Crizia con il politico leader dei Trenta Tiranni e zio materno di Platone, è stata messa in dubbio da recenti studi. Cercando di stabilire l'ipotetica data drammatica del dialogo basandosi sugli anni di nascita e morte dei personaggi citati (Crizia il vecchio, Crizia il giovane, Solone, Dropide), sorgono infatti non poche difficoltà e contraddizioni, che porterebbero a pensare che il Crizia citato qui e nel Timeo non sia il celebre tiranno e sofista, ma un omonimo, più anziano. Cfr. Platone, Timeo, a cura di F. Fronterotta, Milano 2003, p. 16, il quale sua volta cita: W. Welliver, Character, plot and thought in Plato's Timaeus-Critias, Brill, Leida 1977.
  31. ^ a b Platone, Tutti gli scritti, a cura di Giovanni Reale, Milano, Rusconi 1991, p. 1359.
  32. ^ Platone, Timeo (PDF), su vicoacitillo.it.
  33. ^ Plutarco, Vita di Solone, traduzione di Mario Manfredini, Fondazione Lorenzo Valla - Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1977. p. 79.
  34. ^ Plutarco, Diatriba isiaca e Dialoghi delfici, cur. Vincenzo Cilento, Sansoni, Firenze 1962. p. 23.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Asante, Molefi Kete (2000). The Egyptian philosophers: ancient African voices from Imhotep to Akhenaten. Chicago: African American Images. ISBN 0-913543-66-7.
  • Boyo Ockinga, Amenophis, Son of Hapu - A Biographical Sketch, The Rundle Foundation for Egyptian Archaeology Newsletter No. 18, febbraio 1986.
  • Christian Jacq, I grandi saggi dell'antico Egitto, Mondadori, 2011, ISBN 978-88-04-60611-6.
  • Intervista a Emanuele Ciampini