Federigo Tozzi

Federigo Tozzi (Siena, 1º gennaio 1883 – Roma, 21 marzo 1920) è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo e giornalista italiano. Per lungo tempo misconosciuto, è stato rivalutato solo molti anni dopo la sua scomparsa ed è ormai considerato uno dei più importanti narratori italiani del Novecento, oggetto di un'attenzione critica sempre crescente[1].
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Anni giovanili
[modifica | modifica wikitesto]Nacque a Siena il 1º gennaio 1883, da Annunziata Automi e da Federigo Tozzi, detto Ghigo.
La madre era una trovatella di origini povere, che aveva visto nel matrimonio con Ghigo la possibilità di superare la propria condizione di inferiorità sociale. La donna ebbe una una salute cagionevole: era affetta da epilessia. Figura gentile e mite, nei confronti dello scrittore ebbe sempre un affetto sincero, seppur subordinato al timore nei confronti del marito. Resterà sempre sottomessa a Ghigo, incapace di opporsi ai suoi tradimenti e alla violenza esercitata sul figlio.[2]
Il padre, un contadino del contado senese, era un uomo molto abile negli affari, ma piuttosto rude: impose al figlio il suo stesso nome, esercitando su di lui, già nel dato onomastico, una forma di predominio. Nei suoi confronti mantenne sempre un atteggiamento dispotico e violento: i suoi momenti di collera e il suo disprezzo verso la cultura provocarono molti traumi a Federigo, dotato di una forte sensibilità.[2]
Ghigo, dotato di forte senso pratico, possedeva il "Ristoratore il Sasso" presso l'Arco dei Rossi[3] e due poderi nei dintorni di Siena: grazie a tali attività era riuscito ad arricchirsi notevolmente. Non sopportava che il figlio, concepito come prolungamento della sua identità, si dimostrasse profondamento diverso da lui: il giovane Tozzi rifiutò sempre di occuparsi della trattoria e del podere, è disobbediente e indisciplinato, inadatto all'amministrazione; Ghigo non sopportava, in particolare, che il figlio perdesse tempo con la letteratura, piuttosto che aiutarlo nella gestione della trattoria e dei campi.[2]
La figura paterna ispirò numerosi personaggi delle prose dello scrittore, dai protagonisti delle novelle al cinico Domenico Rosi, genitore di Pietro, protagonista del capolavoro Con gli occhi chiusi.
Dopo la morte della madre nel 1895, il padre si risposò nel 1900; Tozzi avrebbe poi trasposto la matrigna in Luigia, personaggio de Il podere.
La formazione scolastica
[modifica | modifica wikitesto]I contatti del ragazzo con la scuola si rivelarono subito difficili e conflittuali. Tozzi frequentò la scuola elementare da privatista, in seminario e in seguito nel Collegio Arcivescovile di Provenzano, a Siena, dal quale fu allontanato per cattiva condotta nel 1895, anno in cui morì sua madre. Allora il padre, che riteneva le lezioni troppo costose, decise di iscriverlo all'Istituto delle Belle Arti. Vi trascorse tre anni piuttosto burrascosi e nel luglio del 1897 fu espulso per cattiva condotta e assenze ingiustificate. Si iscrisse in seguito alle scuole tecniche e ne frequentò i corsi a Siena e a Firenze, ma con scarso profitto.[4] Nel 1902, essendo rimandato in alcune materie per l'ammissione alla terza classe, abbandonò per sempre gli studi regolari.[5]
In quegli anni, però, pur avendo studiato in modo saltuario e molto disordinato, sviluppò un grande amore per la lettura e cominciò a frequentare la Biblioteca comunale di Siena, dove si formò una cultura aperta ai più diversi influssi, soprattutto a quelli della moderna psicologia. Dallo spoglio dei registri di lettura, risulta che Tozzi richiedesse testi di autori come Edmondo De Amicis e Francesco Petrarca, Gabriele D’Annunzio, Giosue Carducci, Ovidio, Dante, Giacomo Leopardi, Johann Wolfgang Goethe e Henrik Ibsen.[4]
Prime esperienze culturali e amorose
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1901 si iscrisse al Partito Socialista degli Italiani, dichiarandosi, tuttavia, anarchico, e strinse amicizia con l'intellettuale Domenico Giuliotti[5], al quale sarà legato per sempre per ideali politici e poetici.
L'interesse politico si spense, nel 1904, in coincidenza della guarigione da una cecità dovuta ad una malattia venerea che lo costringe all'isolamento. In seguito alla malattia, entra in crisi esistenziale; crisi che supera con la conversione religiosa. Si stacca dal socialismo e approda a posizioni reazionarie, ispirate a un cattolicesimo apocalittico e medievale.[2]
Nel 1902 lesse Principi di psicologia e Varie forme della coscienza religiosa di William James, testo che influenzò considerevolmente la composizione di Tozzi in testi come Paolo, poema in prosa il cui protagonista è un superomistico eroe sconfitto in chiave biblico-simbolista (scritto nell'estate del 1908), e Adele, romanzo pubblicato postumo a cura del figlio Glauco che tratta di giovane donna isterica, che vive rapporti conflittuali con se stessa, con i propri genitori e con l’ambiente circostante.[5]
In questi anni, iniziò il suo rapporto con una contadina alle dipendenze di famiglia, Isola, ragazza sensuale e astuta, che poco tempo dopo ritrovò a Firenze, incinta di un altro uomo.[2] La personalità della giovane donna venne poi trasposta in Ghìsola di Con gli occhi chiusi.[6] Seppur intensa, la relazione durò poco: l'attenzione di Federigo, dopo la delusione vissuta con la contadina, volse a un'altra donna.
Infatti, risale al 1902 l'inizio dell'intenso carteggio con Annalena, senhal che, Novale, la raccolta di epistole pubblicata postuma come diario intimo dell'autore, ha poi dimostrato nascondere l'identità della futura moglie di Tozzi, Emma Palagi, conosciuta tramite una corrispondenza nata su un giornale.[7] Il legame tra i due giovani fu tuttavia fortemente osteggiato dai genitori di entrambi e aggravò il pessimo rapporto tra Federigo e il padre.[2]
Le prime opere e il sessennio di Castagneto
[modifica | modifica wikitesto]L'esperienza in ferrovia, la morte del padre, le prime prove letterarie
[modifica | modifica wikitesto]Volendosi allontanare da Siena e dal dominio del padre (che nel frattempo si è sposato per la seconda volta e ha una relazione con una domestica), nel 1907 si recò a Roma cercando impiego come giornalista. Non avendo avuto fortuna, tornò a Siena e, dopo aver vinto un concorso, iniziò a lavorare nelle ferrovie, a Pontedera, dove resta dal 5 marzo al 26 aprile 1908, fino al trasferimento a a Firenze. Tuttavia, a seguito di un incidente, nella primavera del 1908 Ghigo fu colpito da un’infezione alle gambe; la sua salute si aggravò e il 15 maggio morì senza lasciare disposizioni testamentarie[8]: rientrato a Siena per tale ragione, il 30 maggio, Tozzi, libero dal disappunto del padre, sposò Emma.[9]
Erede dei beni del padre, decise di lasciare l’impiego alle Ferrovie e di trasferirsi a Castagneto per occuparsi dei possedimenti paterni, dove si stabilì con la moglie e con la matrigna, Carlotta.[10]
Tozzi liquidò immediatamente la trattoria, e il secondo podere venne venduto.[9] Difatti, l’assenza di un testamento diede adito alla famiglia di avviare una serie di contestazioni sulla spartizione ereditaria, contrasti che fecero da cornice a opere successive tozziane come L’eredità o Il podere. Le battaglie legali perse, la cattiva gestione amministrativa delle proprietà misero a dura prova le finanze di Tozzi.[8] Nonostante ciò, con il trasferimento a Castagneto, inizia il periodo che la critica è solita definire "Sessennio di Castagneto" (1908-1914), periodo che risultò cruciale per l'esistenza di Tozzi e particolarmente proficuo dal punto di vista letterario.[11]
In questi anni, Tozzi, che nelle lettere ad Annalena si era descritto come «un autodidatta privo di metodo, un rabdomante della cultura»,[12] matura tramite le letture e gli studi una vocazione letteraria drammatica, legata ai modi degli antichi[13] e profondamente influenzata dalle letture psicologiche, dagli epigoni della letteratura europea oltre che dagli scrittori italiani[14]: inizia il periodo durante il quale Tozzi si dedica a prove letterarie e scrive la maggior parte dei suoi capolavori, molte novelle ed alcune pièce teatrali.[15]
Nell'agosto del 1909 nacque il figlio Glauco. Nell’ottobre dello stesso anno, assieme ad Angelo Maria Tirabassi, si impegnò nella scrittura della commedia La Pippa, tratta da una novella di Anton Francesco Grazzini (detto il Lasca), per la raccolta Cene.[9] Il progetto prevedeva che i diritti di rappresentazione fossero equamente divisi tra i due; tuttavia, quando venne rappresentata la prima volta nell’ottobre del 1913, l’opera, il cui titolo fu cambiato in La vergine dell’Antella: tre atti boccacceschi e un prologo, recava come autore unico Tirabassi, provocando un temporaneo deterioramento dei rapporti tra i due intellettuali.[9]
Comunque, tra il 1908 e il 1910, Tozzi continuò a dedicarsi al teatro e scrisse L’eredità, Le due sorelle, La famiglia e la «novella drammatica» Il ritorno.[9]
Nel 1910 scrisse Ricordi di un giovane impiegato che, sottoposto alla rivista «Lettura», non venne pubblicato. L'opera nasce in seguito all'esperienza di Tozzi a Pontedera e Firenze. Verrà pubblicato da Borgese con il titolo Ricordi di un impiegato (dapprima in «La rivista letteraria», 1920; poi postumo, in volume, per Mondadori, Milano 1924 e 1927).[8] Protagonista di tale rielaborazione autobiografica è Leopoldo, inetto la cui condizione esistenziale è la gioventù vissuta come inettitudine che caratterizzerà tanti altri personaggi tozziani.[16]
Nel numero 12 del 15 giugno 1910 di Pagine libere, rivista ticinese, fu pubblicata la lirica A Roma e in un numero successivo In campagna.[10]
Sempre nel 1910 Tozzi conobbe Ugo Ojetti cui inviò le novelle In campagna, La madre, Assunta, Il ritorno e Primo amore che, per alcuni critici, dovrebbe costituire la prima stesura di Con gli occhi chiusi.[9]
Nel 1911 iniziò la collaborazione con la rivista «L'Eroica» sulla quale pubblicò la novella Tregua, la raccolta di aforismi Barche capovolte, Marzo (prosa sulla guerra in Libia) e due liriche.[15]
Dopo la nascita del figlio, Tozzi riprese l'amicizia con Giuliotti. Influenzato dall'opera poetica dell'amico, si dedicò alla composizione poetica e, nel 1911, pubblicò a sue spese il suo primo libro La zampogna verde, passata inosservata al pubblico.[9] Si tratta di un'opera i cui endecasillabi traducono la prorompente sensibilità di artista desideroso di espressione; necessità che fa sì che venga messa al centro la musicalità, intesa come ricerca interiore e strumento di elevazione dell’anima.[17]
L'esperienza della rivista «La Torre»
[modifica | modifica wikitesto]Con Giuliotti, nel 1913 fondò la rivista quindicinale «La Torre. Organo della reazione spirituale italiano».[9] La redazione si trovava a casa di Tozzi e i collaboratori più assidui della rivista furono lo scrittore Ferdinando Paolieri, il poeta sacerdote francese Louis Le Cardonnel, Johannes Joergensen, uno degli esponenti più significativi del simbolismo danese, Guido Battelli, scrittore versatile i cui interessi si concentrarono principalmente sulla letteratura mistica e sull’arte medievale.[18]
Sorta come tentativo di contrapporsi alle esperienze culturali avanguardiste, fu una testimonianza preziosa di una particolare mentalità diffusa in ambienti cattolici alla vigilia della prima guerra mondiale. Faceva propria, seppur con presupposti differenti, l'ansia di rinnovamento che aveva animato anche Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini all'inizio del secolo. La rivista aveva come programma la reazione spirituale italiana, che avrebbe dovuto fondarsi sulla fede e sulla tradizione cattolica; dal punto di vista letterario, si proponeva il recupero dell'arte dantesca e degli scrittori medievali per fondare una nuova letteratura nazionale.[18]
I tre animatori principali della «Torre» svolgevano ruoli diversi all’interno della rivista: Giuliotti stese il programma e mise a disposizione il capitale per la realizzazione del giornale; Tozzi si occupava della realizzazione concreta del giornale, dei rapporti con la tipografia, dell’impaginazione, della corrispondenza, della consegna delle copie ai rivenditori; Paolieri si impegnò a sostenere il giornale ne «La Nazione» della quale era già da tempo apprezzato collaboratore.[18]
Nel corso di vita della rivista cambiò sede, venendo spostata a Firenze e, in seguito a diversi problemi finanziari, la rivista cessò le pubblicazioni con il numero 2 del 21 maggio 1914. Tozzi si era già disinteressato al progetto in seguito all'improvviso trasferimento a Roma.[15]
Le opere di argomento senese
[modifica | modifica wikitesto]Di fondamentale importanza nel suo percorso di fede - riscoperta in seguito alla cecità e vissuta come qualcosa di istintivo che scaturiva dall'anima - fu la scoperta dei due santi più rappresentativi di Siena, Santa Caterina e San Bernardino. L'interesse nei confronti di tali personaggi si ascrive nel più generale interesse tozziano per la storia della sua città, che si concretizzò in diverse opere letterarie.
Tra queste, la Città della Vergine. Venne pubblicata a Genova nel 1913 dall'editore Formiggini, con xilografie di Gino Barbieri e di Ferruccio Pasqui. Il poema è dedicato alla Vergine, che Tozzi riteneva legata alla città di Siena in maniera indissolubile, superando anche l'amata Santa Caterina, protettrice della città. All'interno dell'opera, trova spazio Pia de’ Tolomei, con un cenno alla sua triste sorte di donna ripudiata.[19] Tozzi conferma una conoscenza approfondita della storia antica della città: in un passo, per esempio, Tozzi rievoca la Battaglia di Montaperti, punto fermo della narrazione mitologica senese, parte fondamentale della memoria collettiva della città.[20]
L'interesse per la città di Siena, le sue figure fondanti, le sue scrittrici e i suoi scrittori lo porterà a compilare l'antologia Antichi Scrittori Senesi, dalle origini a Santa Caterina, pubblicato da Giuntini e Bentivoglio nel 1913. Non si tratta di una semplice opera di erudizione, quanto di un documento effettivo della personalità dello scrittore.[21]
Sempre per i tipi Giuntini e Bentivoglio, nel 1915, Tozzi pubblicò un nuovo studio frutto delle sue ricerche sugli antichi scrittori senesi: Mascherate e strambotti della Congrega dei Rozzi di Siena,[6] un'opera che porta a vivere la Siena del Rinascimento e la sua cultura popolare attraverso i giochi di ragazzi, le mascherate, gli schiamazzi e gli intrattenimenti all'insegna del goliardico, influenzati dai personaggi della commedia dell'arte, narrati con uno stile ironico e coinvolgente.[22]
Iniziò anche a lavorare all'epistolario di Santa Caterina e su questo argomento pubblicherà nel 1918 Le cose più belle di Santa Caterina da Siena, in cui Tozzi seleziona alcune lettere del corpus cateriniano «per chi non ha tempo né voglia di leggerlo da cima a fondo».[23]
Altre esperienze letterarie e intellettuali
[modifica | modifica wikitesto]Sempre al primo decennio del Novecento risalgono alcune novelle tra cui La madre, Luisa (poi divenuta Storia semplice), Storia semplice, Assunta, forse uno dei suoi primissimi componimenti, e Il musicomane.[24]
Nell’estate del 1908 si dedicò alla stesura del poema in prosa Paolo e, anche se si vide rifiutare dalla rivista «La Lettura» alcuni suoi scritti,[9] Tozzi continuò a scrivere, componendo, nell’autunno di quello stesso anno, le novelle Le sorelle e La sorella.[24]
Frequentando gli ambienti letterari senesi, conobbe il marchese Piero Misciattelli e la concittadina Vittoria Gazzei Barbetti, violinista e poi letterata, alla quale si ispirò per delineare la violinista Enrichetta Gastinelli nel racconto Dopo il concerto (in Novelle, 1913) [25].
Il 1913 segnò una svolta fondamentale per la carriera di Tozzi: conobbe infatti Giuseppe Antonio Borgese,[26] critico che divenne amico dello scrittore, nonché grande sostenitore: per primo ne riconobbe il merito letterario e lo incoraggiò nella scrittura.[15] Borgese riteneva Tozzi «uno dei primissimi edificatori nella nuova giornata letteraria d’Italia»,[27] come scriveva in Tempo di edificare. Tozzi, dal suo canto, dedicherà Il Podere (1921) «a G. A. Borgese».[26]
Fu proprio nel 1913 che Tozzi si impegnò per intensificare il suo lavoro, determinato a far decollare la propria attività narrativa e la propria carriera e identità di scrittore. Pubblicò, infatti, la novella Un fattore nell’«Almanacco senese per l’anno 1913» curato da Dante Rossi e iniziò a collaborare alla rivista bolognese «Il San Giorgio. Giornale dei nuovi romantici», nella quale comparve la prosa autobiografica La mia conversione.[8] Come già ricordato, nello stesso anno fondò e diresse La Torre, nella quale comparvero circa ventuno suoi scritti, molti non firmati e pochi altri autografi tra i quali, I due, su Gozzano-Guglielminetti, Quel che manca all’intelligenza, G.A. Borgese e Dopo il Carducci.[10]
Scrisse i frammenti di Bestie; tra il 1909 e il 1914 è datata la composizione di uno dei suoi romanzi più famosi, Con gli occhi chiusi: sono gli anni in cui Tozzi si accosta definitivamente alla narrativa.
Maturità e sessennio romano
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1914 Tozzi, deciso ad affermarsi nell'ambiente letterario, si trasferì a Roma con la moglie e il figlio, inaugurando il periodo che la critica è solito identificare come "Sessennio romano": durerà dal trasferimento dell'autore in capitale sino alla sua morte.[11]
Cominciò a collaborare a diversi giornali e a varie riviste letterarie, mentre l'Italia entrava in guerra. La sua collaborazione intensa con quotidiani e riviste fece sì che la più rappresentativa produzione letteraria fosse costituita perlopiù da novelle, forma di scrittura che era tra i prodotti più richiesti e apprezzati dell'epoca e che trovava fra i sostenitori anche quel pubblico "medio" che accoglieva favorevolmente questo formato per la brevità delle composizioni.[28]
Nel 1914 compose le novelle La fame, L’adultera e La scuola d’anatomia cui seguirono Il racconto di un gallo, Un’osteria, Una polmonite, Un idiota, Una visita, Lo zio povero e Fratello e sorella mentre nella rivista «La grande illustrazione» furono stampate undici prose poi confluite nella raccolta Bestie (Milano 1917).[9]
Con lo scoppio della Grande Guerra, Tozzi viene impiegato, grazie alla mediazione di un amico (probabilmente Borgese) presso l'ufficio stampa della Croce Rossa, in via delle Tre Cannelle.[9] Da questo impiego, che Tozzi lamentava nelle lettere all'amico Giuliotti,[29] l'autore ebbe modo di ricavare dei vantaggi: oltre a evitare il fronte, Tozzi poté continuare a scrivere e a coltivare i propri rapporti intellettuali. Lavorava, del resto, con Marino Moretti, Guido Guida e l'ufficio era un punto di ritrovo per giovani intellettuali e soldati come Giovanni Papini e Pietro Pancrazi.[5]
Riprese, in questi anni, il progetto di Bestie. L'opera ebbe una gestazione editoriale piuttosto travagliata: nel 1916 numerose furono le lettere che Tozzi inviò alla moglie raccontandole le difficoltà incontrate con l’editore Ugo Nalato,[8] dovute anche allo scoppio della Guerra. La situazione si sbloccò grazie all’intervento di Borgese che sottopose l’opera alla casa editrice Treves. Proprio con Treves Tozzi firmò infatti il contratto per la pubblicazione della raccolta nel marzo dell’anno successivo.[30]
Nel frattempo continuò a scrivere novelle, articoli e saggi: compose La vera morte e Parole di un morto; pubblicò Ringraziando le rondini e Le fonti; Il ritorno di Nando e le sue conseguenze, Il porco di Natale e Il maresciallo Del Grullo furono inviate e pubblica invece nel periodico di guerra «Il Soldato» (e sono le uniche novelle di argomento bellico di Tozzi); a «Cronache d’attualità» affidò i saggi brevi Le ciance con la critica, Spunti su la lirica attuale, «La guerra delle idee» di G.A. Borgese; infine su «Sapientia» furono pubblicati alcune riflessioni di argomento letterario come Per l’arte di Grazia Deledda e Il binomio Gozzano Moretti e il «Giardino dei frutti».[8]
Nell’estate del 1917 iniziò a comporre il romanzo Gli egoisti (pubblicato postumo insieme con L’incalco con una nota di Borgese nel 1923); nel mentre proseguiva a scrivere novelle come La festa di ballo, L’amore di Lellino, Anima giovanile e Il marito.[8]
Nel 1918, per volere di Luigi Pirandello, che da maggio era alla guida del supplemento letterario settimanale del Messaggero, Tozzi lavorò assieme a Pier Maria Rosso di San Secondo (con il quale ebbe rapporti burrascosi)[5] nella redazione del Messaggero della domenica. La realizzazione di tale progetto editoriale rappresentò il momento culminante dell'incontro tra due dei maggiori narratori del primo Novecento.[15]

Per il Messaggero della domenica Tozzi compose alcune delle sue novelle migliori, come La casa venduta, che apparve sul numero del 20 giugno 1918, a cui ne seguirono altre (Creature vili, Il crocifisso, Mia madre e I nemici); produsse inoltre una prosa lirica (Le fonti) e oltre una quarantina di articoli saggistici, talvolta anonimi o sotto la firma Lector, lo pseudonimo usato dallo scrittore già sulle colonne dell'«Idea Nazionale».[8]
Nello stesso anno si accordò con Treves per la pubblicazione di Con gli occhi chiusi: ancora una volta il supporto di Borgese si rivelò determinante per la riuscita dell’accordo con l’editore Giovanni Beltrami, che si era inizialmente opposto al dare alle stampe l’opera dopo che Tozzi aveva pubblicato una recensione negativa su La beffa di Buccari di D’Annunzio, che all’epoca pubblicava con Treves, onde evitare di incattivire i rapporti con il Vate.[8] L'opera apparve, infine, nel 1919.[9]
Nel luglio del 1918, dopo aver letto Verga, concluse la stesura del Podere edito, grazie all’intercessione di Pirandello, presso i tipi di Treves, postumo nel 1921. Nell’inverno concluse il romanzo Tre croci e iniziò, probabilmente, la redazione del dramma in tre atti L’incalco.[30]
Bestie e Con gli occhi chiusi, oltre che la collaborazione con le riviste, portarono a Tozzi la notorietà. A poco a poco aumentarono le richieste e le pubblicazioni da parte di riviste come «Noi e il mondo», inserto del quotidiano «La Tribuna», «Lidel», rivista femminile, «Il Resto del Carlino», «Rivista d'Italia» e molte altre; «La Nuova Antologia» accettò di editare la novella L’ombra della giovinezza a scapito della pubblicazione di Tre croci, capolavoro dell'autore per Borgese, per la quale successivamente firmò un contratto con Treves.[8]
Al principio del 1920 Tozzi si dedicò alla correzione delle bozze del Podere e alla revisione di Ricordi di un impiegato, con l’intenzione di affidarne la stampa alla «Rivista letteraria».[8]
Oltre ai romanzi, Tozzi scrisse complessivamente 120 racconti, 21 dei quali furono raccolti in un volume dal titolo Giovani, che l'autore aveva iniziato a progettare ma che vedrà la stampa solo postumo.
Morte
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Il 21 marzo 1920, mentre usciva Tre Croci, lo scrittore morì, colpito dall'influenza spagnola che gli causò una violenta forma di polmonite.[30]
La salma dovette essere traslata da Roma a Siena, per le esequie, in treno. Il vagone con il feretro fu erroneamente fermato nel deposito ferroviario di Chiusi, vicino Siena, e giunse solo dopo, con ritardo, alla stazione, evento che causò la dispersione di parte della folla accorsa per omaggiare lo scrittore.[5] Il corpo venne portato, in processione, al Cimitero del Laterino a Siena, dove riposa tuttora insieme alla moglie Emma Palagi.
La riscoperta da parte della critica
[modifica | modifica wikitesto]Tozzi lasciò le sue opere per lo più inedite oppure disperse tra giornali e riviste: spettò al figlio Glauco il riordinamento del materiale che fu, in parte, pubblicato postumo: Il podere vide la luce nel 1921, Gli egoisti nel 1923 e Ricordi di un impiegato nel 1927.
Lo scrittore senese fu riscoperto dal grande pubblico molto tardi, negli anni sessanta, probabilmente a causa dell'errata interpretazione delle sue opere, fino ad allora genericamente ricondotte nell'ambito del verismo. Solo la recente critica ha capovolto la visione di un Tozzi realista proponendolo come scrittore di stampo profondamente psicologico e vicino al simbolismo, paragonandolo a livello europeo alla prosa di Kafka e Dostoevskij. Fondamentali per la comprensione dell'opera di Tozzi sono risultati i contributi critici di due autorevoli studiosi, Giacomo Debenedetti e Luigi Baldacci.[2][31]
Tematiche
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Psicoanalisi
[modifica | modifica wikitesto]L'opera di Tozzi, valutata nel suo complesso, segna una tappa importante nella storia della narrativa italiana del Novecento perché, proponendo una forma di romanzo tutta ripiegata sull'interiorità umana, si colloca fra la dissoluzione del naturalismo ottocentesco e le nuove dimensioni poetiche e psicoanalitiche (dal simbolismo al recupero memoriale di Proust).[32]
Tozzi tuttavia non conosce Freud, giunge a conclusioni analoghe perché è uno scrittore "primitivo" che ha antenne per captare fenomeni culturali più ampi, è dotato di una grande potenza intuitiva. Senza molti strumenti si proietta in altre realtà. Tozzi si interessa molto di psicologia, ma non fa psicoanalisi; la realtà gli si impone con la violenza massiccia dell'incubo dell'esperienza personale per poi essere ritrasportata, sempre sotto forma di incubo, nelle sue opere, in cui si riscontrano sia il complesso di Edipo, sia il complesso di Prometeo, in riferimento alle due figure genitoriali.[33]
Inettitudine
[modifica | modifica wikitesto]Tozzi viene recuperato dalla critica a partire dagli anni sessanta (precedentemente era considerato un narratore verista-regionalista), periodo in cui inizia a essere messa in luce la sua vena lirica. Tozzi, infatti, utilizza le forme tradizionali del realismo per esprimere una sua particolare visione della realtà che ruota intorno all'inettitudine come inadeguatezza dell'individuo a reggere nuove richieste che la vita gli fa. I personaggi tozziani sono "incapaci di…".[34] Nei romanzi di Tozzi si trova una sorta di rappresentazione lirica dello sbandamento dell'uomo di fronte alle cose. In questo, Tozzi è assimilabile a Joyce (Ulisse), Musil (L'uomo senza qualità), Kafka (Il processo), Svevo (La coscienza di Zeno, Una vita) e Thomas Mann.[35] Tozzi si inserisce in questa scia calando in questa prospettiva l'ambito in cui vive, ovvero Siena.
Siena
[modifica | modifica wikitesto]Lo stato d'animo come chiave di lettura della città di Siena, e quindi anche delle descrizioni di città può essere un criterio per una lettura dei più famosi romanzi di Federigo Tozzi.[1]
Piuttosto apprezzato dai contemporanei, tra i quali Pirandello, soprattutto per il suo interesse ai particolari psicologici e per la sua visione "da dentro" delle vicende, fu però anche criticato per autobiografismo ed "eccessi psicologici".[36]
Dopo la sua morte, una parte della critica, in particolare Borgese e Russo, pose l'accento principalmente sul confronto del modello verista o addirittura regionalista, tralasciando alcune peculiarità di Tozzi, come la capacità di rappresentare le vicende psichiche che portano i suoi personaggi all'inettitudine; mentre gli intellettuali di Solaria cercarono di recuperarne la prospettiva europea, riconoscendo nelle tematiche da lui sviluppate collegamenti con grandi scrittori come Kafka, Müsil, Joyce, Mann, Svevo, Proust.
La critica moderna mette oggi in risalto altri aspetti di Tozzi, come l'espressionismo, la rappresentazione allucinata della realtà, le "patologie psicologiche" dei personaggi (grazie all'intervento di Giacomo Debenedetti con Il personaggio uomo), la centralità dell'io e il "realismo-simbolico".[36]
Tozzi infatti utilizza, deformandole, le forme tradizionali del realismo per esprimere una sua particolare visione della realtà (in particolare circa il problema dell'inadeguatezza, della difficoltà di vivere, della piccolezza) calando in questa prospettiva l'ambito in cui vive, cioè Siena (Roma ne Gli Egoisti).
L'opera tozziana, come fa notare Pasquale Voza (1985)[7], è un'incessante interazione tra spunti regionali e significati universali (espressioni dello stesso Tozzi), dove il microcosmo si dilata fino ad inglobare il macrocosmo.
Anche l'aspetto autobiografico, talvolta messo al centro della produzione di questo autore, passa in secondo piano pur non perdendo di importanza: è solamente un'altra metafora per porre con forza e angoscia l'idea della difficoltà della vita.
Molto evidente, infatti, è l'analogia fisico-psichica tra l'inettitudine, il torpore dell'anima di molti dei personaggi dei romanzi di Tozzi (primo fra tutti Pietro, il protagonista di Con gli occhi chiusi) e la descrizione di alcuni scorci di Siena, raffigurata spesso come tutta raccolta in sé e inaccostabile. La realtà provinciale in cui si muovono i personaggi fa da sfondo al loro destino di solitudine e cecità.
E anche quando la città offre i suoi lati migliori, più aperti e più belli, questi servono solamente da sfondo di contrasto con la psicologia di tali personaggi, acuendo addirittura il loro senso di smarrimento di fronte alla vita.
Il rapporto tra Tozzi e la sua città natale è sempre stato ambivalente, potrebbe assomigliare allo struggimento di un innamorato tradito.[39] Tozzi ha amato Siena nei suoi vicoli storti e nei suoi baratri scoscesi, nelle sue piazze ariose e nelle torri slanciate, ma da Siena ha sempre cercato di fuggire, sia per le poche opportunità che offriva allora sia per evadere da ciò che Siena rappresenta nel suo immaginario, cioè l'immobilità, la tradizione, l'abitudine.[39]
Siena come habitus, come una droga, un narkoticon che spegne ogni iniziativa inebriando i suoi abitanti di se stessa e della sua indubitabile bellezza.[40]
Ma i miei brividi al tremolio bianco degli olivi! E quando io stavo fermo, anche più di un'ora, senza saper perché, allo svolto di una strada, e la gente mi passava accanto e mi pareva di non vederla né meno!
Città, dove la mia anima chiedeva l'elemosina, ma non alla gente! Città, il cui azzurro mi pareva sangue!»
Una droga da cui Tozzi non riuscì mai a liberarsi, neanche a contatto con le grandi città come Firenze e soprattutto Roma, nelle quali vide sempre, come allucinazioni, riflessi della sua Siena. Questo rapporto conflittuale caratterizza anche i comportamenti di molti dei personaggi di Tozzi[40]: per questo le sue scenografie non sono solo «ad alto coefficiente pittorico», piuttosto tendono a realizzare «un progetto speculativo diretto ad interpretare il destino dei suoi personaggi» (Jeuland-Meynaud, 1991).
Le "cose" descritte non sono mai statiche e prive di vita, anzi, partecipano attivamente alle azioni, diventandone parte integrante in quanto «gli elementi della realtà sono compartecipi del vivere umano, in un sodalizio intimo che li definisce attori a pieno titolo dell'evento». (Jeuland-Meynaud, 1991)
In Con gli occhi chiusi, però, Pietro alla vista della prossima maternità di Ghisola fugge dal mondo che la sua immaginazione si era andato creando, riuscendo a interporre una distanza tra la realtà e la visione quasi onirica; mentre i fratelli Giambi, protagonisti di "Tre Croci", vedono in tutto ciò che li circonda solo inganno, lussuria, gola, sovrapponendo così in modo definitivo i due campi e perdendo la loro identità. Ai tre protagonisti, emblemi di un'umanità peccatrice, del sottosuolo e refrattaria a ogni conversione, fa da contraltare la figura positiva di Modesta che cerca insistentemente di far riavvicinare il cognato Enrico alla chiesa:
In tutta l'opera di Tozzi, ma soprattutto in quest'ultimo romanzo, sembra esistere soltanto il mondo interiore del personaggio: tutto ciò che ne è al di fuori è solamente la dilatazione dell'interiorità dell'attore. L'uomo e le sue emozioni diventano la misura e la dimensione del mondo, come in Malraux, Sartre, Camus, Durrell e altri. Si assiste, nell'opera tozziana, a un'esaltazione dell'individualità che andrebbe altresì riletta alla luce della conversione al cattolicesimo da parte dell'autore. A un'interpretazione esclusivamente nelle coordinate della psicoanalisi fanno da contraltare e risultano chiarificatrici le parole dell'autore stesso:
Questo processo empatico si può facilmente notare anche in Bestie, se "il libro non viene letto come frammenti di storie possibili ancora allo stadio embrionale, ma come l'unica possibile vicenda di un io frantumato e diviso nei suoi innumerevoli e rapidissimi stati d'animo". (Dedola, 1990)
Per Bestie l'analogia fisico-psichica si allarga: non più solo uno scenario cittadino come secondo termine di paragone, ma ogni elemento che, allo stesso tempo, può essere segno e simbolo di un'emozione.
Qualche altra volta mi erano sembrate - libri, tavoli, sedie, tagliacarte, cuscini, lampade, pareti - poemi immensi.
Mai, in nessun modo, sono riuscito ad essere indipendente dinanzi a loro.»
La percezione diventa più importante dell'oggetto percepito, il personaggio è colui che filtra le cose attraverso i suoi stati d'animo. Spesso le descrizioni sono allucinate perché la scissione sta proprio nel personaggio stesso che non riesce a distinguere la dimensione interna da quella esterna. Proprio questa "disgregazione psichica" porta i personaggi tozziani all'inettitudine e all'incapacità di agire.
La narrativa moderna
[modifica | modifica wikitesto]Secondo alcuni critici le opere di Federigo Tozzi potrebbero esigere una certa maturità di lettura dato che la sua prosa può talvolta rivelarsi ostica, scostante; Tozzi infatti non ha l’obiettivo di incantare il lettore. Un ostacolo è determinato dallo sfondo di profonda tristezza del mondo che descrive. Tozzi richiede dunque una partecipazione del lettore nel superamento di questa barriera che permette di entrare a pieno nella sua poetica; egli mette di fronte il lettore, in prima persona, attraverso gli occhi dei contadini, a esperienze di vita dei campi; Con gli occhi chiusi viene considerato uno dei romanzi maggiormente espressivi del primo dopoguerra.
Con gli occhi chiusi
[modifica | modifica wikitesto]Federigo Tozzi iniziò il romanzo nel 1909, lavorandoci a più riprese, riuscendo finalmente a farlo stampare solo nel 1919 presso l'editore Treves. È il più vicino al frammentismo vociano. Esso narra la storia di Pietro Rosi, un giovane debole e introverso; il padre è il proprietario di una trattoria e di un podere e lo disprezza, considerandolo un inetto. Pietro ha una contrastata relazione con Ghisola, una povera contadina che vive presso gli zii, salariati del padre. L'amore di Pietro per Ghisola non decolla e, dopo alterne vicende, i suoi sentimenti per lei svaniranno.
Il romanzo ha una struttura narrativa spesso definita "imperfetta". A volte infatti sembra smarrire il filo logico tra distrazioni e digressioni; non c'è più una gerarchia di momenti privilegiati o secondari. I personaggi sono studiati attraverso la psiche: non hanno spina dorsale, né scheletro o impalcatura; tra loro manca solidarietà. I personaggi principali risultano addirittura sfocati. L'andamento della vicenda procede per salti e scarti repentini, seguendo, come nei romanzi di Svevo, ciò che detta la coscienza.
La trama sembrerebbe rivelare una profonda concezione pessimistica della vita: tra i personaggi regna l'incomunicabilità e, in tutto il romanzo, è forte la presenza del male.
In realtà, in una prospettiva religiosa e non psicanalitica, devono essere ricondotti tutti i grandi temi del romanzo: l'incomunicabilità degli individui, che rende infernale la condizione umana, il mistero di ogni atto. D'altra parte lo stesso titolo Con gli occhi chiusi deriverebbe da un passo del De imitatione Christi: "Beati gli occhi che sono chiusi alle cose esteriori"[41], per cui essi si aprono soltanto dinanzi alla visione delle cose più profonde. Piuttosto che come segno di inettitudine, avere gli occhi chiusi andrebbe interpretato come capacità di aprirsi ad una dimensione altra e conoscibile appieno esclusivamente attraverso il cuore.
Il cattedratico Nicola Francesco Cimmino ha scritto[42]:
Con gli occhi chiusi ottenne, come tutte le opere di Tozzi, un riconoscimento critico piuttosto limitato, benché gli scrittori di Solaria e Campo di Marte avessero segnalato il romanzo. Insieme a Tre croci, il romanzo fu apprezzato per la modernità degli approfondimenti psicologici. L'affermazione dell'opera avvenne solo negli anni Sessanta, quando ebbe una maggiore diffusione.
Tre croci
[modifica | modifica wikitesto]Il romanzo fu apprezzato più dal pubblico che dalla critica e mise in ombra Con gli occhi chiusi. La critica, invece, considera Tre croci meno poetico del precedente, ma più epico perciò più attraente per i lettori. Come dice Carlo Cassola[43]:
La gente comune ama i romanzi, e Tre Croci è più romanzo di Con gli occhi chiusi. Con gli occhi chiusi è più poetico, ma meno epico dell'altro.
A questo punto mi accorgo che è necessaria una spiegazione generalissima: in che consiste la differenza tra le due fondamentali espressioni letterarie, la lirica e l'epica? Uso apposta la parola epica, benché ai nostri tempi la sola forma dell'epica sia la narrativa, perché nessuno possa cavarsela dicendo che la prima è in versi e la seconda in prosa.
Certo che il romanzo è in prosa; ma il poema epico, che lo ha preceduto nel tempo, assolvendo la stessa funzione? La Commedia, tanto per fare un solo esempio, è in versi, eppure non ha niente a che vedere col Canzoniere del Petrarca, e con la stessa poesia amorosa di Dante. Quest'ultima appartiene al genere lirico, mentre la Commedia all'epico.
Allora, qual è la differenza? Che il poeta lirico parla di sé, mentre il poeta epico parla degli altri. Bisogna però che questi altri non siano proiezioni dell'autore, come accadde per parecchio tempo allo stesso Tozzi.»
Il podere
[modifica | modifica wikitesto]In questo romanzo Tozzi cerca di recuperare, pur senza rinnegare le sue precedenti innovazioni, uno stile e una forma più tradizionali. Descrive un mondo di ansia, angoscia e paura determinato dall'impatto con la realtà che è minacciosa, incombente, aggressiva. È un mondo fatto di traumi, ferite sempre aperte, lesioni profonde della personalità. I personaggi non ne hanno la cognizione, ma ne vengono influenzati e si comportano illogicamente a causa di questi impulsi inconsci.
Il protagonista è Remigio che, alla morte del padre, riceve in eredità un podere, contesogli sia dalla matrigna che dalla vecchia amante del padre. È essenzialmente la storia di un inetto che subisce la crudeltà umana: Remigio infatti respinge il modello propostogli dal padre ma non sa trovare una valida alternativa, per cui non riesce a essere un buon padrone, né sa comandare e farsi rispettare dai suoi sottoposti. Tutti sono contro di lui perché, secondo la loro ottica, chi non sa amministrare è un pericolo sociale e come tale deve essere allontanato il più presto possibile. Alla fine, uno di loro, Berto, che lo odia apparentemente senza ragione, lo uccide.
Bestie
[modifica | modifica wikitesto]Si tratta di una raccolta di 69 frammenti, o aforismi, che hanno un solo denominatore comune: in ognuno di questi brevi racconti compare, in maniera anche casuale e marginale, un animale. Per capire il senso globale dell'opera, occorre tenere presenti l'aforisma iniziale e quello finale, che definiscono quelli intermedi. Questi due frammenti sono infatti caratterizzati dalla presenza dell'unico animale che, all'interno della raccolta, sembra essere stato investito di un valore simbolico: l'allodola, che rappresenterebbe un bisogno di elevazione, di senso, di accordo con la natura. Nel primo frammento viene descritta la difficoltà dell'allodola a vivere in un mondo dominato dall'uomo; nell'ultimo è presente un appello all'animale perché ritorni nell'anima. Gli aforismi intermedi, privi dell'allodola, diventano delle allegorie vuote, che sottolineano il bisogno di significato e l'impossibilità di ottenerlo. Bestie è quindi un'opera che esprime la frammentarietà e l'assurdità della vita.[44]
Giovani
[modifica | modifica wikitesto]Approntata dall'autore stesso, ma uscita postuma nel 1920 presso Treves a pochi mesi dalla sua morte, la raccolta comprende ventuno testi, alcuni dei quali già apparsi su periodici. I protagonisti delle novelle non sono necessariamente "giovani" di età, come il titolo sembra suggerire: la "gioventù" a cui allude Tozzi non è un dato anagrafico, ma un'attitudine psicologica. I personaggi, infatti, sono accomunati da un'inspiegabile inettitudine nei rapporti sociali, che li rende vittime delle asprezze della vita.[45]
Opere
[modifica | modifica wikitesto]Testi poetici
[modifica | modifica wikitesto]- La zampogna verde, Ancona, Puccini e figli, 1911.
- La città della Vergine. Poema, Genova, Formiggini, 1913.
Antologie
[modifica | modifica wikitesto]- Antologia d'antichi scrittori senesi. (Dalle origini fino a santa Caterina), Siena, Giuntini e Bentivoglio, 1913.
Romanzi
[modifica | modifica wikitesto]- Bestie, Milano, Treves, 1917. (raccolta di prose)
- Gli egoisti. Romanzo, Roma-Milano, A. Mondadori, 1924. (ultimo romanzo)
- Ricordi di un impiegato. Opera postuma, Roma, La rivista letteraria, 1920; Milano, A. Mondadori, 1927.
- Trilogia di romanzi sull’inettitudine
- Con gli occhi chiusi. Romanzo, Milano, Treves, 1919.
- Tre croci. Romanzo, Milano, Treves, 1920.
- Il podere. Romanzo, Milano, Treves, 1921. (postumo)
Novelle
[modifica | modifica wikitesto]- Mascherate e strambotti della congrega dei rozzi di Siena, a cura e con prefazione di, Siena, Giuntini e Bentivoglio, 1915.
- L'amore. Novelle, Milano, Vitagliano, 1919.
- Giovani. Novelle, Milano, Treves, 1920.
Drammi
[modifica | modifica wikitesto]- La famiglia
- La verità
- Gente da poco
- L’eredità
- L'incalco. Dramma in tre atti, Roma-Milano, A. Mondadori, 1924.
Lettere
[modifica | modifica wikitesto]- Novale. Diario, Milano, A. Mondadori, 1925.
Saggi
[modifica | modifica wikitesto]- Realtà di ieri e di oggi, Milano, Alpes, 1928.
Pubblicazioni postume
[modifica | modifica wikitesto]- Opere complete di Federigo Tozzi
- I, Tre croci; Giovani, Firenze, Vallecchi, 1943.
- II, Il podere; L'amore, Firenze, Vallecchi, 1943.
- III, Con gli occhi chiusi; Bestie; Gli egoisti, Firenze, Vallecchi, 1950.
- Nuovi racconti, Firenze, Vallecchi, 1960.
- Opere, Firenze, Vallecchi, 1961-1988.
- I, I romanzi, Firenze, Vallecchi, 1961.
- II, Le novelle, 2 tomi, Firenze, Vallecchi, 1963.
- III, Il teatro, Firenze, Vallecchi, 1970.
- IV, Cose e persone. Inediti e altre prose, Firenze, Vallecchi, 1981.
- V, Le poesie, Firenze, Vallecchi, 1981.
- VI, Novale, Firenze, Vallecchi, 1984.
- VII, Carteggio con Domenico Giuliotti, Firenze, Vallecchi, 1988.
- Adele. Frammenti di un romanzo, curato dal figlio dell’autore, Glauco Tozzi, Firenze, Vallecchi, 1979.
- Opere. Romanzi, prose, novelle, saggi, Milano, A. Mondadori, 1987. ISBN 88-04-22666-8.
- Barche capovolte, Firenze, Vallecchi, 1993.
- Fonti, prefazione di Antonio Prete, Roma, Edizioni degli animali, 2017
- Specchi d'acqua, Rimini, Raffaelli, 2020.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Marco Archetti, Finalmente possiamo rimediare all’errore di avere dimenticato Federigo Tozzi, in Il Foglio, 3 febbraio 2019. URL consultato il 5 maggio 2019.
- ^ a b c d e f g Eduardo Saccone, Tozzi e la poetica del romanzo, in MLN, vol. 90, n. 1, 1975, pp. 1-21, DOI:10.2307/2907198. URL consultato l'8 marzo 2023.
- ^ in Introduzione, Federigo Tozzi, Con gli occhi chiusi, Istituto Geografico De Agostini, 1981
- ^ a b Nuova pagina 1, su novecentoletterario.it. URL consultato il 5 marzo 2023 (archiviato dall'url originale l'11 aprile 2010).
- ^ a b c d e f Paolo Cesarini, Tutti gli anni di Tozzi, Editori del Grifo, 1982.
- ^ a b La lingua “edipica” di Federigo Tozzi: il senese fra appartenenza, identità e incomunicabilità – Diacritica, su diacritica.it. URL consultato l'11 marzo 2023.
- ^ a b Pasquale Voza, La narrativa di Federigo Tozzi, De Donato, 1974. URL consultato l'11 marzo 2023.
- ^ a b c d e f g h i j k TOZZI, Federigo - Enciclopedia, su Treccani. URL consultato il 13 giugno 2025.
- ^ a b c d e f g h i j k l Federigo Tozzi e Giorgio Luti, Opere: romanzi, prose, novelle, saggi, collana I meridiani, 7 edizione, Arnoldo Mondadori Editore, 2011, ISBN 978-88-04-22666-6.
- ^ a b c SIUSA | Archivi di personalità - Tozzi Federigo, su siusa-archivi.cultura.gov.it. URL consultato il 13 giugno 2025.
- ^ a b Romano Luperini, Federigo Tozzi: le immagini, le idee, le opere, collana Biblioteca universale Laterza, Laterza, 1995, ISBN 978-88-420-4721-6.
- ^ F. Tozzi, Novale, Firenze, Vallecchi, 1984.
- ^ Mario Verdone, Inediti di Federigo Tozzi, in La fiera letteraria.
- ^ Riccardo Castellana e Romano Luperini, Tozzi tra filologia e critica, collana Quaderni del Centro studi Federigo Tozzi, Manni, 2003, ISBN 978-88-8176-441-9.
- ^ a b c d e Riccardo Castellana, Tozzi, collana La scrittura e l'interpretazione, Palumbo, 2002, ISBN 978-88-8020-482-4.
- ^ Federigo Tozzi, Ricordi di un giovane impiegato, Ed. Cadmo, 1999, ISBN 978-88-7923-206-7.
- ^ Federigo Tozzi, La zampogna verde, collana Riprese, Empirı̀a, 2005, ISBN 978-88-87450-54-5.
- ^ a b c La Torre | Gruppi e progetti di ricerca, su r.unitn.it. URL consultato il 13 giugno 2025.
- ^ Ilaria de Seta, pirandello tra tozzi e borgese.pdf. URL consultato l'8 marzo 2023.
- ^ Correnti letterarie fra 800 e 900, su Skuola.net - Portale per Studenti: Materiali, Appunti e Notizie. URL consultato il 7 marzo 2023.
- ^ Federigo Tozzi, Antichi scrittori senesi (1913), a cura di Alfredo Franchi, Siena, Betti Editrice, 2024 (ristampa anastatica).
- ^ Congrega dei Rozzi, Mascherate e strambotti della congrega dei rozzi di Siena, a cura e con prefazione di Federigo Tozzi, Siena, Giuntini e Bentivoglio, 1915.
- ^ Santa Caterina da Siena, Le cose più belle, a cura di Federigo Tozzi (1918), con introduzione di Marco Marchi, Firenze, Le Lettere, 2020.
- ^ a b Massimiliano Tortora, L?ordinamento cronologico delle novelle di Federigo Tozzi : ipotesi e proposte : con un?appendice di due lettere inedite, in L'ellisse : studi storici di letteratura italiana :1, 2006, n. 1, 2006, DOI:10.1400/173115. URL consultato il 13 giugno 2025.
- ^ Copia archiviata, su siusa.archivi.beniculturali.it. URL consultato il 10 gennaio 2018 (archiviato dall'url originale l'11 gennaio 2018).
- ^ a b L’uno “intellettualmente poligamo” e l’altro “dedito tutto a una cosa”. Borgese e Tozzi nei carteggi inediti – Diacritica, su diacritica.it. URL consultato il 14 giugno 2025.
- ^ Giuseppe Antonio Borgese e Massimo Rizzante, Tempo di edificare, collana Reperti / Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche, Università degli Studi di Trento, Ristampa anastat. dell'ed. Torino 1923, Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Filologici, Univ. degli Studi di Trento, 2008, ISBN 978-88-8443-274-2.
- ^ Federigo Tozzi nel canone scolastico del Novecento.
- ^ Federigo Tozzi e Domenico Giuliotti, Carteggio con Giuliotti, a cura di Glauco Tozzi, collana Coll. Novecento, Firenze, Vallecchi Editore, 1988.
- ^ a b c Marco Marchi e Federigo Tozzi, Vita scritta di Federigo Tozzi, collana Le vie della storia, Ed. Le lettere, 1997, ISBN 978-88-7166-317-3.
- ^ Federigo Tozzi: violenza e desiderio di redenzione 3 - Tozzi uno e due?, su culturacattolica.it. URL consultato l'8 marzo 2023.
- ^ Alessandro Benucci, La lunga attesa di Federigo Tozzi. Note sui romanzi postumi Gli egoisti e Ricordi di un giovane impiegato, in Narrativa. Nuova serie, n. 40, 1º dicembre 2018, pp. 157-171, DOI:10.4000/narrativa.549. URL consultato il 9 marzo 2023.
- ^ Il complesso di Edipo e l’importanza della figura della madre nella narrativa di Federigo Tozzi Archivi, su Scuolafilosofica. URL consultato il 9 marzo 2023.
- ^ Inviato da truthyelled, L’inetto in letteratura: Non solo Svevo. Ricordiamoci di Federigo Tozzi, su truth, 23 dicembre 2013. URL consultato il 10 marzo 2023.
- ^ Oltre il Naturalismo: Federigo Tozzi e l’incoscienza del reale, su rebeccalibri.it. URL consultato il 10 marzo 2023.
- ^ a b Mattia Bonasia, Con Gli Occhi Chiusi: Federigo Tozzi e la sofferenza del mondo moderno, su Auralcrave, 28 ottobre 2017. URL consultato l'11 marzo 2023.
- ^ Federigo Tozzi, Con gli occhi chiusi, Istituto geografico de Agostini, Novara, 1982, p.96
- ^ op., cit., p. 156
- ^ a b Tozzi e Siena, uno scrittore e la sua città, su Toscana Oggi. URL consultato il 13 marzo 2023.
- ^ a b DIZIONARIO ITALIANO - Dizionario degli autori italiani - Federigo Tozzi, su dizionario-italiano.it. URL consultato il 13 marzo 2023.
- ^ Franco Petroni, Le parole di traverso. Ideologia e linguaggio nella narrativa d'avanguardia del primo Novecento, Jaca Book, Milano, 1998
- ^ Cim, p. 126.
- ^ Carlo Cassola in Introduzione a Federigo Tozzi, Tre croci, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1994, p.I
- ^ La scrittura e l'interpretazione. A cura di Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, Franco Marchese.
- ^ D. D'Ascenzi, – “Leggere Tozzi a scuola: una proposta metodologica per La matta”, su diacritica.it, Diacritica (fasc. 36, 25 dicembre 2020). URL consultato il 28 luglio 2021.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Luigi Pirandello, "Con gli occhi chiusi", in «Il Messaggero della Domenica]» (edizione domenicale de Il Messaggero, 13 aprile 1919; poi in Saggi, poesie e scritti vari, a cura di Manlio Lo Vecchio Musti, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1960.
- Pietro Pancrazi, "Federigo Tozzi", in «Il Resto del Carlino», 24 marzo 1920; poi in Ragguagli di Parnaso, a cura di Cesare Galimberti, Milano-Napoli, Ricciardi, 1967.
- Emilio Cecchi, "L'ultimo romanzo di Federigo Tozzi", in «La Tribuna», 27 marzo 1920; poi in Letteratura italiana del Novecento, vol. II, a cura di Pietro Citati, Milano, Mondadori, 1972.
- Giuseppe Antonio Borgese, "Federigo Tozzi", in Tempo di edificare, Milano, Treves, 1923.
- Luigi Russo, "Federigo Tozzi", in I narratori, Roma, Fondazione Leonardo, 1923.
- Domenico Giuliotti, "A Federigo Tozzi", in L'ora di Barabba, Firenze, Vallecchi, 1923
- Camillo Pellizzi, "Tozzi", in Le lettere italiane del nostro secolo, Milano, Libreria d'Italia, 1929.
- Alfredo Gargiulo, "Federigo Tozzi", in «L'Italia Letteraria», 12 luglio 1930; poi in Letteratura italiana del Novecento, Firenze, Le Monnier, 1943.
- Tito Rosina, Federigo Tozzi, Genova, Degli Orfini, 1935.
- V. Silvi, Su Federigo Tozzi, in «La Nuova Italia», gennaio-febbraio, 1935.
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- Giuseppe De Robertis, Scrittori del Novecento, Firenze, Felice Le Monnier, 1946.
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- Carlo Bo, Alcuni caratteri del romanzo italiano, in Riflessioni critiche, Firenze, Sansoni, 1953.
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- Giorgio Pullini, Espressionismo narrativo di Tozzi, in «Le ragioni narrative», febbraio 1961; poi in Volti e risvolti del romanzo italiano contemporaneo, Milano, Mursia, 1971.
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- Carlo Cassola, Alla scoperta dei luoghi tozziani, in «Il Giorno», 9, 17, 24, 30 novembre e 5 dicembre 1964; poi Alla ricerca di Federigo Tozzi, in F. Tozzi, I romanzi, «Opere», vol. I, Firenze, Vallecchi, 1973.
- Alberto Asor Rosa, Scrittori e popolo, Roma, Samonà e Savelli, 1966.
- Aldo Borlenghi, "Federigo Tozzi", in Narratori dell'Ottocento e del primo Novecento, vol. V, Milano-Napoli, Ricciardi, 1966.
- Nicola Francesco Cimmino, Il mondo e l'arte di Federigo Tozzi, Roma, Giovanni Volpe Editore, 1966.
- Emilio Cecchi, "Prosatori e narratori italiani del Novecento", in Storia della letteratura italiana, vol. IX, a cura di E. Cecchi e N. Sapegno, Milano, Garzanti, 1969.
- Piero Bigongiari, "Tozzi e la pantomima sensibile", in Prosa per il Novecento, Firenze, La Nuova Italia, 1970.
- Piero Bigongiari, "Tozzi e la crisi della realtà degli anni dieci", in Prosa per il Novecento, Firenze, La Nuova Italia, 1970.
- Piero Bigongiari, "Inettitudine di Tozzi" (1970), poi in F. Tozzi, I romanzi, a cura di G. Tozzi, Firenze, Vallecchi, 1973.
- Sandro Maxia, Uomini e bestie nella narrativa di Federigo Tozzi, Padova, Liviana, 1971.
- Giacomo Debenedetti, Il romanzo del Novecento, Milano, Garzanti, 1971.
- Aldo Rossi, Modelli e scrittura di un romanzo tozziano. Il podere, Padova, Liviana, 1972.
- Claudio Carabba, Federigo Tozzi, Firenze, La Nuova Italia, 1972.
- Gino Tellini, La tela di fumo. Saggio su Tozzi novelliere, Pisa, Nistri-Lischi, 1972.
- Giorgio Luti, "D'Annunzio e Tozzi", in La cenere dei sogni. Studi dannunziani, Pisa, Nistri-Lischi, 1973.
- Pasquale Voza, La narrativa di Federigo Tozzi, Bari, De Donato, 1974.
- Walter Mauro, Realtà mito e favola nella narrativa italiana del Novecento, Milano, Garzanti, 1974.
- Luigi Reina, Invito alla lettura di Tozzi, Milano, Mursia, 1975.
- Gianfranco Contini, "Tozzi Federigo", in Schedario di scrittori italiani moderni e contemporanei, Firenze, Sansoni, 1978.
- Carlo Cassola, "Prefazione a «Adele»", in F. Tozzi, Adele, Firenze, Vallecchi, 1979.
- Carlo Cassola, "Introduzione", in F. Tozzi, Tre croci, Milano, Rizzoli, 1979, poi in Il romanzo moderno, Milano, Rizzoli, 1981.
- Maurizio Cucchi, "Introduzione", in F. Tozzi, Bestie, Milano, Guanda, 1979.
- Elio Gioanola, "Gli occhi chiusi di Federigo Tozzi", in «Otto/Novecento», I, gennaio-febbraio 1980, poi in Psicanalisi, ermeneutica e letteratura, Milano, Mursia, 1991.
- Glauco Tozzi, "Notizie", in F. Tozzi, Cose e persone. Inediti e altre prose, «Opere», vol. IV, Firenze, Vallecchi, 1981.
- Paolo Cesarini, Tutti gli anni di Tozzi, Montepulciano, Editori del Grifo, 1982.
- Luigi Baldacci, "Nota introduttiva" e "Nota bibliografica", in F. Tozzi, Con gli occhi chiusi, Torino, Einaudi, 1983, poi in Tozzi moderno, Torino, Einaudi, 1993.
- Paolo Getrevi, Nel prisma di Tozzi. La reazione, il sangue, il romanzo, Napoli, Liguori, 1983.
- Annamaria Cavalli Pasini, Il "mistero" retorico della scrittura. Saggi su Tozzi narratore, Bologna, Pàtron, 1984.
- Franco Petroni, Ideologia del mistero e logica dell'inconscio nei romanzi di Federigo Tozzi, Firenze, Manzuoli, 1984.
- Claudio Toscani, Federigo Tozzi: con gli occhi dell'anima, Roma, Ed. dell'Ateneo, 1985.
- Pasquale Voza, Tozzi tra paese ed Europa, in AA.VV., Per Tozzi, Roma, Editori Riuniti, 1985.
- Cristof Weinand, La città simbolica in Federigo Tozzi, in «Symbolon», Anno II, numero 3-4, 1985.
- Ruggero Puletti, Federigo Tozzi: la provincia come confino, in AA.VV., Per Tozzi, Roma, Editori Riuniti, 1985.
- Rossana Dedola, Tozzi. Storia della critica, Roma, Bagatto libri, 1990.
- M. Jeuland-Meynaud, Lettura antropologica della narrativa di Federigo Tozzi, Roma, Bulzoni Editore, 1991.
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Voci correlate
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Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Tòzzi, Federigo, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
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- Tòzzi, Federigo, su sapere.it, De Agostini.
- (EN) Federigo Tozzi, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- Caterina Francesca Giordano, TOZZI, Federigo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 96, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2019.
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- Opere di Federigo Tozzi, su Liber Liber.
- Opere di Federigo Tozzi, su MLOL, Horizons Unlimited.
- (EN) Opere di Federigo Tozzi, su Open Library, Internet Archive.
- Bibliografia italiana di Federigo Tozzi, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com.
- (EN) Federigo Tozzi, su IMDb, IMDb.com.
- Le opere di Federigo Tozzi, su intratext.com.
- Approfondimento sulla vita, le opere, la poetica, su novecentoletterario.it. URL consultato il 28 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale l'11 aprile 2010).
- Concordanze per forma di "Con gli occhi chiusi", su valeriodistefano.com. URL consultato il 27 gennaio 2007 (archiviato dall'url originale il 15 maggio 2007).
- Omaggio a Federigo Tozzi (dal sito del Premio Letterario Castelfiorentino)
- Nel paese di mio padre (dal sito del Premio Letterario Castelfiorentino)
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