Falange Armata

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Disambiguazione – Se stai cercando il romanzo del 1993 di Carlo Lucarelli, vedi Falange armata (Lucarelli).

La Falange Armata fu un'organizzazione terroristica italiana venuta alla ribalta nei primi anni novanta.

Rivendicazioni principali[modifica | modifica wikitesto]

La strage del Pilastro del 4 gennaio 1991, uno dei tanti fatti delittuosi rivendicati dalla "Falange Armata".

La prima rivendicazione anonima a nome della sigla "Falange Armata" arrivò il 27 ottobre 1990, al centralino dell'ANSA di Bologna e riguardava l'omicidio di Umberto Mormile, un educatore del Carcere di Opera[1]. L'assassinio era avvenuto l'11 aprile precedente. La formazione è divenuta famosa per il motto: Il terrorismo non è morto, vi faremo sapere poi chi siamo[1][2]. La frase fu pronunciata, sempre in una telefonata all'ANSA, durante la rivendicazione della strage del Pilastro, ritenuta poi inattendibile.[2]

Cominciò a farsi strada anche l'ipotesi che l'organizzazione fosse una sigla di comodo[2], usata per depistare gli inquirenti o per rivendicare azioni che non sarebbero mai state rivendicate da nessuno, o addirittura che il tutto fosse opera di un mitomane[2]. I falangisti, infatti, arrivarono a rivendicare azioni clamorose di quegli anni, come la strage del Pilastro e numerosi altri delitti della Uno Bianca[3], l'omicidio dei Coniugi Fioretto a Vicenza, avvenuto il 25 febbraio 1991 e preannunciato dalla stessa sigla l’8 gennaio 1991 nel proprio comunicato di rivendicazione della Strage del Pilastro[4], diversi fatti omicidiarii attribuiti a Cosa Nostra (gli omicidi di Antonino Scopelliti[5], Salvo Lima, Giuliano Guazzelli, le stragi di Capaci e via d'Amelio, gli attentati del '93 a Roma, Firenze e Milano), alla 'Ndrangheta (agguato ai carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo nel gennaio 1994[6]), alla Camorra (l'omicidio dei carabinieri Fortunato Arena e Claudio Pezzuto[7] e quello del consigliere comunale di Castellammare di Stabia del PDS Sebastiano Corrado[8]) e alla Sacra Corona Unita (l'incendio del Teatro Petruzzelli a Bari[9], le bombe esplose a Taranto e a Bitonto nel dicembre 1991[10] e il deragliamento del treno Zurigo-Lecce a Surbo[11]) nonché attentati eclatanti avvenuti in quegli anni (l'attentato alla villa di Pippo Baudo[12], il ritrovamento dell'autobomba vicino Montecitorio il 2 giugno 1993[13], la bomba esplosa davanti al Tribunale di Padova nell'ottobre dello stesso anno[14] e tanti altri fatti); oltre alle rivendicazioni, numerosi furono i comunicati contenenti minacce di morte, in primo luogo ad operatori carcerari e direttori di istituti penitenziari[15] per poi passare a quelle rivolte ai Presidenti della Repubblica Cossiga e Scalfaro, ai Presidenti di Camera e Senato, a quelli delle varie Commissioni parlamentari, a ministri (come Nicola Mancino), giudici (come Antonino Caponnetto e Antonio Di Pietro[16]), giornalisti (come il direttore di Repubblica, Eugenio Scalfari) e politici di quasi tutti i partiti, come Giuseppe Ayala, Leoluca Orlando, Umberto Bossi e, infine, industriali come Luigi Abete[17]. Nel dicembre 1994 rivendicò anche l'attacco hacker all'agenzia di stampa Adnkronos e l'anno successivo quello ai computer di Bankitalia[18][19]. Si stima che nel periodo 1990-95 si contarono circa 1.200 messaggi telefonici a nome della Falange Armata[20]. Scriveva Gianluca Di Feo per il Corriere: In questa bufera Falange ha sicuramente avuto un ruolo particolare: ha monopolizzato l'attenzione dei mass media. Facendo chiedere più sicurezza e distraendo da quello che succedeva a Sud. Un’operazione che può aver fatto comodo a molti[1]. L'allora Ministro dell'Interno Nicola Mancino, destinatario di numerose telefonate di minaccia, affermò: "È gente che opera sempre in orari di ufficio"[21]. Lo stesso Mancino, chiamato il 15 giugno 1993 a riferire alla Commissione antimafia presieduta dal deputato Luciano Violante sui recenti attentati di Roma e Firenze e sulle relative rivendicazioni della "Falange Armata", affermò che, in meno di un anno e mezzo, quattordici attentati fossero stati sventati dalle forze di polizia in tutta Italia con altrettanti sequestri di materiale esplosivo illegale, riconducibile con molta probabilità ai traffici della criminalità organizzata italiana ed estera.[22][23]

Nel febbraio 2014 la sigla "Falange Armata" tornò alla ribalta per una lettera inviata a Totò Riina, nel carcere di Opera, in cui l'organizzazione invitava il boss mafioso a tacere: «Chiudi quella maledetta bocca. Ricorda che i tuoi familiari sono liberi»[24]. Fatta eccezione per questa comunicazione a Riina, la sigla Falange Armata risulta inattiva dall'agosto 2001 (quando, dopo alcuni anni di silenzio, rivendicò l'attentato dinamitardo al Tribunale di Venezia[25]) e i suoi misteri ancora irrisolti[24].

Indagini e processo[modifica | modifica wikitesto]

Le indagini sulle telefonate della Falange Armata vennero condotte dal sostituto procuratore di Roma Pietro Saviotti[26]. Nel settembre 1993 un rapporto congiunto stilato da Carabinieri e Polizia acquisito dalla Procura di Roma individuava sedici ufficiali della settima divisione del SISMI come telefonisti della Falange Armata su segnalazione dell'ambasciatore Francesco Paolo Fulci, ex segretario generale del CESIS che sosteneva di aver scoperto che numerose telefonate "falangiste" provenivano da utenze del SISMI[27], accuse che però non trovarono mai conferma[20][21][28]. Il 26 ottobre successivo si arrivò tuttavia all'arresto di uno dei presunti telefonisti, l'operatore carcerario di Taormina Carmelo Scalone, con le accuse di associazione sovversiva, minacce agli organi istituzionali e a pubblico ufficiale[29]: ad "incastrarlo", alcune intercettazioni e una perizia fonica[15][30].

Il 17 marzo 1999 Scalone venne riconosciuto colpevole in primo grado e condannato a tre anni di reclusione. Nel 2001 la Corte d'assise d'appello di Roma ribaltò la sentenza di primo grado ed assolse Scalone, riconoscendolo estraneo ai fatti sulla base di una nuova perizia. L'assoluzione venne confermata dalla Cassazione nel luglio 2002[31].

Ipotesi e piste[modifica | modifica wikitesto]

Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo il collaboratore di giustizia Filippo Malvagna, nipote del boss catanese Giuseppe Pulvirenti, detto 'u Malpassotu e braccio destro di Benedetto Santapaola: "Secondo il Malpassotu, ora che molti accordi con il potere politico erano venuti meno bisognava fare pressione sulle Stato per altre vie sia allo scopo di indurre gli apparati dello Stato anche a delle trattative con la mafia sia, quanto meno, per allentare la pressione degli organi dello Stato su Cosa Nostra e sulla Sicilia. Non posso essere più preciso su ciò, ma ricordo che il Malpassotu mi raccontò che si era deciso che tutte le future azioni terroristiche di Cosa Nostra venissero rivendicate con la sigla Falange Armata"; lo stesso Malvagna sostenne di aver incaricato un suo picciotto, tale Alfio Adornetto, di effettuare telefonate di minaccia a nome della "Falange Armata" contro l'allora sindaco di Misterbianco Antonino Di Guardo[32]. Un altro collaboratore catanese, Maurizio Avola[2], dichiarò: "Per quanto riguarda gli obiettivi da colpire, si trattava di azioni di tipo terroristico anche tradizionalmente estranee al modo di operare e alle finalità di Cosa Nostra. Queste azioni, secondo una prassi che era già in atto da tempo, dovevano essere rivendicate con la sigla Falange Armata"[2]. Salvatore Grigoli, uno degli esecutori materiali delle stragi del 1993 per conto dei fratelli Graviano, rivelò: "Francesco Giuliano [mafioso di Brancaccio n.d.r.] mi disse che, dopo i vari attentati, uno dei suoi compiti era rivendicarli a nome della Falange Armata"[33]. Altri collaboratori di maggiore spessore, come Giovanni Brusca e Nino Giuffrè, hanno invece riferito di non aver mai sentito parlare di tale sigla in seno a Cosa Nostra[32].

Le presunte connessioni con Gladio e la Trattativa Stato-mafia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1994, all'interno della relazione del giudice istruttore Leonardo Grassi (titolare dell'inchiesta bis sulla strage dell'Italicus), si avanzava l'ipotesi che la Falange Armata fosse la diretta continuazione di Gladio poiché l'organizzazione stay-behind dipendeva dalla settima divisione del SISMI (la stessa dove, secondo le denunce dell'ambasciatore Fulci, si nascondevano i falangisti) ed inoltre la prima comparsa di telefonate di rinvendicazione effettuate da tale sigla (ottobre 1990) coincideva con l'avvio dell'indagine del giudice Felice Casson su Gladio e i depositi d'armi NASCO, da cui proverebbero gli esplosivi utilizzati in tutte le stragi, da Piazza Fontana a Bologna[27][34]. Durante la XII Legislatura, la Falange Armata fu inoltre oggetto d'indagine da parte della Commissione Stragi presieduta dal senatore Giovanni Pellegrino, che però alla fine escluse la pista di Gladio[20].

Nel 2013, nel decreto di rinvio a giudizio del gup di Palermo Piergiorgio Morosini riguardante il procedimento sulla trattativa Stato-mafia, si leggeva:

«Dall’esame delle fonti indicate si ricavano elementi a sostegno di una ipotesi di esistenza di un progetto eversivo dell’ordine costituzionale, da perseguire attraverso una serie di attentati aventi per obiettivo vittime innocenti e alte cariche dello Stato, rivendicati dalla Falange Armata e compiuti con l’utilizzo di materiale bellico proveniente dai paesi dell’est dell’Europa. (...) Nel perseguimento di questo progetto Cosa Nostra sarebbe alleata con consorterie di ‘diversa estrazione’, non solo di matrice mafiosa (in particolare sul versante catanese, calabrese e messinese). E nelle intese per dare forma a tale progetto sarebbero coinvolti ‘uomini cerniera’ tra crimine organizzato, eversione nera, ambienti deviati dei servizi di sicurezza e della massoneria, quali ad esempio Ciancimino Vito[35]»

Il 25 giugno 2015 l'ambasciatore e diplomatico italiano Francesco Paolo Fulci, ex presidente del CESIS, è tornato a ribadire, durante il processo sulla trattativa Stato-mafia, che le telefonate rivolte all'ANSA in cui la Falange Armata rivendicava omicidi e stragi durante gli anni novanta provenivano da cabine telefoniche, spesso adiacenti alle sedi del SISMI[36].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Falange armata, mix d'eversione e criminalità archiviostorico.corriere.it
  2. ^ a b c d e f Falange Armata: ‘Riina chiudi la bocca’. Dopo 20 anni ricompare la sigla del terrore ilfattoquotidiano.it
  3. ^ IL DOSSIER ' UNO BIANCA' E' SUL TAVOLO DI SICA - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  4. ^ Le tappe della falange armata, su antimafiaduemila.com.
  5. ^ ' LA CALABRIA E' TERRA DI NESSUNO QUI LO STATO NON COMBATTE PIU' ' - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  6. ^ Gli attentati ai carabinieri, i servizi segreti e la Falange armata: così la 'ndrangheta partecipò alla stagione stragista, su Il Fatto Quotidiano, 26 luglio 2017. URL consultato il 2 novembre 2021.
  7. ^ AGGUATO NELLA NOTTE UCCISI DUE CARABINIERI - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  8. ^ Massimiliano Giannantoni e Paolo Volterra, L’operazione criminale che ha terrorizzato l’Italia. La storia segreta della Falange Armata, Newton Compton Editori, 9 gennaio 2014, ISBN 978-88-541-6317-1. URL consultato il 22 ottobre 2021.
  9. ^ L' IRA DI PIPPO BAUDO ' NON HO AMICI MAFIOSI' - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  10. ^ PUGLIA, NOTTE DELLE BOMBE - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 22 ottobre 2021.
  11. ^ ATTENTATO LECCE: SI INDAGA SULLA SACRA CORONA UNITA, su www1.adnkronos.com. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  12. ^ LA MAFIA AVEVA AVVERTITO BAUDO - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  13. ^ VIA DEI SABINI, BOMBA BEFFA - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 22 ottobre 2021.
  14. ^ UNA BOMBA CONTRO I GIUDICI PADOVA NEL MIRINO DEL TERRORE - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 22 ottobre 2021.
  15. ^ a b SCALFARO PARTE CIVILE CONTRO LA FALANGE ARMATA - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  16. ^ DI PIETRO: HANNO FATTO MORIRE MIA MADRE - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  17. ^ IN 3 ANNI HA RIVENDICATO TUTTO - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  18. ^ FALANGE, TERRORISMO AL COMPUTER - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 26 ottobre 2021.
  19. ^ PRESO IL ' PIRATA' DI BANKITALIA - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 26 ottobre 2021.
  20. ^ a b c Sen. Giovanni Pellegrino, Prima relazione semestrale sullo stato dei lavori (PDF), su senato.it, Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi.
  21. ^ a b FALANGE, L'OMBRA DEL SISMI - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 26 ottobre 2021.
  22. ^ On. Luciano Violante, Seguito dell'audizione del ministro dell'Interno, sen. Nicola Mancino (PDF), su archivioantimafia.org, Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari - XI Legislatura.
  23. ^ ' SVENTATI QUATTORDICI ATTENTATI' - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 16 giugno 1993. URL consultato il 20 agosto 2023.
  24. ^ a b Mafia, il ritorno della sigla "Falange armata" Lettera a Riina in carcere: "Chiudi quella maledetta bocca" palermo.repubblica.it
  25. ^ la Repubblica/cronaca: Venezia, rispunta la Falange nuove minacce per Casson, su repubblica.it. URL consultato il 29 ottobre 2021.
  26. ^ E' MORTO PIETRO SAVIOTTI, PM ANTITERRORISMO DI ROMA, su tg1.rai.it.
  27. ^ a b Gladio, P2, Falange è il filo nero delle stragi, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 26 ottobre 2021.
  28. ^ ANCORA IN SERVIZIO GLI 007 ' FALANGISTI' - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 26 ottobre 2021.
  29. ^ FALANGE, IL PRIMO ARRESTO - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  30. ^ IL TELEFONISTA DELLA FALANGE NEGA MA LE PROVE SONO SCHIACCIANTI - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  31. ^ Massimiliano Giannantoni e Paolo Volterra, L’operazione criminale che ha terrorizzato l’Italia. La storia segreta della Falange Armata, Newton Compton Editori, 9 gennaio 2014, ISBN 978-88-541-6317-1. URL consultato il 18 ottobre 2021.
  32. ^ a b Attilio Bolzoni, La misteriosissima Falange Armata, su Mafie. URL consultato il 29 ottobre 2021.
  33. ^ Enrico Bellavia, Sbirri e padreterni: Storie di morti e fantasmi, di patti e ricatti, di trame e misteri, Gius.Laterza & Figli Spa, 23 giugno 2016, ISBN 978-88-581-2609-7. URL consultato il 29 ottobre 2021.
  34. ^ Rita Di Giovacchino, Stragi: Quello che Stato e mafia non possono confessare, LIT EDIZIONI, 24 giugno 2015, ISBN 978-88-6944-390-9. URL consultato il 26 ottobre 2021.
  35. ^ Falange Armata si rifà viva con la lettera a Totò Riina ma la sua presenza borderline è vecchia: le indagini dei pm di Palermo, su Il Sole 24 ore, 26 febbraio 2014. URL consultato il 21 ottobre 2021.
  36. ^

    «C’era questa storia della Falange Armata e allora incaricai questo analista del SISDE, si chiamava Davide De Luca [...], gli chiesi di lavorare sulle rivendicazioni. [...] Dopo alcuni giorni [...] mi disse: questa è la mappa dei luoghi da dove partono le telefonate e questa è la mappa delle sedi periferiche del SISMI in Italia, le due cartine coincidevano perfettamente, e in più De Luca mi disse che le chiamate venivano fatte sempre in orario d’ufficio.»

    Giuseppe Pipitone, Trattativa, l’ex capo dei Servizi Fulci: “la Falange chiamava dalle sedi Sismi, alcuni 007 usavano esplosivi”, 25 giugno 2015, Il Fatto Quotidiano

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Massimiliano Giannantoni e Paolo Volterra, L'operazione criminale che ha terrorizzato l'Italia. La storia segreta della Falange Armata, Newton Compton Editori, 2014 ISBN 978-88-541-6061-3
  • Salvatore Borsellino (a cura di), La repubblica delle stragi. 1978/1994. Il patto di sangue tra Stato, mafia, P2 ed eversione nera, PaperFIRST, 2018.
  • Archivio Antimafia, pubblica le sentenze dei vari gradi di giudizio relative agli attentati dinamitardi del '92-'93, nonché quella di primo grado relativa alla trattativa Stato-Mafia.
  • Giovanni Spinosa e Michele Mengoli, La falange armata - Storia del golpe sconosciuto che ha ridisegnato l'Italia, Piemme, 2022 ISBN 978-8856684544

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