Epatite D

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Epatite D
Specialitàinfettivologia
EziologiaInfettiva
Sede colpitaFegato
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-9-CM070.31
ICD-10B17.0 e B18.0
MeSHD003699
MedlinePlus000216
eMedicine178038

L'epatite virale D è una epatite virale causata dal virus HDV, chiamato anche "virus delta" o deltavirus. Essendo un virus difettivo richiede la contemporanea presenza di HBV (in questo caso che funge da helper), di cui utilizza l'involucro pericapsidico con annesse le proteine di superficie (HBsAg). Il genoma contiene diverse sequenze ORF; esso replica mediante un intermedio a RNA.

Epidemiologia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Epidemiologia dell'epatite D.

L'epatite D è ubiquitaria in tutto il mondo; secondo una recente revisione sistematica potrebbero essere infettati fino a 60 milioni di individui.

Eziopatogenesi[modifica | modifica wikitesto]

HDV è un virus difettivo che contagia l'uomo solo se è già presente l'HBV (coinfezione o sovrainfezione), il virus responsabile dell'epatite B.[1]

Può esserci una coinfezione da virus delta o una sovrainfezione. Nel secondo caso si può avere una maggiore probabilità di cronicizzazione; nel secondo si può avere con una probabilità maggiore un’epatite fulminante che porta rapidamente a morte.[2]

Trasmissione[modifica | modifica wikitesto]

Le vie di trasmissione del virus dell'epatite D sono simili a quelle per l'epatite B. L'infezione è in gran parte limitata alle persone ad alto rischio di infezione da epatite B, in particolare tossicodipendenti e persone sottoposte a trasfusioni di sangue o derivati non opportunamente controllate.[3] In tutto il mondo oltre 15 milioni di persone sono co-infettati.[3] HDV è raro nei paesi più sviluppati ed è per lo più associato all'uso di droghe per iniezione. Tuttavia, l'HDV è molto più comune nella regione mediterranea e nell'Africa sub-sahariana, nel Medio Oriente e nella parte settentrionale del Sud America.[4]

Anatomia patologica[modifica | modifica wikitesto]

L'epatite D come altre infezioni virali provoca necrosi e infiammazione epatica. Nella fase acuta si osservano infiltrati intralobulare di cellule infiammatorie (linfociti, macrofagi) ed una eosinofilia citoplasmatica. Nell'epatite cronica si osserva necrosi periportale spesso accompagnata da alterazioni nodulari.[5]

Clinica[modifica | modifica wikitesto]

L'infezione da virus dell'epatite D è un processo infiammatorio acuto e cronico trasmesso per via parenterale. L'epatite D si replica indipendentemente all'interno degli epatociti ma richiede l'antigene di superficie dell'epatite B per la sua propagazione. La morte cellulare epatica si verifica a causa di effetti citotossici diretti del virus dell'epatite D o di una risposta immunitaria mediata dall'ospite.[6] La trasmissione perinatale è rara. I fattori di rischio includono trasfusioni di sangue e uso di droghe per via endovenosa.[7]

Trattamento[modifica | modifica wikitesto]

L'interferone alfa pegilato somministrato per almeno 48 settimane indipendentemente dai modelli di risposta durante il trattamento, viene consigliato da tutte le linee guida pur garantendo un tasso complessivo di risposta virologica sostenuta basso, anche se, si riesce così a garantire un minore tasso di progressione della malattia.[8]

Il trapianto di fegato può essere preso in considerazione per casi di epatite fulminante e malattia epatica allo stadio terminale.[8]

Prevenzione[modifica | modifica wikitesto]

La profilassi è uguale a quella per l'epatite B: il vaccino per l'epatite B è infatti sufficiente per evitare l'infezione da epatite D.[9]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Makino S, Chang MF, Shieh CK, Toshio Kamahora, David M. Vannier, Sugantha Govindarajan e Michael M. C. Lai, Molecular cloning and sequencing of a human hepatitis delta (delta) virus RNA, in Nature, vol. 329, n. 6137, 1987, pp. 343–6, DOI:10.1038/329343a0, PMID 3627276.
  2. ^ Fattovich G, Giustina G, Christensen E, M Pantalena, I Zagni, G Realdi e SW Schalm, Influence of hepatitis delta virus infection on morbidity and mortality in compensated cirrhosis type B, in Gut, vol. 46, n. 3, marzo 2000, pp. 420–6, DOI:10.1136/gut.46.3.420, PMC 1727859, PMID 10673308.
  3. ^ a b Epatiti virali, su cdsn.it. URL consultato il 1º febbraio 2012 (archiviato dall'url originale il 2 gennaio 2012).
  4. ^ Taylor JM, Hepatitis delta virus, in Virology, vol. 344, n. 1, gennaio 2006, pp. 71–6, DOI:10.1016/j.virol.2005.09.033, PMID 16364738.
  5. ^ Hepatitis D - StatPearls - NCBI Bookshelf, su ncbi.nlm.nih.gov. URL consultato il 4 luglio 2020.
  6. ^ Negro F, Korba BE, Forzani B, Baroudy BM, Brown TL, Gerin JL, Ponzetto A, Hepatitis delta virus (HDV) and woodchuck hepatitis virus (WHV) nucleic acids in tissues of HDV-infected chronic WHV carrier woodchucks, in J. Virol., vol. 63, n. 4, aprile 1989, pp. 1612–8, PMC 248403, PMID 2926865. URL consultato il 4 luglio 2020.
  7. ^ Patel EU, Thio CL, Boon D, Thomas DL, Tobian AAR, Prevalence of Hepatitis B and Hepatitis D Virus Infections in the United States, 2011-2016, in Clin. Infect. Dis., vol. 69, n. 4, agosto 2019, pp. 709–712, DOI:10.1093/cid/ciz001, PMC 6669285, PMID 30605508. URL consultato il 4 luglio 2020.
  8. ^ a b (EN) Hepatitis D, su who.int, www.who.int. URL consultato il 4 luglio 2020.
  9. ^ Epatite virale, su epicentro.iss.it, Istituto Superiore di Sanità. URL consultato il 24 aprile 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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