Enrico Cialdini

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Enrico Cialdini
NascitaCastelvetro di Modena, 8 agosto 1811
MorteLivorno, 8 settembre 1892
Dati militari
Paese servitoBandiera della Spagna Regno di Spagna
Bandiera del Regno di Sardegna Regno di Sardegna
Bandiera dell'Italia Regno d'Italia
Forza armata Esercito spagnolo
Regia Armata Sarda
Regio Esercito
GradoCapo di stato maggiore generale
Generale d'armata
Guerre
Campagne
BattaglieBattaglia di Villata
Battaglia di Castelfidardo
Assedio di Gaeta (1860)
Assedio di Civitella del Tronto
Comandante diRegio Esercito
Studi militariAccademia reale di Torino
Altre caricheDiplomatico
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Enrico Cialdini
Ritratto di Enrico Cialdini dal Parlamento del Regno d'Italia, 1861

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato25 giugno 1864 –
8 settembre 1892
Legislaturadalla VIII (nomina 13 marzo 1864) alla XVII
Tipo nominaCategorie: 3, 14, 20
Incarichi parlamentari
  • Membro della Commissione per l'esame del disegno di legge sui provvedimenti relativi all'esercito (8 giugno 1870)
Sito istituzionale

Deputato del Regno d'Italia
Durata mandato18 febbraio 1861 –
13 marzo 1864[1]
LegislaturaVIII
CollegioReggio Emilia
Sito istituzionale

Deputato del Regno di Sardegna
Durata mandato2 aprile 1860 –
6 ottobre 1860[2]
LegislaturaVII
CollegioReggio Emilia
Sito istituzionale

Dati generali
Prefisso onorificoDuca
Professione
  • Militare di carriera
  • Diplomatico
FirmaFirma di Enrico Cialdini
Enrico Cialdini
Duca di Gaeta
Stemma
Stemma
In carica18 settembre 1870 -
8 settembre 1892
PredecessoreTitolo creato
SuccessoreTitolo estinto
TrattamentoSua Eccellenza
NascitaCastelvetro di Modena, 8 agosto 1811
MorteLivorno, 8 settembre 1892
SepolturaCimitero suburbano di Pisa
PadreGiuseppe Cialdini
MadreLuigia Santyan y Velasco

Enrico Cialdini, duca di Gaeta (Castelvetro di Modena, 8 agosto 1811Livorno, 8 settembre 1892), è stato un nobile, generale, diplomatico e politico italiano, una delle figure militari di maggior rilievo dell'esercito piemontese e successivamente del Regio Esercito italiano, in particolare durante la campagna piemontese in Italia centrale del 1860, l'assedio di Gaeta, la repressione del Brigantaggio postunitario italiano e la Terza guerra d'indipendenza italiana.

La sua figura è stata, a partire dai primi anni del XXI secolo, al centro di progressive critiche per i suoi duri metodi nelle fasi centrali della lotta al brigantaggio nel Mezzogiorno d'Italia, risultando uno dei protagonisti più controversi del Risorgimento italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini e formazione[modifica | modifica wikitesto]

Nacque da Giuseppe, ingegnere, e Luigia Santyan y Velasco, di origine spagnola; si trasferì durante l'infanzia nella vicina Reggio Emilia.

Studiò medicina fino al 1831 quando, coinvolto nei moti di rivolta dei ducati e della Romagna, fu costretto a emigrare prima in Francia e poi in Portogallo, dove incominciò la carriera militare.

In seguito combatté in Spagna nella prima guerra carlista contro la fazione monarchico legittimista, come il conterraneo Manfredo Fanti, col grado di colonnello. Sempre in Spagna conobbe e sposò, nel 1845, Maria Martinez de León.

Il rientro in Italia e la partecipazione alle guerre di indipendenza italiane[modifica | modifica wikitesto]

Rientrato in Italia nel 1848, nel corso della Prima guerra d'indipendenza servì nell'Armata Sarda sotto il generale Durando e i pontifici alla battaglia di Monte Berico (Vicenza), dove venne ferito. Rimasto nell'esercito sabaudo, partecipò al corpo di spedizione italiano alla guerra di Crimea col grado di generale.

Nel corso della Seconda guerra d'indipendenza fu a Palestro nel 1859 e l'anno successivo all'assedio di Ancona, venendo promosso a generale d'armata il 6 ottobre 1860, dopo l'importante vittoria sui pontifici ottenuta nella battaglia di Castelfidardo il 18 settembre, transitando attraverso Porta Rimini a Pesaro l'11 settembre. Proseguendo verso sud, alla guida del IV Corpo d'Armata, prese parte alla battaglia del Macerone, quindi alla battaglia del Garigliano e fu comandante all'assedio di Gaeta, al termine del quale gli venne conferito il titolo di Duca di Gaeta. Il generale, capitolata la piazzaforte gaetana, mostrò, a dispetto delle recenti ingiuriose e interessate accuse, per i vinti rispetto e fraterno trasporto, tanto da ordinare di non organizzare festeggiamenti per quella vittoria ottenuta su altri italiani:

«[...] Soldati! Noi combattemmo contro Italiani, e fu questo necessario, ma doloroso ufficio. Epperciò non potrei invitarvi a dimostrazioni di gioia, non potrei invitarvi agli insultanti tripudi del vincitore. Stimo più degno di voi e di me radunarvi quest’oggi sull’istmo e sotto le mura di Gaeta, dove verrà celebrata una gran messa funebre. Là pregheremo pace ai prodi che durante questo memorabile assedio perirono combattendo tanto nelle nostre linee quanto sui baluardi nemici. La morte copre di un mesto velo le discordie umane e gli estinti sono tutti eguali agli occhi dei generosi. Le ire nostre d’altronde non sanno sopravvivere alla pugna. Il soldato di Vittorio Emanuele combatte e perdona. 17 febbraio 1861 Cialdini.»

Luogotenente del Re e repressione del brigantaggio[modifica | modifica wikitesto]

«Enrico Cialdini, nel 1861 plenipotenziario a Napoli del Re Vittorio II. In quel suo rapporto ufficiale sulla cosiddetta "guerra al brigantaggio", Cialdini dava queste cifre per i primi mesi e per il solo Napoletano: 8 968 fucilati, tra i quali 64 preti e 22 frati; 10 604 feriti; 7 112 prigionieri; 918 case bruciate; 6 paesi interamente arsi; 2 905 famiglie perquisite; 12 chiese saccheggiate; 13 629 deportati; 1 428 comuni posti in stato d'assedio.»

Dopo l'assedio e la resa di Gaeta, nell'agosto 1861 Cialdini venne inviato a Napoli, con poteri eccezionali, per affrontare l'emergenza del cosiddetto brigantaggio postunitario (pochi giorni prima, il 15 luglio, era stato nominato luogotenente del re Vittorio Emanuele II nelle province continentali dell'ex Regno delle Due Sicilie). In questa fase comandò una dura repressione del fenomeno attraverso un sistematico ricorso ad arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie, vaste azioni contro centri abitati.

L'obiettivo strategico consisteva nel ristabilire le vie di comunicazione e conservare il controllo dei centri abitati. Gli strumenti a sua disposizione venivano, nel frattempo, incrementati con l'istituto del domicilio coatto e la moltiplicazione delle taglie. Le forze a sue disposizione consistevano in circa 22.000 uomini, presto passati a 50.000 nel dicembre del 1861; in tali condizioni Cialdini poté mantenere l'iniziativa, giungendo a eliminare le grandi bande criminali a cavallo e i loro migliori comandanti e, soprattutto, a estinguere il cosiddetto "focolaio lucano".

Con l'azione di Cialdini la lotta contro il brigantaggio raggiunse il risultato strategico principale, cancellando le premesse per una possibile sollevazione generale delle province meridionali. Con estrema severità, non solo contro i briganti stessi, ma anche contro la popolazione accusata di appoggiarli, il generale poté annientare completamente il brigantaggio, tanto più che il fenomeno aveva perso il sostegno dei Borbone in esilio e al contempo suscitato l'ostilità popolare contro quella forma di crudo banditismo.

Cialdini dovette affrontare anche i fatti di Pontelandolfo e Casalduni. Tale episodio si verificò in seguito all'uccisione e mutilazione di 45 militari del neo costituito esercito italiano (un ufficiale, quaranta bersaglieri e quattro carabinieri) per opera di alcuni briganti e di contadini del posto che li avevano fatti prigionieri. Il Regio Esercito riprese il controllo del territorio e il 14 agosto 1861 i due piccoli centri vennero dati alle fiamme e distrutti per rappresaglia.

La fine della luogotenenza e la Terza guerra d'indipendenza[modifica | modifica wikitesto]

Alla fine del 1861 fu soppresso l'istituto della luogotenenza e Cialdini fu nominato commissario straordinario in Sicilia; in tale veste ebbe un ruolo di primo piano nell'azione militare che fermò Giuseppe Garibaldi sull'Aspromonte.

Nel corso della Terza guerra d'indipendenza ebbe il comando di una delle due armate italiane, quella schierata a sud del Po verso Mantova e Rovigo. Per tutta la fase iniziale della guerra non assunse alcuna posizione offensiva, limitandosi ad azioni dimostrative. Solo dopo che il capo di stato maggiore generale Alfonso La Marmora fu sconfitto dagli austriaci a Custoza, incominciò l'assedio della fortezza austriaca di Borgoforte, a sud del Po; gli venne dunque affidato il grosso dell'esercito e guidò l'avanzata italiana dal Po da Ferrara fino all'Isonzo.

Gli ultimi anni e la carriera politica[modifica | modifica wikitesto]

Eletto deputato al primo (1860) e al secondo (1861) parlamento italiano nella circoscrizione di Reggio Emilia, il 13 marzo 1864 venne nominato senatore da Vittorio Emanuele II di Savoia.

Nel 1869 venne nominato da Vittorio Emanuele II ambasciatore speciale in Spagna, al fine di favorire un esponente della Casa Savoia al trono vacante (successione spagnola del 1870). Il tentativo ebbe successo il 6 novembre del 1870, quando le Cortes designarono Amedeo d'Aosta quale nuovo re di Spagna, con il titolo di Amedeo I di Spagna. All'abdicazione di Amedeo, l'11 febbraio del 1873, Cialdini passò ad ambasciatore italiano in Francia fino al 1881, quando prese definitivo congedo dalla vita politica.

Alla morte fu sepolto nel cimitero suburbano di Pisa.

Revisione storica della figura di Cialdini[modifica | modifica wikitesto]

La figura di Enrico Cialdini, lungamente considerata eroica dalla storiografia risorgimentale, è stata oggetto di un processo di revisione storica che lo ha fatto diventare il centro di numerose critiche e disconoscimenti. In particolare, il comune di Pontelandolfo, in provincia di Benevento, è stato riconosciuto come "luogo della memoria" per il massacro perpetrato ai danni di cittadini inermi[4], tanto che l'ex Presidente del Consiglio Giuliano Amato ha chiesto ufficialmente scusa alla "città martire" nell'ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell'unificazione italiana[5]. Alle scuse di Amato sono seguite anche quelle di Graziano Delrio, nel 2011 sindaco di Reggio Emilia (città che, oltre ad avere intitolato al generale una strada e il palazzo della questura, ospita anche un busto del generale nel porticato centrale del municipio), pronunciate alla presenza del vicesindaco di Pontelandolfo proprio sotto il busto di Cialdini, non senza qualche imbarazzo dell'amministrazione comunale.[6]

Negli anni seguenti l'unità nazionale, non poche città intitolarono piazze o strade a Cialdini, esposero suoi busti o gli concessero la cittadinanza onoraria. Tuttavia, a partire dai primi anni del XXI secolo, diverse città, come Venezia[7], Catania, Palermo[8], Casamassima[9], Barletta[10],Lamezia Terme e Trepuzzi [11] hanno rimosso il suo nome dalle strade precedentemente intitolategli. In quest'ultima città, via Cialdini è stata dedicata ad Angela Romano, una bambina di nove anni presa in ostaggio dai briganti e che sarebbe stata colpita erroneamente nella strage di Castellammare del Golfo[12], mentre Vicenza ha rinominato la piazza dedicata al vicentino Pier Eleonoro Negri, colonnello e luogotenente di Cialdini a Pontelandolfo.[13]

Il 26 dicembre 2016 il consiglio comunale di Napoli ha deliberato all'unanimità la mozione indirizzata al sindaco De Magistris affinché sollecitasse la locale Camera di Commercio a rimuovere il busto di Cialdini dal salone delle contrattazioni[14] (busto tuttora nella sua posizione). Il 20 aprile 2017, inoltre, lo stesso comune di Napoli, «come atto di riconoscimento della memoria storica delle vittime delle stragi che il generale Cialdini ha perpetrato nel nostro territorio e nel Mezzogiorno d'Italia», ha ritirato la cittadinanza onoraria che era stata in passato concessa a Cialdini[15].

Eppure la deliberazione, votata all'unanimità dal Decurionato napoletano (antico organo deliberativo comunale) il 21 febbraio 1861[16], appena una settimana dopo la caduta della fortezza di Gaeta ad opera truppe comandate da Cialdini, era stata motivata come «testimonianza di riconoscenza» per «la generosità ed il patriottismo mostrato nel vietare ai suoi soldati di festeggiare una vittoria riportata sopra gl'Italiani». Una volta ricevuto l’assenso del Dicastero dell’interno, il 6 aprile il sindaco Giuseppe Colonna di Stigliano avvisò il governatore della Provincia di Napoli di aver stanziato dieci ducati per spese impreviste, «per far in pergamena ed in ottima calligrafia la deliberazione con la quale questo Decurionato votò la Cittadinanza Napolitana al prode Generale Cialdini, nonché per un corrispondente astuccio in pelle onde inviarla all’illustre Generale, per seta moiré ed altri accessori».[17]

Va inoltre ricordato che la costruzione dell'edificio del palazzo della Borsa di Napoli, dove oggi ha sede la Camera di Commercio, venne avviata nel 1895 proprio grazie ai fondi donati dal generale Enrico Cialdini.[18] Ad Enrico Cialdini è dedicata una caserma, nel centro storico di Bologna, sede del comando militare della regione Emilia Romagna.[19]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze Italiane[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Balì di Gran Croce Sovrano Militare Ospedaliero Ordine di Malta - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di gran croce dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
Grande ufficiale dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
Commendatore dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'Argento al Valor Militare - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia piemontese della guerra di Crimea - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia francese commemorativa della campagna 1859 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa delle campagne delle Guerre d'Indipendenza - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia a ricordo dell'Unità d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Commendatore dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mandato cessato dopo la nomina a senatore.
  2. ^ Cessazione dopo essere stato nominato generale d'armata.
  3. ^ tratto da: La sfida della fede. Fuori e dentro la Chiesa: la cronaca in una prospettiva cristiana, Paoline, Milano 1993
  4. ^ Il massacro dimenticato di Pontelandolfo quando i bersaglieri fucilarono gli innocenti repubblica.it
  5. ^ Pontelandolfo, scuse per un massacro. Il Corriere della Sera, Accesso il 21 aprile 2017
  6. ^ Reggio Emilia: strada, caserma e un busto dedicati allo stragista Cialdini gazzettadireggio.gelocal.it
  7. ^ Mestre, cambia il nome di piazzale Cialdini - Cronaca - La Nuova di Venezia
  8. ^ Inuovivespri.it, Palermo si sveglia: sì alla mozione contro la via dedicata all’assassino Cialdini. Al suo posto, Giovanni Lo Porto
  9. ^ OCCHIO ALLE STRADE: VIA CIALDINI CAMBIA NOME. Casamassima Web, accesso il 21 aprile 2017, su casamassimaweb.it. URL consultato il 21 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 21 aprile 2017).
  10. ^ Seduta di Giunta del 31 agosto 2017 - Comune di Barletta - La Città della Disfida, su comune.barletta.bt.it. URL consultato il 18 settembre 2017 (archiviato dall'url originale il 20 settembre 2017).
  11. ^ Trepuzzi una via intestata a Teresa Russo
  12. ^ Saverio Paletta, Angelina Romano, dalla tragedia alla bufala, in indygesto.com, 27 maggio 2019.
  13. ^ A Vicenza adesso c’è «piazza Pontelandolfo» il mattino.it
  14. ^ Napoli, il Consiglio all’unanimità: «Rimuovere il busto di Cialdini». Il Corriere del Mezzogiorno, 26 dicembre 2016. accesso il 21 aprile 2017.
  15. ^ Al generale Enrico Cialdini revocata la cittadinanza onoraria di Napoli. Il Mattino, 20 aprile 2017. Accesso il 21 aprile 2017
  16. ^ Consultabile, in estratto conforme, nella busta 212, fascicolo 1, del fondo Prefettura presso l’Archivio di Stato di Napoli; il fascicolo comprende un incartamento intitolato «Cittadinanza offerta dal Decurionato di Napoli al Generale Cialdini ed al suo Corpo di esercito»
  17. ^ Lorenzo Terzi, Garibaldi e Cialdini napoletani onorari, in indygesto.com, 25 agosto 2020.
  18. ^ PALAZZO DELLA BORSA DI NAPOLI, in napoli-turistica.com, 6 febbraio 2019.
  19. ^ Bologna Online, su www.bibliotecasalaborsa.it. URL consultato il 21 marzo 2023.
  20. ^ a b c Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Comandante generale delle truppe alpine Successore
Domenico Cucchiari 1861 - 1866 Agostino Petitti Bagliani di Roreto
Predecessore Ambasciatore italiano in Francia Bandiera della Francia Successore
Costantino Nigra 1876 - 1882 Luigi Federico Menabrea
Controllo di autoritàVIAF (EN42591032 · ISNI (EN0000 0000 6120 5414 · SBN PALV026962 · BAV 495/98683 · CERL cnp01079373 · GND (DE116517115 · BNF (FRcb16157906f (data) · WorldCat Identities (ENviaf-42591032