Emilio Visconti Venosta

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Emilio Visconti Venosta

Ministro degli affari esteri del Regno d'Italia
Durata mandato24 marzo 1863 –
28 settembre 1864
MonarcaVittorio Emanuele II di Savoia
Capo del governoMarco Minghetti
PredecessoreGiuseppe Pasolini
SuccessoreAlfonso La Marmora
LegislaturaVIII legislatura del Regno d'Italia

Durata mandato28 giugno 1866 –
10 aprile 1867
Capo del governoBettino Ricasoli
PredecessoreBettino Ricasoli
SuccessoreFederico Pescetto
LegislaturaIX legislatura del Regno d'Italia

Durata mandato14 dicembre 1869 –
10 luglio 1873
MonarcaVittorio Emanuele II di Savoia
Capo del governoGiovanni Lanza
PredecessoreLuigi Federico Menabrea
LegislaturaXI legislatura del Regno d'Italia

Durata mandato10 luglio 1873 –
20 novembre 1876
Capo del governoMarco Minghetti
SuccessoreLuigi Melegari
LegislaturaXII legislatura del Regno d'Italia

Durata mandato11 luglio 1896 –
1º giugno 1898
Capo del governoAntonio Starabba, marchese di Rudinì
PredecessoreOnorato Caetani di Sermoneta
SuccessoreRaffaele Cappelli
LegislaturaXIX legislatura del Regno d'Italia, XX legislatura del Regno d'Italia

Durata mandato14 maggio 1899 –
24 giugno 1900
Capo del governoLuigi Pelloux
PredecessoreFelice Napoleone Canevaro

Durata mandato24 giugno 1900 –
15 febbraio 1901
Capo del governoGiuseppe Saracco
SuccessoreGiulio Prinetti
LegislaturaXXI legislatura del Regno d'Italia

Senatore del Regno d'Italia
Legislaturadalla XVI (nomina 07/06/1886)
Sito istituzionale

Deputato del Regno d'Italia
LegislaturaVIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV, XV
Sito istituzionale

Deputato del Regno di Sardegna
LegislaturaVII
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoDestra storica
Professionediplomatico

Il marchese Emilio Visconti Venosta (Milano, 22 gennaio 1829Roma, 28 novembre 1914) è stato un diplomatico e politico italiano, più volte ministro degli Esteri, senatore del Regno d'Italia nella XVI legislatura.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

I primi anni[modifica | modifica wikitesto]

Stemma di Emilio Visconti Venosta dopo il suo matrimonio con Maria Luisa Alfieri di Sostegno

Figlio di Francesco (1797-1846) e Paola Borgazzi (m. 1864), e fratello maggiore del patriota Giovanni Visconti Venosta, Emilio studiò al Liceo classico Giuseppe Parini a Milano e successivamente frequentò la facoltà di giurisprudenza a Pavia, poi intraprese la politica prima con i repubblicani e poi con i cavouriani. Sposò Maria Luisa Alfieri di Sostegno, parente sia di Vittorio Alfieri sia di Cavour.

Discepolo di Mazzini, prese parte a tutte le cospirazioni anti-austriache fino alla sollevazione di Milano il 6 febbraio 1853, quando, per divergenze d'idee con Mazzini, quest'ultimo si separò dalla "cospirazione ufficiale" con una lettera indirizzata allo stesso[1]. Continuò comunque la sua propaganda anti-austriaca, rese un buon servizio alla causa nazionale; infastidito dalla polizia austriaca, fu quindi obbligato nel 1859 a rifugiarsi a Torino e, durante la guerra con l'Austria di quell'anno, fu nominato da Cavour commissario del Re nelle forze garibaldine.

Ministro degli Esteri[modifica | modifica wikitesto]

Eletto deputato nel 1860, accompagnò Farini in missioni diplomatiche a Modena e Napoli e fu quindi inviato a Londra e Parigi per ragguagliare i governi inglese e francese sulla situazione italiana. Come riconoscimento per la diplomazia usata in questa occasione, Cavour gli conferì un incarico stabile al Ministero degli Esteri. In seguito Visconti Venosta fu nominato Segretario generale del Ministero dal conte Pasolini[2]. Alla morte di questi, divenne ministro degli Esteri il 24 marzo 1863 nel governo Minghetti;ebbe l'importante ruolo di non far restare l'Italia isolata politicamente (specialmente dopo la presa di Roma avvenuta 7 anni dopo la sua nomina), divenne famoso per la celebre frase "indipendenti sempre isolati mai". Nella veste di ministro e nel 1864 sottoscrisse la "convenzione di settembre" con la Francia sulla "questione romana".

Terminata la funzione di ministro con la caduta di Minghetti nell'autunno nel 1864, nel marzo 1866 fu inviato dal nuovo capo del governo La Marmora a Costantinopoli come "ministro del re", ma venne quasi immediatamente richiamato e nominato di nuovo ministro degli esteri da Ricasoli. Assunto l'incarico all'indomani della battaglia di Custoza, riuscì ad evitare che parte del debito dell'impero austriaco venisse trasferito all'Italia in aggiunta al debito veneziano. La fine del governo Ricasoli nel febbraio 1867 lo privò per un po' del suo incarico, ma ridivenne ministro degli esteri nel dicembre 1869 entrando nel governo Lanza-Sella; mantenne il dicastero anche nel successivo governo Minghetti, fino alla fine del governo della Destra, nel 1876.

Durante questo lungo periodo, fu chiamato a condurre i delicati negoziati connessi con la guerra franco-prussiana, l'occupazione di Roma e la conseguente fine del potere temporale del papa, la legge delle Guarentigie e le visite di Vittorio Emanuele II a Vienna e Berlino. In occasione del suo matrimonio con la figlia del marchese Alfieri di Sostegno, nipote di Cavour, il re gli attribuì il titolo di marchese. Per un certo periodo rimase in Parlamento, all'opposizione, e il 7 giugno 1886 fu nominato senatore. Risale allo stesso anno la sua nomina a presidente dell'Accademia di Brera, carica che ricoprì per ben due mandati, fino al 1897. Successivamente ne acquisì il titolo di presidente onorario.

Nel 1894, dopo sedici anni di assenza dalla politica attiva, fu scelto come l'arbitro italiano nella disputa del mare di Bering; nel 1896 accettò un'altra volta il dicastero degli esteri nel governo Di Rudinì in un momento in cui i rovesci nella guerra di Abissinia e la pubblicazione di notizie di fonte abissina avevano reso la posizione italiana estremamente difficile. La sua prima preoccupazione fu migliorare le relazioni tra Italia e Francia, contrattando con Parigi un accordo riguardo Tunisi. Durante i negoziati sulla questione di Creta e la guerra greco-turca del 1897 assicurò all'Italia un ruolo significativo in ambito europeo e appoggiò Lord Salisbury nel risparmiare alla Grecia la perdita della Tessaglia.

Si ritirò nuovamente a vita privata nel maggio 1898, dimettendosi per questioni di politica interna, ritornando però in carica nel maggio 1899, sempre come ministro degli esteri, nel secondo governo Pelloux, e vi rimase anche nel successivo governo Saracco, fino alla caduta di questo nel febbraio 1901. Durante questo periodo dedicò la sua attenzione soprattutto al problema della Cina e al mantenimento dell'equilibrio nel Mar Mediterraneo e nell'Adriatico. In tal senso concluse un patto con la Francia per cui si lasciava tacitamente mano libera agli italiani a Tripoli, mentre l'Italia non avrebbe interferito nella politica francese in Marocco; riguardo all'Adriatico, raggiunse un accordo con l'Austria garantendo lo status quo in Albania.

Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

Prudenza e sagacia, insieme a un'ineguagliabile esperienza in politica estera, gli consentirono di assicurare all'Italia la massima influenza possibile nelle questioni internazionali, guadagnandosi la stima unanime delle diplomazie e governi europei. Come riconoscimento per i suoi meriti di servizio, fu nominato Cavaliere dell'Annunziata da Vittorio Emanuele III di Savoia in occasione della nascita della principessa Iolanda Margherita di Savoia, il 1º giugno 1901.

Nel febbraio 1906 fu il delegato italiano nella conferenza di Algeciras. Lo scopo della conferenza era mediare tra Francia e Germania, nella prima crisi marocchina, e assicurare il rimborso di un ingente prestito concesso al Sultano nel 1904. Ad Algeciras Visconti Venosta rese evidenti le contraddizioni della politica degli austro-tedeschi nei confronti dell'Italia, non potendo costoro sostenere che la Triplice Alleanza non avesse efficacia nelle questioni mediterranee e contemporaneamente richiedere all'Italia di appoggiare il tentativo di penetrazione tedesca in Marocco[3].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze italiane[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Gran cordone dell'Ordine di Leopoldo (Regno del Belgio) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine del Dannebrog (Regno di Danimarca) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Rossa (Impero di Germania) - nastrino per uniforme ordinaria
Gran Dignitario dell'Ordine della Rosa (Impero del Brasile) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di V classe dell'Ordine di Medjidié (Impero Ottomano) - nastrino per uniforme ordinaria

Albero genealogico[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Francesco Visconti Venosta Nicolò Visconti Venosta  
 
Anna Stoppani  
Nicolò Visconti Venosta  
Maria Piazzi  
 
 
Francesco Visconti Venosta  
Fabio Castiglioni, conte palatino Francesco Castiglioni, conte palatino  
 
Angela Pusterla  
Francesca Castiglioni  
Ippolita Piccinelli Giuseppe Piccinelli  
 
 
Emilio Visconti Venosta  
 
 
 
Carlo Borgazzi  
 
 
 
Paola Borgazzi  
 
 
 
Rosa Caimi  
 
 
 
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini edizione diretta dall'autore: Politica. 6, Volumi 1-14, Robecchi Levino Editore, p. 306.
  2. ^ Il pungolo: giornale della sera, marzo 1863
  3. ^ Carlo Sforza, L'Italia dal 1914 al 1944 quale io la vidi, Mondadori, Roma, 1945, pagg. 12 e succ.ve
  4. ^ Elenco dei Cavalieri dell'Ordine supremo della Santissima Annunziata

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Parte di questo testo è la traduzione dell'articolo presente sull'Enciclopedia Britannica del 1911 ora di pubblico dominio.

  • Un resoconto dei primi anni della vita di Visconti-Venosta, fino al 1859, è dato dall'interessante opera scritta da suo fratello Giovanni, intitolata Ricordi di Gioventù (Milano, 1904).
  • Per un aggiornamento bibliografico e una disamina dell'attività di pubblicista di Visconti-Venosta si rimanda a Emilia Morelli, Emilio Visconti Venosta da Mazzini a Cavour, Quaderni de Il Risorgimento, Milano 1986.
  • La sua collezione di dipinti e i suoi rapporti con Giovanni Morelli sono stati studiati da Gianpaolo Angelini, La patria e le arti. Emilio Visconti Venosta patriota, collezionista e conoscitore, introduzione di G.C. Sciolla, Fondazione Gruppo Credito Valtellinese e Fondazione Cavour di Santena, Edizioni ETS, Pisa 2013.
  • Interessanti considerazioni su alcuni aspetti della politica estera di Visconti Venosta, sono contenuti in: G. Ferraioli,Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo. Vita di Antonino di San Giuliano (1852-1914), Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007; G. Ferraioli, Federico Chabod e la Valle d'Aosta tra Francia e Italia, Roma, Aracne, 2010.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Ministro degli Esteri del Regno d'Italia Successore
Giuseppe Pasolini 24 marzo 1863 - 28 settembre 1864 Alfonso La Marmora I
Bettino Ricasoli (ad interim) 28 giugno 1866 - 10 aprile 1867 Federico Pescetto (ad interim) II
Luigi Federico Menabrea 13 maggio 1869 - 20 novembre 1876 Luigi Melegari III
Onorato Caetani di Sermoneta 11 luglio 1896 - 1º giugno 1898 Raffaele Cappelli IV
Felice Napoleone Canevaro 14 maggio 1899 - 15 febbraio 1901 Giulio Prinetti V
Predecessore Segretario generale del Ministero degli Affari Esteri Successore
Luigi Melegari 11 dicembre 1862 - 24 marzo 1863 Marcello Cerruti
Predecessore Ambasciatore italiano nell'Impero ottomano Bandiera dell'Impero ottomano Successore
Giuseppe Greppi 1866 - 1867 Giuseppe Bertinatti
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