Vai al contenuto

Aggressione con acido

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Donne acidificate)
Donna deturpata mediante acido, Cambogia.

L'aggressione con acido, conosciuta anche come vitriolage,[1] è una forma di violenza premeditata[2] consistente nel gettare una sostanza corrosiva sul corpo di un'altra persona con l'intento di sfigurarla, mutilarla, torturarla o ucciderla[3].

I responsabili di quest'atto gettano solitamente l'acido sul volto delle loro vittime, bruciando così fino a danneggiare gravemente i tessuti della pelle, spesso addirittura fino ad esporne le ossa e talvolta sciogliendole[4]: i tipi più comuni di sostanze utilizzate a tal scopo sono l'acido solforico, l'acido nitrico e l'acido cloridrico[5].

Le conseguenze a lungo termine di queste aggressioni possono includere la cecità, così come ampie cicatrici permanenti sul viso e sopra tutto il corpo[6][7][8]; col risultato effettivo di danneggiare stabilmente l'esistenza futura della vittima, con gravi difficoltà sociali, psicologiche ed economiche associate conseguenti[3].

Secondo i ricercatori e gli attivisti per i diritti umani i paesi più tipicamente associati all'attacco con acido con l'intento di sfigurare includono il Bangladesh, l'India, il Pakistan, la Cambogia, ma anche Vietnam, Laos, Hong Kong e poi Cina, Kenya, Sudafrica, Uganda ed Etiopia; tra le comunità di immigrati asiatici e/o africani vari casi sono stati registrati anche nel Regno Unito[5]. Infine alcuni gravi episodi si sono verificati anche in Afghanistan[9][10][11][12], Iran[13] ed altri paesi della regione.

Una revisione della letteratura pubblicata nel 2007 ha analizzato 24 studi in 13 paesi, negli ultimi 40 anni, sottoponendo a controllo i dati di 771 soggetti. Nei casi studiati, gli uomini sembrano più frequentemente vittime in ogni paese, ad eccezione del Bangladesh e di Taiwan, con un rapporto uomo/donna che varia da 0,15:1 in Bangladesh a 6,14:1 nel Regno Unito.[14]

Effetti sulla salute

[modifica | modifica wikitesto]

Gli effetti più notevoli e di lunga durata di un attacco con l'acido è lo sfregio permanente del corpo. Secondo l'"Acid Survivor Foundation" (associazione bengalese dedita a prevenire tale tipologia di violenza e fornendo assistenza medico-legale), vi è un elevato tasso di sopravvivenza tra le vittime; di conseguenza queste si trovano a dover affrontare trattamenti chirurgici di lunga durata, oltre ad una problematica psicologica che corre parallela a quella più eminentemente fisica[15]: questi effetti di vasta portata ed impatto sull'esistenza personale rimbalzano poi anche sulla stessa sostenibilità socio-economica delle comunità coinvolte[3].

Primo soccorso medico[16]

[modifica | modifica wikitesto]

Vi è un ampio spettro di effetti causati da un'aggressione con acido; la gravità del danno dipende sia dalla concentrazione della sostanza corrosiva utilizzata che dal periodo di tempo in cui essa è rimasta a contatto con i tessuti prima d'esser tolta, questo lavando accuratamente la pelle con un agente neutralizzante. L'acido può molto rapidamente erodere la pelle e lo strato di grasso immediatamente sottostante fino a raggiungere l'osso.

In quanto la maggioranza dei casi è finalizzata a colpire la faccia[17], le palpebre e le labbra possono essere completamente distrutte e il naso e le orecchie venire gravemente danneggiati[18]. Tra le conseguenze maggiori si possono includere[19]:

  1. Le ossa del cranio sono in parte distrutte o deformate con perdita anche totale dei capelli
  2. La cartilagine dell'orecchio è di solito parzialmente o totalmente distrutta e possono verificarsi casi di sordità
  3. Le palpebre possono venire anch'esse bruciate o deformate, lasciando così gli occhi completamente scoperti e inclini alla cecità; colpendo direttamente l'occhio l'acido danneggia irrimediabilmente la vista
  4. Se colpito, il naso può rimpicciolire e deformarsi, con le narici che possono completamente scomparire venendo distrutta la cartilagine di sostegno
  5. Anche la bocca viene deformata e perdere la propria gamma normale di movimento; se vengono distrutte le labbra si espongono i denti con conseguenti difficoltà d'alimentazione
  6. Le cicatrici possono scendere dal mento fino alla zona più bassa del collo, riducendo lo stesso mento e rendendo estremamente limitata la gamma di movimento del collo
  7. L'inalazione di vapori acidi solitamente provoca difficoltà respiratorie, fino a causare problemi all'esofago

In aggiunta a questi danni specifici, i pazienti corrono anche il rischio di contrarre setticemia, insufficienza renale, depigmentazione cutanea fino a giungere nei casi più estremi alla morte[20].

Problematiche psicologiche

[modifica | modifica wikitesto]

I sopravvissuti si trovano davanti a volte anche a problemi di salute mentale faticosamente superabili; uno studio ha dimostrato che rispetto alla norma occidentale di benessere psicofisico, le vittime di attacco con acido riportano alti livelli di ansia e depressione con forte e continuativo stress psicologico dovuto alla preoccupazione e alla sofferenza.

Conseguenze sociali

[modifica | modifica wikitesto]

Oltre ad effetti immediati fisico-psicologici, esistono anche varie implicazioni sociali per i sopravvissuti ad un'aggressione con acido: di solito le vittime rimangono disabili per tutto il resto della loro vita, dipendendo così interamente da altri anche per le più semplici attività quotidiane come il mangiare o l'andar a far commissioni.

Queste dipendenze sono poi aumentate dal fatto che molti sopravvissuti non sono più in grado di trovare, nelle condizioni di handicap in cui versano, un impiego adeguato a garantirgli una fonte d'indipendenza ed autonomia economica; ciò influisce negativamente causando disagi a catena sia a loro che a chi li assiste. Come risultato i tassi di divorzio sono molto elevati; inoltre, i sopravvissuti che erano single al momento dell'aggressione rischiano di subire un forte rifiuto sociale, di fatto rendendo più difficile le future prospettive matrimoniali[21].

Lo studio approfondito del fenomeno ha spinto alla ricerca di varie soluzioni, anche vista la crescente incidenza dei casi in tutto il mondo; si guarda in certo qual modo al Bangladesh come modello, in cui a seguito di radicali riforme legislative i tassi di aggressione con acido sono notevolmente diminuiti[22]. Tuttavia diverse segnalazioni hanno evidenziato la necessità di un maggiore ruolo giuridico delle ONG per offrire sostegno e aiuto[3]; inoltre quasi tutte le ricerche hanno sottolineato la necessità di una più rigorosa regolamentazione nella libera vendita di queste sostanze all'interno dei paesi più coinvolti, al fine di combattere al meglio questo problema sociale[3][19][22].

Ruolo delle Organizzazioni non governative

[modifica | modifica wikitesto]

Molte ONG sono state create proprio nelle zone con più alta presenza di violenza tramite sostanze corrosive, con l'intento specifico di combattere questo tipo d'aggressioni; esistono organizzazioni simili a quelle operanti in Bangladesh[22] (anche con programmi rivolti alle istituzioni locali)[23] anche in Uganda[19] e Cambogia[3]. Queste offrono servizi di assistenza e riabilitazione, nonché di sostegno a favore di una riforma sociale, nella speranza di aumentare la consapevolezza sulla gravità del problema.

L'associazione pakistana opera ad Islamabad, offrendo supporto medico e di riabilitazione[24]; mentre la fondazione ugandese opera a Kampala fornendo consulenza, trattamento ed assistenza di riabilitazione sia alle vittime che, in caso di necessità, alle famiglie[25]. L'"Acid Survivor Trust International" (ONG a livello internazionale impegnata attivamente per por fine alla violenza causata da acidi) fornisce infine supporto specialistico alle sue organizzazioni associate nei paesi dei continenti africano e asiatico[26][27].

Shirin Juwaley, sopravvissuta bengalese alle ustioni causate dal marito, ha istituito la "Palash Foundation", per aiutare altri sopravvissuti con la riabilitazione psicosociale[28] e con iniziative anche ad alto livello promuovendo conferenze a favore di tutte le vittime di sfregio e discriminazione[29]: nel 2011 il preside di un college indiano ha rifiutato di averla come ospite nella scuola da lui diretta per timore che la storia da lei raccontata avrebbe potuto influenzare negativamente gli studenti nei confronti del matrimonio[30].

Regolamentazione nelle vendite di acidi

[modifica | modifica wikitesto]

È stata osservata una correlazione tra gli attacchi con acido e la sua relativa facilità di acquisto[22], in quanto comunemente utilizzati e tutti a buon mercato e facilmente reperibili; si può arrivare in certi paesi asiatici e africani a trovare anche un litro di concentrato di acido solforico ad un prezzo di 40 centesimi di dollaro; mentre l'acido nitrico costa un dollaro e mezzo al litro ed è possibile acquistarlo presso i negozi di oro e gioielli, venendo generalmente usato dagli orefici come lucidante e per purificare oro e metalli; l'acido cloridrico - oltre che per la lucidatura dei gioielli - è utilizzato anche nel campo dei cosmetici e dei farmaci anfetaminici[5].

A causa di una tale facilità estrema di venirne in possesso, molte organizzazioni hanno ripetutamente richiesto con forza una regolamentazione più severa al riguardo; azioni specifiche di contrasto al fenomeno possono essere l'obbligo di possedere una licenza specifica per commerciare acidi altamente corrosivi, il divieto di produrli in forma concentrata, migliorare il sistema di monitoraggio di vendita degli stessi come ad esempio la necessità di documentar tutte le transazioni che coinvolgono la sostanza[3]. Tuttavia è stato anche avvertito che una disciplina troppo rigorosa al riguardo rischierebbe di creare un mercato nero anche più sfuggente e fuori da ogni controllo delle forze dell'ordine locali[3].

Le informazioni di pronto soccorso per aggressioni con acidi sono date dal sito web dell'ASTI[16]. I trattamenti contro le ustioni causate da acidi rimangono altamente inadeguati in molte delle nazioni in via di sviluppo, proprio laddove l'incidenza è più alta; la disponibilità di centri per grandi ustionati è minima in nazioni come Uganda[19], Bangladesh[31] e Cambogia[3]; ad esempio il paese africano ha un solo centro specializzato in tutto il suo territorio, che ha aperto nel 2003[19], così come anche la Cambogia[3]. Viene infine stimato che soltanto il 30% della popolazione del Bangladesh ha in effetti la possibilità di accedere a cure ed assistenza sanitaria professionali[31].

In aggiunta alle capacità mediche in molti casi del tutto inadeguate, molte delle vittime non riescono neppure a rivolgersi alle forze di polizia per chiedere aiuto, questo per una completa mancanza di fiducia in esse; per un senso di disperazione causato dall'impunità dei colpevoli e per timore infine di ulteriori brutalità e abusi[21]. La maggior parte delle donne di questi paesi deve inoltre anche subire la forte apatia della polizia nel trattare i casi di molestie e i problemi di sicurezza personale che le riguardano; ma anche ad esempio il rifiuto di registrare il loro caso, nonostante il fatto che in alcuni casi la vittima fosse stata ripetutamente aggredita in precedenza[32]. Questi problemi sono esacerbati inoltre da una mancanza di conoscenza medica generale su come trattare i casi di ustione; molte delle vittime applicano vari tipi di olio sull'ustione, piuttosto che risciacquare abbondantemente ed esclusivamente con l'acqua per neutralizzare l'effetto della sostanza corrosiva: tali rimedi casalinghi (questo quando non vi è possibilità d'accesso ad una struttura sanitaria) servono soltanto ad aumentare la gravità del danno, in quanto non contrastano l'acidità[20].

Epidemiologia

[modifica | modifica wikitesto]

Secondo i ricercatori e gli attivisti i paesi più tipicamente associati a questa forma di violenza, oltre a quelli già citati dell'Asia meridionale e del Sud-est asiatico, si possono citare anche segnalazioni provenienti a molti altri paesi in tutti i continenti, dal Nepal, Sri Lanka, Laos, Indonesia, Birmania Thailandia e Malaysia nel continente asiatico; al Gabon, alla Nigeria e all'Egitto in quello africano; a Bulgaria e Francia in quello europeo; fino a Turchia, Stati Uniti, Canada, Giamaica, Australia, Yemen e Arabia Saudita[5].

Inoltre dai dati raccolti risulta che l'aggressione con acido esiste ed è presente, seppur limitatamente, anche in altre regioni del mondo, come l'America Latina, il Nordafrica e il Medio Oriente; tuttavia, nonostante la sua diffusione a macchia di leopardo i paesi dell'Asia meridionale continuano a mantenere la più alta incidenza di violenze tramite acido del mondo[22].

Sesso e condizione sociale coinvolta

[modifica | modifica wikitesto]

Fra le vittime di questa violenza vi sono in particolare giovani donne dell'Asia meridionale (principalmente provenienti dal Pakistan, dal Bangladesh, dall'India, dall'Afghanistan) che hanno subito la violenta pratica della sfigurazione del volto tramite acido, da cui l'espressione ragazze acidificate.

Le donne sono a rischio notevolmente più elevato di subire una qualche aggressione con acido, rispetto agli uomini, in paesi come Bangladesh e India[22]. Un altro dei fattori che contribuiscono ad aumentare il pericolo è il loro status socio-economico, pertanto chi vive in condizioni di povertà più o meno estrema ha maggiori probabilità d'essere attaccati con questo sistema[21]; inoltre tutte e tre le nazioni con l'incidenza nota più alta di attacchi - Bangladesh, India e Cambogia - sono classificate al 93º, 114º e 104º posto su 134 nazioni del Global Gender Gap Report, una scala che misura l'uguaglianza delle opportunità tra uomini e donne[22].

Asia meridionale

[modifica | modifica wikitesto]

In certi paesi dell'Asia meridionale gli attacchi con acido sono stati, e lo sono ancora, spesso e volentieri utilizzati come forma di vendetta per il rifiuto subito di proprie avances sessuali, proposte di matrimonio e/o richieste di dote[6]. Altre cause possibili di coinvolgimento sono le dispute territoriali legate alla coltivazione e all'utilizzo delle risorse idriche[8].

In Bangladesh, dove questa forma di aggressione violenta è relativamente comune, rappresentano per lo più una forma di violenza domestica[33]; il paese ha la più alta incidenza di attacchi di questo tipo rispetto a tutte le altre nazioni del mondo[17]. Sono stati segnalati dal 1999 in poi più di 3000 casi, con un picco di 262 vittime nell'anno 2002[22]; in seguito vi è stato un calo costante del 15-20% annuale, col numero di vittime sceso a 91 nel 2011[34].
Le statistiche riguardanti aggressioni tramite acido in Bangladesh dimostrano chiaramente una discriminazione sessuale, il rapporto maschi-femmine tra le vittime è difatti di 0,15 a 1[17]; mentre un'altra ricerca indica che almeno l'82% delle vittime di tali aggressioni sono donne[21]. Infine secondo un recente rapporto si è stimato che il 60% dei sopravvissuti erano bambine o ragazze tra i 10 e i 19 anni[22]. Ricercatori locali descrivono questa forma di violenza come nata per essere rivolta soprattutto contro le donne, col primo caso documentato accaduto nel 1983[6].
L'aggressione con gli acidi è spesso definito un delitto passionale, alimentato dal senso di gelosia o vendetta[17]; i casi reali però sembrano invece dimostrare che sono di solito il risultato di rabbia contro una donna che ha avuto il coraggio di rifiutare le avances di un maschio. Uno studio ha dimostrato che il rifiuto di una proposta di matrimonio rappresenta il 55% dei casi di aggressione con acido, la ribellione contro l'abuso familiare o da parte del marito il 18%, dispute sulla proprietà l'11%, mentre infine il rifiuto di relazioni romantiche è solo il 2% della casistica[35].
In aggiunta l'attacco con acido in situazioni ed argomenti correlati a controversie riguardanti la dote matrimoniale è stato calcolato essere in Bangladesh il 15% dei casi totali studiati[21]; il movente matrimoniale-familiare rappresenta in tutte le statistiche conosciute la stragrande maggioranza dei casi[22]. Gli agenti chimici più comunemente utilizzati per commettere tali atti di violenza sono l'acido cloridrico e solforico[36].
Un'indagine condotta dalla fondazione Thomson Reuters[37] afferma essere l'India il 4º paese più pericoloso al mondo per quanto riguarda la sicurezza delle donne[38]; la popolazione femminile, appartenente a qualsiasi classe sociale, casta o credo religioso può in ogni momento rimanere vittima di una tal forma di violenza premeditata e destinata a mutilare in maniera permanente - quando non ad ucciderle - la loro esistenza. In India questi attacchi[39] rappresentano per lo più una forma di vendetta contro giovani donne che hanno avuto il coraggio di rifiutare la proposta di matrimonio di un uomo o per aver chiesto il divorzio[40].
Il numero pare essere in costante aumento[41], con 68 casi riportati nello stato del Karnataka[42]; l'autore Tom O'Neill del National Geographic riferisce che lo sfregio utilizzando acidi corrosivi viene utilizzato anche per far rispettare il sistema delle caste nell'India moderna[43].
Così come nel vicino Bangladesh, anche in India vi è un aspetto di genere legato ad esso, con il 72% dei casi segnalati attuati contro le donne[22]; tuttavia, a differenza del paese confinante, qui il tasso d'incidenza sta lievitando da più di un decennio[22]: in totale da gennaio a ottobre 2010 i mezzi di comunicazione hanno segnalato 153 casi sparsi un po' in tutte le province[22], mentre 174 casi giudiziari erano stati riportati per l'intero anno 2000[44]. Tutti gli studiosi sono convinti però si tratti di una sottostima, anche di ampie proporzioni, in quanto nella maggior parte dei casi le aggressioni non vengono minimamente riportate nelle notizie dei mass media, né d'altra parte la totalità delle vittime sporge denuncia ai funzionari preposti[22].
Le motivazioni rispecchiano in ampia misura quelle del Bangladesh: il 34% dei casi analizzati è stato dovuto ad un rifiuto di tipo sessuale, con disaccordi sulla dote matrimoniale è stato constatato stimoli l'aggressione;controversie commerciali su terreni o immobili hanno rappresentato invece il 20% dei casi tra il 2002-2010[22]. Il caso di Sonali Mukherjee è a tal riguardo indicativo: dopo esser stati condannati a 9 anni di prigione gli autori del crimine sono stati rimessi a piede libero dietro cauzione, senza alcuna sicurezza per la vittima coinvolta[45]. In altri casi senza l'attenzione costante dei media molte tra le vittime più povere con le loro famiglie non sarebbero mai state capaci né di sostenere le spese mediche né di permettersi di richiedere l'applicazione della giustizia[46].
Secondo il giornalista Nicholas D. Kristof vincitore del Premio Pulitzer del The New York Times la violenza con acido si trova essere ad un massimo storico in Pakistan, ed aumenta ogni anno: la maggioranza delle aggressioni è etichettata come delitto d'onore, rivolte quindi contro donne accusate d'aver "disonorato" i mariti[47]. Statistiche compilate dalla commissione per i diritti umani del Pakistan (HRCP) mostra che dai 46 casi accertati del 2004 si è passati a 33 nel 2007[5], e secondo un articolo del New York Times da 65 nel 2010 a 150 nel 2011[48].
Altre stime dell'Human Rights Watch citano il numero delle vittime di attacchi tramite acido essere molte centinaia ogni anno[5]; motivazioni principali sono anche in Pakistan rifiuti di proposte di matrimonio o situazioni riguardanti il fondamentalismo religioso[5].
Gli attacchi con acido in Cambogia sono rivolti al 52% contro donne[22], con una lievissima discriminazione di genere quindi; i tassi d'incidenza sono generalmente aumentati negli ultimi decenni, a partire dai 40 segnalati nel 2000[22]. Secondo l'organizzazione no profit, non governativa e non d'impostazione religiosa "Cambodian Acid Survivors Charity (CASC)" sono stati documentati almeno 216 casi tra il 1985-2009 con 236 vittime[3].
Nel 1999 l'aggressione con l'acido ai danni di Marina Tat, promettente idol e modella cambogiana, attirò l'attenzione pubblica e riaccese la polemica sulla vendita di sostanze corrosive disponibili a poco prezzo sul mercato, spingendo il governo cambogiano a elaborare una legge per limitare la vendita di acido e inasprire le pene per i responsabili degli attacchi. Tale legge è stata approvata a fine 2011.[49]
La gelosia e/o l'odio sono le due più grandi motivazioni per l'attuazione di un tale tipo di violenza, col 28% dei casi aventi un fondamento emotivo; tuttavia qui le aggressioni non vengono perpetrate solo da uomini, in quanto le donne che attaccano altre donne presentano una frequenza addirittura più alta rispetto agli uomini che aggrediscono donne[3]. Tali incidenti si verificano di solito tra la moglie e l'amante del marito, con motivazioni di potere e/o sicurezza socio-economica[22][50]. Un terzo delle vittime sono persone vicine, stretti conoscenti e/o familiari[51].
Una delle forme più frequenti di violenza di genere in Cambogia è proprio l'aggressione con sostante corrosive[5]; in tutto il paese esiste un unico centro di supporto che mira ad aiutare le vittime e da cui esse possono ricevere assistenza medico-legale[52].

Medio Oriente

[modifica | modifica wikitesto]

Attacchi con acido si verificano un po' in tutto il Medio Oriente, anche se statistiche complete su questi episodi non sono facilmente disponibili.

Un'alta incidenza di aggressioni sono state riportate in alcuni paesi africani, tra cui Nigeria[20], Uganda[19], Etiopia[22] e Sudafrica[17].

America latina

[modifica | modifica wikitesto]

Nordamerica ed Europa

[modifica | modifica wikitesto]

In Italia si sono registrati numerosi casi di aggressioni con acido a partire da settembre 2012, quando il ventiseienne William Pezzulo fu aggredito dalla ex incinta che, con l'aiuto di un complice, lo tramortì e gli versò addosso un litro di acido solforico, causandogli la perdita di un occhio e dei padiglioni auricolari.[53]

Nel 2013 fu il turno dell'avvocato pesarese Lucia Annibali che fu sfigurata su commissione per conto dell'ex fidanzato.[54]

Nel dicembre 2014 Pietro Barbini fu vittima di un attacco con acido da parte della ex ragazza e dal suo nuovo amante, che si erano già resi colpevoli di simili violenze ai danni di Stefano Savi (sfregiato per uno scambio di persona nel novembre dello stesso anno).[55]

Risale al 2017 il caso di Gessica Notaro.

  1. ^ Cambodian victim on her acid attack, in BBC News, 21 marzo 2010. URL consultato il 23 aprile 2010 (archiviato il 25 marzo 2010).
  2. ^ Karmakar, R.N., Forensic Medicine and Toxicology, Academic Publishers, 2003, ISBN 81-87504-69-2.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l Breaking the Silence: Addressing Acid Attacks in Cambodia (PDF), su cambodianacidsurvivorscharity.org, Cambodian Acid Survivors Charity, maggio 2010, pp. 1–51. URL consultato il 6 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 19 dicembre 2013).
  4. ^ Jordan Swanson, Acid attacks: Bangladesh’s efforts to stop the violence., in Harvard Health Policy Review, vol. 3, n. 1, 2002, pp. 1–4. URL consultato il 18 giugno 2008 (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2018).
  5. ^ a b c d e f g h Jane Welsh, "It was like a burning hell": A Comparative Exploration of Acid Attack Violence (PDF), su cgi.unc.edu, Center for Global Initiatives, 2009. URL consultato il 31 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 23 gennaio 2013).
  6. ^ a b c Bandyopadhyay, Mridula and Mahmuda Rahman Khan, 'Loss of face: violence against women in South Asia' in Lenore Manderson, Linda Rae Bennett (eds) Violence Against Women in Asian Societies (Routledge, 2003), ISBN 978-0-7007-1741-5
  7. ^ CNN.com - Bangladesh combats an acid onslaught against women - November 11, 2000. URL consultato il 13 marzo 2008 (archiviato dall'url originale il 22 settembre 2007).
  8. ^ a b Bahl, Taru & M.H. Syed, Encyclopaedia of the Muslim World, Anmol Publications PVT. LTD, 2004, ISBN 978-81-261-1419-1.
  9. ^ Suspect in Kunduz acid attack detained, Pajhwok Afghan News, 4 dicembre 2011. URL consultato il 21 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2013).
  10. ^ Children killed in Ghazni acid attack, Pajhwok Afghan News, 31 marzo 2012. URL consultato il 21 luglio 2013.
  11. ^ ‘I disclosed Iran’s disruptive politics in my book’: Mamoon, Pajhwok Afghan News, 19 gennaio 2011. URL consultato il 21 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2012).
  12. ^ Filmato audio Exclusive: Mamoon and suspect in attack speak to Pajhwok (Video), Pajhwok Afghan News, 24 gennaio 2011. URL consultato il 21 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2013).
  13. ^ Iranian woman blinded by acid attack pardons assailant as he faces same fate, in The Guardian, 31 luglio 2011. URL consultato il 21 settembre 2013.
  14. ^ (EN) Ashim Mannan, Samuel Ghani e Alex Clarke, Cases of chemical assault worldwide: A literature review, in Burns, vol. 33, n. 2, 2007-03, pp. 149–154, DOI:10.1016/j.burns.2006.05.002. URL consultato il 15 agosto 2024.
  15. ^ Adnan Khan, The real miracle workers fighting, and healing, Pakistan’s acid attacks, su acidsurvivorspakistan.org, Acid Survivors Foundation, Pakistan, 21 aprile 2012. URL consultato il 24 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 13 settembre 2017).
  16. ^ a b First Aid Information, su acidviolence.org, Acid Survivors Trust International. URL consultato il 21 settembre 2013 (archiviato dall'url originale il 21 settembre 2013).
  17. ^ a b c d e Ashim Mannan, Samuel Ghani, Alex Clarke, & Peter E.M. Butler, Cases of chemical assault worldwide: A literature review, in Burns, vol. 33, n. 2, 19, pp. 149–154, DOI:10.1016/j.burns.2006.05.002.
  18. ^ Keerthi Bollineni, GENDER-BASED VIOLENCE IN PUBLIC PLACES: ACID THROWING (PDF), su cequinindia.org, Centre for Equality and Inclusion (archiviato dall'url originale il 26 maggio 2013).
  19. ^ a b c d e f Acid Violence in Uganda: A Situational Analysis (PDF), su acidviolence.org, Acid Survivors Foundation Uganda, novembre 2011, pp. 1–21. URL consultato il 6 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 17 giugno 2013).
  20. ^ a b c Peter B. Olaitan, Bernard C. Jiburum, Chemical injuries from assaults: An increasing trend in a developing country, in Indian Journal Of Plastic Surgery, vol. 41, n. 1, gennaio 2008, pp. 20–23, DOI:10.4103/0970-0358.41106.
  21. ^ a b c d e Naripokkho, Bangladesh Mahila Parishad, Baseline Report: Violence Against Women in Bangladesh (PDF), su iwraw-ap.org, International Women's Rights Action Watch Asia Pacific. URL consultato il 6 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 22 settembre 2013).
  22. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s Avon Global Center for Women and Justice at Cornell Law School, Committee on International Human Rights of the New York City bar Association, Cornell Law School international Human Rights Clinic, & the Virtue Foundation, Combating Acid Violence In Bangladesh, India, and Cambodia (PDF), su www2.ohchr.org, Avon Foundation for Women, 2011, pp. 1–64. URL consultato il 6 marzo 2013.
  23. ^ Anwar, Afroza, 'Acid Violence and Medical Care in Bangladesh: Women's Activism as Carework' in Mary K. Zimmerman, Jacquelyn S. Litt and Christine E. Bose (eds) Global Dimensions of Gender and Carework (Stanford University Press, 2006), ISBN 978-0-8047-5324-1
  24. ^ Disfigurement of Survivors, the Acid Survivors Foundation Pakistan (archiviato dall'url originale il 15 giugno 2013).
  25. ^ Victims of acid attacks - FRANCE 24 (archiviato dall'url originale il 7 gennaio 2009).
  26. ^ Depilex Smileagain Foundation (archiviato dall'url originale il 5 gennaio 2009).
  27. ^ ASTI.
  28. ^ Home, su palashfoundation.org (archiviato dall'url originale il 20 febbraio 2014).
  29. ^ Joeanna Fernandes, In the eyes of the beholder, su timesofindia.indiatimes.com, The Times of India. URL consultato il 21 aprile 2013.
  30. ^ Dheera Sujan, An open letter about beauty and ugliness., in South Asia Wired, August 30, 2011, agosto 2011. URL consultato il 1º settembre 2011 (archiviato dall'url originale l'11 novembre 2013).
  31. ^ a b A. Faga, D. Scevolab, M.G. Mezzettic, & S. Scevolaa, Sulphuric acid burned women in Bangladesh: A social and medical problem, in Burns, vol. 26, n. 8, 20, pp. 701–709, DOI:10.1016/S0305-4179(00)00049-8.
  32. ^ A case of police apathy?., The Hindu, February 3, 2012
  33. ^ Marianne Scholte, Acid Attacks in Bangladesh: A Voice for the Victims, Spiegel Online, 17 marzo 2006. URL consultato il 21 marzo 2008.
  34. ^ Acid Survivors Foundation (ASF) (archiviato dall'url originale il 18 dicembre 2012).
  35. ^ A. Mannan, S. Ghani, A. Clarke, P. White, S. Salmanta, & P.E.M. Butler, Psychosocial outcomes derived from an acid burned population in Bangladesh, and comparison with Western norms, in Burns, vol. 32, n. 2, agosto 2005, pp. 235–241, DOI:10.1016/j.burns.2005.08.027.
  36. ^ Afroza Anwary, Acid Violence And Medical Care In Bangladesh: Women’s Activism as Carework., in Gender & Society, vol. 17, n. 2003, Sage publications, Spring 2002, pp. 305–313, DOI:10.1177/0891243202250851. URL consultato il 18 giugno 2008.
  37. ^ Thomas Reuters, The World's 5 Most Dangerous Countries For Women: Thomson Reuters Foundation Survey, 13 agosto 2011. URL consultato il giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 1º marzo 2012).
  38. ^ Gayatri Lakshmibai, The woman who conquered an acid attack[collegamento interrotto], 13 agosto 2011. URL consultato il 22 agosto 2007.
  39. ^ Scott Carney, Acid Attacks on Women in India, 22 agosto 2007. URL consultato il 22 agosto 2007 (archiviato dall'url originale il 24 agosto 2007).
  40. ^ Ganesh Nadar, The woman who conquered an acid attack, 11 luglio 2011. URL consultato il 22 agosto 2007.
  41. ^ India's acid victims demand justice., BBC News, 9 April 2008
  42. ^ Acid test for Indian society., The Guardian, July 29th 2008
  43. ^ Tom O'Neill, India's Untouchables, in National Geographic, giugno 2003, pp. 2–31.
  44. ^ N. Ahmad, Acid attacks on women: An appraisal of the Indian legal response, in Asia Pacific Journal On Human Rights And The Law, vol. 12, n. 2, settembre 2011, pp. 55–72, DOI:10.1163/138819011X13215419937940.
  45. ^ Indian's beautiful life melted away in an acid attack, in Gulf News, 14 luglio 2012. URL consultato il 21 settembre 2013.
  46. ^ Down the corridor from gang-rape victim’s ward, an acid-attack victim contemplates bleak future, in The Hindu, 28 dicembre 2012. URL consultato il 21 settembre 2013.
  47. ^ Acid Attacks, in The New York Times. URL consultato il 9 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 31 marzo 2012).
  48. ^ After Suicide, New Focus on Acid Attacks in Pakistan, in The New York Times, 10 aprile 2012.
  49. ^ Cambodia cracks down on acid attacks with new law, su asiancorrespondent.com. URL consultato il 3 maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 20 dicembre 2016).
  50. ^ Seth Mydans, Vengeance Destroys Faces, and Souls, in Cambodia, in The New York Times, 22 luglio 2001. URL consultato il 29 agosto 2008 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2008).
  51. ^ Living in the Shadows:Acid attacks in Cambodia (PDF), su LICADHO, Project Against Torture, 2003. URL consultato il 1º marzo 2013.
  52. ^ Cambodia: Reclaiming Life after Acid Attacks, su unwomen.org, UN Women, 18 novembre 2011. URL consultato il 18 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 17 aprile 2013).
  53. ^ Ex sfigurato con l'acido: voleva marchiarlo a vita con la propria vendetta, su bresciatoday.it.
  54. ^ Donna sfigurata con l'acido a Pesaro, arrestato un secondo albanese, su repubblica.it.
  55. ^ Le vittime parallele della coppia dell'acido, su repubblica.it.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
  Portale Diritto: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di diritto