Domenico Chirieleison

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Domenico Chirieleison
NascitaAsti, 26 dicembre 1888
MorteRoma, 1972
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaArma d'artiglieria
GradoGenerale di divisione
GuerrePrima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna del Nordafrica
Invasione italiana dell'Egitto
BattaglieOperazione Compass
Operazione C3
Sbarco in Sicilia
Battaglia di Gela (1943)
Comandante di4ª Divisione fanteria "Livorno"
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia militare di Artiglieria e Genio di Torino
dati tratti da Generals[1]
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Domenico Chirieleison (Asti, 26 dicembre 1888Roma, 1972) è stato un generale italiano, veterano della grande guerra. Durante la seconda guerra mondiale fu Sotto Capo di stato maggiore della 10ª Armata in Libia, impegnata nell'invasione dell'Egitto. Promosso generale di divisione, assunse il comando della 4ª Divisione fanteria "Livorno", partecipando nel luglio del 1943 alle operazioni di contrasto agli sbarchi degli alleati in Sicilia. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 rimase a Roma, dove apparentemente aderì alla Repubblica Sociale Italiana, venendo nominato dapprima Segretario Generale dell'Esercito Nazionale Repubblicano e poi, nel gennaio del 1944, commissario per l'amministrazione centrale della città aperta di Roma. In realtà continuò a lavorare per il Regno del Sud, rimanendo nella capitale all'atto della liberazione il 4 giugno 1944, rientrando subito nel Regio Esercito.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque ad Asti il 26 dicembre 1888, da una famiglia originaria di Messina. Arruolatosi nel Regio Esercito nel 1905, in quello stesso anno iniziò a frequentare come Allievo ufficiale la Regia Accademia militare di Artiglieria e Genio di Torino, da cui uscì con il grado di sottotenente, assegnato all'arma di artiglieria, il 19 settembre 1909,[2], in forza al 27º Reggimento artiglieria da campagna.

Partecipò alla prima guerra mondiale, nei gradi da tenente a maggiore, combattendo con il 3º Reggimento artiglieria da campagna, venendo decorato con una Medaglia di bronzo al valor militare e la Croce al merito di guerra.

Promosso tenente colonnello[3] e poi colonnello il 1º novembre 1934, comandò dapprima il 9º Reggimento artiglieria "Brennero",[1] per poi, dal 1º ottobre 1937, divenire Capo di stato maggiore del Corpo d'armata di Torino.

Divenuto generale di brigata il 1º gennaio 1940, passò in servizio presso il Quartier generale della 10ª Armata in Libia, quale sottocapo di stato maggiore, partecipando alla campagna militare che vide l'annientamento della Grande Unità nel febbraio 1941. Fu promosso al grado di generale di divisione il 1º gennaio 1942.[1]

Il 1º novembre 1941 fu nominato comandante della 4ª Divisione fanteria "Livorno",[4] sostituendo il generale Benvenuto Gioda e trasferendola poi nel 1941-42 nell'Italia centrale. Qui fu addestrata intensamente quale unità di manovra anfibia in vista dello sbarco a Malta (poi non attuato) e fu quindi da lui condotta in Sicilia. All'atto dell'invasione alleata dell'isola, il 10 luglio 1943, la "Livorno" fu subito impiegata quale unità di manovra.

Stazionante nell'area di Gela, luogo di sbarco della 1ª Divisione di fanteria statunitense, la mattina dell'11 luglio effettuò un importante contrattacco in quel settore, stroncato solo ad opera dei cannoni navali delle navi alleate, tra i quali gli incrociatori americani USS Boise e Savannah armati con 15 cannoni da 152/47 mm ciascuno, che causarono notevoli perdite tra i reparti della "Livorno", pari a circa 7 000 uomini tra caduti, feriti e dispersi.

Dopo il ripiegamento nella campagna di Sicilia, ritornò alla base della Divisione a Cuneo con soli 4 200 superstiti per un'eventuale ricostituzione dell'unità (agosto 1943).

All'atto dell'armistizio dell'8 settembre 1943 si trovava a Roma e dal gennaio 1944[N 1] assunse la carica di Commissario per l'Amministrazione centrale della Città aperta di Roma,[5] aderendo alla Repubblica Sociale Italiana.[1] Dal 31 dicembre 1943 assunse l'incarico di Segretario Generale dell'Esercito Nazionale Repubblicano,[1] sostituendo il generale Emilio Canevari, ricoprendo tale incarico fino all'atto della liberazione di Roma (giugno 1944),[5] quando ritornò nelle file del Regio Esercito. Collaborò attivamente con il Comitato di Liberazione Nazionale e con gli Alleati, che gli furono successivamente riconoscenti. Nel dopoguerra fu insignito di una medaglia d'argento al valor militare e della Croce di Ufficiale dell'Ordine militare d'Italia.

In virtù del ruolo di comandante della città aperta di Roma ricoperto durante la guerra, nel 1948 fu ascoltato come testimone nel processo a Herbert Kappler. Nel 1967 scrisse la prefazione del libro La battaglia di Gela di Nunzio Vicino, edito dall'Istituto Gualandi. Si spense a Roma nel 1972.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
«Capo di stato maggiore di armata, è stato intelligente interprete del comandante, geniale e fecondo organizzatore, di sana iniziativa e di fecondo apporto al lavoro del comando, così nella febbrile preparazione come nel periodo operativo. Durante il ripiegamento dalla Cirenaica e nella successiva riconquista, si è prodigato in ogni campo, noncurante di pericoli e disagi, recando un prezioso contributo alla riscossa delle nostre armi. Africa settentrionale, dicembre 1939-agosto 1941
— Regio Decreto 26 maggio 1942[6]
Ufficiale dell'Ordine militare d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
— Decreto del Presidente della Repubblica del 26 agosto 1953[6]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di divisione impegnata in violento combattimento contro forze nemiche soverchianti sbarcate con forte appoggio di mezzi navali ed aerei, guidava personalmente l'azione infondendo alle truppe lo slancio che le condusse fin sulla spiaggia e costrinse l'avversario a sgomberarla. Con il suo eroico comportamento dava maggior risalto al comportamento delle sue truppe che scrissero pagine di sacrificio e di valore nella difesa della Sicilia. Gela (Sicilia), 10-11 luglio 1943
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Quale comandante di una batteria collocata e mantenuta per lungo tempo presso la prima linea di trincee, diresse il fuoco del reparto con molta perizia, dando nonostante il tiro continuo dell'artiglieria nemica di calibro molto superiore, efficace e costante aiuto alle truppe di fanteria ed agevolando alle medesime la conquista, assai contrastata, di numerose trincee. Lucinico, 18 ottobre-5 dicembre 1915
Croce al merito di guerra - nastrino per uniforme ordinaria
— 11 novembre 1918[7]
Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 21 aprile 1931[8],
Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 14 novembre 1935[9],
Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della guerra 1915-1918 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia a ricordo dell'Unità d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia interalleata della Vittoria - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Prima di lui ricoprirono tale incarico il generale Giorgio Carlo Calvi di Bergolo (11-23 settembre 1943), e il generale Menotti Chieli (23 settembre-gennaio 1944).

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Generals.
  2. ^ Regi Decreti 19 settembre e 21 ottobre 1909, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.288 del 13 dicembre 1910, pag.6677.
  3. ^ Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del R. esercito italiano e nel personale dell'amministrazione militare, 1934, p. 2591. URL consultato il 23 settembre 2019.
  4. ^ Anfora 2016, p. 15.
  5. ^ a b Majanlahti, Osti Guerrazzi 2010, p. 72.
  6. ^ a b Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  7. ^ Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del R. esercito italiano e nel personale dell'amministrazione militare, 1919, p. 19. URL consultato il 23 settembre 2019.
  8. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.127 del 3 giugno 1931, pag.2498.
  9. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.122 del 27 maggio 1936, pag.1727.
  10. ^ Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del R. esercito italiano e nel personale dell'amministrazione militare, 1920, p. 2591. URL consultato il 23 settembre 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Domenico Anfora, La battaglia degli Iblei. 9-16 luglio 1943, Tricase, YoucantPrint Self Publishing, 2016.
  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 1, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 2, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Alberto Cavaciocchi, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.
  • Anthony Majanlahti e Amedeo Osti Guerrazzi, Roma occupata, 1943-1944: itinerari, storie, immagini, Milano, Il Saggiatore, 2010.
  • (EN) Charles D. Pettibone, The Organization and Order of Battle of Militaries in World War II Volume VI Italy and France Including the Neutral Countries of San Marino, Vatican City (Holy See), Andorra, and Monaco, Trafford Publishing, 2010, ISBN 1-4269-4633-3.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]