Discussione:Regioni della Croazia

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Regioni o contee?[modifica wikitesto]

La parola županija è di antica derivazione slava ed era in origine utilizzata per designare unità territoriali relativamente piccole. Col tempo il termine finì coll'essere adottato per designare i comitati del regno di Ungheria e da qui è venuto lo storico accostamento con le parole "contea" o "comitato" (queste ultime accomunate dalla medesima etimologia latina).

Anche nelle altre principali lingue europee si privilegia tuttora la dizione "contea" con riferimento all'attuale suddivisione amministrativa croata, cosicché l'uso della parola "regione", talvolta riscontrato, è da considerarsi filologicamente improprio.

A complicare la situazione, nella contea istriana si è adottata ufficialmente in italiano (e ciò a causa del bilinguismo di parte del territorio) proprio la denominazione "Regione Istriana". Questa traduzione trae le radici dal diffuso sentimento autonomista della penisola, in cui non manca la consapevolezza di una "istrianità" strettamente legata alle peculiari vicende storiche di questa terra, ma è da ritenersi un'eccezione meramente locale che non ha crisma di ufficialità per le altre contee. [testo inserito da Wiskandar nel testo della voce originale]

Non sono affatto d'accordo, tanto che per l'Ungheria, dopo discussione, da tempo, si è adottata una diversa soluzione. Inoltre dato che il nome ufficiale per l'Istria è Regione e non contea, è chiaro che in Istria viene usato Regione ufficialmente anche per le altre e alla lingua ufficiale italiana in Croazia dobbiamo rifarci. Inoltre da un punto di vista filologico è errato usare contea dato che il significato del nome presuppone che a capo ci sia, o ci sia stato in passato, un conte. Pertanto sposto la voce. --Ediedi 17:34, 15 nov 2006 (CET)[rispondi]

Parliamone...[modifica wikitesto]

"Non sono affatto d'accordo... ...pertanto sposto la voce". Ediedi, che succede? Se non sei d'accordo con quello che è scritto vuol dire che la questione è controversa... parliamone, come a suo tempo abbiamo fatto qui! Ma perché passare a spostare tutte le pagine senza dare il tempo di replicare?
Nel merito, comunque, sono perplesso. Che il nome ufficiale in italiano dato da Zagabria all'Istria sia "regione", è pacifico, ma il punto è che "regione" è in questo caso una definizione stabilita da una nazione estera in una lingua non sua, con valore ufficiale solo in una parte minima del suo territorio. E "regione" è generico, mentre "županija" contiene un preciso riferimento allo "župan", titolo ben diverso da quello di un presidente regionale. La Polonia, per esempio, è suddivisa in voivodati e non regioni, anche se oggi non c'è più nessun voivoda. Per motivi storici preferirei quindi mantenere la dizione "contea" o "comitato", più aderente al senso del termine.
Facciamo però un paragone con le altre wikipedie.
In tutti i casi quindi si parla di entità amministrative (contee, comitati, voivodati, Gespanschaften) derivanti da un antico titolo feudale. Solo in olandese si parla di province, e in nessun caso di regioni (salvo un parallelismo in fr.wiki). Ne terrei conto.
Dal punto di vista "wiki-tecnico" non capisco come ha fatto ad andare perduta la cronologia della voce (da cui deriva l'estratto qui sopra, da me scritto mesi fa).. boh. Attenzione poi, perché non hai adeguato gli incipit ed il geobox. Comunque aspetto il seguito della discussione! Ciao, --Wiskandar 11:06, 16 nov 2006 (CET)[rispondi]

Ti rispondo da te, poi se vuoi, riportiamo qui. --Ediedi 11:40, 16 nov 2006 (CET)[rispondi]

Mmmmmm....[modifica wikitesto]

Forse il termine županija potrebbe essere tradotto anche come "parrocchia" (župa aapunto) intesa nel senso territoriale del termine come suddivisione amministrativa, riporto un paio di definizioni dai dizionari:

«Ciascuna delle circoscrizioni territoriali ecclesiastiche in cui è suddivisa una diocesi, affidata all'autorità di un sacerdote: una grande, piccola p.; p. urbana, rurale (Hoepli)»

«Ciascuna delle circoscrizioni territoriali in cui è suddivisa una diocesi ecclesiastica, a cui appartengono una popolazione di fedeli, una chiesa e un parroco (Sabatini-Coletti)»

«(eccl.) nella chiesa cattolica e in altre chiese cristiane, la più piccola circoscrizione territoriale in cui è divisa una diocesi | la chiesa in cui il parroco esercita il suo ministero; anche, la sede dell'ufficio parrocchiale o l'edificio in cui si svolgono alcune attività parrocchiali (Garzanti linguistica)»

«1) Circoscrizione territoriale compresa in una diocesi, con una data chiesa e un certo numero di fedeli, sulla quale è costituito un ufficio ecclesiastico con funzione esclusiva della cura d'anime. Il titolare è il parroco, che può essere una persona fisica (parrocchia attuale) o un ente morale (parrocchia abituale): quest'ultimo dovrà provvedere alla cura delle anime con un suo vicario. L'ente parrocchia consta di tre elementi: la chiesa, considerata come istituto religioso al quale si riferiscono tutti i diritti spirituali e temporali dell'ente; il beneficio, costituito dalle rendite dei beni appartenenti alla chiesa, da assegnarsi al sacerdote a essa addetto come compenso per l'ufficio che egli esercita; la fabbriceria, ossia la fondazione destinata alla conservazione e manutenzione dell'edificio sacro e alle spese di culto. Il diritto d'istituire parrocchie spetta al pontefice, in virtù del suo primato di giurisdizione. Ma, salve norme di diritto speciale o comune, per le quali il pontefice si sia riservate alcune parrocchie, l'ordinario collatore degli uffici parrocchiali nella diocesi è il vescovo. (Enciclopedia Sapere)»

«Nell’ordinamento ecclesiastico, la più piccola circoscrizione territoriale compresa in una diocesi, dotata di personalità giuridica, che comprende un numero più o meno grande di fedeli affidati alle cure pastorali di un sacerdote (il parroco), nominato dal Vescovo diocesano: una p. numerosa (con riguardo al numero dei parrocchiani), vasta (rispetto al territorio), povera o ricca (a seconda dei redditi beneficiarî di cui godeva, prima che i benefìci ecclesiastici fossero estinti); p. territoriali, quelle costituite per tutti i fedeli di un dato territorio (diversamente dalle p. personali, le quali, in seguito a particolari motivi di opportunità, vengono costituite per la cura di determinati gruppi di fedeli; in passato, erano di questo tipo anche le parrocchie legate a un corpo militare, a una famiglia reale, ecc.); erezione, soppressione di una p.; p. vacante, priva temporaneamente del parroco titolare; quasi-parrocchia, nella terminologia del diritto canonico, circoscrizione territoriale e comunità di fedeli che, per speciali circostanze, non è stata ancora eretta in parrocchia, a cui è peraltro equiparata (è affidata alle cure di un quasi-parroco). Nell’uso com., anche la chiesa in cui il parroco esercita le funzioni pastorali che gli sono attribuite (più propriam. detta chiesa parrocchiale): andare a messa alla p.; il matrimonio è stato celebrato nella p. di Sant’Antonio; oppure l’ufficio parrocchiale, e più estesamente l’edificio (a cui in taluni luoghi si dava il nome di parrocchietta), di solito annesso alla chiesa, in cui si tengono riunioni e s’impartisce l’insegnamento del catechismo, e che spesso è anche dotato di un oratorio e di diversi locali; chiedere in p. il certificato di battesimo; i ragazzi sono andati a giocare in p., stasera c’è il cinema in p.; o, ancora, l’insieme dei fedeli della parrocchia. In senso fig., la parola è talvolta usata (con leggero senso spreg.) per indicare un gruppo di persone legate da comuni interessi, anche non materiali: io non sono della vostra p. (o sono di un’altra p.), non faccio parte del vostro gruppo; cerca di fare gli interessi della sua p.; pensano solo alla loro p., e sim. ◆ Dim. parrocchiétta (v.). (Dizionario Treccani)»

«Ente ecclesiastico territoriale di base che forma, assieme alle altre p. di una determinata partizione di territorio, la diocesi.

Il can. 515 la definisce come una determinata comunità di fedeli, eretta stabilmente nell’ambito di una Chiesa particolare (la diocesi), la cui cura pastorale è affidata, sotto l’autorità del vescovo diocesano, a un parroco. Il vescovo può erigere, creare o sopprimere la p. e, al riguardo, ha l’obbligo giuridico di consultare il consiglio presbiterale. In virtù della sua costituzione, la p. acquista, di diritto, la personalità giuridica canonica.

All’istituzione della p. concorrono, di norma, 3 elementi: il territorio, il popolo dei fedeli che in esso dimora, il parroco. Le p. possono essere istituite nella forma di p. personali (basate solo sull’unità sociale dei loro membri) e quasi p. (forma tipica, anche se non esclusiva dei luoghi di missione, costituita da una comunità di fedeli affidata a un sacerdote come suo pastore, non eretta come p. per circostanze speciali).

Elemento istituzionale preposto alla p. è il parroco , il quale viene nominato dal vescovo diocesano, di regola, a tempo indeterminato, al fine di garantire una certa stabilità. Per essere parroco occorrono determinati requisiti tra cui: essere sacerdote, distinguersi per dottrina e onestà di costumi, esser dotato di zelo per le anime. Può cessare il suo ufficio per rimozione, trasferimento (disposto dal vescovo), rinuncia, per decorso del termine stabilito e per il compimento del settantacinquesimo anno di età. Per ogni impedimento sopravvenuto al parroco, il vescovo diocesano può nominare un amministratore parrocchiale , un sacerdote che supplisce il parroco fino al venir meno dell’impedimento.

La divisione in p. cominciò a effettuarsi quando il numero crescente dei cristiani non permise più loro di recarsi a un unico luogo di culto. Ciò si verificò anzitutto nelle città: a Roma già nel 3° sec. l’organizzazione ecclesiastica era suddivisa in 25 tituli che avevano la funzione delle p. odierne. Più tardi anche le piccole comunità di campagna ebbero le proprie p., che tuttavia ricevettero forma giuridica solo nel Basso Medioevo (Enciclopedia Treccani)»

Quindi parrocchia come molte nazioni di lingua inglese utilizzano "parish" [1], in quelli di lingua spagnola usano "parroquia" [2], e a San Marino utilizzano "curazia". --Nicola Romani (msg) 15:16, 11 gen 2012 (CET)[rispondi]

Termine regione[modifica wikitesto]

Mi va anche bene che si usi regione perché la Regione Istriana usa Regione, tuttavia la stessa Zupanjia di Dubrovnik-Neretva traduce con Contea. Fatto sta che nel testo qualcuno deve spiegare che Wikipedia non è fonte primaria e che il termine regione non se lo è inventato Wikipedia, ma soprattutto un bel paragrafetto che riporti la questione di Regione versus Contea mi sembra veramente appropriato. Ho contattato direttamente la Regione Istriana e l'uso di Regione nasce da discussioni interne loro e da una situazione di compromesso e non da una fonte chiara e ben definita. In questo caso lo statuto della Regione Istriana diventa fonte primaria. Un'autorevole fonte ma comunque isolata. Wikipedia è una delle poche enciclopedie che ha recepito l'input istriano, ma al momento sta andando contro-corrente. Forse col tempo anche le altre si adegueranno, ma fino a quel tempo occorre difendere questa presa di posizione.

Diciamo che in questo caso farei tesoro di questo paragrafo. Anche perché qui stiamo traducendo županija con contea. -- Ilario - msg 23:00, 10 dic 2014 (CET)[rispondi]

In realtà il nome sarebbe "contea" (con funzioni analoghe alle province italiane), ma l'Istria è ufficialmente bilinguale e nel proprio Statuto il nome è "Regione Istriana". Soluzione ? Tommy130275 (msg) 23:24, 30 ott 2016 (CET)[rispondi]